Live Report: Ambria Metal Festival @ Ambria di Zogno (Bg)
Sabato 20 luglio 2019: nella località di Ambria, una frazione del comune di Zogno, nella Valle Brembana, in provincia di Bergamo, ha avuto luogo un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti del power e affini: l’Ambria Metal Festival. Sul palco si sono succedute alcune formazioni che, senza dubbio alcuno, possiamo definire leggendarie: Grave Digger, Domine e White Skull, nomi che hanno scritto importantissime pagine nella storia del genere. Con loro, ad aprire le danze, due interessanti newcomer band: Heroes of Forgotten Kingdoms e Lionsoul. Eccovi il resoconto della giornata.
Buona lettura!
Live Report a cura di Marco Donè
HEROES OF FORGOTTEN KINGDOMS
Verso le 19:00, in perfetto orario con il ruolino di marcia, entrano in scena i power metaller Heroes of Forgotten Kingdoms. Il quintetto di Viterbo sale sul palco in abiti elfici, in perfetta sintonia con le tematiche fantasy trattate nei propri testi. La band è carica, sapere di condividere il palco con nomi che hanno fatto la storia del genere deve aver trasmesso ai cinque tantissima adrenalina. I Nostri, infatti, sfoggiano tutte le potenzialità del proprio sound, definito dallo stesso quintetto come “adventure metal”: un power melodico, in cui spicca la presenza del violino elettrico e a cui si aggiungono delle basi sinfoniche, per sviluppare e rappresentare al meglio l’aspetto fantasy e quel concetto di “adventure” tanto caro alla band. Sotto il palco sono già presenti numerosi metalhead, che rispondono alla grande e supportano con calore il gruppo di Viterbo per tutta la durata dello show. La voglia di divertirsi e di vivere appieno l’atmosfera epica della serata è tanta. Un ottimo inizio di festival.
LIONSOUL
Dopo un rapido cambio palco tocca ai bergamaschi Lionsoul, formazione che in un certo senso gioca in casa. Forti di un power energico, che trae forte ispirazione dalla scena tedesca, con loro si spinge sull’acceleratore. I Nostri sanno muoversi bene sul palco e sfoggiano un look curato e aggressivo, da cui traspare tutta la passione per le sonorità più classiche. I Lionsoul propongono un set che va a pescare da entrambi i dischi fin qui pubblicati, puntando soprattutto sull’ultimo “Welcome Storm”, pubblicato nel 2017 via Limb Music. La prova dei Nostri è sicuramente di rilievo, dove spicca, in particolare, la prestazione del singer Ivan Castelli, sia al microfono che per presenza scenica. Parlando proprio di presenza scenica segnaliamo un particolare: la scelta di avere un’asta elastica luminosa, con cui il cantante gioca tirandola a sé per poi rilasciarla, creando così un bell’effetto visivo. Il pubblico continua ad aumentare e la sua risposta cresce di pari passo, creando da subito una bellissima atmosfera. Sono circa le 20:30 quando i Lionsoul ultimano il proprio show; i Nostri ricevono il meritato plauso da un pubblico carico a puntino, che attende l’ingresso in scena dei gruppi principali di questa serata, per poter cantare a squarciagola quelle canzoni che hanno segnato la storia del power a cavallo degli anni Novanta e Duemila. Heroes of Forgotten Kingdoms e Lionsoul hanno svolto a dovere il proprio compito.
