Live Report: Abbath + 1349 + Vltimas @ Campus Industry, Parma 07/02/2020
Se mai un giorno doveste capitare in Emilia e per qualche infausto motivo vi si rendesse necessario uno spostamento in auto da Reggio verso Parma attorno alle 18, ricordate una cosa: l’autostrada Reggio – Terre di Canossa costa 1 Euro e vi salva tempo, vita, concerto e corde vocali che, in caso di uso delle strade normali, sarebbero impiegate in un tour de force di madonne in grado di mettere alla prova anche un veneto sotto l’effetto di 25 spritz. Per questi motivi, e un bislacco tentativo di uscire normalmente dalla città, ci perdiamo l’esibizione dei Master ed entriamo nel Campus Industry che l’allestimento del palco per gli Vltimas è già stato terminato.
Tempo di prendere una birra e le note di Something Wicked Marches In iniziano a sprigionarsi dalle casse del locale. I nostri, contrariamente all’ottima prova in studio, si presentano sul palco in formazione a 5 e offrono una quarantina di minuti ottimi e suonati in maniera chirurgica. David Vincent, Rune Eriksen e Flo Mounier non hanno di certo bisogno di presentazioni e vederli insieme sullo stesso palco è un assoluto piacere. Si punta alla precisione più che alla furia e le esecuzioni sono un pelo più lente rispetto alla prova in studio e prive di sbavature. David appare in buona forma e il pubblico ad ogni intervallo tra un brano e l’altro tenta di istigarlo con il più classico dei cori made in Codroipo; lui osserva torvo, si trattiene e va avanti per la sua strada. Le due chitarre offrono un suono più corposo e i riff arcigni di Blasphemer rimangono un marchio di fabbrica inconfondibile; speriamo di poterli rivedere presto, magari da headliner e con più materiale all’attivo.
La saletta del merch offre un numero spropositato di magliette e gadget assortiti; ottima la scelta delle band di vendere dischi e cimeli vari autografati, vera manna dal cielo per ogni collezionista. Come sempre al Campus i cambi di palco e gli orari sono rispettati in maniera certosina, e i 1349 irrompono sul palco con tempismo perfetto. Potremmo qui copiare e incollare ciò che è stato scritto un paio di mesi fa per il Black Winter Fest; i norvegesi hanno praticamente offerto lo stesso concerto e valgono le stesse considerazioni fatte a dicembre. Poco da dire: o li ami o li odi. Frost è sempre una macchina da guerra e il resto della band lo segue con tutta la glacialità possibile e con la solita interazione col pubblico ridotta al minimo. Come detto, ciò che non funziona sono principalmente i brani, che non hanno nulla di particolare o memorabile e alla lunga finiscono per annoiare, sia su disco che dal palco.
Sul concerto dell’abbacchio non ci avremmo scommesso un cent, invece ha letteralmente spaccato il culo! L’affluenza, visti gli orari, era all’inizio poca per poi aver quasi riempito il 70% del locale poco prima dell’esibizione del norvegese, tutto sommato un ottimo risultato. Il palco è stato sgomberato a tempo di record (Vltimas e 1349 avevano un’altra batteria) e allestito con una sobria scritta argentata di più o meno 5 metri per 2; in seguito al tour annullato in Sud America e a un passaggio in clinica causa leggerissimo abuso di generi di conforto, le aspettative non erano molto alte al contrario della curiosità. Fatta fuori Mia Wallace al basso poco prima di partire per questo tour, la band e l’ex cantante degli Immortal si presentano sul palco e, contrariamente alle Bottles In The North che ci saremmo potuti aspettare, vi erano sulle assi solo bottigliette d’acqua. Abbath è apparso carico, completamente ripulito e in ottima forma; la sua prestazione è stata sopra le righe sotto tutti i punti di vista e da frontman navigato. La scaletta è incentrata sulle due prove in studio uscite per Season Of Mist e va detto che in sede live i brani, in particolar modo quelli del recente Outstrider, acquistano tutt’altra personalità e tiro rispetto al disco ottico. Il pubblico gradisce, osanna e soprattutto si diverte, andando completamente in visibilio durante l’esecuzione di One By One e The Rise Of Darkness degli Immortal. Il concerto scorre via in un attimo, dura un’ora precisa e in nostri si congedano in fretta senza bis né altro; sono poi i tecnici a regalare al pubblico bacchette, plettri e scalette. Alle 23 è tutto finito, probabilmente a causa di una partenza immediata delle band per la data di Brno del giorno dopo.
Tirando le somme, chi c’era si è sicuramente divertito ed è stata una gran bella serata per tutti i presenti, ben organizzata sia da Vertigo che dal Campus e con un bill di assoluto livello. In casa Abbath è tornata sia la professionalità che il sereno e siamo andati tutti a casa contenti, appagati e con un sano mal di collo.