Vile (Colin Davis)
I Vile sono una delle
perenni promesse della scena brutal: americani, con tutte le carte in regola per
sfondare, hanno composto dischi importanti ma non così personali da riuscire a
ritagliare per loro una nicchia di ascoltatori affezionati come in altri casi.
Al terzo capitolo della loro carriera e dopo diverse vicissitudini (ancora in
corso ) per quanto riguarda la stabilità della line-up, il combo californiano
dimostra di essere ad un passo dalla consacrazione con un disco interessante ma
ancora un po’ troppo disgregato, da consigliare comunque a tutti gli
appassionati per la quantità di idee che riesce a mettere sul piatto. Del resto
la Listenable è (quasi) sempre una garanzia.
La parola al leader del gruppo, il chitarrista Colin Davis.
Prima di tutto, mi sembra sia
chiaro un notevole cambiamento in questo nuovo album: ‘Depopulate’ era un
ottimo esempio di classico brutal death, mentre ‘The New Age of Chaos’
sembra contenere elementi molto diversi tra loro, non è così?
“Sì, sono d’accordo,
direi: sono passati tre anni da quel disco, la mia mente è cambiata molto ed in
molti aspetti. Tieni anche conto che questo album è stato scritto
esclusivamente da me, senza l’apporto di nessun altro, e questo è un altro
motivo di cambiamento. Personalmente voglio davvero che ogni uscita dei Vile
contenga qualcosa di nuovo, di fresco.”
Possiamo dire che per la prima
volta inserite delle parti melodiche non da poco nei vostri pezzi?
“Sì, è vero. C’è
più melodia. E direi che c’è anche un’influenza molto marcata da parte del
black metal, questa volta.”
In effetti il black metal fa
capolino abbastanza spesso nel nuovo album: quali sono i tuoi gruppi preferiti,
le tue influenze nel genere?
“A dire il vero non
ci sono poi molte nuove band che apprezzo, in questo filone, ma di sicuro vanno
menzionati i Dimmu Borgir, gli Old Man’s Child, i Behemoth di ‘Thelema.6′
(ecco, proprio un disco black, Nda) e gli svedesi Mutant.”
É forse la prima volta che un
gruppo di metal estremo tratta direttamente i fatti di attualità più
scottanti: ed una cover con una scimitarra insanguinata e un “pianeta
Terra” tagliato a metà, contenente un cervello umano, non poteva essere più
esplicita…
“Beh, i testi
riguardano soprattutto la guerra; e, nello specifico, la guerra del mondo
Occidentale contro quello Islamico. E’ una fantasia brutale, di sicuro, ma
diversi testi scritti da Juan (Urteaga, il cantante, Nda)
riguardano fatti di tutti i giorni.”
Molti musicisti americani
sembrano voler manifestare la propria opposizione al presidente George W. Bush e
la sua amministrazione, al punto da far diventare questo atteggiamento una sorta
di “cliché”: vuoi darmi la tua opinione in merito? Voglio dire, i vostro
testi mi sembra che si possano definire “politici” senza troppi
problemi…
“Sì, i testi si
possono considerare tranquillamente politici: ma sono stati scritti da Juan
Urteaga e non sono necessariamente da intendersi contro Bush. Personalmente, non
apprezzo Bush per il suo operato da presidente, in ogni caso questi testi vanno
considerati come pro-USA ed a favore della civiltà Occidentale, questo è
sicuro.”
La violenza è la linea-guida
del metal estremo, naturalmente; ma la domanda che i “profani” più
spesso rivolgono a musicisti ed appassionati è: perché aggiungere violenza ad
un mondo che ne è già pregno? Qual’è la tua personale risposta a questo
quesito?
“Esiste un punto di
vista secondo il quale l’estremismo della musica porterebbe la gente ad essere
violenta lei stessa: ma se questo fosse vero, vedremmo i peggiori crimini ai
concerti dei Cannibal Corpse e non
mi pare che questo accada. I fan del death metal sono perlopiù gente
rispettosa, e molti hanno una grande intelligenza e profondità di pensiero, per
cui è evidente quanto questa teoria sia sbagliata. Personalmente sono stanco di
leggere testi violenti senza alcun motivo: gli stessi Vile ne hanno avuti di
simili in passato, ma li trovo monodimensionali, fini a sé stessi. Su ‘The
New Age Of Chaos’ la violenza delle liriche c’è ma è motivata, non è
splatter e fa parte delle fantasie comuni a chi segue gli avvenimenti dei nostri
giorni.”
Si sa che per qualsiasi metal
band il traguardo finale è fare tour in giro per il mondo, quindi ti chiedo:
cosa c’è al secondo posto per i Vile?
“Voglio arrivare al
punto in cui potrò fare abbastanza tour e guadagnare abbastanza da poter
sostenere i costi che comporta l’avere un gruppo: non la vedo come una meta
lontana, direi che ci siamo quasi arrivati, spero che raggiungeremo quel momento
presto. Inoltre vorrei poter fare tour migliori, di più alto livello, ed
ovviamente mantenere una certa stabilità nella line-up.”
É comunque tempo di tour per
voi?
“Sì, decisamente:
saremo in tour in Europa tra marzo ed aprile 2006. Saremo in giro anche negli
Stati Uniti, in seguito, per poi tornare in Europa per una nuova tournée prima
della fine dell’anno. Di sicuro verremo anche in Italia per almeno uno di questi
due tour; diversi musicisti presenti sul disco non mi potranno seguire in
Europa, quindi effettuare questi concerti resta il mio principale obiettivo per
il 2006: le cose ora sembrano andare bene e presto annunceremo la line-up dei
Vile per i tour.”
C’è qualcosa che davvero non
sopporti del metal estremo?
“Poche cose: di una
abbiamo già discusso, ed è la tendenza delle band a scrivere ogni volta sempre
le stesse cose. Un’altra è la velocità: sembra che oggigiorno troppi gruppi si
sentano obbligati a scrivere e suonare le cose più veloci del mondo e, dato che
è difficile suonare velocemente ed essere precisi, ne risente la qualità. La
velocità in sé non impressiona più nessuno: quello che davvero serve sono
buone canzoni e musicisti preparati.”
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli