Viking Metal Special Parte Quarta: EINHERJER
Continua lo special del Viking Metal con gli Einherjer, band norvegese (paese curiosamente in minoranza rispetto alla produttivissima Svezia) attualmente al loro quarto CD full-lenght e in procinto di sfornare il quinto lavoro.
Nel maggio del 1994 gli Einherjer entrano in studio per la seconda volta e producono il mini-CD Leve Vikingaanden, il quale fu prodotto in edizione limitata e attirò le attenzioni della Necropolis Records, i quali vollero pubblicare questo mini insieme ad Aurora Borealis. Un anno e mezzo dopo uscì questa collezione di discreto successo. Giunto quindi il 1996 giunsero anche i primi problemi, e la band quasi si sfaldò finché non misero a segno un colpo nientemeno che con la Napalm Records per la produzione di due album. Nel frattempo persero per strada diversi membri, e con Audun Wold passato alla chitarra e Stein Sund adottato al basso, iniziarono ad inanellare un successo dietro l’altro.
Nell’estate del 1996 pubblicarono Dragons of the North, un CD completo dalla veste eccellente e dalla qualità eccezionale, tanto che riscosse un clamoroso successo non solo in Scandinavia ma anche in altre parti del mondo. Superato questo passaggio pubblicarono un mini-cd, il meraviglioso Far Far North, che sarebbe dovuto essere il secondo CD per la Napalm, ma che invece gli creò una serie di grattacapi. Iniziarono i primi litigi con la casa, tanto che pensarono di abbandonarla e ricevettero un’offerta dalla Century Media. La Napalm non pubblicò mai Far Far North, e ci pensò la Century Media con una edizione Digipak molto interessante. I problemi però peggiorarono all’interno della band, e a seguito di diversi litigi Rune, Audun e Stein abbandonarono la line-up, lasciando gli Einherjer in due. Frode e Gerhard credevano ancora molto nel progetto Einherjer e cercarono un nuovo cantante, trovando Ragnar Vikse. Con lui e il nuovo chitarrista Erik Elden registrarono l’album “Odin Owns Ye All“, e questo cambiò la loro musica. La voce di Ragnar è molto meno aggressiva di quella di Rune, e fece risultare gli Einherjer un gruppo pulito e melodico con sonorità molto vicine all’heavy metal. L’album fu pubblicato in tutta Europa nel 1998 e ricevette ottime recensioni, tanto che fecero il loro primo tour come supporto nientemeno che ai Cradle of Filth. Il tour durò cinque settimane e toccarono undici paesi differenti. Nel 1999 proseguirono a scrivere canzoni e presero un nuovo chitarrista, Aksel Herloe. Terminati i contatti con la Century Media, gli Einherjer entrarono nuovamente nei Los Angered Studios e con la produzione di andy LaRocque, chitarrista dei King Diamond e l’etichetta di Native North Records producono Norwegian Native Art. L’album cambia nuovamente forma alla band e la rende più grezza ed energetica, un ritorno alle origini comune alle ultime band di Viking Metal. Il futuro è ancora incerto.
Lo stesso creatore degli Einherjer, Gerard Storesund, ci informa che la band ha origini musicali nei Manowar e negli Skyclad. All’inizio tentarono di dargli una voce black comune, ma lo stile era quello che contava, e tentarono immediatamente di personalizzarsi. Il nome Einherjer deriva da una antica parola vichinga, Einherjer appunto, che indicava i guerrieri morti sul campo di battaglia che venivano reclutati dalle Valchirie per essere ammessi nel Valhalla, il paradiso dei guerrieri, in attesa della battaglia finale, il Ragnarok, per combattere nelle schiere di Tyr contro i nemici degli Dei.
Per quanto riguarda la posizione degli Einherjer nei confronti del cristianesimo, uno dei grandi perni – come ricordo – del Viking Metal, lo stesso chitarrista ci espone che il solo pensiero di ciò che hanno fatto i cristiani lo “manda fuori di testa”. I Cristiani hanno distrutto una quantità incredibile di testimonianze storiche, archeologiche e sociali, come quelle egiziani e quelle nordiche, e hanno sempre avuto molto successo nel distruggere ogni civiltà con cui venivano a contatto, nascondendo le verità e creandone artificialmente altre per i propri comodi. Per quanto riguarda la Bibbia, Gerard ci fa sapere che l’ha letta e che è piena di “storielle interessanti”.
Il satanismo, altra tematica comune nel metal, non è abbracciato da praticamente nessuna band Viking Metal. Questo deve insegnarci molto sul genere. Il satanismo è una creazione stessa dei cristiani, e chi va contro il cristianesimo dovrebbe, di riflesso, anche ignorare il satanismo, una creazione della religione cattolica stessa di dei malvagi per sostenere e dare una ragione di esistere al “dio buono”. Infatti, gli stessi Einherjer, così come i Thyrfing, sono assolutamente insensibili alle tematiche sataniste, anche se ammettono che i veri satanisti sono quelli che combattono a fianco di Satana nella guerra contro Dio, e che la maggior parte di quelli che suonano Black / Death Metal sono solo dei bambini che non hanno idea di cosa significhi essere per davvero un seguace di Satana.
Nelle opere del loro primo periodo, da Aurora Borealis a Leve Vikingaaden a Dragons of the North, gli Eiherjer desiderano puntare sulle concezioni del passato come luce per illuminare il presente. Non credono fermamente che ciò che avverrà nell’Edda avverrà un giorno anche nella vita reale, come l’avvento del FimulVinter e del Ragnarok, ma credono, e tentano di comunicare con schiettezza e una certa violenza, che le credenze del passato e gli dei del passato, e quello che possono insegnare, non devono mai essere dimenticati, e questo è un grande adagio del Viking Metal classico. Interessante il marchio spirituale, quasi magico, che pervade Dragons of The North, e il vago riferimento alla mitologia nordica, che prenderà il dominio incontrastato nelle opere del loro secondo periodo, Far Far North e Odin owns Ye All, in cui si assiste forse alla loro parte migliore. Voci pulite, heavy metal pesante, inserti folk davvero interessanti (come in Home, in OOYA) e testi estremamente ispirati, come nella stessa Far Far North e nella coppia Inferno e A New World, che dipingono con fedeltà impressionante il Ragnarok e la rinascita del mondo dopo la morte degli dei. Questi dischi hanno per lo più velleità mitologiche, ma sono uno dei tratti più distintivi del Viking Metal odierno.
Terminiamo la rassegna con il loro ultimo album, Norwegian Native Art, che è l’equivalente di Roots Bloody Roots dei Sepultura, di Vansinnesvisor dei Thyrfing o di Eld degli Enslaved. Un crollo verticale, un viaggio in discesa verso la ricerca ossessionata e brutale delle origini, un tuffo nel sangue e nella terra. La faccia degli Einherjer cambia improvvisamente, da cantori vichinghi diventano maschere di sangue, il logo si modifica e la mitologia vichinga diventa un mondo oscuro, pericoloso, buio, intriso di magia e di mistero. Il sound diventa grezzo, le batterie quasi battute a mano con pezzi di legno. Questo è un altro aspetto del Viking Metal che può essere gradito o meno, ma che probabilmente diventerà il futuro, visto che le band sembrano quasi unite in questa direzione.
E visto che il genere è in continua evoluzione, non ci resta che attendere.