Live Report – 4° Memorial Stefano “Sibi” Simoni a Trieste
Come ogni anno, ai primi di Marzo, presso il Teatro Verdi di Muggia, piccola cittadina in provincia di Trieste, un gruppo di amici si ritrova per dare il meglio di se per una giusta causa: aiutare il prossimo ricordando un amico prematuramente scomparso.
Sto parlando del Memorial Stefano “Sibi” Simoni, concerto dedicato alla memoria del musicista dei Notturna scomparso tre anni or sono, giunto alla sua quarta edizione, capace anno dopo anno di riscuotere maggiori consensi.
Quest’anno ho scelto di raccontarlo nella sua interezza non solo per lo spessore e la bravura dei gruppi locali che vi si sono esibiti, ma anche per trasmettervi la passione ed il cuore che tutte le persone che hanno contribuito alla buona riuscita di questa manifestazione sono riuscite a trasmettermi in tutti questi anni.
Sono arrivato in loco intorno alle 15.00, per assistere i musicisti e per scambiare due parole con chi di questa manifestazione è l’anima da sempre, gli amici di Sibi, tra i quali spiccano Alberto Bossi e Stefano “Skizzo” Marchesini.
Nel corso della serata, l’inizio della quale è previsto per le 20.30, si esibiranno band di vari generi, tutte chiaramente tendenti al Rock o al Metal, al punto da vedere formazioni intere reinventarsi per l’occasione come la S.i.P. Band – solitamente portabandiera del Funky in città – questa volta “incattivita” nei suoni e nella performance (senza però snaturarsi) con l’esecuzione di pezzi di tradizione imprescindibilmente Rock, o come la “Sibi Band” band composta dagli amici più cari provenienti da formazioni diverse, di generi diversi che per l’occasione ha proposto un grande spettacolo rock al foltissimo pubblico accorso al Verdi.
Il teatro infatti è pieno, i posti a sedere quasi completamente esauriti. C’è molta gente presso il gazebo del bar (il cui incasso, lo ricordiamo, sarà interamente devoluto in beneficenza), pubblico sicuramente degno dei grandi nomi del rock.
Ma quello che conta è l’atmosfera; sono tutti sorridenti, sono tutti consapevoli di star facendo la cosa giusta, tutti sembrano conoscersi da una vita, ed io stesso passo buona parte del tempo nel pomeriggio a chiacchierare con persone di cui non ricordo il nome a proposito di come sia nata la manifestazione, di chi era Sibi, e di come tante persone, me compreso, pur non conoscendolo personalmente si sono ritrovate a volergli bene per quanta fratellanza la sua figura, unita alla musica, ha saputo creare. Sono d’accordo sul fatto che ogni anno non si vede l’ora che questa serata arrivi, per poter dare il massimo, per stare tutti assieme.
L’affiatamento è disarmante, durante i vari soundcheck tutti si aiutano a vicenda, senza nessun tipo di gerarchia o nervosismo. Assisto ai soundcheck di tutte le band, così facendo mi arriva la conferma che il livello musicale sarà assai elevato.
Ricky Carioti e Vincenzo Guastini fanno un lavoro egregio come sempre per suono e luci, aiutati da tutti i loro addetti e i loro amici: la sensazione è che essendo tutti musicisti e tutti amici, il teatro sia un organismo vivente e ogni persona al suo interno sia un organo fondamentale per il suo funzionamento.
Dopo questo turbine di amicizia e una cena frugale “a turni”, la tensione comincia a salire mano a mano che il teatro si riempie, ed il primo gruppo attacca a suonare.
I “Willy and the poor boys” sono una band tributo a John Fogerty, membro dei celebri Creedance Clearwater Revival e la loro precisione, dedizione e sound, sono perfetti per scaldare un pubblico assolutamente felice di essere dove si trova.
Dopodiché è il turno della già citata S.i.P. Band, che come detto affronta magistralmente la serata con tutto l’entusiasmo che la contraddistingue. Musicisti dalla tecnica ed il trasporto assolutamente di prim’ordine in ogni strumento ed una sezione fiati da sballo completano il quadro di una band che ha sempre qualcosa da dire nel panorama musicale locale quando si parla di infiammare palchi.
Terminata con un grande applauso la loro esibizione, termina anche la parte “light” della serata, e si passa agli “Elbow Strike” alla loro prima esibizione live in assoluto.
I ragazzi si presentano sul palco con delle fantastiche maschere che ricordano il videogame “Army of Two” (giusto per farvi capire di cosa stiamo parlando) e un entusiasmo assolutamente grandioso. Il “master of puppets” della situazione è la vecchia volpe Nicola Ardessi, tastierista, già membro di molte band locali e collaboratore nella registrazione del secondo disco dei Sinestesia (che chiuderanno la serata): si sente la sua esperienza nell’amalgama delle sonorità del gruppo, senza nulla togliere a tutti i singoli esecutori, a partire dai due chitarristi in grado di tirare fuori dei suoni veramente stupendi dai loro strumenti. Suoni che riempiono e caricano, perfetti per la loro musica (niente cover per loro) che è veramente un genere a se stante in quanto mi ricorda un po il primo nu-metal ma con qualcosa degli Slipknot (che personalmente non ritengo nu, a differenza di alcuni), ma anche addirittura di Pearl Jam in alcune scelte armoniche. Sono veramente ansioso di avere per le mani il loro primo lavoro che non mancherò di recensire.
Il frontman nonostante la febbre ce la mette tutta, e insieme agli altri ha una presenza scenica da grande esperto da mettere a disposizione di un pubblico ormai caldissimo.
