Hard Rock

Live Report: Alice Cooper @Alcatraz (Mi) 14/06/2016

Di Davide Sciaky - 16 Giugno 2016 - 12:15
Live Report: Alice Cooper @Alcatraz (Mi) 14/06/2016

Davanti ad un personaggio come Alice Cooper non si può che provare un immenso riverente rispetto.
Quasi cinquant’anni fa iniziava la carriera sotto la guida di Frank Zappa, qualche anno dopo aveva come compagni di bevute gente del calibro di John Lennon, Keith Moon e Jim Morrison e tra i suoi ammiratori un certo Salvator Dalì.
In una carriera che ha toccato sei decenni si è spostato a suo agio tra Rock e Metal collezionando fan e successi.

Quando il 14 giugno è arrivato in Italia per la sua unica data italiana i fan non hanno perso tempo e sono accorsi numerosi; poco prima dell’apertura delle porte una lunghissima coda davanti all’Alcatraz riempie via Valtellina, fa il giro in via Piazzi e quasi arriva in via Bernina.

Intorno alle 19 la folla comincia ad entrare nel locale ed una volta dentro viene accolta da un telone con parte della faccia di Cooper con gli occhi illuminati.
Già tra le 20 e le 20.30 l’Alcatraz è pressoché pieno e non è ben chiara la scelta di far passare ben due ore tra l’apertura porte e l’inizio del concerto.

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Ma l’attesa conta poco per i fan quando alle 21 in punto, con una precisione svizzera, calano le luci e la voce registrata di Vincent Price segna l’inizio del concerto.

Quando cala il telone viene rivelato il palco con la sua spaventosa scenografia, poi la band entra e infine arriva lui, Alice Cooper, avvolto in un mantello nero quasi levitando fino al bordo del palco sulle note di Black Widow.
La quasi vampiresca figura rimane statica per la prima canzone per poi liberarsi del mantello e rimanere in un abito a righe bianche e nere agitando il suo bastone per la seconda canzone, No More Mr. Nice Guy, per la quale il pubblico va in delirio.

Le prime due leggendarie canzoni stabiliscono il livello del show che prosegue senza interruzioni con Under My Wheels sulla quale Alice cambia ancora abito per rimanere in una giacca di pelle.
E’ poi il turno di Public Animal #9 e quando arriva Billion Dollar Baby, un’altra preferita dal pubblico a giudicare dalla reazione entusiastica, lo Zio Alice prende una spada con infilzati dei dollari che fa cadere sulle prime file agitando l’arma.

Dopo i salti, canti e urla per le prime canzoni il pubblico si rilassa un po’ mentre la band va avanti senza interruzioni con Long Way to Go e Woman of Mass Distraction.
Dopo 7 canzoni la band sparisce ed Alice va a riprendere fiato mentre calano le luci e i riflettori illuminano Nita Strauss.
A questo punto è d’obbligo una piccola digressione per parlare della band: se le 2700 persone che riempiono l’Alcatraz, molte delle quali truccate come Alice, sono lì per il cantante, il resto della band non rimane nell’ombra correndo su e giù per il palco, incitando il pubblico ad applaudire a tempo e rincorrendosi a vicenda o con Cooper.
Nita Strauss, l’ultima arrivata nella band, sa decisamente il fatto suo e quando i riflettori la illuminano comincia un assolo di ottimo gusto che non diventa, come spesso capita in questi casi, pura “masturbazione strumentale”.

La band rientra e l’assolo si trasforma nelle prime note di Poison, compare Alice con il chiodo che indossava nel video della canzone e il pubblico esplode in un boato.
Segue Halo of Flies e poi con Feed My Frankenstein inizia il vero spettacolo, nel senso più proprio del termine; dopo i primi versi il cantante si infila una maschera antigas, entra nel macchinario che viene portato sul palco e, dopo essere stato avvolto da una coltre impenetrabile di nebbia, ne esce il mostro di Frankenstein alto 3 metri.

