Vision Divine (Olaf Thorsen)
Spettacolare il nuovo disco dei Vision Divine, The 25th Hour, che affascina per le melodie, i suoni e per la storia che lo legano all’indimenticabile Stream Of Consciousness. Ne parliamo con Olaf Thorsen, come al solito disponibilissimo e anti-diplomatico (e noi lo vogliamo così). Buona lettura
Ciao Olaf, ci ritroviamo dopo circa un anno e mezzo e dopo un’intervista “scottante”. Voglio subito cominciare con una considerazione: gli anni passano ma la qualità della musica dei Vision Divine resta su livelli altissimi. Qual è il segreto del successo?
Ciao Gaetano. Ricordo molto bene quell’intervista soprattutto per il vespaio involontario che aveva creato, ahah! Credo di essere conosciuto come una persona che dice sempre quello che pensa, e se al limite un’intervista esce meno piccante di un’altra dipende soltanto da chi pone le domande, che non riesce a toccare i tasti giusti.
Grazie di cuore per i complimenti, ma onestamente non ci sono ne segreti ne formule segrete, purtroppo.
Ad ogni nuovo lavoro ci sentiamo sempre sotto pressione come se fosse la prima volta, anzi, abbiamo alle spalle lavori sempre più acclamati che spostano il limite.
Il segreto forse è proprio questo: non siamo mai seduti sul passato come se fosse un punto d’arrivo, piuttosto, lo vediamo come un punto da cui ripartire per il lavoro successivo. Ogni volta, prima di iniziare i lavori su un nuovo album, ci troviamo e parliamo di quello che vogliamo raggiungere, musicalmente, liricamente, a livello di sound. In pratica pianifichiamo attentamente tutti i dettagli. Quello è un passo molto importante per noi, tutto ciò che pianifichiamo è esattamente quello che (chissà perché) non finisce sul nuovo lavoro, ahahah! Dai sto scherzando. Lo ripeto da sempre ed in fondo so di essere banale, ma noi scriviamo e realizziamo quello che abbiamo dentro, senza pensare a nessuna particolare formula.
Quando prima ti parlavo di trovarci e discutere della strada da intrprendere non scherzavo, ma ti assicuro che quando componiamo seguiamo solo il nostro gusto personale, confidando che chi ci segue possa comprendere le nostre scelte. Fino ad oggi siamo sempre stati molto fortunati sotto questo aspetto, e ne approfitto per ringraziare di cuore tutte quelle persone che ci stanno supportando con un affetto sempre più grande.
Come siete riusciti ad ottenere un risultato così prestigioso, quello di The 25th Hour, dopo uno split di tali proporzioni?
Lavorando sodo e credendo fermamente in quello che facciamo.
Lo split fa parte della storia della musica e fa parte di questa band. Come tutti gli eventi “drammatici” possono determinare la fine di una situazione, oppure possono essere sfruttati per acquisire maggiore esperienza e per assumersi nuove responsabilità. Lo split che ha colpito i Vision Divine è durato moltissimo, e direi che da Stream Of Consciousness ad oggi chi ci segue ha potuto registrare diverse scosse di assestamento. E’ sbagliato credere che, ogni volta che qualcuno se ne va da una band, ci possa essere dietro chissà quale terremoto, in realtà spesso, si tratta di cambiamenti necessari proprio per portare la band ad un livello superiore e in quasi tutti i casi lo split è stato uno la conseguenza dell’altro, ad ogni cambiamento le cose all’interno della band si chiarivano fino al punto di portare altre persone a riflettere e fare una scelta, triste nel nostro caso.
Non sono affatto una persona cinica, ma devo comunque accettare le scelte di qualcuno che mio malgrado non se la sente più di investire tutta la propria vita nella musica o nei Vision Divine, gli altri sanno benissimo che io sono una persona che, invece, a suo tempo ha fatto una scelta ben precisa per questa band che oggi rappresenta tutta la mia vita, musicalmente ma anche oltre.
Io do tutto quello che posso dare per i Vision Divine, e chiedo, a chi si trova in questa band, di fare lo stesso. Chiarisco bene: CHIEDO, non IMPONGO. Non si può ordinare a qualcuno di fare scelte che comportano sacrifici non indifferenti, ed ecco spiegato come mai a volte un cambiamento è solo una naturale evoluzione di una band che in fondo ha quasi una sua vita propria che cresce e coinvolge sempre di più. Io posso solo prendere atto delle varie situazioni, che sono ovviamente tutte differenti una dall’altra, ed ogni volta sfruttarle al meglio perchè diventino un’occasione per crescere e per fare un ulteriore passo avanti, musicalmente parlando.
Nello specifico, per questo album, mi sono trovato a parlare con Michele, ed era chiaro che The 25th Hour avrebbe dovuto dire una volta per tutte, e a tutti i costi, se siamo in grado di andare ancora più in la, oppure realizzare di essere arrivati al capolinea, per così dire.
Non abbiamo mai avuto dubbi in merito, ci siamo promessi di dare veramente tutto quello che avevamo in corpo per realizzare un lavoro che potesse trasmettere le energie che ci hanno attraversato e poi, di volta in volta, abbiamo fatto rientrare in questa atmosfera anche i nuovi arrivati, tenendo conto di quelle che sono le aspettative di tutti e facendo anche ben attenzione a non “bruciarli” mettendoli di fronte ad assurde competizioni con chi non c’e’ più. E questo, in fondo, e’ quello che ha passato anche Michele a suo tempo.
Secondo me, sei stato intelligente nel proporre un disco meno progressivo di The Perfect Machine, un po’ meno elaborato tecnicamente e, diciamolo, più heavy del solito. Un po’ più facile da suonare forse, ma Vision Divine al 100% e caratterizzato da melodie magnifiche. Ti chiedo: è stata una scelta presa a tavolino tenendo conto di un indebolimento tecnico dopo lo split?
Ti ringrazio per i complimenti, e vedi tu com’è strana la musica: per me, e credo anche per il resto della band, questo è probabilmente l’album più difficile che abbiamo mai realizzato.
Non è stata una scelta fatta a tavolino, e meno che mai presa a causa dei cambi di formazione. Quando mi sono trovato a scrivere le musiche per questo disco non ho mai pensato a chi c’era e a chi non c’era più ma ho scritto quello che volevo fosse presente nel nuovo album dei Vision Divine, come sempre.
Forse, rispetto al passato, le parti “complesse” sono più nascoste ed al servizio della melodia e della potenza (in fondo non dimentichiamo che suoniamo Heavy Metal, o come diavolo volete chiamarlo!), ma questo a mio avviso è un ulteriore segnale di maturità acquisita. Per me una band non è “fica” quando fa sembrare complicato anche un banale 4/4, ma al contrario, quando fa sembrare facilissimo anche qualcosa di ben più complesso nella sua struttura. Vuoi un esempio? Beh, la title track, all’inizio, è tutta un susseguirsi di tempi composti, 8/8, 7/8, 6/8, ma tutto scorre via liscio come se si trattasse di un brano “normale”, e potrei citarti molti altri esempi, ma credo che con gli ascolti saranno proprio quelle cose che vi incuriosiranno nel tempo, cose che scoprirete da soli.
Non c’è stato un indebolimento tecnico, e credo che anche tutti quelli che ci hanno visto dal vivo ultimamente potranno essere d’accordo con me: la band, oggi, è forte come non mai e i musicisti che fanno parte dei Vision Divine rispondono a precisi canoni che sono assolutamente necessari per poter suonare con noi. Magari qualcuno ha un nome meno conosciuto di chi se ne è andato, e non si tratta di fare confronti, ma posso assicurarti che tutti hanno piena facoltà nel loro campo 😉
Parliamo dei testi del disco. Siamo nell’era Stream Of Consciousness, la copertina non da scampo. Ti va di farmi un riassunto della “situazione”?
Beh, la copertina parla da sola, visto che riprende l’ambientazione di quell’album, ed ovviamente non è una casualità. Ti farò un riassuntino veloce veloce, tanto per non fare il solito track by track.
Il protagonista è lo stesso personaggio che all’epoca di Stream finì rinchiuso in manicomio a causa delle vicissitudini di cui parlavo in quel disco, solo che sono passati 40 anni.
Siamo nella stessa cella, e quell’uomo oggi è un ottantenne che in fondo non ha fatto alcun progresso rispetto ad allora. Certo 40 anni sono tanti, e qualcosa nella sua testa si è evoluto.
