White Skull (Tony ”Mad” Fontò)
Intervista all’uomo di Cavazzale(Vi) Tony “Mad” Fontò, un pilastro dell’HM italiano: personaggio duro e puro, semplice e sincero, che si alimenta dei vecchi valori della cultura metallara per far fronte alle difficoltà della vita e che da decenni si sbatte per i sui White Skull, insieme con l’antico pard Alex Mantiero. Forever Fight è l’ultimo capitolo discografico dei “Teschi”, nei negozi a partire dal 27 marzo 2009.
Buona Lettura.
Stefano “Steven Rich” Ricetti.
Qual è il significato della copertina di Forever Fight?
All’inizio eravamo orientati per una cover con una donna in copertina, quindi l’abbiamo commissionata a Diego Ferrarin. Nessuna delle sue bozze ci ha soddisfatto, facendoci cambiare idea e quindi ci siamo diretti verso un simbolo che rappresentasse l’album, un po’ come accadde con quella, molto bella, di The Ring Of The Ancients. E’ saltata fuori l’ascia bipenne, che simboleggia la tematica dei Barbari trattata all’interno del disco, con l’immancabile paesaggio nordico innevato all’orizzonte e a fare da sfondo. La copertina, molto profonda, può comunque essere interpretata in diversi modi, a seconda dei punti di vista di ciascuno. L’ascia simboleggia però anche l’HM, con il teschio dei White Skull sopra.
Il titolo del disco è in un certo qual modo autobiografico?
In realtà è nato per caso, durante le fasi di registrazione. Il pezzo Fight Forever Fight esisteva già ed Elisa se ne è uscita con l’idea di intitolare l’album semplicemente Forever Fight. Ci è subito piaciuta, la cosa, ed è diventata operativa da quel momento. E’ anche l’incarnazione dello spirito della band, perché non ci siamo mai arresi di fronte a nulla. Da lì abbiamo poi cambiato anche il titolo del brano: semplicemente Forever Fight.
Quali sono stati i presupposti che hanno creato un disco come questo?
La voglia di far musica, di continuare e di dare qualcosa di nuovo ai fan e rivitalizzare anche le nostre prove. Fare brani inediti è inebriante, porta entusiasmo ed adrenalina fra di noi. L’album, come il precedente, è nato senza pensare troppo ma in modo assolutamente naturale, scevro da pressioni di sorta: rappresenta appieno quello che noi siamo oggi e quello che ci piace suonare. E’ il frutto di mesi di lavoro.
Che significato ha un pezzo anomalo come Beer Cheers in coda al full length?
E’ una bonus track, un pezzo Folk Metal che Alessio Lucatti (il tastierista) propose alla band e venne preso subito bene da tutti: un bagno di allegria che porta a saltellare ed abbracciarsi. Rappresenta una ulteriore dose di gioia all’interno del gruppo. Non vedo perché ci si debba precludere certe cose anche se esula dal nostro modo usuale di fare musica.
Come mai un gruppo stra-defender come i White Skull ha ceduto alla lusinga delle tastiere?
Le tastiere non compaiono per la prima volta in Forever Fight, all’interno della storia dei White Skull. Grandi arrangiamenti li avevamo già utilizzati in Tales From The North, Public Glory e Dark Age. Non abbiamo mai avuto un elemento fisso nella band che suonasse tastiere dal vivo, questa è la novità. Con Alessio le cose hanno funzionato fin da subito, ha portato il suo contributo anche in termini di idee ai White Skull e finalmente potremo suonare dal vivo i pezzi vecchi per intero e non, in un certo qual modo, monchi. Tornando al quesito iniziale, una band defender come la nostra ha scelto di mettere le tastiere in pianta stabile per valorizzare al massimo la voce di Elisa. Una scelta di produzione e live, quindi.
Elisa esce da un’audizione sufficientemente corposa, vero?
Si, all’inizio non si sapeva ancora se tornare alla voce femminile o proseguire il percorso iniziato con Gus Gabarrò. Appena abbiamo sentito Elisa, io e Alex ci siamo incrociati con lo sguardo e ci si sono alzati i peli sulle braccia, provando vecchie mozioni. La peculiarità dei White Skull era questa: avere una frontwoman dietro al microfono, proprio per questo la gente ha conosciuto la band. Ci siamo detti: se proprio dobbiamo morire moriamo come siamo nati! Devi sapere che Elisa è uscita da una ridda di circa trenta persone, provenienti da tutte le parti d’Italia. Ringrazio tutti in questa occasione, gente che si è sbattuta e spesso ha affrontato un lungo viaggio. Elisa non è stata scelta solo per le doti canore, ma anche in base ad altri parametri come la personalità e gli impegni.
Nella foto: Elisa “Over” De Palma
E’ da una vita che suoni con Alex Mantiero, come lo descrivi?
E’ UN FRATELLO. Detto questo è detto tutto. Siamo cresciuti insieme e il nostro rapporto con noi. Ci siamo aiutati spalla a spalla nei momenti di difficoltà della vita e continuiamo a farlo. Sappiamo condividere un grammo di gioia ed esploderlo all’ennesima potenza: patrimonio di pochi.
Curiosità: Tony, tu che sei un metallarone da sempre, ma i capelli lunghi non li hai mai portati?
Si, prima di cominciare con i White Skull, però. La foto della patente è esplicativa, in questo senso.
Cosa è cambiato nel tuo approccio nei confronti della musica con il passare degli anni?
