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Y&T (Dave Meniketti)

Di Marcello Catozzi - 7 Giugno 2007 - 15:16
Y&T (Dave Meniketti)

In occasione del Y & T European Tour 2007, oggi Truemetal (grazie a Roberto Cosentino, organizzatore del concerto di Cermenate) avrà l’opportunità di fare una chiacchierata con uno dei più grandi personaggi a livello mondiale dell’Hard Rock. 17 album all’attivo, più di quattro milioni di dischi venduti, collaborazioni con artisti di caratura internazionale e riconoscimenti a non finire: questo e altro è Dave Meniketti, leader degli americani Y & T, ovvero Yesterday and Today (come erano noti negli anni 70, a inizio carriera).
Chi scrive ebbe modo di gustarsi un’indimenticabile performance live della band in quel di Zurigo, nel lontano 1982 (di supporto agli AC-DC) e rimase folgorato dalle doti canore e chitarristiche di Dave Meniketti.

Più tardi (siamo nel 1985) il nostro eroe partecipò al famoso progetto “Hear ‘n’ Aid”, messo in piedi da Ronnie James Dio e finalizzato a una raccolta di fondi per dare un aiuto alle popolazioni povere del continente africano. I lettori più documentati ricorderanno che, in quella circostanza, Ronnie riusci nell’intento di chiamare a raccolta una cinquantina di artisti della scena mondiale Hard Rock e Heavy Metal e scrisse (con l’aiuto di Vivian Campbell e Jimmy Bain) la title track dell’album, “Stars”. Nel celebre filmato, dopo gli arpeggi iniziali di Viv Campbell, si vede Ronnie James Dio con cuffia e microfono intonare l’inizio del brano: “Who cries for the children? I do”. L’inquadratura successiva ritrae, appunto, Meniketti che canta: “Some time in the night, when you’re feeling the cold” con Ronnie che risponde: “take a look at the sky above you”…

Dopo questa divagazione temporale, torniamo al presente per occuparci dell’intervista. Ci sediamo su un accogliente divanetto dell’hotel che ospita la band, qualche ora prima del concerto di stasera, e cominciamo a bombardare di domande il simpatico e rilassato Dave Meniketti.

Come puoi notare dalla mia t-shirt, sono un irriducibile Dio-fan. Ricordo che, nel 1985, sei stato coinvolto da Ronnie nel suo progetto “Hear ‘n’ Aid”. Puoi raccontarmi qualcosa al riguardo?

Oh, sì. E’ successo tutto attraverso il management della situazione, che ha contattato il mio manager dell’epoca: ovviamente io ho accettato subito con molto entusiasmo. Fra l’altro, sono stato il primo cantante in ordine cronologico e la cosa mi ha procurato una dose di emozione notevole. Mi sarebbe piaciuto anche suonare, nell’occasione, ma c’erano tali e tanti chitarristi, che per me andava già bene così. Sono stati grandi momenti. (“Some time in the night, when you’ feeling the cold” – Dave canta la strofa di Stars con lo stesso pathos di allora: grandissimo, ndr)

Ronnie un giorno mi ha rivelato che gli piacerebbe fare un “Hear ‘n’ Aid 2”. Credi che la cosa sia possibile oggi?

Se dipendesse da me, sarei certamente disponibile. Non sapevo di questa sua intenzione. Ho incontrato Ronnie proprio 3 settimane fa, ma non mi ha detto nulla in proposito.

Dopo le tue esperienze blues con “On the blue side” (1998) and “Meniketti” (2002), hai per caso in programma qualche altro album della specie?

Sì. Un altro disco mi è stato richiesto dal promoter europeo, e credo che l’anno prossimo riuscirò a esaudire questa richiesta. Mi piace molto suonare il blues e spero di mettere in cantiere quanto prima un altro prodotto del genere.

Potremmo dire che i Y & T hanno avuto 3 carriere: la prima negli anni 70, la seconda negli anni 80 e una terza nel nuovo millennio. Come potresti giudicare quest’ultima? Quali sono le vostre aspettative per quest’ultima era?

Mah… Innanzitutto non ritengo che abbiamo avuto tutte queste carriere. In fondo c’è sempre stata una certa continuità nella nostra storia, anche se è vero che la situazione, dopo il 2000, effettivamente è un po’ cambiata rispetto al passato. Non siamo una band giovane e devo dirti che, giunti a questo punto, non nutriamo particolari aspettative di successo o altro. Secondo me è importante ciò che abbiamo dato negli anni 70 e 80, e dopo tutto stiamo continuando quel discorso. Siccome, poi, siamo stati lontani un po’ di tempo, ora ci sentiamo la voglia di suonare la nostra musica e ci piace moltissimo andare in tour e scoprire che l’interesse è sempre vivo nel pubblico.

Preferisci suonare nei grandi contesti, tipo festival quali Bang Your Head, Wacken, ecc., oppure ti aggrada di più esibirti nel piccoli club davanti a 200/300 persone?

Sinceramente preferisco suonare in situazioni più contenute, tipo appunto i piccoli club, dove l’atmosfera è più calda, l’energia è più immediata e il calore più intenso. Nei grandi contesti, invece, anche se ti trovi davanti a 50.000 persone, hai come la sensazione che questa energia si disperda.

Penso che nel vostro caso (come del resto avviene per altre band che potremmo definire mitiche) la cosa più importante, la ragione per cui un musicista riesce a trovare continuamente gli stimoli per il suo lavoro, sia essenzialmente la fedeltà dei fans. Come la pensi al riguardo?

Certamente si tratta di un aspetto importante del nostro lavoro: i fans ci hanno finora tenti uniti, e a questo proposito vorrei sottolineare che i nostri fans sono molto caldi, ci trasmettono molto feeling e molta passione per la musica; il che rappresenta un aspetto fondamentale secondo me.

Un’altra sensazione piacevole è data dal vedere persone di due diverse generazioni, ai vostri show, che cantano insieme le vostre canzoni, sia quelle più recenti sia quelle più datate. Giusto?

Oh sì, è fantastico: è proprio questa partecipazione che mi trasmette una carica notevole, mentre sono sul palco: un continuo scambio di energia e di feeling molto intensi, oltre a un’enorme soddisfazione, com’è logico che sia.


All’inizio della tua carriera, quali sono stati gli artisti che ti hanno ispirato nel tuo stile?

Ti dirò che non ce n’è stato uno, in particolare; sono stati diversi i musicisti che mi hanno dato la cosiddetta ispirazione, in considerazione del mio particolare background emotivo, della mia passione. Potrei citarti Pavarotti, James Brown, Stevie Wonder, Jeff Beck, Jimi Hendrix. Ho cercato di prendere qualcosa da ciascuno di loro, in relazione alle mie attitudini e gusti. Potrei dirti che ho subito forti influenze dal southern blues e potrei citarti anche gli Allman Brothers. E poi Gary Moore, che mi è sempre piaciuto moltissimo.

Una domanda interessante, per me, è la seguente: qual è il miglior cantante di tutti I tempi? Possibilmente senza farti influenzare dalla mia t-shirt, eh eh (Dio, ndr).

Rispondo molto volentieri a questa domanda. Al primo posto metto senza dubbio Ronnie James Dio, che ho sentito di recente e che mi ha stupito per l’incredibile potenza che ha, ancora oggi, la sua voce. Poi David Coverdale, sempre restando nel campo del rock, per la sua timbrica particolare e molto calda, tipicamente “bluesy”. E poi Glenn Hughes (per la gioia di Roberto Cosentino, che transita da queste parti proprio in questo momento, come il classico “lupus in fabula”, ndr) e anche Paul Rodgers.

Qual è l’artista con il quale ti piacerebbe lavorare?

Jimi Hendrix (se fosse possibile), Stevie Wonder, e soprattutto Pavarotti (a questo punto Dave intona qualche passaggio di “Nessun dorma”, ndr)

E quale tipo di musica ti piacerebbe fare, escludendo il rock, il blues e l’heavy metal?

Senza dubbio la fusion. Circa 12 anni fa ho fatto una registrazione per Stef Burns, grande musicista, e spero di ripetere un’esperienza del genere.

Come vedi l’Hard Rock e l’Heavy Metal in questo momento storico in USA?

Lo vedo prevalentemente dominato dal business: giornali, tv, che scatenano troppo movimento e interesse a favore delle grandi band come Ozzy, AC-DC, Van Halen, le quali, anche in ragione di questo battage mediatico, hanno sempre un grande riscontro. Per le band cosiddette minori, invece, le cose non vanno altrettanto bene, perché sono cambiati i tempi e non succede più come 20 anni fa: ormai viviamo in un’epoca dominata dal rap e dall’ hip hop…

Davvero: che tristezza!… Cambiamo argomento. Preferisci suonare in Europa o in USA?