Qui riporto semplicemente le ultime pagine del suo diario personale, ritrovato nella sua cella e scritte tutte nella sua ultima notte di vita. Ovviamente l’argomento principale è questa venticinquesima ora che regala il titolo al disco e che, vorrei chiarire, non ha niente a che vedere con un film omonimo. In breve, l’argomento con il quale comincia (e non dirò se finisce) l’album è questo: noi siamo convinti di vivere le nostre vite lungo archi di vita che contiamo in anni. Se uno vive 80 anni crede di avere vissuto una vita ben più lunga di un giovane, ma in realtà non è così. La verità è che viviamo le nostre vite tutte scandite da 24 ore, all’interno delle quali ci svegliamo, mangiamo, amiamo, odiamo ed infine dormiamo, per poi risvegliarci e vivere la giornata successiva. Insomma, il tempo in realtà è scandito da sole 24 ore, ed il calendario non e’ altro che un modo per contare la somma ciclica di queste 24 ore. Il problema a questo punto è il seguente: esiste un modo per spezzare questo ciclo, e riuscire a proseguire veramente in linea retta, vivendo quindi questa 25ma ora che altro non è se non la prima al di fuori di questo ciclo vizioso?
Interessante, lo scopriremo solo “leggendo”. E ora… passiamo alla musica. Anche i suoni sono quelli di Stream Of Consciousness e addirittura più di un passaggio ricorda i punti focali di quel disco (Voices, Alpha & Omega tra gli altri). Nell’ultima traccia, poi, commovente il richiamo con il passaggio di chitarra letteralmente traslato. Pensi che Stream Of Consciousness sia il disco più importante della carriera dei Vision Divine?
Ovviamente i richiami sono più che voluti, proprio perchè in fondo questo chiude quella bellissima (non sono arrogante, è che la gente la considera così) storia iniziata con Stream Of Consciousness. Credevo fosse indispensabile recuperare alcune atmosfere che potessero trasmettere questa sensazione di continuità senza dover per questo ripetere stilisticamente un album che già esiste. E’ stato molto divertente lavorare in questo modo, e non ti nascondo che nel brano finale una lacrimuccia mi è scesa proprio perchè mi ha riportato a quei tempi (beh non sono secoli, solo qualche anno).
Penso che Stream Of Consciousness sia stato un disco fondamentale per la nostra carriera, ed è merito suo se oggi siamo ancora qui a suonare e a fare dischi.
Chiunque, in fondo, ha un disco di punta, e se posso essere sincero mi ritengo pure fortunato, Stream ha questo tipo di valore non tanto per il suo pregio musicale ma anche e soprattutto per tutto quello che si portava dietro a livello di emozioni.
Questo mi da modo di essere fiero di un album come quello e al tempo stesso di avere ancora quella sensazione necessaria per un musicista, la consapevolezza di poter andare oltre ad un lavoro già scritto in passato. Sarebbe un dramma ascoltare un disco ed avere la certezza di non potere andare oltre, a prescindere dai miei sforzi. Se dovessi arrivare ad un punto simile, allora quello sarà davvero il momento di smettere. Fino ad oggi ogni nuovo disco ha rappresentato un limite sempre difficile da superare, ma ad ogni nuova uscita, sento di essere riuscito (come band, certo) ad oltrepassare quella linea.
Ovvio, ognuno ha le proprie idee e le proprie emozioni, e questo fa si che a qualcuno un album piaccia di più e ad un altro meno, ma questo è il bello della musica, no?
Certo, è un discorso soggettivo. Ma voglio essere più chiaro, soprattutto per gli utenti che ci leggono: The 25th Hour, a mio avviso, non è una copia di Stream Of Consciousness, ma il naturale seguito con una sua personalità, precisa e inequivocabile. Vorrei una tuo parere su questa considerazione.
Bravissimo: ecco spiegato perchè il disco non si intitola Stream Of Consciousness pt.2.
Fin dalle prime volte che si è parlato di The 25th Hour ho sempre cercato di chiarire questo aspetto. Non è una copia di niente e possiede nuove caratteristiche che cerchiamo di proporre senza snaturare il nostro sound.
Ogni album prosegue il discorso musicale interrotto con il precedente e ogni volta cerchiamo di recuperare parti del nostro sound passato, mescolando il tutto con altri elementi che invece continuano quell’evoluzione del sound che in fondo è già cominciata con il debutto. A sua volta, questo disco sarà il punto di ripartenza un domani, quando ci metteremo a lavorare sul prossimo materiale.
L’unico appunto che mi sento di rivolgerti è questo: si sente un pochino la mancanza di una ballata struggente come “Identities” o “Here In 6048”. Ci pensa Heaven Calling, tra l’altro bellissima, a stemperare i toni, ma non la considero una ballata.
Mah, vedi… è difficile rispondere adeguatamente a questo appunto, che ovviamente rispetto. Credo che, intanto, io abbia già implicitamente dato una risposta a questa tua affermazione quando ho ribadito che scriviamo quello che ci sentiamo dentro, senza imporci a tavolino un brano in un determinato stile. Quindi, seguendo la tua affermazione, potrei dire che, se non ci senti un brano di quel tipo, è perchè stavolta non ci sentivamo di metterlo. Personalmente credo che le cose siano diverse, perchè se in Stream Of Consciousness e in The Perfect Machine quei due pezzi avevano proprio il ruolo di “ballate struggenti”, sul nuovo disco ci sono brani che a causa della loro struttura complessa presentano momenti di quel tipo, e quindi le stesse emozioni sono state spalmate in più occasioni.
Non dimenticarti che, così come fu per Stream Of Consciousness, anche questo disco tenta di dare continuità ai brani come se tutti fossero stati sviluppati come un’unica lunghissima traccia, e forse in questo lavoro la sensazione è ancora più forte del primo capitolo di questo concept (vedi passaggio tra “25th hour” e Voices”, tra “Essence of time” e “A perfect suicide”, oppure le stesse “Heaven calling” e “ Ascension”).
Certo, è un pensiero che ho espresso in fase di recensione, il fatto che i brani siano legati è un’altra caratteristica che riporta a Stream. Se non sbaglio l’edizione giapponese di The 25th Hour conterrà, in esclusiva, una cover dei Dream Theater. Di che brano si tratta? A quando un bel disco bonus nella versione europea con tutte le tracce bonus delle diverse edizioni giapponesi?
Si tratta di “Another Day” da “Images and Words”.
E’ una scelta strana, prima di tutto perchè i Dream Theater non sono la mia band preferita (occhio: non sto dicendo che fanno schifo, che sono scarsi o roba simile… devo chiarire in quanto i forum di internet sono pieni di gente che non aspetta altro per partire con discussioni chilometriche). Dico solo che non rientrano tra i miei gruppi preferiti e, in secondo luogo, perchè avevamo preparato “Still of the Night” dei Whitesnake. Diciamo che la scelta ci è stata suggerita da Timo Tolkki che, a ragione, ci ha fatto notare come il testo di Still Of The Night stonava con le liriche di The 25th Hour.
Ovviamente dal vivo nessuno ci vieta di suonare quello che più ci piace, ma fondamentalmente ci siamo trovati d’accordo con lui, ed è per questo motivo che abbiamo accettato il suo suggerimento, scegliendo un brano che come testo si avvicina molto a quanto trattato nel resto del disco, pur non facendone parte in alcun modo.
Quanto al bel disco di cui parli… chissà… ti ricordo che il prossimo anno sarà il 2008, e se uno guarda la data del primissimo album dei Vision Divine e fa due conti, beh, diciamo che sarebbe lecito aspettarsi un qualcosa di particolare, a cui stiamo già iniziando a pensare.
Discorso produzione. Con The Perfect Machine (e con il supporto di Timo Tolkki) avevate migliorato il risultato (non eccellente) di Stream Of Consciousness, The 25th Hour è due passi avanti a The Perfect Machine che aveva un suono un tantino “schiacciato”. Segno che siete alla ricerca della produzione perfetta?
Siamo sempre alla ricerca della produzione perfetta, e purtroppo tenetevi forte, ho una triste notizia: non esiste.
Scherzi a parte, quello che voglio dire è che non esiste un album nella storia che abbia un oggettivo valore eterno. Quello che oggi suona bene, tra qualche anno se va bene suonerà quantomeno datato, se va male suonerà una cagata mostruosa. Anche in questo cerchiamo di migliorarci disco dopo disco e credo che sotto questo aspetto stiamo facendo passi da gigante. Quanto a Stream Of Consciousness e alla sua produzione, ti ricordo che quell’album è stato partorito in un momento particolare, in cui avevo mollato tutto e in tanti pensavano che i Vision Divine fossero morti. Non disponevamo certo del budget di cui disponiamo oggi, e credo che sia un motivo ulteriore per essere fieri di quel disco, che comunque è ben bilanciato e più che dignitoso.
Oggi Tolkki ci da una grossa mano con la sua esperienza, e in aggiunta direi che si è veramente innamorato dei Vision Divine, al punto che in uno studio report ha confessato di sentirsi il 7° membro, dopo i due dischi che lo hanno coinvolto.
A questo punto di chiedo: perché non ri-registrare Stream of Consciousness tentando di avvicinarlo al livello di The 25th Hour?
Perchè sarebbe un errore terribile.
Quel disco ha delle atmosfere che, volenti o nolenti, sono legate anche a quel sound. Ovvio, mi piacerebbe, ci piacerebbe poterlo ri-registrare e donargli una produzione ai livelli di The Perfect Machine o di quest’ultimo ma sono convinto che buona parte di quelle atmosfere che la gente ama, forse non si ritroverebbero più così facilmente, e l’ultima cosa che vorrei sarebbe distruggere il valore di quel disco.
Credo sia davvero troppo presto per una cosa del genere, che forse si potrà fare magari tra qualche anno, ammesso che ne sentiremo veramente il bisogno.
Michele Luppi: ancora una volta ha svolto un lavoro straordinario, linee vocali complesse e prestazione eccellente. Vuoi aggiungere qualcosa?
Mmmm cosa posso aggiungere di più?
Questo disco si rifà a Stream per molti motivi, e Michele è uno di questi. Michele ha iniziato la sua carriera con noi, e di quel disco se ne parlò perfino troppo, in maniera a volte anche cattiva nei suoi confronti.
In questo nostro ultimo lavoro abbiamo veramente dato il sangue tutti e due per i motivi di cui abbiamo già discusso e le atmosfere si ripetono, nonostante i cambi di line-up e quant’altro. Stavolta non ci sarà spazio per le malelingue: Michele ha dato veramente il massimo per realizzare le linee vocali, e credo che abbia stabilito una volta per tutte che lui è il cantante dei Vision Divine, che lavora per i Vision Divine e che con i Vision Divine cerca di acquisire risultati sempre migliori. Non è un semplice interprete, non è uno che è rimasto fermo stilisticamente. Oggi Michele è molto più immerso nello stile dei Vision Divine, e anche i Vision Divine hanno fatto in modo di metterlo più a suo agio. Come sempre la strada migliore è quella che sta in mezzo, cerchiamo di ottenere il meglio da tutto. Ovvio, ci sono voluti anni e tre dischi per raggiungere un equilibrio che oggi se non perfetto, è quantomeno più che soddisfacente.
Io e Michele ci scanniamo come sempre, ogni volta che stiamo per realizzare un nuovo disco, ma alla base c’è una grande stima reciproca (beh, lo spero! Ehehe) e la volontà comune di fare sempre meglio. Ultimamente stiamo lavorando molto bene, abbiamo trovato i nostri equilibri nelle fasi di composizione, e forse, mai come stavolta ci siamo sentiti ed incontrati per valutare le varie parti musicali o cantate e far si che tutto tornasse alla perfezione.
Che ne pensi del suo nuovo progetto intitolato Los Angeles? Affiancherà artisti di un certo livello della scena AOR internazionale: i Vision Divine l’hanno aiutato a farsi conoscere all’esterno…
Purtroppo non ho ancora avuto modo di ascoltare qualche anteprima e non so proprio cosa dirti; mi riferisco alla musica. Sono ovviamente contento per lui e mi fa molto piacere sapere che i Vision Divine gli hanno portato qualcosa di buono anche sotto questo aspetto. Michele sa bene che io sono sempre contento quando qualcuno della band ha modo di essere contattato e riceve qualche offerta, perchè significa che quello che facciamo come gruppo viene ascoltato ed apprezzato anche dagli altri musicisti.
Ti va di presentarmi ufficialmente i nuovi arrivati? Non abbiamo ancora avuto l’occasione di parlarne: sei soddisfatto delle singole prestazioni?
Sono completamente soddisfatto di tutti i nuovi arrivati, lo dico subito in modo da non dovermi ripetere troppe volte. Come ti ho detto prima, ognuno ha dovuto affrontare situazioni diverse in maniera diversa, e credo proprio che tutti e tre abbiano svolto il compito affidato nel migliore dei modi.
Alessandro Bissa: è il nostro “nuovo” batterista. In fondo di nuovo ha poco: suona con noi da diversi mesi e ha ormai alle spalle molti concerti, senza contare che avrebbe già dovuto essere il nostro nuovo batterista fin dal tour di supporto a The Perfect Machine. Questo se non avesse avuto l’infelice idea di sposarsi (ovviamente scherzo, ciao Roby!). E’ un batterista molto metodico e ho scoperto che è molto stimato nella zona dove vive proprio per la sua serietà. Ci ha aiutato molto nel cementare definitivamente la nuova line up e direi che ha aggiunto anche una buona dose di tranquillità all’ambiente con quel suo carattere da bonaccione che in fondo stona col suo ruolo (di solito i batteristi sono tutti scassac….)
Alex “ Tom” Lucatti: beh dai, sembra nuovo se uno passa da un libretto all’altro, ma ormai è con noi dalla prima data che suonammo di supporto a The Perfect Machine e credo che si sia meritato il posto sul campo, lottando duramente contro i pregiudizi e migliorando notevolmente. Non serve ripetere all’infinito che il suo, in fondo, era il ruolo più scomodo di questa terra: rimpiazzare Oleg era impossibile, ed infatti nessuno gli ha chiesto niente di simile. Gli abbiamo solo chiesto di fare esperienza, di crearsi una sua personalità senza pensare ad altro e devo dire che ho veramente ammirato il modo in cui ha applicato queste piccole regole alla lettera. Questo è il suo primo vero disco e diciamo che abbiamo centellinato le sue energie. Ha fatto delle ottime cose, e credo che abbia immensi margini di miglioramento: è anche molto giovane. Ho letto che qualcuno lo ha criticato gratuitamente. Beh, la differenza tra Alex e quel qualcuno che sa solo criticare, è che lui a 20 anni ha avuto le palle di entrare in una band con pretese come le nostre, di salire su un palco dovendo utilizzare 3-4 tastiere contemporaneamente suonando parti di qualcun altro, quelle del miglior tastierista italiano nonché storico (si riferisce ad Oleg Smirnoff ndg). Ha accettato le critiche in silenzio ed è migliorato esponenzialmente, mentre questi simpaticoni sono ancora lì a criticarlo da casa, dietro ad un pc. Imparate, gente.
Cristiano Bertocchi: Chris Breeze è un… Ehm… Scusate il lapsus. Cristiano è un veterano che conosco dal lontano 1995, con il quale ho condiviso alcuni dei miei migliori capitoli musicali in assoluto. E’ stato il primo e l’unico a cui ho pensato quando il Tower ha abbandonato la band e devo dire che ha contribuito in maniera enorme a ricreare subito l’atmosfera ideale. Il suo apporto è stato fondamentale, e credo proprio che questo sia il disco sul quale ha suonato meglio in assoluto. L’ho trovato migliore di come lo ricordavo, e oggi come oggi, il suo apporto alla band è veramente prezioso e va ben oltre l’esibizione sul palco.
Olaf, siamo quasi al termine. Quali sono i programmi della band? Supporterete The 25th Hour con un tour ad esso dedicato?
Credo proprio di si!
Stiamo già ricevendo molte richieste per i prossimi concerti e stiamo cercando di organizzare tutto al meglio. In estate saremo già in giro e, da settembre, cominceremo il vero e proprio tour, che quest’anno tra l’altro dovrebbe portarci in diversi angoli del mondo… incrociamo le dita!
Bene Olaf, non mi rimane che ringraziarti. Ti lascio lo spazio per salutare gli utenti di Truemetal, aggiungi tutto ciò che vuoi.
Un grazie infinito a te e soprattutto agli utenti di Truemetal, che ho scoperto ci amano veramente tanto. Ho dato un’occhiata al vostro forum e sono rimasto stupito dal numero di visite e pagine di risposte sugli argomenti che ci riguardano! Oltretutto le offese sono veramente poche e insomma, che dire… grazie infinite e ci vediamo veramente presto in tour! Fateci sapere cosa ne pensate del nuovo disco, quando lo avrete scaricat… comprato, e mi raccomando, scherzi a parte: se apprezzate una band, supportatela ragazzi, noi stiamo facendo il massimo per darvi qualcosa di buono. Ciao e Stay Divine!
Gaetano Loffredo