Blind Guardian: Milano e Firenze 2006 (Report)
How long they stay away…
Tre anni di astinenza sono lunghi, lunghissimi. Un conto alla rovescia che cominciò il 21 ottobre 2005, quando la notizia delle due date italiche divenne di dominio pubblico… a promised destiny… dodici mesi dopo, il momento è arrivato…
Astral Doors
Coppia di prestazioni non male per questa giovane band svedese che si perde facilmente nelle citazioni ma che sa anche mettere in mostra un notevole potenziale. Un potenziale che rappresenta senza dubbio una realtà quantomeno interessante. Ottimi soprattutto all’inizio, gli Astral Doors partono molto bene con pezzi grintosi e veloci, poi purtroppo si perdono nel tentativo spudorato di imitare le linee vocali dei Whitesnake (dall’abbigliamento ai movimenti, il cantante è un vero e proprio emule di Coverdale) e l’approccio musicale di Ronnie James Dio. Quando poi è il momento dei pezzi più lenti, che calcano ritmi blandi quasi alla Black Sabbath, lo show perde ancora di adrenalina per la scarsa eterogeneità della loro proposta. In ogni caso i loro show risultano sicuramente piacevoli e senza dubbio meglio dei soporiferi Stormhammer che toccò sorbirsi nel tour del 2002. Favoriti da un pubblico con l’adrenalina a mille in attesa della parola “fine” all’attesa per i Blind Guardian, notevole anche la risposta dell’audience che soprattutto a Milano ha riservato alla band un supporto come raramente si vede per un gruppo spalla.
And another journey starts… – Milano – Alcatraz, 10 ottobre 2006
Sold out. L’Alcatraz è murato, ogni antro possibile immaginabile è occupato. L’afa attanaglia la gola, il caldo è insopportabile e ancor prima degli Astral Doors c’è chi si sente male per la ressa. Piccola parentesi giusto per dovere di cronaca: ogni tipo di bevanda sequestrata all’ingresso, euro sei per una birra media, uno e mezzo per un bicchiere d’acqua. Inutile dire altro: ormai a questo tipo di trattamento ci siamo abituati e non sarà di certo un opportunismo sfacciato di questa lega a rovinare la festa…
Basta il fragore delle armi di War of Wrath e l’Alcatraz esplode in un boato, i muri risuonano delle tuonanti parole del signore oscuro e tutto l’Alcatraz si unisce, strofa dopo strofa, alla dichiarazione di fedeltà di Sauron. Quando la ESP rossa di Andrè apre i lead di Into the Storm e il muro ritmico della nuova Gibson di Marcus intreccia le legnate del neo-arrivato Frederik Ehmke è un delirio collettivo. Non sarà una serata come le altre, lo si capisce subito. Un intero locale con le braccia alzate verso il palco e la gola spalancata per urlare a più non posso non soltanto i ritornelli trascinanti di casa Krefeld, ma dalla prima all’ultima parola di ogni singolo pezzo. Un sostegno e una devozione che non scemerà nemmeno per un momento per le due ore di musica che i bardi di hanno in serbo per l’evento. I Blind Guardian ci hanno sempre abituato ad aperture devastanti (Into the Storm / Welcome to Dying tanto per ricordare l’ultimo tour) e anche questa volta hanno tutte le intenzioni di portare avanti la tradizione. A seguire Into the Storm, ormai a ragione opener indiscutibile di (quasi) ogni concerto dei bardi, una devastante Born in a Mourning Hall, in questo tour inserita in pianta stabile a inizio scaletta. C’è un’altra usanza in casa Krefeld, ed è proporre un capolavoro assoluto chiamato Nightfall come terzo pezzo, per rallenatare un attimo i ritmi forsennati della prima coppia. Come ogni volta quello che esce da questo brano, sopra e sotto al palco, è una pura poesia: non esistono parole degne per raccontare il connubio tra i Blind Guardian e il loro pubblico. Il costume prevede anche che a Nightfall debba seguire The Script for my Requiem, e così sia. Un Frederik Ehmke già in grande spolvero sui primi brani ha la possibilità di dimostrare il suo valore sulle ritmiche forsennate e ostiche dell’estratto di Imaginations.
Per ora la scaletta recita Nightfall – Imaginations – Nightfall – Imaginations. Come dire: “se cercate band disposte a rinunciare ai loro classici migliori per una sfacciata promozione dell’album nuovo, andate altrove.” E gli dei benedicano i Blind Guardian per avere questo tipo di approccio alla dimensione live. I bardi non intendono dimenticare il passato quanto non intendono trascurare il presente, ed ecco Fly fare il suo ingresso in pompa magna: la durezza, l’irruenza e la resa live di questo brano ha lasciato senza parole anche il sottoscritto. In sede di recensione già era stato evidenziato quanta aggressività si nascondesse (ma nemmeno tanto, tutto sommato…) dietro i riff di Fly. Live è arrivata la conferma. Al pezzo più giovane ecco succedere il più anziano della serata: Valhalla. Neanche a dirlo è follia, con Olbrich che viaggia su e giù per il manico con sorprendente facilità e l’immancabile siparietto finale con i cori prolungati a oltranza.
