Fotoreport: Trouble, Sahg e Gorilla Monsoon (08-04-08, Bologna)
Foto di Valentina Moracci
Parole di Angelo ‘KK’ D’Acunto
Nati a Chicago nei primi anni ’80, gli americani Trouble sono uno dei punti di riferimento fondamentali per ogni doomster che si rispetti. Ben dodici anni sono passati dall’uscita di Plastic Green Head, dopo il quale, la band aveva fatto perdere le proprie tracce in un silenzio quasi inquietante. Ma il gruppo guidato da Eric Wagner non è morto, anzi, è più vivo che mai, e lo ha dimostrato con la release del buon Simple Mind Condition. Quella di Bologna è la prima data europea a supporto dell’ultimo album e gli special guest che accompagnano la band sono Gorilla Monsoon e Sahg.
L’onore di aprire le danze tocca ai Gorilla Monsoon;
la band tedesca ci propone un roccioso stoner doom con forti influenze
sabbathiane e chiari riferimenti a gruppi più moderni del calibro di Cathedral e
Orange Goblin. I suoni sono perfetti per tutta la durata del set e il gruppo
investe il poco pubblico presente con una scarica riff composti da non più di
due-tre accordi e ritmiche che si alternano agevolmente fra parti più lente e
riflessive tipiche del doom old-style e accelerazioni che si avvicinano allo
stoner/desert rock più sporco e maleodorante. Un’esibizione tutto sommato buona
che riesce a scaldare come si deve i pochi presenti.
Breve cambio palco e tocca subito al secondo supporting-act
della serata; i norvegesi Sahg, band dedita ad un doom molto melodico e più
raffinato riesce a dimostrare da subito il proprio valore con una setlist che
mira soprattutto a ripescare brani tratti dal nuovo lavoro, Sahg II. Olav
Iversen si conferma essere un singer dalle ottime qualità tecniche con un
cantato melodico ed evocativo e il resto de musicisti riescono a dimostrare
un’ottima resa in sede live, ma purtroppo la band si rende protagonista di
un’esibizione piuttosto anonima, anche a causa di una certa freddezza nei
confronti del pubblico presente.
In molti si aspettavano uno show sottotono ad opera di una
band che ha già dato il meglio di sé negli anni ’80/’90, ma i Trouble hanno dimostrato di
essere più vivi che mai e sono riusciti a donare ai pochi presenti della serata
(non più di cinquanta persone) uno show pieno zeppo d’energia, coinvolgente e
convincente. La scaletta della serata, più che di promozione per il nuovo disco,
somiglia ad un best of che va ripescare tutti i migliori pezzi del passato della
band di Chicago. L’inizio è affidato alle atmosfere sulfuree e più doom-oriented
di R.I.P., l’iniziale problema al volume del microfono di Eric Wagner fa subito
temere il peggio, ma non c’è nulla preoccuparsi, il singer americano è più in
forma che mai, nonostante la quantità industriale di sigarette che riesce a
fumare durante tutta la durata del set. L’accoppiata successiva è letteralmente
da cardiopalma; le rockeggianti Come Touch The Sky e Plastic Green Head vengono
eseguite con una precisione ed un coinvolgimento che farebbero rabbrividire
tutti gli altri “dinosauri” ancora attivi sulla scena. La resa sonora
dei pezzi è delle migliori che si possano avere; prime su tutti le chitarre di Bruce Franklin e Rick Wartell, sempre bravi a scambiarsi assoli
sporchi, semplici ma in ogni caso efficaci e taglienti come non mai. Il resto della setlist è
un continuo tuffo nel passato con pezzi del calibro di At the End of My
Daze, direttamente dal’omonimo del ’91, la title-track di Run To The Light e
Psychotic Reaction. Nella scaletta trovano posto anche le nuove
Goin’ Home e Mindbender, due brani che non reggono sicuramente il
confronto con tutti i lavori del passato, ma che in ogni caso non alterano quella
che è la qualità effettiva della band. Arriva l’ora di chiudere la prima parte
del set e la band sorprende tutti i presenti con l’improvvisazione di un
medley-tributo ai maestri Black Sabbath. Pochi minuti per riprendere
fiato e i cinque di Chicago tornano sul palco per salutare il pubblico con tre perle del passato che rispondo al
nome di The Tempter, Bastards Will Pay e All
Is Forgiven, esecuzione perfetta ad opera di una
band incredibilmente in forma che non ha subito nessun calo per tutta l’ora e
mezza scarsa di concerto. Show perfetto e coinvolgente quindi, con una una band
che non ha la minima intenzione di mettersi da parte per lasciare spazio alle
nuove leve. Ritorno graditissimo.
Setlist:
R.I.P.
The Sleeper
Come Touch The Sky
Plastic Green Head
The Eye
Mindbender
Goin’ Home
Mr. White
Simple Mind Condition
Troublemaker
Wickedness of Man
Run To The Light
At the End of My Daze
Scuze Me
Psychotic Reaction
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The Tempter
Bastards Will Pay
All Is Forgiven