Didascalia
Dopo l’ottima esibizione degli Elbow Strike si passa alla Sibi Band, che sul palco fa proprio quello che vuole, con il risultato che il pubblico se potesse non li farebbe smettere mai. Skizzo è un chitarrista con un gusto del suono magnifico e aggiungerei mai sbagliato, mentre suona in tributo al suo caro amico scomparso è in grado di trasmettere sensazioni uniche, come se con la chitarra stesse parlando di lui.
I pezzi, di tradizione Rock ed Hard Rock fanno si che ogni membro dia il meglio di se: nonostante l’enorme varietà di strumenti sul palco, i fonici non sbagliano un colpo e la serata procede spedita come un treno in corsa verso il pezzo forte della serata.
I Sinestesia, band già nota al pubblico triestino come ai lettori di Truemetal, vede oggi una formazione pesantemente rimaneggiata per varie problematiche presentatesi negli ultimi anni che hanno visto l’abbandono del frontman Ricky De Vito e del bassista Alessandro Sala, lasciando così lo “zoccolo duro” composto da Alberto Bravin, Paolo Marchesich e Roberto De Micheli (Rhapsody of Fire) a dover affrontare una missione che vista da fuori ha un che di epico data la natura musicale del gruppo.
Votati al prog metal di più alta fattura, per i ragazzi non è stata una cosa semplice trovare un nuovo equilibrio, ma per farlo si sono tutti impegnati al massimo ed il risultato mi è balzato agli occhi già al soundcheck.
Infatti il nuovo innesto al Basso Christian Zacchigna, anch’egli già noto grazie alle sue molteplici partecipazioni in altrettante formazioni locali, è assolutamente azzeccato.
Christian infatti, in un lasso di tempo brevissimo, oltre ad aver imparato i pezzi (già di per se un’impresa degna di nota vista la complessità degli stessi) si è amalgamato alla perfezione con il resto della formazione sia in termini di affiatamento, sia di sonorità.
L’assenza di una voce come quella di Ricky De Vito, finora marchio peculiare dei Sinestesia nei loro due dischi pubblicati, è stata a mio parere magistralmente sopperita, dal sorprendente Alberto Bravin.
Già tastierista e compositore di indiscutibile maestria all’interno del gruppo, Alberto è riuscito a ricoprire anche il ruolo di cantante, aiutandosi talora con delle basi, ma in definitiva suonando il grosso delle sue parti, e cantando da solo le linee vocali già di per se estremamente impegnative.. Assolutamente sorprendente.
Se poi teniamo conto che questa necessità ha reso necessario il “click” in gran parte delle canzoni, la cosa porta a tessere le lodi anche di Paolo Marchesich, vera e propria macchina da guerra dietro la sua batteria: da quando lo sento suonare non ha mai perso un colpo.
Ultimo ma non per importanza, Roberto De Micheli, che in questa formazione come sempre da il meglio di se. È la sua musica, e rinforzato dalla grandissima esperienza che sta vivendo con la realtà dei Rhapsody of Fire, è riuscito addirittura a migliorarsi nonostante già fosse a livelli spaventosi, accentuando la presenza scenica e la sua rilassatezza sul palco.
La band si esibisce in pezzi dei suoi due album e ci da un’anteprima di due canzoni neonate, che lasciano senza parole (in senso positivo) gli astanti per complessità compositiva, potenza e trasporto, facendomi riporre molte e grandi aspettative nel prossimo lavoro.
L’esibizione di questi “nuovi” Sinestesia è proprio completa.
Li ho visti più volte esibirsi dal vivo, non li avevo mai visti sorridere così tanto sul palcoscenico insieme e questo mi ha fatto un piacere immenso, ma immagino non paragonabile al piacere che ha fatto a loro.
In tutto il panorama Prog Metal, i Sinestesia sono per me (opinione strettamente personale) l’espressione massima.
La loro musica ha un potere unico. Il loro Prog può essere ascoltato da chiunque ed apprezzato per le sensazioni che va a scatenare nelle sue lunghe e varie circonvoluzioni e quindi, non solo per la tecnica sopraffina, che in molti casi passa quasi in secondo piano rispetto alle atmosfere che il gruppo riesce ad evocare nelle menti e nei cuori di chi ascolta.
I loro dischi sono consigliabili a chiunque e meritano un posto d’onore nel mio stereo da sempre.
Se potete, seguiteli, non rimarrete delusi. Se poi si parla di esibizioni dal vivo, se già in precedenza si restava facilmente a bocca aperta, con questa nuova formazione lo stupore è assicurato.
Intorno a mezzanotte e tre quarti, accompagnata dai ringraziamenti di rito a tutti i partecipanti e tutti gli organizzatori, arriva la conclusione della serata, che si rivela essere però l’inizio di una seconda parte, in cui tutti i musicisti si mischiano a chi li ha sostenuti e osannati per tutta la sera, per bere una birra e ricordare un amico. Le due di notte arrivano in un battibaleno.
La gente è tantissima, l’entusiasmo ancora di più.
Ci si saluta pianificando già nuove mirabolanti cose per l’anno a venire, certi che ci si ritroverà tutti di nuovo, certi che ci saranno nuovi amici.
Sulla via del ritorno il pensiero che mi resta fisso e che mi accompagna anche mentre scrivo queste righe è: “Io Sibi non lo conoscevo, ma grazie ai suoi amici, l’ho conosciuto, e me ne sono innamorato”.
Si perché Sibi non è più solo una persona amica, è un’idea amica, è un’idea di amicizia, un motore per tutte queste persone che ogni anno si ritrovano per mettere insieme questo piccolo miracolo e per raccogliere i soldi per aiutare chi è stato sfortunato, è un’idea tradotta in realtà.
Un’amicizia tradotta in idea.
Un’idea tradotta tradotta in musica che quindi, rasenta la perfezione.
V aspettiamo il prossimo anno!
Grazie!
Filippo “Ov Fire” Blasetti