Intervista Warrior (Joe Floyd e Tommy Asakawa – 1985)
Intervista di Piergiorgio “PG” Brunelli tratta dal magazine Rockerilla numero 58 del 1985 ai due chitarristi degli americani Warrior Joe Floyd e Tommy Asakawa successiva al rilascio sul mercato del Loro primo album Fighting For The Earth. Foto d’epoca risalenti al numero 57.
Buona lettura.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Warrior: storia d’eroi della fantascienza, proiettati verso il futuro. La loro leggenda letta attraverso una lingua oscura di cui anche loro hanno paura a parlare. Gli States sono la terra degli eroi con la “E” maiuscola, ma per i Warrior la vita non è facile, come non è stato mai per i Manowar. Diversa l’immagine, diverso l’atteggiamento rispetto a Ross e Joey, ma sempre di bellicosi guerrieri si tratta. Sul palco il vigore fisico e la postura aggressiva si sprecano. È sufficiente per lasciare il segno? Quali sono i motivi che portano un certo tipo di gruppi a cercare fortuna in Europa dopo essere stati negletti dai loro compatrioti?
Joe Floyd — Facemmo una demo-tape alla fine dell’83 che mandammo a varie Radio Fm californiane e a negozi specializzati in HM. Il responso fu molto buono così fu incluso in una rotazione regolare durante il giorno. Fu quello che consentì di ottenere un contratto discografico. La band proviene da San Diego con me e Tommy come membri originali. San Diego non è tanto male per il rock, per quello che riguarda i gruppi, solo che non ci sono locali dove suonare. Per questo siamo andati a Los Angeles dove, dopo varie jam e audizioni, così siamo arrivati alla band che ha registrato Fighting For The Earth. La miscela non era, però, ancora giusta.
PG — L’album era annunciato da tanto tempo, come mai ci avete messo così tanto?
JF — Il diverso feeling riguardo all’Heavy, rispetto al basso e batteria ha avuto una parte di demerito, ma la ragione principale è stata che lo studio dove avevamo deciso di registrare doveva essere riparato. A volte avevamo muratori che ci interrompevano nel bel mezzo del momento più creativo. C’erano topi. A volte avevamo delle interruzioni di giorni. Inoltre il computer che dovrebbe rendere le cose più facili era un vero e proprio casino.
PG — L’impressione che deriva dall’album è che ci sia un diverso feeling tra il momento in cui avete registrato il brano d’apertura (Fighting For The Earth) e il resto dell’album.
JF — Forse, certo che quella canzone è la più vecchia dei lotto, ma l’atmosfera è il più variata possibile indipendentemente dal momento in cui è stata registrata. Fighting For The Earth era la prima canzone che scrivemmo quando Parramore si unì al gruppo e probabilmente risente della sua freschissima influenza e del suo stile vocale. Era quello un momento in cui stavamo ancora sperimentando sulla direzione da prendere nell’HM e la sua voce ci indicò la via da seguire, oltre che il nome da darci. I Warrior sono però una band ancora molto giovane e per il momento siamo aperti a ogni tipo di consiglio che proviene dall’esterno. Con questo non si vuol dire che le radici e l’aspetto Metal possa essere intaccato perché, a riguardo, abbiamo le nostre idee ben precise.
PG — Potreste correre il rischio di perdere un po’ di identità, se troppo influenzati dall’esterno…
JF — Non credo, perché è come se il gruppo avesse una forza interna che lo trascina che lo ispira. Quello che abbiamo stabilito come stile con il primo album è destinato a continuare, pur cercando di rifinirci continuamente. È una vera tentazione. il fatto che un sacco di gruppi che escono adesso copiano qualcosa che ha successo e ottengono facili successi discografici. Sarebbe troppo facile, ecco perché, non ci interessa e manterremo i Warrior così come sono.
PG – I testi sembrano essere molto coscienti di quello che accade nel mondo. Pensi che la gente ascolti veramente quello che cercate di dire?
JF — Alcuni lo fanno, altri vogliono solo muovere la testa. Le vibrazioni sono state positive a riguardo: la gente capisce che è qualcosa di diverso dal solito “let’s party and have fun” di cui parlano tante band. E’ bello, ci piace, ma noi vogliamo parlare d’altro. Spesso è difficile essere ritenuti sinceri perché tante band suonano per denaro e farebbero di tutto pur di nascondere quello che veramente pensano se la cosa fosse per loro poco remunerativa. Il pubblico è molto sospettoso.
PG — Secondo me, la maggioranza della gente ascolta Heavy come mezzo di svago, non per trovarci altri problemi che si sommano a quelli personali di ogni kid.
JF — Non siamo dei predicatori né dei politici, spieghiamo solo com’è il mondo in cui viviamo.
PG — Come vedete Ronald Reagan?
JF —Ha i suoi aspetti buoni e cattivi. In tutta quella corruzione è difficile dare giudizi. Ce ne sono di molto peggio. Lui fa molti errori e spesso all’estero questo porta a giudizi negativi nei confronti dell’America in generale.
Tommy — Quando fa delle sciocchezze gli ridiamo dietro anche noi come in Europa.
JF — Come sono i kid in Italia?
PG — (da intervistatore ad intervistato) Sono grandi, non amano le cose soft.
JF — MTV negli ultimi tempi è diventata veramente “wimpy”, non fanno più tanto Metal. Sono proliferate tante altre TV musicali che le fanno concorrenza, così hanno avuto paura perché gli spettatori sono calati e la colpa di ciò è stata data all’Heavy. I kid non sono cambiati, ecco perché gruppi come Dokken e Queensryche arrivano nelle charts. Oggigiorno non è molto salutare girare dei video. L’Heavy Metal, tornando al messaggio contenuto nella nostra musica, è un ottimo medium per portare alla ribalta i problemi del mondo e l’esempio di Hear’n’Aid (Metal per la fame nel mondo) dimostra che anche nel nostro giro siamo interessati a certe cose e non solo al sesso, al bere etc. E’ una tendenza generale nel mondo della musica a essere meno egoisti. E’ difficile essere felici quando vedi guerre, gente che muore di fame, terrorismo.
PG — Quali sono le vostre maggiori influenze come chitarristi?
JF — Molto è preso dai grandi degli anni Sessanta/Settanta come Jeff Beck, Jimmy Page, Jimi Hendrix, ma anche gente come AC/DC.
Tommy — Le mie influenze sono più americane con Van Halen in testa, ma ci posso aggiungere sicuramente Adrian Smith, KK Downing e Glenn Tipton. Ci sono delle buone band da cui imparare. Jake E. Lee è un mio caro amico.
PG — Da dove vengono i costumi?
JF — L’idea viene dal fatto che vogliamo fare qualcosa che ci distingue come band sul palco. Non ci vogliamo confondere con le altre band.
Tommy — Non vorrei parlare di Star Wars, ma ci sono degli elementi futuristi nei nostri costumi. Questa idea si applica anche quando facciamo dei video.
PG — Suppongo che la scritta sopra vuol dire Warrior, di che lingua si tratta?
JF — Sono dei simboli misteriosi di cui non vogliamo parlare.
Quale mistero si nasconderà dietro quelle lettere antiche?
PIERGIORGIO BRUNELLI
Articolo a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti