Fotoreport: Saga – 8/12/2005

Di Redazione - 15 Dicembre 2005 - 9:34
Fotoreport: Saga – 8/12/2005

Parole e foto di Alex “The Progman” Battaglia

Il ponte dell’Immacolata si rivela sempre un toccasana per molti vacanzieri:
c’è chi si mette in marcia per località sciistiche o marittime,
chi raggiunge i propri parenti più o meno lontani, chi semplicemente si
sposta per una gita fuori porta. Il fotoreporter di Truemetal (nella fattispecie,
il sottoscritto), ha deciso di sfruttare ferie e riposi compensativi in funzione
dei concerti mancanti per presenziare al terz’ultimo concerto dei Saga allo
Z7 di Pratteln che, nell’occasione, sarà “location” per
immortalare l’esibizione per un DVD Live (un altro?) di prossima uscita,
dal titolo “World’s Apart”.
Questo particolare fa promettere piuttosto bene sul versante setlist.

Parlare dei Saga in tale contesto (Pratteln) non è difficoltoso. In
Italia pochi sanno chi sono; non è un fatto da trascurare poiché
una band con determinate credenziali dovrebbe avere maggiore feedback da parte
di un pubblico molto spesso a senso unico che, grazie ai soliti quattro nomi
dal vivo, sembra già soddisfatto. Tedeschi e svizzeri, fortunatamente,
non la pensano come noi e si dimostrano di vedute ampissime: non a caso gruppi
come Nazareth, Molly Hatchet e gli stessi Saga calcano le assi dei palchi tedeschi
senza tante difficoltà, ricompensando un pubblico attento ma soprattutto
stimolato dalla loro stessa presenza.

Veniamo ai fatti: non appena arrivo allo Z7 sento che il soundcheck è
sulle note di “On The Loose”; un simpatico ragazzo tedesco che ho
avuto modo di conoscere si è già esaltato, ed io più di
lui.
L’eccezionale organizzazione del locale dà il via alle ore 19:00
per far accomodare i fan in un’atmosfera tanto surreale quanto intima;
naturalmente posto piccolo, persone giuste, ottima acustica, questo è
il motto dello Z7.

Ci sono molti cameraman all’interno del locale: due di loro sono sul
palco, un altro manovra la giraffa, gli altri due sono rispettivamente al mixer
e in un ponte sopraelevato. L’atmosfera si fa impetuosa non appena il
fonico da palco dà il segnale al suo collega con la torcia, il quale
prontamente abbassa tutte le luci.

Traspare molta felicità sulla faccia di Sadler, il quale inizia a lanciarsi
qua e là; Jim Gilmour si è sistemato a centro palco dietro il
suo setup di tastiere che, in base alla distribuzione, ricorda molto quello
di Wakeman.

Rodatissimi più che mai, i cinque musicisti travolgono il pubblico con
una triade di brani stupefacente: “The Pitchman”-“Give ‘em
the Money”-“You’re Not Alone” rispettivamente dai primi
lavori (nell’ordine “Heads Or Tales”, “Saga” e
“Images At Twilight”); tutto perfettamente in piena regola poiché
questa sera ci si aspetta ben più che un semplice concerto, e questi
brani ne sono sicuramente la prova.
L’emozione da parte mia è parecchio forte. Essendo il primo concerto
in assoluto di questo gruppo l’impressione iniziale è stata buonissima:
niente irrazionalità né sindromi da prima donna da parte di nessuno.
Non annoiano neppure i cameraman che, con un’attenzione scrupolosa, fanno
il possibile per non impedire la visibilità del palco.

Dal primo omonimo album viene realizzata con molto dinamismo la song “Ice
Nice”.
Al termine di essa Sadler si prende una breve pausa calcando sul pubblico, il
quale, non appena dà avvio al brano che ho sempre sognato di sentire
dal vivo, “On The Loose”, mi fa pensare che i nostri suoneranno
completamente l’album “World’s Apart”. Guarda caso sta
succedendo davvero: il tanto agognato desiderio si sta materializzando dinanzi
ai miei occhi e, ciò che più conta, sento fluire le note per la
felicità dei miei padiglioni auricolari e delle emozioni che tali atmosfere
mi donano. Nel frattempo, in mezzo al pubblico, qualcuno sta distribuendo delle
barrette luminose di vari colori che sostituiscono i canonici accendini, soprattutto
nei lenti e in particolare sul brano “Time’s Up”. Durante
l’esecuzione dell’intera opera il tastierista, clarinetto in mano,
mi stupisce in tutti i sensi su “No Regrets”, con un’esecuzione
calorosa ma mai sopra le righe; una nota di merito va al sostituto del vecchio
batterista Steve Negus, il quale si rivela un ottimo acquisto dietro il drumset
acustico/elettronico, eseguendo anche i brani datati con grande diligenza.

Gilmour torna nuovamente eseguendo da solo una parte minima di “Scratching
The Surface” che dà vita ad una sing-a-long decisamente intensa;
unico commento: grande!
La maggior parte delle successive songs sembrano uscite dallo storico live “In
Transit”, sia per qualità di esecuzione che per atmosfera. Di fatto
“Humble Stance” disimpegna il pubblico in un ricreativo balletto;
la song che tutti stanno aspettando prima dell’encore è “Chapter
Two”, nientemeno che “Don’t Be Late”: esecuzione magistrale
e solare.

Ottimo encore sulle maestose “How Long” e” Careful Where
You Step”; impressionante la capacità di questo gruppo nel proporre
una scaletta ricca di glorie del passato.

Immancabile a fine concerto la photo/autograph session che in questo ambiente
è diventato un must: mezz’ora dopo il termine dello spettacolo
la band (spesso non al completo) tiene compagnia con grande piacere ai fans.
In questo caso manca Ian Crichton il quale, immagino, sia piuttosto stanco,
però il resto del gruppo (e non è roba da poco) accoglie i fans
decorosamente, scattando foto di gruppo e firmando autografi incessantemente.

Promossi a pieni voti.