WHITE SKULL
Ci avviciniamo così al momento clou della serata, dato che le ultime tre band in programma non hanno sicuramente bisogno di presentazioni: la storia parla per loro. Alle ore 20:45 entrano in scena i White Skull, una delle formazioni più amate dai metalhead italiani e l’accoglienza riservata dal numeroso pubblico ne è la dimostrazione. Si parte a mille con ‘Embittered’, che scalda immediatamente la platea. Notiamo subito una cosa, però: sul palco non c’è Danilo Bar. Come scopriremo più tardi, dallo stesso Tony “Mad”, durante lo show, Danilo e i White Skull si sono separati amichevolmente. Gli impegni del chitarrista non riuscivano più a collimare con le esigenze della band e la separazione è stata una scelta triste, ma inevitabile. Al posto di Danilo, per le imminenti date, sul palco troviamo un suo giovanissimo allievo, Alessio Lombardi, che dopo un inizio in cui sembra sentire un po’ di pressione, si lascia andare, regalando una prestazione di livello. La band gira alla perfezione, con un Alex Mantiero che si conferma il solito panzer alle pelli, Federica “Sister” De Boni tiene il palco trasmettendo adrenalina pura e la sua voce al vetriolo sembra non subire i segni del tempo, risultando splendida oggi come in quei gloriosi anni Novanta. Tony “Mad” è l’assoluto Capitano: trascina il pubblico, cerca più volte sul palco il giovane sostituto di Danilo per farlo sentire a proprio agio e farlo così rendere al massimo; un vero fiume in piena. Joe Raddi è il solito vichingo imponente e Muscio esegue le proprie parti “vivendo” ogni singolo passaggio. La scaletta scelta è studiata appositamente per soddisfare i fan, pescando a piene mani da “Tales from the North”, inserendo poi capitoli come ‘High Treason’, ‘Red Devil’ e ‘Will of the Strong’. Lo show, come da copione, si chiude in un autentico tripudio con ‘Asgard’, con un Tony “Mad” che, durante i saluti finali, si arrampicherà sull’impalcatura del palco, per salutare ogni singolo fan presente, anche quelli più lontani dallo stage. Una prestazione maiuscola ad opera di una band che ha ancora tanto da dire e da dare al metallo pesante.
DOMINE
Tocca poi a un altro nome di rilievo, una band che da tempo ha ormai assunto un assoluto ruolo di leggenda nel territorio nazionale, e non solo: i toscani Domine. Le sonorità si fanno più evocative e maestose con i cinque che decidono di andare sul sicuro, proponendo una scaletta collaudata, che punta sui numerosi classici della band, per la gioia dei fan. I Nostri pescano a piene mani da due dischi in particolare: “Dragonlord (Tales of the Noble Steel)” e “Stormbringer Ruler – The Legend of the Power Supreme”. Come al solito i Domine creano un muro sonoro lasciando l’intera scena a Morby che, una volta in più, si conferma un autentico animale da palco, un frontman come pochi altri al mondo, in grado di catalizzare l’attenzione del pubblico e farsi seguire a ogni minimo cenno, senza dimenticare quella voce capace di toccare picchi inarrivabili per i comuni mortali. Il pubblico, completamente in pugno a Morby, partecipa alla grande, rispondendo a ogni richiesta del cantante. I pezzi si susseguono, trasmettendo emozioni fortissime: ‘Thuderstorm’, ‘The Hurricane Master’, ‘The Ride of the Valkyries’, ‘The Aquilonia Suite’, passando per il classico dei classici ‘Dragonlord (The Grand Master of the Mightiest Beasts)’, il cui vocalizzo iniziale, cantato dall’intero Ambria Metal Festival, è da brividi. Lo show dei Domine si chiude sulle note di un altro classico: ‘Defender’. I Nostri, dopo aver messo a segno una prestazione senza punti deboli, che conferma una volta in più il valore del quintetto toscano, ricevono il meritato plauso e salutano il pubblico.
