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uKhahlamba (Kulduro Mutonbu)

Di Angelo D'Acunto - 1 Aprile 2009 - 0:05
uKhahlamba (Kulduro Mutonbu)

È quasi un caso se sono riuscito a intervistare in esclusiva assoluta su Truemetal il leader di una della band underground più promettenti del pianeta. Ho incontrato Kulduro Mutonbu, mente dei botswani uKhahlamba, alla grande festa di carnevale di Vergate sul Membro. È stato lui a fermarmi, chiedendomi se fossi interessato all’acquisto della suo nuova musicassetta, che era venuto a promuovere a mano in Italia. Non sapeva che ero quello stesso Angelo Angelini al quale aveva già inviato la stessa musicassetta un anno prima, ma io ho subito capito con chi avevo a che fare e l’ho salutato fancendogli i miei complimenti. Abbiamo fatto amicizia e alla fine ho insistito per acquistare il suo ultimo demo-tape esclusivo,

 Ke bidiwa Armageddon,

un EP con due nuove tracce e cinque cover, con il quale Mutonbu e soci sperano di attirare l’interesse di qualche label europea. Alla fine la nostra conversazione si è trasformata in una specie di intervista: purtroppo non avevamo audiocassette su cui registrarla, ragione per cui abbiamo dovuto sacrificare il lato B del suo nuovo EP, che comunque conteneva soltanto cover. Sperando che ne sia valsa la pena, vi lascio a Kulduro e alla sua genuina semplicità e spontanea simpatia!


Intervista a cura di Angelo Angelini


Ciao Kulduro e benvenuto sulle pagine di TrueMetal.it. Il tuo nome suonerà forse nuovo alla maggior parte dei nostri lettori: vuoi presentarti a quelli che ancora non ti conoscono?

Ciao Trumetal! Qui Kulduro Mutonbu, suono batteria in uKhahlamba!

Il tuo italiano è piuttosto buono Kulduro, dove lo hai imparato?

Mi ha insegnato mio amico Brisafer. Lui sa molte cose. A me piace molto italiano, buono per musica. Forse in nostro primo album mettere canzone in italiano!

Magari, sarebbe fantastico! Dicci qualcosa del tuo background musicale.

Io cominciato a suonare a tre anni con ossa di scimmia. A sette anni costruito mia prima batteria con scheletro di gazzella, ma rotta presto perché io suona potente. A sette anni e mezzo ricostruito mia seconda batteria con scheletro di bufalo, e andato molto meglio. A nove anni pronto per suonare elefante. Me dimenticato uccidere prima di suonare ed elefante devastato casa e suonato me con proboscide. Ahahah! Sempre da imparare con animali!

Gli uKhahlamba sono stati la vera e propria sorpresa in ambito strettamente underground per quanto riguarda l’anno 2008. Puoi presentare il progetto ai lettori che non vi conoscono? Da dove nasce la vostra innovativa idea musicale?

Primo nucleo di band è me e Manon. Manon è sciamano di nostro villaggio. Lui mangia polvere rossa, ribalta pupilla e poi fischia melodia. Io suona batteria per accompagnare. Molto divertente. Poi io chiama mio fratello Takabal che vive in città e lui suona chitarra e beve birra e fa rutti. Suoi rutti molto metal, quindi noi usa su canzoni. Lui scacciato giovane da mio villaggio perché molesta figlia capo. E anche mamma capo. E anche sorella capo. E credo anche capo, una volta. Però bravo a suonare. Dopo venuti altri amici di città che avevano già band di garage chiamata Ferdal P.E.P.. Brisafer “Dalpu G.” Natt è unico uomo bianco di formazione. Lui musicista molto bravo, porta tante influenze nuove della band. Anche Hakuna P. bravo, suona strumenti difficili come kazoo e gran corno e grida di donna. Peccato ora non c’è più.

Ha lasciato la band?

Sì.

Come mai?

Mangiato da squalo.

Ah, mi dispiace.

Anche a noi. Però scommetto squalo contento.

Pensate di sostituirlo?

No. Dalpu G. ha detto che può suonare gran corno, io farà kazoo. Grida di donna non così importanti. Noi pensa di sostituire con rumori di digestione.

Ma cosa sono queste grida di donna? Parli forse dei campionamenti usati sulla cover di Pleasure Slave dei Manowar (riadattata su ‘Ukuvangu Tulupulu’ con il titolo di Woman Be My Slave, ndr)?

Campionamenti? Noi no usa quella roba. Tutto registrato da vivo.

Ah quindi avete ingaggiato delle attrici?

No attrici. Donne di villaggio nemico.

Ah, quindi un coro amatoriale. Interessante. Che altro è successo durante l’ultimo anno?

Grosso tifone ha spazzato via nostro studio di registrazione. Dovuto conquistare villaggio vicino per trovarne un altro. Vita difficile in Botswana.

Capisco. Come avete scelto il nome uKhahlamba? Quali segreti si celano dietro a un monicker così immediato, facile da ricordare anche solo dopo un breve sguardo con la coda dell’occhio e, allo stesso tempo, originale e fuori dal comune?

Ahahah! Tu ironico con me. Me piace ironia, ma solo prima volta. Seconda volte me uccide te con piede di ippopotamo.

Ahahah! Era scherzo, ridi!

Tu no capisce umorismo tswana. Fa niente. Comunque, uKhahlamba è grande parco di sud Africa. Noi piace parco, c’è tanto animale da suonare. Parco bello, nome facile. Se tu non sa pronunciare, tu idiota. Ahahah!