È come sempre incredibile la classe e il carisma con cui Hansi intrattiene il pubblico, e quando il frontman annuncia che è tempo di andare a trovare un ragazzo che si trova in brutte acque, è vicino alla resa ma alla fine trova la forza per combattere, Milano sa già che Time Stand Still è alle porte. Una delle canzoni più epiche della storia dei Blind Guardian, cadenzata, trascinante: i muri dell’Alcatraz non possono che tremare sotto l’avanzata solitaria di Fingolfin Dietro alla band scorrono immagini in tema con i brani, se ne poteva fare sinceramente anche a meno, ma è una cosa in più che di sicuro non guasta. Le Ovation appese ai lati del palco portano un capotasto sul terzo tasto: prima o poi sarà il tempo per aprire le porte su Avalon e su A Past & Future Secret. Il tempo giunge proprio dopo Time Stand Still e prima di un’acclamatissima Bright Eyes come sempre commovente per interpretazione e risposta del pubblico.
Manca Lord of the Rings, un colpo al cuore annunciato: prima o poi, col passare degli anni, qualche segmento inamovibile delle scalette avrebbe perso il suo status di intoccabile per essere alternato con gli altri fratelli. Manca Lord of the Rings, ma a rappresentare Tales from the Twilight Hall c’è la quasi title-track, quella strepitosa Lost in the Twilight Hall che il locale accoglie con un boato. Fino alla venuta di Somewhere Far Beyond, Lost in the Twilight Hall era considerata quasi la suite di casa Guardian. Oggi no, oggi c’è And then there was Silence. I soliti malparlieri sostenevano che si non si potesse portare un brano così in sede live. Bhè, dall’uscita di A Night at the Opera i tredici minuti dell’Iliade difficilmente mancano negli appuntamenti dal vivo con i Blind Guardian e così è anche questa volta: perfetta e monumentale, con i suoi passi decisi e cadenzati, in un crescere malinconico che sfocerà in un destino segnato. Un fato che non si compirà prima della profezia: when day and dream unite the end is near, you better be prepared… e poi l’Alcatraz stretto in un unico abbraccio, saltellante all’unisono per usufruire al meglio di un’inaspettata variante che allunga di qualche battuta il frangente “danzerino” dell’unico estratto di A Night at the Opera. Marcus e Hansi fanno quasi per prendersi sottobraccio e unirsi alla festa, ma poi il brano riprende sentieri più aggressivi e i balli vengono rimandati.
Arrivano i saluti più finti del mondo: siamo a poco più di un’ora di musica e i Blind Guardian, si sa, rasentano sempre le due ore. Una sana abitudine purtroppo sempre più rara nei concerti di oggi. I bardi si ripresentano sul palco per l’arrembaggio ritmico di I’m Alive: i pattern incalzanti di questa scorreria di pelli piatti e pelli sembrano non impensierire nuovamente il nuovo acquisto Ehmke che affronta ogni singolo passaggio in maniera perfetta. L’atmosfera cambia totalmente con la successiva Another Stranger Me, che al contrario di Fly invece basa tutto il suo carisma live sul groove. I riff hard rock del pezzo trascinano e non poco con il brano risulta un ottimo momento di stacco dalle ritmiche schiaccia-ossa di I’m Alive e della classica produzione Blind Guardian. La lontananza dal caro vecchio altro lato della realtà dura però pochissimo perché usciti dal sentiero delle turbe psichiche ritroviamo ad abbracciarci la colossale Imaginations from the Other Side. Sembra quasi di assistere a una funzione tanta è la religiosa devozione che l’Alcatraz riserva a questo manifesto di gusto e sentimento.
Ancora una breve pausa di rito prima del secondo encore: “Non ce ne possiamo andare senza i due pezzi più caldi”. Hansi ha ragione, ma probabilmente non immagina quanto caldo sarà il tandem di chiusura in quel di Milano. L’Alcatraz si supera ancora volta, e per le rime raminghe di The Bard’s Song (In the Forest) e la cavalcata finale di Mirror Mirror mette a ferro e fuoco tutto, per poi riversarsi sudato e senza voce, ma soddisfatto, fuori dalla Terra di Mezzo, nell’uggiosa Milano: pale souls built a frozen world…
Prestazione sublime, una gioia per le orecchie, il cuore e l’anima.
