Viking Metal Special Parte Terza: MITHOTYN

Di Daniele Balestrieri - 29 Marzo 2002 - 14:07
Viking Metal Special Parte Terza: MITHOTYN

Si prosegue lo speciale con i Mithotyn, grande band Svedese molto apprezzata nell’ambiente Viking Metal, e ora purtroppo estinta.

I Mithotyn iniziarono nel 1992 sotto nome Cerberus, ma cambiarono presto il monicker in quello definitivo.
I guerrieri svedesi erano destinati a divenire una delle leggende del viking metal, per sciogliersi all’apice della carriera.

I fondatori furono Schutz, voce, batteria e tastiere, e Stefan Weinerhall, chitarra e basso. Il primo demo dei Cerberus risale all’ottobre 1992, mentre il primo demo Mithotyn, Behold the shields of gold, fu registrato nel maggio del 1993.

La line-up si completa, dopo il primo demo, con Karl Beckmann (chitarra), Karsten Larsson (batteria), Helené (tastiere).

Il secondo demotape, Meadow in silence, aveva più influenze folk del lavoro precedente. Il cantante Schutz abbandona la band, Weinerhall e Karl si occuperanno del cantato, e viene assoldato Richard Martinsson al basso.
Il nuovo demo, Nidhogg‘, registrato nell’aprile del 95, è più cattivo rispetto ai lavori precedenti, ed è l’ultimo che vede la partecipazione di Helené.

Vedendo crescere l’interesse attorno alla loro band, gli svedesi producono, nel gennaio 1996, ‘Promo 96’, il loro ultimo demo, perchè nel giugno dello stesso anno, la Invasion Records assolda la band.

Il primo cd, ‘Under The Sign Of The Ravens, vede la luce nell’aprile del 1997. Si tratta di un viking metal molto oscuro, mai tiratissimo, di grande impatto emozionale, penalizzato da una produzione un po’ troppo cupa.

La risposta positiva del pubblico, con vendite che superarono le 7000 copie, convinse il gruppo a pubblicare, a pochi mesi di distanza, il secondo album, il magistrale ‘King Of The Distant Forest. La produzione è molto migliorata dal primo cd, i suoni sono nitidi, i ritmi incalzanti e c’è parecchia più cattiveria. A pezzi maestosi, epici e furiosi come ‘Hail Me’ e la title track, si alternano intermezzi folk azzeccati quali ‘Trollvisa’. La musica è null’altro che puro, direttisso Viking Metal, con la V e la M maiuscole. Il growling, da questo album, è affidato a Richard. A comporre i pezzi sono quasi sempre Stefan e Karl, i testi sono esclusiva di Stefan, che pare essere il più convinto dei 4 vichinghi.

Nel 1999, dopo una giusta pausa dedicata alla composizione, è il momento di Gathered Around An Oaken Table‘. Se KOTDF è stata l’affermazione dello stile della band, Gathered è l’apoteosi dello spirito vichingo dei Mithotyn, 55 minuti di melodie epiche, ritmi furiosi, invocazioni pagane, cori maestosi, per quello che è senza ombra di dubbi uno dei più riusciti dischi viking del decennio.

Gli eventi che portarono alla scomparsa di questa band grandiosa furono dei fulmini a ciel sereno. Stefan Weinerhall decise che voleva fare heavy metal melodico, dichiarò di non sentirsi più in sintonia con la musica del suo passato. Fondò la power band Falconer, e fu raggiunto da Karsten. I membri restanti della band non vollero, o non poterono continuare la leggenda Mithotyn.

Lo stile Viking Metal dei Mithotyn differisce dalle band precedentemente analizzate, come gli Amon Amarth o i Thyrfing. Quasi death i primi, molto melodici i secondi, queste due band rappresentano gli estremi in mezzo ai quali si può porre questa band svedese, che unisce sonorità pesantemente black e screaming molto classico a intermezzi deliberatamente melodici, che quasi stridono e tendono a delineare delle melodie che differiscono dal death per la loro eccellente orecchiabilità e differiscono dal folk metal per la loro crudezza. Si potrebbero definire i Mythotin una band di élite, dal momento che più di chiunque altra band, sono riusciti a sfornare dei prodotti di fattura finissima, che non lasciano niente al caso: dalla copertina allo stile di canzoni, dalla produzione alla fattura delle liriche. Proprio queste ultime sono davvero degne di essere rivelate come vere e proprie bandiere del pensiero vichingo. Purtroppo, come già è stato detto, la band al momento non esiste più. Dopo la pubblicazione dei loro tre album “Under The Sign of the Ravens“, “King of the Distant Forest” e “Gathered Around the Oaken Table” e una serie di demo, i Mithotyn hanno pensato di sciogliersi e alcuni dei vecchi componenti hanno formato i Falconer, la cui identità è abbastanza diversa da meritarsi un capitolo a parte di questo lungo speciale sul Viking Metal. C’è da dire che i fans sono rimasti fortemente delusi da questa dissoluzione, e molti fans dei Mithotyn sono stati ciecamente ereditati dai Falconer, e tuttora moltissimi fans giudicano questa band come “i nuovi Mithotyn”, senza accorgersi che disperatamente la band sta tentando di porre delle distanze tra le due espressioni di Viking Metal. Mathias stesso infatti ci mostra che sebbene tutte e due le band siano spiccatamente Viking, la prima aveva un feel molto più black, grazie soprattutto agli screaming (che non si privavano di alcuni growling come nel caso della canzone “The Vengeance” in King of the Distant Forest o in “The Well of Mimir” in Gathered Around the Oaken Table), mentre la seconda ha una voce pulitissima e di grande impatto. I Falconer, citando direttamente il cantante, sono un gruppo più “personale”. Ma tant’è, quando di carne al fuoco ce n’è poca, bisogna attaccarsi praticamente a tutto.

