Live Report: Agalloch a Roma
Agalloch + Fen @ Traffic – Roma 16/05/2013
Report a cura di Damiano Fiamin
Foto a cura di Francesco Sorricaro
Il 16 maggio era una di quelle date segnate sul calendario con particolare fervore. A forza di sottolinearla ed evidenziarla, la pagina si era lisa e consunta fino all’inverosimile. Questo slancio non era dovuto a un’importante ricorrenza famigliare, a un colloquio di lavoro o a qualche avvenimento mondano; tale zelo mistico, infatti, trovava la sua raison d’être in un avvenimento ben più rilevante per chi scrive: lo sbarco degli Agalloch a Roma.
La band di Portland ha deciso di tornare nel nostro paese, accompagnata per l’occasione dai britannici Fen, per dar vita a quello che, almeno sulla carta, si prospettava come uno spettacolo davvero interessante.
Il pubblico comincia ad assieparsi davanti al Traffic già prima che un sole pallido e freddo cominci a tramontare, calando il sipario su una giornata caratterizzata da piogge continue e temperature autunnali. Nonostante l’orario d’apertura dei cancelli non sia molto agevole, soprattutto per i lavoratori, i partecipanti al concerto non hanno evidentemente voglia di perdere neanche una nota e aspettano irrequieti davanti all’ingresso. In perfetto orario, la cancellata scorre sui binari e permette un lento afflusso all’interno del locale.
I britannici Fen aprono i giochi in maniera fin troppo puntuale; molti degli spettatori, infatti, erano ancora in fila all’esterno quando i tre musicisti salgono sul palco e, senza troppi convenevoli, attaccano a suonare brani tratti dalla loro (per ora) limitata discografia. L’impatto è devastante, i musicisti picchiano sui propri strumenti in una maniera impressionante, non lesinando certo energie e vigore nella propria esecuzione. Tutta questa potenza di suono lascia trasparire un’evidente passione, una voglia di fare bella impressione in occasione del primo appuntamento in terra italica del gruppo inglese; una partecipazione che il pubblico avverte e a cui reagisce di rimando.
La qualità del sonoro è buona anche se non esente da difetti: le parti vocali pulite sono sempre soffocate dalle dirompenti esibizioni degli strumenti cordofoni mentre la batteria tende a sovrastare tutto il resto nei momenti di maggior concitazione. Il risultato complessivo, però, è decisamente appagante, il trio sprizza energia e dà vita a uno show implacabile in cui le chiacchiere vengono ridotte all’osso e l’attenzione si concentra unicamente sulla musica, in un’alternanza riuscita di pezzi tirati e momenti più riflessivi. Davvero un’ottima prima prova; nonostante qualche disguido tecnico, i tre ragazzi hanno lasciato il segno, realizzando un’ottima apertura e predisponendo gli animi per ricevere nel migliore dei modi il piatto forte della serata.
E infine arrivano gli Agalloch. Il maestro di cerimonia John Haughm sale solenne sul palco e comincia silenzioso a bruciare il legno profumato che dà il nome alla band, riempiendo la sala di aromi misticheggianti e lasciando che luci e i fumi si intreccino in un suggestivo e atmosferico abbraccio, mentre il pubblico rumoreggia e invoca a gran voce l’inizio dell’esibizione. La liturgia pagana continua fino a che sul palco non hanno trovato posto tutti i musicisti dopodiché, con una breve introduzione, il combo di Portland comincia lo show.
Evidentemente, c’era qualcosa nell’aria del Traffic che galvanizzava in maniera particolare gli artisti; dopo i Fen, anche gli Agalloch spingono a tavoletta e si profondono in un’esibizione dalle sonorità molto più ruvide e massicce di quelle a cui ci hanno abituato. Anche i brani più atmosferici vengono realizzati con un piglio deciso che arriva, in alcuni casi, a trasfigurarli. I settaggi al mixer vengono regolati in maniera più accorta rispetto allo show d’apertura, con volumi ridimensionati e un miglior bilanciamento tra alti e bassi; la musica si adatta in maniera migliore all’acustica del locale ed esplode letteralmente dalle casse, con riff tiratissimi e vere e proprie martellate che calano pesanti da parte della sezione ritmica.
La presenza scenica della band, se si escludono le scenette di apertura e chiusura, è alquanto limitata, con convenevoli stringati e una scarsa mobilità sul palcoscenico da parte dei membri; lodevole eccezione quella del chitarrista Don Anderson che, per tutta la durata del concerto, incita il pubblico, interagisce fisicamente e arriva addirittura a esibirsi in un inaspettato stage-diving. Non manca, inoltre, la dedica all’ex-chitarrista degli In the Woods…, Oddvar A:M, scomparso recentemente a causa di un infarto.
I brani si susseguono, lunghi, infinitamente avvolgenti e ipnotici, un’ora e mezzo passa velocissima, il tempo soggettivo e quello dell’orologio non concordano affatto quando il gruppo chiude la prima parte dell’esibizione con una coinvolgente cover dei Sol Invictus. Sudati e frementi, gli spettatori attendono il rientro dei musicisti che, rapidamente, riemergono dalle tenebre del retro-palco per apporre il proprio sigillo sul concerto e concludere con una scelta di pezzi più rilassati il concerto.
Sulle ali di una lunga distorsione elettrica, la band effettua il suo commiato completando il rituale intrapreso all’inizio del concerto: il riverbero amplificato si diffonde dalle casse mentre le luci si offuscano e il fumo comincia a fluire via; il sacerdote Haughm termina i suoi crismi e saluta gli spettatori. I suoni si smorzano. Il concerto è finito.
Entrambi i gruppi sono stati protagonisti di un’esibizione di buon livello; nonostante la scarsa interattività delle band, il coinvolgimento è arrivato tramite grazie alla musica che, decisamente, ha creato un ponte tra chi era sul palco e il pubblico. Qualche inconveniente tecnico e delle piccole sbavature esecutive non hanno di certo pregiudicato il quadro complessivo. Dei tempi concitati hanno scandito una gran bella serata; speriamo di poter vedere nuovamente entrambi i gruppi quanto prima!
Scaletta:
· Limbs
· Ghosts of the Midwinter Fires
· Falling Snow
· Faustian Echoes
· The Melancholy Spirit
· You Were But a Ghost in My Arms
· In the Shadow of Our Pale Companion
· Kneel to the Cross (cover Sol Invictus)
· Of Stone, Wind, and Pillor
· Our Fortress Is Burning… I
· Our Fortress Is Burning… II: Bloodbirds
· Our Fortress Is Burning… III: The Grain