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Unitopia (Sean Timms)

Di Riccardo Angelini - 20 Novembre 2008 - 1:33
Unitopia (Sean Timms)

Probabilmente non avrete mai sentito parlare di loro: questa è la vostra occasione per conoscerli meglio. Si chiamano Unitopia e sono una delle più importanti novità dell’anno in campo progressive. Il loro nuovo album, ‘The Garden’, è una di quelle uscite che non si possono passare sotto silenzio: ascoltatelo e fatelo vostro. Noi ne abbiamo parlato con uno dei membri fondatori della band, Sean Timms, personaggio di grande cordialità e schiettezza. Insieme a lui abbiamo potuto approfondire una delle scene progressive più nascoste e sconosciute del pianeta, quella dell’Australia. Buona lettura!

 

Ciao Sean! Prima di tutto, ti va di presentare la tua band ai lettori di Truemetal?

Ciao Riccardo, grazie per l’intervista! Siamo sempre sorpresi di vedere che alle persone piace realmente quello che facciamo! Ci dà grande soddisfazione creare la nostra musica ed è fantastico incontrare chi la apprezza quanto noi ci divertiamo a comporla. Prima di tutto, lasciami dire che gli Unitopia non sono una metal band. Abbiamo alcune sezioni più pesanti nella nostra musica, ma non siamo quello che chiamerei metal. Ci sono anche elementi di musica classica, etnica, jazz e rock nella nostra musica. Siamo probabilmente più adatti ai lettori che apprezzano il lato più leggero del prog. Le nostre canzoni hanno arrangiamenti intricati, ma proviamo a renderle accessibili a un pubblico più ampio usando forti ganci melodici. Siamo Australiani e siamo in sei: Mark Trueack – Vocals; Sean Timms (io) – Keyboards, Backing Vocals, Mandolin, Acoustic & Lap Steel Guitars, Banjo; Matt Williams – Guitars, Backing Vocals; Shireen Khemlani – Bass, Backing Vocals; Monty Ruggiero – Drums; Tim Irrgang – Percussion.

Il nome Unitopia giunge probabilmente nuovo alla maggior parte dei lettori di Truemetal, ma voi avete già realizzato un album nel 2005. Che cosa rappresenta per voi ‘More Than A Dream’ e in che modo lo ritieni diverso da ‘The Garden’?

‘More Than A Dream’ è stato scritto da me e Mark nell’arco di nove anni e finalmente è stato completato nel 2005. Ci occupavamo degli Unitopia nel nostro poco tempo libero e di conseguenza c’è voluto un bel po’ a finire tutto quanto. Visto che eravamo solo in due, MTAD suona più simile a un progetto individuale, mentre ‘The Garden’ ha un sound più coeso. Sullo scorso album avevamo dei session man mentre ora abbiamo una band che esegue tutto il materiale degli Unitopia sia in studio sia dal vivo. Per molto tempo scrivevamo solo occasionalmente e registravamo tutto quello che usciva. Non avevamo nessun piano specifico, andavamo avanti solo per divertimento. Mark e io amiamo entrambi certi tipi di musica e questo è ciò che ha fatto nascere MTAD.
Non fraintendermi… siamo molto orgogliosi di quello che abbiamo fatto su MTAD e ci sono ancora dei momenti molto belli su quell’album. Siamo molto felici della riuscita di canzoni come Justify, Still Here, Slow Down e la title track, sia dal vivo sia sul CD. Tuttavia con The Garden avevamo un piano complessivo di quale stile musicale volevamo sviluppare come avremmo dovuto portare quel tipo di musica al pubblico.

Devo confessare che non avevo mai sentito nulla degli Unitopia fino a che non ho avuto fra le mani il disco promozionale. Forse è per questo che sono rimasto tanto sorpreso quando lo ho introdotto nello stereo: non credo di esagerare se dico che The Garden è un dei migliori dischi prog che abbia sentito negli ultimi anni. Per quanto tempo ci avete lavorato? C’è un compositore principale o tutta la band ci ha lavorato su?

Grazie per le tue belle parole, apprezziamo molto! Siamo molto orgogliosi di The Garden ma è difficile essere oggettivi con il nostro stesso lavoro. Di nuovo… come per MTAD, The Garden è stato scritto, provato, arrangiato, registrato e missato nel nostro tempo libero. Sono nella fortunata posizione di possedere uno studio di registrazione, quindi ogni volta che ho qualche sprazzo di tempo lavoro sul materiale degli Unitopia. Mark e io ci incontriamo di sabato e nei weekend in cui siamo liberi. Una volta che tutte le canzoni sono state provate e gli strumenti virtuali, i sample eccetera sono stati registrati, inviamo copie del demo alla band e loro ci raggiungono in studio per aggiungere la loro brillantezza creativa. Mark e io siamo i compositori principali, ma Mark ha anche lavorato con il nostro chitarrista Matt su un paio di pezzi.

Passate molto tempo a provare in studio? Quanto è importante per voi l’improvvisazione?

Anche se non spendiamo moltissimo tempo a provare in studio come band, credo che sia importante dare ai ragazzi quanto più spazio creativo possibile. I demo che creiamo sono suggerimenti di quello che potrebbe uscire dalla canzone. Quando i ragazzi suonano le loro parti, hanno il vantaggio che molte delle linee vocali principali e non sono già state completate. Lo spazio per l’improvvisazione è sempre molto ampio. Registro tutto quanto e poi ne scelgo le parti migliori quando sto editando il brano prima del mix. Non siamo certo una jam band… anche se gli standard di abilità con gli strumenti sono tali che se volessimo intraprendere quella direzione potremmo farlo senza problemi. Mark e io scriviamo spesso canzoni provando insieme con pianoforte e voce. Registriamo tutto questo e lo riascoltiamo per i momenti speciali.

Entrambi i dischi hanno una struttura analoga, con una traccia più lunga inserita all’inizio, seguita da brani più brevi. Avete pianificato dall’inizio questa configurazione dei brani?

No. Abbiamo semplicemente scritto le canzoni. Prima che ce ne rendessimo conto, avevamo abbastanza materiale per un doppio CD. Dovevamo fare una scelta se pubblicare un solo CD particolarmente lungo eliminando qualche canzone, o due dischi indipendenti o un doppio. La scelta del doppio CD è stata presa all’ultimo momento.

Che cosa puoi dirmi del vostro background musicale? Avete studiato in qualche scuola o siete perlopiù autodidatti?

Io ho studiato musica classica e jazz da quando ho dieci anni. Sono andato al conservatorio e al college del jazz. Sono stato un musicista professionista tutta la vita. Mark dal canto suo non ha avuto alcun tipo di educazione formale. Il suo senso della musica è innato. Lui pensa così… sente così ed è capace di comunicarmi le sue aspirazioni attraverso la sua voce e i suoi testi.

Questa è una domanda che mi piace fare spesso, perché la risposta è forse meno scontata di quel che si crede: per te che cosa significa suonare prog rock?

Io e Mark amiamo entrambi il progressive. Siamo cresciuti ascoltando Floyd, Genesis, Yes, Alan Parsons e molti altri. Ci piacciono anche gruppi più recenti, come i Beard, i Tree, i Flower Kings, IQ, Marillion ecc. Mark ha una voce tanto ricca che potrebbe cantare probabilmente in qualsiasi stile se volesse (credo che ne abbiamo avuto la prova su ‘Journey’s Friend’, NdR). Tendo a ricondurre lo stile degli Unitopia al progressive dal momento che mi piace davvero scrivere progressive così come mi piace produrlo, ascoltarlo e suonarlo. Un’altra ragione è che chi ascolta prog ascolta la musica, e se ne frega dell’immagine (non siamo mica belle gnocche diciannovenni!).

Quanto è importante per te l’originalità nella musica? A tuo avviso ci sono prog band che oggi possano considerarsi davvero “progressive”?

“Non c’è nulla di nuovo eccetto ciò che è stato dimenticato” afferma Patrick Moraz nel suo capolavoro “The Story of I”. è molto difficile catturare qualcosa che sia davvero nuovo e unico. Quello che ci piace fare con la nostra musica è prendere la struttura base del progressive rock e mescolarla con altri stili, per esempio musica classica, etnica, jazz ecc. Questi extra aiutano a costruire un sound diverso a quello che forse è stato sentito prima. Aggiungi a questo il nostro retaggio australiano e speriamo di suonare un po’ diversi da quello che è già stato fatto. Le prog band di questi tempi stanno facendo più o meno la stessa cosa. Articolano il loro stile particolare su una base prog e sanno che questo sarà apprezzato da una ristretta cerchia di ascoltatori che amano quello stile. Il termine “progressive” può significare molte cose. È solo una parola grazie alla quale gli artisti possono generalizzare il loro stile cosicché il maggior numero possibile di persone possa scoprire il loro tipo di musica particolare.

Parlando della scena attuale, c’è qualche band che trovi di particolare ispirazione per la tua musica?

Ce ne sono tante… è molto difficile nominarne solo una parte. So che sia io sia Mark ammiriamo entrambi i Porcupine Tree e i Flower Kings, ma ascoltiamo anche molti altri stili diversi. Io sono un grande fan di James Taylor, Al Stewart e Prefab Sprout così come di Bel Fleck, gli Yes e Alan Parsons, mentre Mark è un grande fan di Gabriel, dei Genesis, Kate Bush, John Martyn e David Gilmour. E questo non è certo tutto quello che ascoltiamo. Se tocca la nostra anima, allora ci piace.

Pur essendo la culla di molte grandi rock e metal band, l’Australia non è molto famosa per la sua scena prog. Quali sono le ragioni a tuo avviso?

Credo sia perché il rock e il metal si adattano a una sezione più ampia di persione mentre il prog è maggiormente un genere di nicchia. In Australia, non abbiamo una popolazione tanto numerosa da poterci permettere grandi seguiti nei generi di nicchia. Le cose stanno migliorando comunque, con un paio di prog band australiane che stanno riuscendo a ottenere un po’ di visibilità, ovvero i The Third Ending e i Merlin Bird. Sono entrambe molto valide!

È stato difficile per voi uscire dall’underground?

Credo che la qualità della musica ci abbia aperto la strada fino a un certo punto. Non voglio sembrare troppo esaltato, ma siamo molto orgogliosi di quello che abbiamo fatto. Ci sono voluti 12 anni! La nostra prima uscita è avvenuta grazie alla Unicorn, che ha distribuito MTAD nel mondo. Erano pronti a darci una chance e lo abbiamo molto apprezzato! Voglio dire che non siamo stati costretti a fare tutto quanto il lavoro da soli. Poi dopo qualche successo con MTAD ci siamo sentiti più sicuri di noi e ci siamo arrischiati ad approcciare la InsideOut. Fortunatamente, loro lo hanno apprezzato ed eccoci qui! Siamo ancora sconvolti da quello che sta succedendo: nemmeno nei nostri sogni più sfrenati ce lo saremmo potuti immaginare!

La InsideOut è un punto di riferimento imprescindibile per chi ama il prog. Sei soddisfatto del loro lavoro?

Ho sempre considerato la InsideOut una grandissima label. Il loro rooster è di prima qualità e loro si sono sempre mantenuti agli standard più alti. Ogni volta che ho comprato i loro CD ho ricevuto materiale di primissima qualità.Siamo molto fieri di avere firmato con un’etichetta così rispettata e professionale. Ancora facciamo fatica a crederci. Inoltre, non si può passare sotto silenzio il lavoro dell’artista Ed Unitsky per l’artwork di The Garden. La sua opera è meravigliosa e la sua fiducia nella nsotra musica ci ha dato un aiuto incommensurabile!

Avete qualche piano per un tour in Europa e, magari, in Italia?

Certo che sì! Ci piacerebbe un sacco venire in Europa, dove abbiamo un sacco di fan, soprattutto in Italia (ciao Augusto!). Se The Garden vende bene allora il nostro limite è il cielo! Questo significa che se volete vederci dal vivo… perfavore comprate il nostro CD! Eheh!

Grazie mille Sean, era l’ultima domanda, a te l’ultima battuta!

Credo di aver sproloquiato abbastanza, eheh! Grazie per questa opportunità di parlare con te e i tuoi lettori. Spero che vi divertiate ad ascoltare The Garden quanto noi ci siamo divertiti a comporlo! Abbiate una buona giornata! (sic, NdR)

Riccardo Angelini