GRAVE DIGGER
All’appello mancano solo loro, gli headliner della serata: i leggendari Grave Digger. Le luci si spengono e sul palco compare The Reaper, in abito nero, lungo, e il classico viso osseo. Il suo compito è scaldare il pubblico, e lo fa alla grande, chiedendone e ottenendone più volte la partecipazione. Sotto il palco c’è una vera e propria marea umana, che non aspetta altro che l’ingresso del quartetto teutonico. L’inizio viene affidato a ‘Fear of the Living Dead’, opening track dell’ultimo album “The Living Dead”, seguita dall’anthemica ‘Taooed Rider’. I Grave Digger appaiono in ottima forma, sia dal punto di vista esecutivo che della presenza scenica. La parte del leone, ovviamente, spetta a Chris Boltendahl, che sa come gestire a dovere un’ampia platea come quella di questa sera, anzi, più il pubblico è numeroso, più sembra trovarsi a proprio agio. I Nostri decidono di dare ampio spazio ai dischi dell’ultimo decennio, pescando molti pezzi da “The Clans Will Rise Again”, “Return of the Reaper” e “Healed by Metal”, intervallandoli a dei classici immortali, pescati direttamente da “Tunes of War”, “Knights of the Cross” e “Excalibur”, dischi che, senza ombra di dubbio, hanno fatto la storia del genere. Il pubblico partecipa con passione, trasmettendo alla band tantissimo affetto, che sembra caricare di ulteriore adrenalina il quartetto. La serata scorre così in un continuo viaggio tra presente e passato, con canzoni come ‘Lawbreaker’, ‘Lionheart’, ‘The Bruce (The Lion King)’, ‘In the Dark of the Sun’, ‘Season of the Witch’ e ‘Higland Farewell’, intervallate da dei veri e propri cori da stadio, i classici “Olè olè olè Grave Digger”, cantati a gran voce da una platea entusiasta, desiderosa di ricevere tonnellate di metallo puro, fiammante. A voler essere puntigliosi, però, nonostante la serata stia proseguendo nel migliore dei modi, con un pubblico completamente in pugno alla formazione tedesca, i Grave Digger non sembrano avere quel tiro a cui ci avevano abituato. Le canzoni sono ben suonate e vissute ma, questa sera, la botta che i quattro tedeschi ci avevano sempre trasmesso sembra essere meno monolitica di altre volte. Poco importa: se nelle battute finali dello show puoi piazzare canzoni come la devastante ‘Circle of Witches’, la trascinante ‘Excalibur’ e l’inno immortale ‘Rebellion (The Clans Are Marching)’, il cui coro iniziale viene cantato dall’intero Ambria Metal Festival, hai la vittoria in tasca. Dopo il classico siparietto con la band che rientra dietro le quinte, chiamata a gran voce dal pubblico, i Grave Digger ritornano in scena per gli encore, proponendo ‘Healed by Metal’ e uno degli inni del metallo più classico, quella ‘Heavy Metal Breakdown’ che, nonostante i suoi trentacinque anni di età, sa mietere ancora vittime. Fantastico epilogo per una serata da incorniciare. Certo, il mio cuore e le mie orecchie hanno sentito la mancanza di ‘The Reaper’ e ‘Ride On’, ma le dosi di metallo purissimo che ci hanno regalato i Grave Digger hanno centrato il bersaglio.
CONCLUSIONI
Come più volte sottolineato nel corso del report, la serata è stata senza ombra di dubbio positiva, con suoni ben bilanciati per tutta la durata delle esibizioni e un’ottima affluenza di pubblico. Un plauso all’organizzazione, sia per la qualità del bill (ricordiamo che il festival era a ingresso gratuito, il cui ricavato è stato devoluto a società benefiche n.d.r.), che per la scelta della location: una bellissima cittadina della Valle Brembana, che presenta una struttura coperta fissa che, oltre a coprire il palco e il backstage, offre riparo all’intera area concerti e alle zone ristoro, permettendo così di vivere il festival in qualsiasi condizione, sia di pioggia, offrendo riparo come scritto poco sopra, che con il sole, garantendo ampie zone d’ombra.
Il debutto dell’Ambria Metal Festival è stato un successo, le possibilità di crescere ulteriormente ci sono tutte, non rimane che attendere l’edizione 2020!
Marco Donè