Live Report: Amon Amarth + Arch Enemy – Summer Days In Rock @ Festival di Majano (Ud)
Lunedì 7 agosto 2017: come da tradizione, il Festival di Majano, in provincia di Udine, non delude gli appassionati delle sonorità più dure. La prima delle due giornate ribattezzate Summer Days in Rock vede infatti ospiti i vichinghi svedesi Amon Amarth e i conterranei melodic death metaller Arch Enemy, capitanati dal leggendario Michael Amott.
Arch Enemy
Facciamo il nostro ingresso nell’area concerti verso le 20:45. L’affluenza, al momento, risulta discreta e in continuo aumento, facendo ben sperare per il proseguo della serata. L’evento, sulla carta, dovrebbe richiamare una folla da grandi occasioni. Verso le 21:00 le luci del palco si spengono e parte l’intro ‘Tempore Nihil Sanat (Prelude in F minor)’, che annuncia l’ingresso in scena degli Arch Enemy. Si parte subito di gran carriera con ‘The World is Yours’, singolo apripista di “Will To Power”, album che uscirà il prossimo 8 settembre. Il video gira da un paio di settimane in rete e i fan dimostrano già di conoscere e apprezzare la canzone, cantando e rispondendo alla grande ogni qualvolta la singer Alissa White-Gluz ne richieda la partecipazione. La band sembra carica, con una White-Gluz letteralmente sugli scudi, che aggredisce il palco con la solita enfasi, trasmettendo pura adrenalina a una folla già in suo pugno. Conclusa la prima canzone, non c’è un attimo di respiro e Amott parte immediatamente con l’energica ‘Ravenous’ che, come al solito, miete vittime tra le prime file. Come ben sappiamo, gli Arch Enemy sono alle prese con l’headliner tour europeo “As The Stages Burn” e, nell’occasione odierna, si ritrovano a condividere il palco con gli Amon Amarth. Avendo meno tempo a disposizione, i Nostri accorciano il proprio set e non si perdono in chiacchiere, cercando di offrire più pezzi possibili ai fan presenti. La scaletta è studiata appositamente per ottenere il massimo dal pubblico, dando maggiore spazio all’ultimo fortunato disco “War Etarnal”, da cui vengono eseguite ‘Stolen Life’, la title track, ‘You Will Know My Name’ e ‘As The Pages Burns’, canzoni che vengono cantate a squarciagola dai fan. Più si ascoltano dal vivo le canzoni tratte da “War Eternal”, più ci si rende conto come siano perfette per la dimensione live: melodia, velocità, ritornelli azzeccati e cantabili già dal primo ascolto. La formula esatta per conquistare ogni platea. Se a questo sommiamo una band che può vantare musicisti di prim’ordine in ogni strumento, i cui live lasciano sempre il segno, sia per la precisione chirurgica nell’esecuzione sia per l’impatto che riescono a creare, il sempre maggior successo riscosso dagli Arch Enemy è presto spiegato. Anche questa sera i Nostri non sbagliano il colpo e, oltre alla già citata rabbiosa perfomance della White-Gluz, troviamo il solito animale da palco che risponde al nome di Sharlee D’Angelo, al basso, la cui precisione e presenza scenica è assoluta garanzia dal vivo. Daniel Erlandsson alla batteria è come sempre una macchina da guerra e la coppia d’asce Michael Ammot-Jeff Loomis, una delle migliori in circolazione, lascia letteralmente a bocca aperta. I due danno vita a uno show sentito, sfoggiando aggressività e una precisione maniacale nelle proprie parti. Semplicemente splendido quando i due dominano la scena, a centro palco, durante i twin solo. Dopo un’oretta scarsa lo show si chiude con i classici ‘We Will Rise’ e ‘Nemesis’. Gli Arch Enemy, dopo la tradizionale foto con il pubblico a fine concerto, salutano una folla entusiasta. Uno spettacolo semplicemente perfetto, per una formazione che nella dimensione live sembra dare il meglio di sé. Se vogliamo dirla tutta, se avessero suonato ancora un po’, nessuno avrebbe protestato, anzi.
Amon Amarth
Dopo un cambio palco della durata di mezz’ora circa, gli Amon Amarth sono pronti a dare il via al proprio show. La scenografia è imponente: la batteria è posta sopra un gigantesco elmo vichingo, ai cui lati sono state assemblate due scalinate, con l’effetto visivo simil pietra, che vanno a collegare la pedana della batteria al resto dello stage. Certo, dagli esordi a oggi la proposta musicale degli Amon Amarth è stata semplificata, rendendola più accessibile, melodica, con ritornelli facilmente memorizzabili e mantenendo una certa dose di epicità di fondo, il tutto corredato da un’immagine vincente, legata ai leggendari abitanti del nord: i vichinghi. Un’evoluzione che ha permesso alla band svedese di divenire una delle compagini più amate della scena. Basta osservare la reazione del pubblico, che ha raggiunto la sua massima affluenza, per rendersene conto. I Nostri entrano in scena sulle note di ‘The Pursuit of Vikings’ accolti da una folla in visibilio. La scaletta è incentrata su pezzi estratti dal periodo “Versus the World” in poi, dando maggiore spazio alle ultime cinque release, in particolare all’ultima fatica “Jomsviking”, da cui vengono proposti ben quattro brani. Ecco susseguirsi quindi ‘As Loke Falls’, ‘First Kill’ e ‘The Way of Vikings’, in cui fanno l’ingresso in scena due combattenti, agghindati da guerrieri vichinghi, che si esibiscono sul palco in un duello con spada e scudo, mentre la band suona sulle gradinate e sulla pedana situata dietro la batteria. Il pubblico è tutto per gli Amon Amarth e le prime file diventano una vera bolgia. Il quintetto ha ormai esperienza da vendere e, oltre a regalare ai fan uno spettacolo di primo livello, sa come interagire con loro anche tra una canzone e l’altra. Ecco quindi che il singer Johan Hegg si diverte a sfoggiare qualche parola in italiano, conquistando ulteriormente i presenti. Il live degli Amon Amarth continua con delle mitragliate del calibro di ‘Deciver of the Gods’ e ‘Destroyer of the Universe’, passando per ‘Father of the Wolves’ e ‘Runes to My Memory’. L’impatto scenico è curato al dettaglio, vediamo infatti alternarsi sul palco la divinità Loki e guerrieri armati di lance, che vengono battute a terra seguendo il ritmo impartito da Jocke Wallgren alla batteria, da cui sventolano delle bandiere raffiguranti antiche rune. La band suona con precisione e Johan Hegg, con il suo vocione e la sua stazza imponente, diventa l’autentico mattatore della serata, tenendo il pubblico in proprio pugno. Ci stiamo dirigendo verso la fine dello spettacolo e non può mancare il consueto brindisi tra Johan Hegg e i fan durante la presentazione di ‘Raise Your Horns’ a cui viene fatta seguire ‘Guardians of Asgard’ che vedrà, sullo sfondo, erigersi il serpente Miðgarðsormr. La band abbandona momentaneamente il set, ma è solo questione di un attimo. Un gioco di luci ne accompagna nuovamente l’ingresso in scena e gli Amon Amarth partono con l’intro di ‘Twilight of the Thunder God’. Le prime file vengono messe a ferro e fuoco, si possono vedere ripetuti crowd surfing e Johan Hegg ritorna sul palco armato del martello di Thor, scagliandosi contro Miðgarðsormr, sconfiggendolo. La serata giunge così alla fine. Per chi, come il sottoscritto, è rimasto legato agli Amon Amarth del primo periodo, la mancanza di una canzone come ‘Victorius March’ si fa sentire ma, come dicevamo, il quintetto ha ormai da tempo affrontato una fortunata evoluzione stilistica e il responso del pubblico dà loro ragione. La band saluta i presenti, consapevole di aver portato a casa un’altra vittoria.
Marco Donè