E’ il turno di Cold Ethyl sulle note della quale Alice prende un pupazzo che rappresenta Ethyl con il quale balla, lo strangola e lo porta in giro sul palco mentre canta.
Il cantante poi prende un seggiolino e si siede per la semi-ballad Only Women Bleed sul finale della quale compare una donna che balla sul palco finché Alice non la “uccide”.
Per questo dopo Guilty arrivano sul palco due uomini incappucciati che gli mettono una camicia di forza, poi arriva un infermiera che comincia a girargli intorno mentre lui piegato in due canta Ballad of Dwight Frye; sul finale della canzone il cantante si libera della camicia di forza con la quale strangola l’infermiera.

Sulle note di Killer e I Love the Dead come da copione Alice viene trascinato sul patibolo e decapitato davanti ad un pubblico in delirio.
Quando poi “resuscita” viene calato un telone con il nome di Keith Moon e la sua data di nascita e di morte e la band inizia a suonare Pinball Wizard degli Who, cala poi un telone per Jimi Hendrix e la band suona Fire, segue un telone per David Bowie mentre la band suona Suffragette City e infine con un telone per Lemmy la band suona Ace of Spades, questa cantata dal bassista Chuck Garric con uno stile vocale simile a quello di Lemmy.
 

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Come facilmente prevedibile è per l’ultima che il pubblico reagisce di più, esplodendo come aveva fatto con No More Mr. Nice Guy e Poison, ma nel complesso tutto questo momento di celebrazione è molto bello e commovente.

Si conclude con I’m Eighteen e School’s Out, inframmezzata da parti di Another Brick in the Wall dei Pink Floyd, che il pubblico canta a gran voce, ed infine la band si congeda.

Dopo qualche minuto di pausa il telone di sfondo viene sostituito da una bandiera degli Stati Uniti, la band ritorna ed Alice compare con una maglietta che dice “Alice For President” e la tuba cantando Elected.
Su questo finale compaiono due persone travestite da Donald Trump ed Hilary Clinton che combattono, si abbracciano, si baciano e poi combattono ancora in una non tanto velata critica alle presidenziali che stanno avendo luogo negli USA.

Dopo un’ora e quaranta che sembra contemporaneamente molto di più, per l’intensità del concerto, e molto di meno, per quanto è stato bello, Alice e la band si congedano ringraziando il pubblico.
Uscendo dal locale si sente l’entusiasmo tra chi dice “Alice ha asfaltato il concerto dei Sabbath di ieri” e di chi si limita ad un “E’ stato uno dei concerti più belli della mia vita”.
E si può dargli torto?
Alice Cooper all’età di 68 anni ha suonato per un’ora e quaranta senza interruzioni ben ventitré canzoni (cosa che band più “chiacchierone” come gli Steel Panther farebbero in non meno di tre ore), ha messo su uno spettacolo incredibile che va oltre le canzoni, il tutto cantando divinamente.

Quanti altri di quell’età cambiano tante volte costume, cantano così tanto senza interruzioni (e senza cali di voce), mettono in piedi uno show simile?
E soprattutto, quanti tra i più giovani?
La risposta è nessuno, nessuno della sua generazione può mantenere il suo ritmo e, purtroppo, nessuno tra i più giovani ha preso il testimone.

Alice Cooper è un musicista unico e straordinario e chi era presente a Milano ha avuto modo di testimoniarlo; quello di martedì 14 giugno è stato uno show che chi di noi era presente non dimenticherà tanto facilmente.

 

Setlist:

Vincent Price (Intro)
01. The Black Widow
02. No More Mr. Nice Guy
03. Under My Wheels
04. Public Animal #9
05. Billion Dollar Babies
06. Long Way to Go
07. Woman of Mass Distraction
Assolo di Nita Strauss
08. Poison
09. Halo of Flies
10. Feed My Frankenstein
11. Cold Ethyl
12. Only Women Bleed
13. Guilty
14. Ballad of Dwight Fry
15. Killer (parziale)
16. I Love the Dead (parzial)
Under the Bed (registrazione)
17. Pinball Wizard (The Who cover)
18. Fire (The Jimi Hendrix Experience cover)
19. Suffragette City (David Bowie cover)
20. Ace of Spades (Motörhead cover)
21. I’m Eighteen
22. School’s Out (con intermezzi di “Another Brick in the Wall” dei Pink Floyd)

Encore:
23. Elected

 

Davide Sciaky