Innanzitutto vado a colpo sicuro con le band che ho sempre amato e rispettato: Ac/Dc, Iron Maiden, Saxon. Compro i loro cd, li ascolto e trovo quello che avrei voluto trovarci e se fanno qualcosa di nuovo come i Saxon con l’inserimento massiccio in qualche occasione delle tastiere mi compiaccio. Complice il fatto che ultimamente accompagno mia figlia a qualche concerto: Rock In Field e Gods Of Metal ho iniziato ad apprezzare band più recenti, tipo Edguy ed Avantasia ma anche gruppi molto più moderni. Nessuna di loro, però, ha il peso specifico per rimpiazzare gli headliner dei grandi Festival e questo è un problema grosso, che esploderà non si sa come entro dieci anni. Alcune nuove leve suonano bene, hanno i pezzi ma manca quella componente che raduna 35.000 persone in un concerto. Probabilmente il mercato è mutato. Il ricambio fra Led Zeppelin e Iron Maiden c’è stato, quello fra Judas Priest, Metallica, Manowar, Van Halen etc etc e i newcomer no. Potenzialmente, anni fa, c’erano i Queensryche e i Blind Guardian in pole position per diventare dei grandissimi, ma poi è sempre mancato quel qualcosa…
In che rapporto sei rimasto con Gus?
Gus ha lasciato la band nell’autunno del 2006. L’ultima volta che l’ho sentito è stata il 14 maggio del 2007, dopo che gli avevo telefonato per fargli gli auguri di buon compleanno. La sua risposta è stata “ci sentiamo…”. Da qual momento il nulla, non si è più fatto vivo. E mi dispiace. Io a quel punto non mi sono più mosso: non vedo perché debba sempre essere io a sbattermi per mantenere dei rapporti.
Ho notato che all’interno dei grossi Festival siete molto rispettati, dai vostri fan.
E’ una grossa soddisfazione, davvero. I fan vengono spesso presto alla location per assistere al nostro show – che solitamente non è in posizione da headliner in quelle occasioni -, per darci il loro calore. E’ successo anche al Rock In Field, ultimamente. Il fan dei White Skull c’è, ci supporta sia a voce che acquistando il nostro merchandising. Inoltre, ultimamente, abbiamo conquistato nuove leve. Uno di questi, addirittura, che ci aveva visto per la prima volta e manco sapeva che esistessimo, mi ha scritto: “le vostre canzoni hanno cambiato la mia vita”.
Quali sono le uscite italiane che più ti hanno colpito negli ultimi anni?
I gruppi italiani non riesco a considerarli da semplice fan, li ascolto con molto piacere ma li vedo come colleghi, facendo il tifo per quelli che mi piacciono di più. Non mi permetto di criticarli né di osannarli, auguro Loro tanta tanta fortuna perché so che sacrifici stanno dietro al fatto di proporre musica propria nel nostro paese.
Che idea ti sei fatto delle continue e credibili reunion delle band della Nwoihm – Gunfire, Bulldozer, Vanexa, Crying Steel, Steel Crown, Strana Officina, Revenge, Elektradrive etc?
Denotano la grande voglia di fare musica e il fatto che si sentono ancora vivi. Dietro a questo c’è solo la passione, non altri ritorni particolari e questo va sottolineato. Qualcosa da dire ce l’hanno ancora, cose rimaste per mille motivi in cantina negli anni d’oro perché non c’erano i presupposti per pubblicarle in quel momento. Il rispetto fra le band è la cosa più importante, poi c’è posto per tutti. Nel 1988 ricordo i Bulldozer supportare i Saxon: io ero nella platea, suonavo nella prima cellula dei White Skull ed ero là ad ammirare loro che dividevano il palco con delle leggende…
Se ti dico X-Hero cosa ti sovviene?
Mirko Galliazzo, che è un grande amico e il rispetto d’altri tempi che ci lega, per quello che abbiamo fatto entrambi nel mondo della musica. Non c’è mai stata invidia né rivalità né competizione fra noi. Aneddoto: lo contattai quando Federica lasciò la band e gli offrii di cantare nei White Skull, come prima scelta. Aveva altri progetti per la testa e non accettò. Pensa che al primo Festival HM che si svolse a Vicenza noi White Skull comparivamo fra gli opener e gli X-Hero erano gli headliner: letteralmente li veneravo! Adesso che le cose sono cambiate, per me non è mutato niente: grande artista era e grande artista rimane, lui e gli altri della band.
Nella foto: Tony “Mad” Fontò
Federica, che ho sentito un paio di giorni fa e sapeva che avremmo avuto l’intervista, mi ha chiesto di chiederti a quale album del passato assomiglia di più Forever Fight, per potere farsi un’idea.
A nessuno. Troppe cose sono cambiate all’interno della band per poterlo accostare a un nostro disco precedente. Ogni album è White Skull al 100%, proprio in virtù del fatto che io e Alex ci siamo sempre e le radici sono quelle. Forever Fight mi piace per quello che è, rispecchia la formazione attuale. L’abbiamo scritto tutti assieme e io non mi sono certo messo a dire: “dobbiamo farlo vicino a Embittered piuttosto che a Tales”, assolutamente. E’ uscito da prove, ispirazioni durante i viaggi per andare ai concerti etc etc.
Tony, ti sono servite le critiche ricevute dopo The Ring Of The Ancients?
Certo! Le critiche, se costruttive ed argomentate da cognizione di causa vanno prese in esame e interiorizzate per migliorare. Aggiungo questo, però: tanta gente si è permessa di criticare Picasso quando era in vita e da morto è divenuto un fenomeno. Con questo non voglio dire che quando mancherò io i dischi dei White Skull diventeranno chissà che cosa, però non si sa mai… ah,ah,ah!
Ho notato piacevolmente che sul palco sei tornato ad abbigliarti con Spikes&Leather.
E’ una fede, comunque le borchie non sono mai mancate ai nostri concerti.
Grazie vecio.
Grazie a “ti”.
Stefano “Steven Rich” Ricetti