Setlist:
Into the Storm
Born in a Mourning Hall
Nightfall
The Script for My Requiem
Fly
Valalla
Time Stand Still (At the Iron Hill)
A Past & Future Secret
Bright Eyes
Lost in the Twilight Hall
And then There Was Silente
– – –
I’m Alive
Another Stranger Me
Imaginations from the Other Side
– – –
The Bard’s Song (In the Forest)
Mirror Mirror
And a new day shall come again… Firenze – Teatro Saschall, 11 ottobre 2006
Ventiquattro ore dopo tocca a quel capolavoro di città chiamata Firenze ospitare i bardi di Krefeld. L’organizzazione ha un debito con la comunità da quando nel 2002, causa un Tenax stipato in ogni buco e sovraffollato all’inverosimile, i Blind Guardian furono costretti a eliminare l’encore per problemi di sicurezza del locale. Lo scherzo costò a chi era là (compreso il sottoscritto) la bellezza di A Past and Future Secret, Lost in the Twilight Hall e Mirror Mirror. Perdite che non si dimenticano. The wounds of life will remain… Il teatro Saschall è sicuramente meglio, notevolmente più grande del Tenax (nonostante ciò, comunque stracolmo in ogni posto possibile) e con un’acustica a cui spesso, purtroppo, chi si reca a concerti hard’n’heavy deve rinunciare.
La dinamica del concerto è la stessa di Milano: Nightfall e Imaginations restano i cardini inamovibili di due setlist che vedono come unica differenza l’avvicendamento di I’m Alive e Welcome to Dying come apertura spaccaossa del primo encore. Forse per via di un pubblico meno caldo (e diciamocelo, nelle retrovie anche meno preparato) il livello complessivo dello show, sopra e sotto il palco, è più basso rispetto alla sera precedente. Si parla comunque di un’esibizione da brividi, lontano anni luce dai concerti standard, ma quella magia che a Milano aveva trasformato una temperata serata autunnale in un capolavoro è meno intensa in quel di Firenze.
Una dopo l’altra i Blind Guardian infilano con chirurgica precisione tutti i momenti previsti, con le immagini che scorrono dietro di loro e il delirio che si consuma davanti. La band è in grande forma, Hansi risulta quasi impeccabile (le uniche difficoltà le incontra sulle ardue liriche di Fly) e tutto procede a meraviglia, testimonianza che a Milano non è stata solo una serata di grazia, ma la band alemanna è la macchina da guerra che conosciamo, anche senza quel fabbro ferraio di Thomen Stauch, oggi impegnato altrove su altri sentieri musicali. C’è però il giovane Frederik Ehmke, degno rimpiazzo di un batterista con ben pochi rivali per tocco e personalità, che mostra tutte le sue doti su una scaletta che non risparmia davvero nulla: marcette epiche, speed spaccaossa, cavalcate terzinate, evoluzioni ritmiche… nelle due ore ci sono davvero tutte le facce dei Blind Guardian.
Siamo circa a Bright Eyes quando dalle strutture comincia letteralmente a piovere condensa sulla front-line dei bardi, i fantasmi del Tenax ritornano. Shadows stare down from the walls…e la paura comincia ad attanagliare la mente e il cuore di chi non vuole ripetere l’esperienza del 2002. Hansi sdrammatizza con la simpatia di sempre, ma lo stage è ricoperto di pozzanghere. Una pausa prolungata al termine di And then there was Silence lascia temere per il peggio, ma poi Hansi e soci recuperano le proprie postazioni sul palco per tornare nuovamente ai giorni di Tales from the Twilight World con la devastante Welcome to Dying. Un balzo di quindici anni avanti ci porta ai cambi di personalità di Another Stanger Me, davvero un’estranea in casa Blind Guardian. Per chiudere il primo encore, come ormai da tradizione, ecco arrivare l’inno monumentale che porta il nome di Imaginations from the Other Side. Sette minuti in cui è concentrata l’anima di questa band, una vera e propria bibbia.
Ancora una breve pausa ed ecco il gran finale con quelli che probabilmente sono i due brani più conosciuti degli scaldi tedeschi. Intanto dalle strutture continua a sgocciolare. Poco male secondo Hansi, l’atmosfera della fredda foresta in cui è tempo di entrare sarà ancora più reale. Quando parte l’arpeggio di The Bard’s Song colpisce la stessa sensazione avvertita con A Past & Future Secret: l’acustica del Saschall non è affatto male. Pochi secondi per godersela perché poi, giustamente, i cori dei presenti fagocitano ogni millesimo di silenzio per avvolgere le note della più classica delle ballate dei Blind Guardian. Tempo per i saluti e tempo per esplodere definitivamente con Mirror Mirror per l’epilogo della calata italica datata 2006.
Setlist:
Into the Storm
Born in a Mourning Hall
Nightfall
The Script for My Requiem
Fly
Valalla
Time Stando Still (At the Iron Hill)
A Past & Future Secret
Bright Eyes
Lost in the Twilight Hall
And then There Was Silente
– – –
Welcome to Dying
Another Stranger Me
Imaginations from the Other Side
– – –
The Bard’s Song (In the Forest)
Mirror Mirror
I tour promozionali lasciateli agli altri, con i Blind Guardian si parla di una vera e propria adunata, un viaggio di due ore tra le rime di storie d’altri tempi e d’altri luoghi. Tre giorni a macinare chilometri per il nord Italia non è nulla paragonato al piacere di potersi godere, ancora una volta, spettacoli di questo tipo e di questa intensità emotiva. Grazie e a presto Blind Guardian, è un onore essere un vostro fan.
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini