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Warbringer (Carlos Cruz)

Di Carlo Passa - 8 Novembre 2013 - 9:25
Warbringer (Carlos Cruz)

A pochi giorni dall’uscita dell’atteso quarto disco dei Warbringer, IV: Empires Collapse, abbiamo avuto l’opportunità di rivolgere qualche domanda a Carlos Cruz, batterista dela band thrash metal californiana. Una chiacchierata piacevole che ha riservato risposte non banali.

Ascoltando IV: Empires Collapse emerge che uno dei tratti distintivi della vostra musica sia un incontro piuttosto originale tra il thrash degli anni ottanta ed elementi più classicamente metal (soprattutto nelle melodie degli assolo). Ti trovi d’accordo con questa analisi?

Grazie, essere originali è sempre il nostro obiettivo. Si tratta davvero di un album aggressivo e siamo del tutto convinti che il lavoro delle chitarre sia il migliore ad oggi realizzato su un album dei Warbringer. Il nostro nuovo chitarrista, Jeff Potts, è molto influenzato dalla musica classica e dotato di una forte conoscenza musicale a livello teorico: dunque, ha portato questi elementi negli assolo. John Laux, invece, ha un approccio più rock n’ roll (slide guitar ecc.)

Avete cambiato qualche aspetto nel processo di registrazione di IV: Empires Collapse rispetto a quanto fatto nei vostri dischi precedenti?

Sì. Abbiamo lavorato ancora con Steve Evetts, che ha prodotto anche il nostro disco precedente, Worlds Torn Asunder, ma in questi ultimi due anni siamo cresciuti artisticamente e lavorare ancora una volta insieme è stato piacevole. Questa volta ci siamo concentrati molto di più sulla dinamica delle ritmiche e abbiamo dedicato più tempo a sperimentare con gli overdub di voce, chitarra e batteria per aumentare la qualità della produzione.

Qual è il tipico processo di scrittura di un pezzo dei Warbringer?

In questo album, ciascun membro ha composto in modo separato e, quindi, provavamo assieme i pezzi. Una volta messe a punto le idee di massima, ciascuno scriveva la parte che gli competeva. Una volta entrati in studio di registrazione, le canzoni erano ormai in uno stato avanzato e abbiamo potuto migliorarle ulteriormente con Evetts. La vita di una canzone ha diversi stadi e siamo orgogliosi del risultato finale, perché è molto al di là di quanto ci aspettassimo nella prima fase di composizione.

Benché la vostra musica affondi profondamente le proprie radici nel thrash degli anni ottanta, le vostre canzoni riescono a non suonare datate. Come lo spieghi? Forse il thrash non ha vissuto alcuna evoluzione in oltre trent’anni?

Siamo cresciuti suonando musica quasi trent’anni dopo gli anni ottanta e facciamo parte della scena musicale della generazione corrente. Il thrash si è evoluto in qualsiasi genere dell’heavy metal che è venuto dopo di esso e niente della scena attuale esisterebbe senza: esattamente come la NWOBHM precedette il thrash. C’è sempre una crescita dal seme originario.

Quando avete inizato a suonare, quali sono state le band che vi hanno maggiormente influenzato?

Per quanto mi riguarda, tutto iniziò con band di inizio millennio, come System of a Down, Slipknot e The Strokes, per poi passare ai Metallica. Da lì è stata una spirale che mi ha condotto verso generi più estremi e al rock/metal progressivo.

Quando hai iniziato ad ascoltare heavy metal? Qual è stato il primo disco metal che hai comprato, o ascoltato?

Oltre dieci anni fa. Il primo vero disco heavy metal che ho ascoltato è stato Master of Puppets dei Metallica. Rimasi molto colpito: non pensavo che potesse esistere musica del genere. Da lì in poi venni preso nel vortice.

Qual è il messaggio che la copertina di IV: Empires Collapse vuole veicolare?

Rappresenta graficamente la musica richiamata dal titolo: un messaggio di cambiamento, crescita e trasformazione, ma, come la storia insegna, perchè idee nuove possano imporsi e il nostro mondo proghedire è necessario che ci sia un “collasso”.

Gli anni ottanta hanno fissato un modello per il suono analogico nel metal. Quali pensi siano i punti a favore e quelli a sfavore del suono digitale e di quello analogico?

Credo che la maggior differenza sia nella qualità del suono. Con l’uso della attuale tecnologia, oggi è molto difficile per un disco heavy metal suonare organico e naturale. Molte produzioni odierne sono il risultato di campionature e trigger per ragioni di budget e di tempistiche. Sono estremamente orgoglioso di dire che il nostro disco, benché realizzato digitalmente, è molto ben prodotto e privo di copia/incolla. Un vantaggio del digitale è che molti musicisti possono permettersi di realizzare uno studio nelle proprie case e, dunque, lavorare alla musica in modo costante, indipendentemente dal tipo di musica che fanno.

Da gennaio sarete in tour in Europa con gli Iced Earth. Quali sono le vostre aspettative? Vi piace andare in tour?

Abbiamo già fatto un tour con gli Iced Earth negli USA e siamo molto contenti che ci sia stata data nuovamente l’opportunità di accompagnarli. Sì, la vita in tour può essere difficile: ma il palco è la cosa più gratificante di tutte.

C’è qualcosa in particolare che ami dell’Italia? Per favore, non dirmi ancora cibo e ragazze!

A prescindere dal momento dell’anno, siamo sempre stati fortunati: tempo splendido e bellissimi panorami nei dintorni delle città in cui abbiamo suonato. Il pubblico è sempre caloroso, gentilissimo e la birra è ottima!