L’artwork di Ukuvangu Tulupulu invece, nonostante sia così di forte impatto, somiglia vagamente a qualcosa di già visto… magari durante la mostra di un famoso pittore contemporaneo, oppure potrei averlo intravisto semplicemente girovagando su google. Sai dirmi che cosa rappresenta?

Botswana non ha internet. Manon dipinto quadro dopo sua visione mistica. Usato interiore di serpente e budello di xypsas…

Budello di cosa?

Xypsas!

Eh?

PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR!
Ahahah! Me fatto altro scherzo! Kulduro burlone! Tu idiota!

Ehm, sì… dicevamo, quello che emerge sin da subito durante l’ascolto di Okavangu Tulupulu è un eclettismo davvero fuori dal comune: riuscite a mischiare sapientemente in un tutt’uno diversi generi musicali, senza però che il risultato sia troppo caotico. A questo proposito, ti va di parlarmi di quelle che sono le diverse influenze musicali dei singoli elementi del gruppo?

No.

Okkey… allora parliamo dei testi racchiusi al suo interno. Di cosa parlano e, per caso, si riferiscono ad un unico argomento?

Tutti testi parlano di nostra terra, ma non tutti parlano di stessa cosa. Sennò molta noia!

Ancora riguardo ai testi: la maggior parte delle canzoni presenti sono dotate di una traduzione in lingua inglese che possiamo trovare sul retro della cassetta, ad eccezione però della ghost track ‘Ke A Leboga’. Potete dirmi qual’è il suo significato?

“Scemo chi legge”. Ahahah! Me non pensava che uomo bianco così idiota! Ahahah! Io deve raccontare a Dalpu G.! Ahahahahah!

Ti ha mai detto nessuno che sei proprio una sagoma, Kulduro?

Cosa è “sagoma”?

Lascia perdere. Proseguiamo. Ora ti trovi in Italia. Vuoi tornare in Botswana o cercherai di rimanere in Europa, magari per provare a raggiungere la popolarità dei vostri colleghi occidentali?

Italia molto bello paese, buona cucina, ma io preferisce Botswana. Più aria, più animale e più faccia che ride. Voi ha google e playstation, ma sempre faccia arrabbiata.. E poi qui in Italia tutto al contrario. Vostre donne rozze, sembra uomo. E vostri uomini no guerrieri, sembra donne. Voi invertiti. Ahahah! Invertiti! Ahahahahahah! (sembra che la parola “invertiti” lo diverta molto, NdR).

Come mai i vostri demo sono stati incisi solo su audiocassetta? Il vostro è un ritorno all’era degli indimenticabili demo-tapes, oppure si tratta semplicemente di una realtà ben più difficile, ovvero la mancanza di fondi e attrezzature adatte alla registrazione della musica in formato digitale?

Noi pochi soldi, tecnologia costosa. Noi usa piccolo registratore di audiocassetta. Dalpu G. dice suono molto “tru”. Io non sa cosa vuol dire, ma crede “tru” è cosa di vero uomo. Band occidentali suono bello, ma no “tru”. Giungla è “tru”. Se loro prova a registrare in mezzo a giungla, è già tanto se porta casa culo sano.

E tu non hai paura della giungla?

No. Io è Kulduro. Ahahahahah!

Una delle moltissime curiosità degli uKhahlamba è l’inusuale presenza in formazione di ben due batteristi. Puoi dirmi il perché di questa scelta? Quante ore/giorni/mesi/anni di prove ci sono volute per far convivere due musicisti che suonano lo stesso strumento nel vostro gruppo?

Non difficile perché io e Dalpu G. suona ritmi diversi. Lui occidentale, io africano. Lui però sbaglia spesso. Poi dice “dispari”. Non so cosa è “dispari”, forse specie di “tru”. A me però sembra che sbaglia. Uomo bianco trova sempre un sacco di scuse.

Parliamo della linfa vitale di ogni gruppo che si rispetti (soprattutto quelli undeground): i live show. Sebbene la vita in Botswana non sia così rose e fiori, c’è stata, c’è o ci sarà la possibilità di proporre i vostri pezzi dal vivo?

Pezzi da vivo? No, noi per ora solo pezzi di morto. Quelli di Hakuna che squalo sputa.

Almeno avete deciso come comportarvi quando gli uKhahlamba quando saliranno on-stage? Immagino che sia anche abbastanza difficile suonare i pezzi da voi composti, sia per la particolarità delle strutture ritmiche adottate, sia, soprattutto, per la presenza di due batteristi che potrebbero rendere difficile il lavoro degli altri musicisti presenti sul palco. Inoltre la grande quantità di strumenti che usate imporrebbe di preregistrare alcune parti, anche se da quello che ho inteso forse voi prediligereste l’avvallo di una nutrita schiera di session men. È esattamente così, vero?

Me capito sega di quello che tu ha detto.

Ok lasciamo stare… Che cosa ha in serbo il destino per gli uKhahlamba? Prima o poi riuscirete a invadere il mercato europeo e chissà, anche quello mondiale, oppure preferirete imitare con una certa saggezza molti dei gruppi progressive rock italiani anni ’70, facendo perdere le tracce dopo un solo disco pubblicato?

Sì noi progetta invadere mondo. Però un passo alla volta. Oggi invadere villaggio vicino. Domani savana. Poi si vedrà.

Bene, l’intervista si conclude qui. A te l’onore delle battute finali.

Noi spera voi piace nuova cassetta. Noi uccide se voi no piace! Ahahah! Io scherza, voi sa! Stay “tru” e “dispari”. Ciao Trumelta!

Angelo Angelini