Premesso che, fortunatamente, ovunque andiamo abbiamo un ottimo riscontro da parte del pubblico, ti dirò che in Europa risulta più facile viaggiare, in quanto le distanze da coprire sono inferiori rispetto a quanto avviene negli States; inoltre ti confesso che i fans europei sono molto caldi e le loro reazioni sono sempre ottime.

Cosa pensi del rock melodico nell’ambito della scena mondiale?

Penso che questo genere abbia tuttora molto seguito: tanta gente ama l’AOR, forse perché inconsciamente ne subisce le forti influenze del passato e, quindi, si può dire che il passato si fonda con il presente. Sinceramente spero che il vecchio stile sopravviva nelle nuove generazioni.

Ascolti generi musicali differenti nel tuo tempo libero? In tal caso, potresti suggerirmi qualche nome di gruppi o artisti che ritieni validi?

Premesso che adoro i vecchi stili, della cosiddetta old school, mi piace molto il jazz classico, il rhythm & blues, e ti potrei citare Marvin Gaye, Miles Davis, Larry Carlton, Chick Corea.

Ho trovato le tue ultime performance vocali veramente ottime: come riesci a mantenere le tue corde vocali in questa smagliante condizione? E… un’altra domanda:hai mai preso lezioni di canto?

Non molte, sinceramente. Quando ho cominciato (attorno al 1972) ho imparato le tecniche di respirazione, che sono fondamentali per il canto. In ogni caso, la chiave per mantenere in forma la propria voce è per me molto semplice. Come diceva Pavarotti: “sleep”, quindi occorre dormire molto (nel mio caso, 8 ore), riposo, niente fumo e niente alcool, una corretta alimentazione e allenamento; per esempio, se sto 3 mesi senza cantare, in genere mi ci vogliono almeno 3 giorni prima che la mia voce sia ok. Quanto all’alimentazione, io mangio in modo semplice e genuino, sempre 3 ore prima del concerto (patate, carne, verdura), in modo che abbia il carburante per poter impiegare l’energia che mi serve in 2 ore di spettacolo.

In merito ai tuoi ultimi album rimasterizzati (Earthshaker, In rock we trust): ho riscontrato una grande produzione, e una cura particolare per il suono delle chitarre. E’ più importante la tecnologia o il tocco umano, secondo te?

Credo che entrambi gli aspetti siano fondamentali. Per quanto mi riguarda, preferisco registrare con il resto della band; scrivo tutto il materiale generalmente da solo, ma ho bisogno delle reazioni dei miei compagni, compreso il tecnico del suono; invece, quando registro i miei assoli e le parti vocali, preferisco essere da solo, con la mia chitarra e il microfono.

Mi puoi anticipare qualcosa sui tuoi progetti futuri? Nuovi album? Video? Un nuovo tour?

Spero di riuscire a produrre un album solo e uno come Y & T; l’obiettivo è la fine dell’anno. Poi è imminente l’uscita di un nuovo DVD, dal titolo “One Hot Night”.

So che ami molto l’Italia. Che cosa mi dici delle tue origini italiane?

Meniketti: italiano al 100 per cento! Ah ah! (in lingua italiana, ndr). Sì, amo molto l’Italia: I genitori di mia mamma sono originari della Sicilia, mentre i genitori di mio padre sono originari di Gubbio, dove fra l’altro mi piacerebbe acquistare una casa. C’è un ottimo clima e un’ottima cucina! Pensa che ho anche conosciuto il sindaco della città!

Bene! Allora quando tornerai in Italia?

Spero a ottobre o a novembre, se tutto andrà per il verso giusto.

Ti ringrazio moltissimo per la tua disponibilità. Come ultima domanda di rito, ti propongo di mandare un messaggio a tutti i lettori di Truemetal.

Beh: da italiano che vive in America, dirò questo a tutti i fans italiani che amano questo genere di musica: ascoltate la musica e continuate a sentire e a coltivare la passione e il feeling per la musica!

Le domande di quella che doveva essere un’intervista, ma che poi si è rivelata un’amichevole chiacchierata, sono finite: non resta che dare appuntamento per il prossimo autunno al sorridente Dave e brindare con lui, augurando lunga vita all’Hard Rock!

Marcello Catozzi