  

In “Under the Sign of the Ravens” è l’atmosfera alla base di tutto il lavoro. Immediatamente con la prima canzone si cala in un universo freddo e tenebroso, che desta il proprio istinto Viking nella seconda canzone, fregiatasi di una strofa “portabandiera”

“Under the wings
of Odins messengers we live.
Carrying on our nordic blood
from fathers to sons”

In realtà possiamo notare come questo sia solo un rigurgito di orgoglio, non continuamente supportato come nel caso degli Amon Amarth. I Mithotyn tendono invece a cesellare continuamente i propri album, come se fossero dei grandi lavori in legno, e con grande attenzione piazzano il giusto strumento nel posto giusto, il coro nel momento giusto e il riferimento nel posto giusto. Le canzoni, più di ogni altra band, vantano una varietà davvero abbacinante, ed è incredibile la sensazione del primo ascolto di un loro CD: non si sa mai cosa si incontrerà, nemmeno alla fine dell’album. E quando una band riesce a mantenere viva l’attenzione dell’ascoltatore allora il passo più grande è stato compiuto, e basta poco per attirare, come nel loro caso, orde di fans, più di altre band forse più conosciute ma meno seguite. Questo primo album, infatti, dalla seconda fino all’ultima canzone, passando per la solita canzone interamente in svedese, riesce a concludere un quadro decisamente stimolante di oscurità e gelo invernale, senza stancare ma sperimentando continuamente sui binari di un ottimo black. È l’atmosfera il miglior veicolo degli ideali, e ne sanno qualcosa anche i Borknagar, che analizzeremo in futuro.

King of the Distant Forest invece, attesissimo secondo album del 1998, è un lavoro che emerge dall’atmosfera tenebrosa del primo CD sul piede di guerra. L’intero album è orientato sulla guerra nel nome degli dei nordici, come manifestato da “Under the Banner”, di cui bisogna riportare il testo intero per avere un fulgido esempio di come, rabbiosamente, i popoli del nord ancora ricordano l’invasione cristiana.

“Under the banner of our gods
We ravage this land of heresy.
In the name of the Aesirs we are chosed
To fight this invading christianity.

Under the banner of might
We mock their religion of submission.
They may pray to their selfish god
But we’ll never give them remission.

Under the banner of the elders
We march towards them in despise.
We are the sons of Midgaard
Bound to defy their glorious lies.”

Eresia, combattimento contro la cristianità, e il grande scontro tra i “figli di Midgaard” e i figli di un “dio egoista e distruttivo”. L’alternarsi di canzoni / album atmosferici con canzoni / album di denuncia e di istigazione ricalca in maniera abbastanza sorprendente l’evoluzione psicologica di band come Amon Amarth o Månegarm.

Gathered Around the Oaken Table, sviluppato un anno dopo sulla scia del grandissimo successo di King of The Distant Forest, si risveglia dal furor belli dell’album precedente e, come è lecito aspettarsi in questo genere di excursus, si dà al “misticismo”, un trend al quale pochissime band sono riuscite a sottrarsi ultimamente. Per fortuna il misticismo dei Mithotyn si è semplicemente rivelato una pesante inclinazione al fantasy. Lasciata la realtà della mitologia e la crudezza della guerra, la band si è lasciata andare a un album decisamente epico, con sonorità potenti e grandi cori alla Manowar, che comunque non tradiscono l’origine Viking dell’intera band. Le canzoni parlano di regni e di sovrani, sotto un profilo spiccatamente psicologico, senza tralasciare la solita canzone in svedese e la coppia di canzoni dedicate alla mitologia, ovvero “The Guardian”, che parla di Heimdall, il dio guardiano del Bifrost, il ponte-arcobaleno, che suonerà il corno alla fine del mondo, e “The Well of Mimir”, bellissima canzone che racconta la storia del pozzo di Mimir.

La produzione di tutti e tre i CD, con qualche piccola remora per il primo, si distingue dalle altre band per precisione e meticolosità, e la grande minuziosità dei brani e dei testi è riuscita, senza dubbio, a elevare i Mithotyn a band “sovrana” del viking metal, anche laddove altre band hanno colpito più direttamente il centro, ma senza esibire una varietà così spettacolare. Fino a poco tempo fa potevate visitare il sito ufficiale, ma ora è stato smantellato. La triste sconfitta di una band che non esiste più.

La biografia della Band è stata compilata da Keledan e potrete trovarla, insieme alle altre biografie, nella sezione ENCICLOPEDIA in questo stesso sito.