Live Report: An Evening With Machine Head @Live Club, Trezzo sull’Adda (MI)
AN EVENING WITH MACHINE HEAD
02/10/2014 @Live Club, Trezzo sull’Adda (MI)
Il mio rapporto coi Machine Head è stato per lunghi periodi complesso e burrascoso: ne intuivo le potenzialità e ne comprendevo il valore eppure la scintilla sembrava destinata a non scoccare mai per davvero. C’è voluto il magnifico “Unto The Locust“, con le sue splendide canzoni, le chitarre acustiche e quella rabbia che per la prima volta sfumava in una tristezza cupa ma non priva di speranza, per farmi davvero innamorare della band di Oakland, al punto da considerare gli album che compongono la loro discografia (fatta eccezione per “The Burning Red” e “Supercharger”, che non ho mai fatto mistero di non apprezzare particolarmente) una delle massime espressioni dell’Heavy Metal moderno.
Ma dal vivo? Di testimonianze largamente positive in merito alla resa live di Flynn & C. ne ho sentite parecchie, eppure lo spettro della brutta esibizione in quel di Udine nel 2012 era ancora lì, di fronte ai miei occhi. Certo, le condizioni al contorno non furono delle migliori, quella volta (concerto breve a metà pomeriggio, sotto il sole e con la metà – a esser generosi – del volume successivamente concesso agli headliner Metallica), ma l’impressione generale non fu particolarmente brillante.
Dopo aver mancato, per cause esterne, il passaggio all’Alcatraz dell’anno scorso, un concerto in solitaria di ben due ore e mezzo a una trentina di chilometri da casa mia era quindi un’occasione da non perdere per saggiare il reale valore dei Machine Head dal vivo. Detto fatto: poco più di mezz’ora di strada, qualche minuto di coda all’ingresso ed eccoci all’interno del Live di Trezzo già addobbato con i vessilli della casata Flynn.
Lo show inizia con una ventina di minuti di ritardo sulla tabella di marcia ma l’entrata in scena dei Machine Head sulle note della sempre devastante “Imperium” è accolta con un boato. I suoni paiono all’inizio onestamente perfettibili, con la batteria di Dave McClain che tende a coprire tutto il resto, eppure la foga dei quattro statunitensi nel piallare a dovere i timpani dei bencapitati è tale da relegare tutto il resto in secondo piano. Con il passare dei secondi la qualità dell’audio pare tuttavia migliorare e rendere del tutto giustizia alle tonnellate (unità di misura tecnicamente scorretta ma non certo casuale, NdR) di energia espressa dai quattro mattatori sulle assi del locale milanese.
La scaletta si configura come una sorta di “Live Best Of…” con almeno un brano estratto da ognuno dei finora otto album pubblicati dai Machine Head, con ovvia e particolare predilezione per l’era Demmel. Robb Flynn ci dà dentro come un dannato, alla voce e alle chitarre eletriche ed acustiche, trascinando il pubblico del Live con la forza e il carisma di chi è ben conscio dei propri mezzi e della (giusta) considerazione presso il pubblico, perfettamente coadiuvato da un trio di musicisti esperti, rodati ed affiatati come raramente capita di vedere. Più che una band un commando di letali teste di cuoio, addestrate a colpire duro ma anche a blandire l’orecchio degli astanti nei momenti più intimi ed accorati. Per poi colpire di nuovo, al cuore e alla testa, senza pietà.
Accanto alle ormai classiche “Beautiful Mourning” e “Bite The Bullet” trovano spazio le più recenti “Locust” – imperiosa e imperiale – e “This Is The End” ma anche l’apprezzatissima “Now We Die”, tra gli episodi meglio riusciti di “Bloodstone & Diamonds”. Il risultato è tuttavia il medesimo: un massacro senza sosta, diretto con sicurezza dall’ispiratissimo vocalist, abilissimo nel trascinare i presenti con le incredibili urla partorite dalle sue corde vocali.
Con la remota “From This Day” si apre la parentesi dedicata ai due dischi più controversi della carriera dei Machine Head: “The Burning Red” e “Supercharger”, due album coi quali il gruppo americano volle discortarsi dalle tipiche sonorità fino ad allora proposte, ammiccando alla (fu) popolarissima corrente Nu Metal. Due album, per farla breve, invisi all’uditorio più intransigente (ma non solo: celebre fu il litigio con Kerry King all’alba della “svolta”) eppur mai apertamente rinnegati da Robb Flynn né in qualche modo estromessi dal presente tour. Pur non apprezzando – in via strettamente personale – le sonorità caratteristiche di questi lavori, va detto che la scelta della band è stata premiata dall’entusiasmo manifestato da buona parte del pubblico sulle note di brani come “The Blood, The Sweat, The Tears”, “Crashing Around You” e “Bulldozer”.
Chiusa la parentesi dedicata a “The Burning Red” e “Supercharger”, inframmezzata dall’estranea “Darkness Within”, i Machine Head tornano alle sonorità che li hanno resi celebri con l’ottima “Killers & Kings” e con il primo estratto dal capolavoro “Burn My Eyes”: la violentissima e irresistibile “Davidian”. Il tempo scorre veloce, scandito da poche pause, ma Robb Flynn, nonostante le ormai quasi cinquanta primavere sulle spalle, tiene botta alla grande, senza lesinare grinta ed energie e inanellando un pokerissimo di assoluto pregio, nel quale brillano le immortali “Now I Lay Thee Down” e “Aestetichs Of Hate” – doppietta killer dal mai sufficientemente lodato “The Blackening” – e la catchy “Old”, con la quale torniamo indietro nel tempo di ben ventun’anni in un batter di ciglia.
Siamo agli sgoccioli ma c’è ancora tempo per un’ultima perla: “Halo”. Semplicemente una di quelle canzoni che valgono un carriera: talmente potente ed oscura da risultare a tratti epica ma nel contempo complessa ed articolata come un nero diamante dalle mille facce, resa poi ancor più incredibile da una prestazione carica di grande trasporto emotivo.
Dopo i saluti e le foto ormai di rito, i quattro thrasher lasciano il palco del Live dopo aver ripercorso in una sola sera oltre vent’anni di carriera attraverso una selezione di brani d’eccezione, intepretati con la classe e la maestria che è lecito attendersi da un gruppo di questo calibro. Che altro dire?
«Suonare ogni canzone, ogni nota come se fosse l’ultima, con lo stesso anelante e disperato spirito di un condannato a morte che esprime il suo ultimo desiderio.»
Questa, come scrisse il nostro Vittorio Cafiero ai tempi dell’uscita di “Unto The Locust”, è l’essenza dei Machine Head e una serata come quella appena vissuta in quel di Trezzo Sull’Adda non può che confermarlo e anzi gridarlo a gran voce. Un grande show a base di grande musica, in grado di travalicare i confini di genere e di consacrare Flynn, Demmel e compagnia tra gli esponenti di maggior rilievo dell’intera scena rock/metal contemporanea.
Setlist
01. Imperium (Through The Ashes Of Empires, 2003)
02. Beautiful Mourning (The Blackening, 2007)
03. Now We Die (Bloodstone & Diamonds, 2014)
04. Bite the Bullet (Through The Ashes Of Empires, 2003)
05. Locust (Unto The Locust, 2011)
06. From This Day (The Burning Red 1999)
07. Ten Ton Hammer (The More Things Change, 1997)
08. This Is The End (Unto The Locust, 2011)
09. Hallowed Be Thy Name (Iron Maiden cover)
10. The Blood, The Sweat, The Tears (The Burning Red. 1999)
11. Crashing Around You (followed by Demmel solo) (Supercharger. 2001)
12. Darkness Within (Unto The Locust, 2011)
13. Bulldozer (Supercharger. 2001)
14. Killers & Kings (Bloodstone & Diamonds, 2014)
15. Davidian (Burn My Eyes, 1994)
16. Descend the Shades of Night (Through The Ashes Of Empires, 2003)
17. Now I Lay Thee Down (The Blackening, 2007)
18. Aesthetics of Hate (The Blackening, 2007)
19. Game Over (Bloodstone & Diamonds, 2014)
20. Old (Burn My Eyes, 1994)
21. Halo (The Blackening, 2007)