Live Report: Avantasia @ Alcatraz (MI) 22/03/2016
AVANTASIA
22/03/2016 @ Alcatraz, Milano | Live Report
“Days had come, winters had gone, and we gamboled like siblings in Paradise…”
Dopo tre anni di attesa, l’opera torna in scena a Milano. Non è tuttavia quello del settecentesco Teatro alla Scala il palcoscenico sul quale è prevista la lunga ed appassionante esibizione di questa sera: la Metal Opera scritta e interpretata da Tobias Sammet va infatti in scena all’Alcatraz, tempio meneghino del nostro genere preferito. Il pubblico è quello delle grandi occasioni, tanto che già alle ore 16, a tre ore dall’apertura dei cancelli, un piccolo manipolo di metallari si ritrova già in fila in via Valtellina per guadagnarsi di diritto la transenna. L’apertura sarà puntuale, così come l’inizio del concerto. I patti sono chiari: Tobi ha promesso tre ore di concerto, accompagnato da alcuni tra gli artisti stellari che popolano le sue epiche narrazioni su disco – con gli ultimi due lavori “The Mystery of Time” (2013) e “Ghostlights” (2016) elogiati dalla critica ed ottimamente accolti dal pubblico.
Lo spettacolo inizia sulle note di Richard Strauss con “Also Sprach Zarathustra” , e mentre la mente per un attimo si distrae rimembrando le immagini di “2001: Odissea nello Spazio” (1968) di Kubrick, lo sguardo torna a contemplare il palco con la sua bella scenografia, disegnata come una proiezione tridimensionale della cover dell’ultimo disco, tra i ruderi di un antico edificio abbandonato, con la scalinata centrale e le due laterali, simmetriche, sovrastate da altrettanti portali sotto i quali andranno talvolta a collocarsi i coristi in seconda linea. Il fondale è invece l’eccellente artwork del disco precedente, opera di Rodney Matthews, artista delle cover dei Magnum. Ci si aspetterebbe l’entrata in scena dello spettro scheletrico portatore di luce, e in un certo senso così accade, perché sulle prime note di “Mystery of a Blood Red Rose” ecco cambiare il fondale, sostituto con l’artwork dell’ultimo album. Entra la band.
Tobias Sammet, in cerca di riscatto dalla terza posizione all’Unser Lied für Stockholm che ha visto negare proprio a questo brano la qualificazione per le finali dell’Eurovision Song Contest, ci regala già un’ottima ed inaspettata performance vocale, forse anche grazie a qualche effetto in più il risultato è notevolmente migliore di quanto sentito sulla tv tedesca. I suoni dalla mia posizione sembrano leggermente sbilanciati verso la voce, tenendo in secondo piano le chitarre ritmiche, ma da qui a pochi brani tutto sarà perfettamente equalizzato per suonare pulito e cristallino come su disco.
Inizia ora il valzer dei cantanti, lasciando invece stabilmente sul palco il leggendario produttore Sasha Paeth ed Oliver Hartmann alle chitarre ritmica e solista (i due si alterneranno nei numerosi solos dei brani), Miro Rodenberg alle tastiere e Andre Neygenfind al basso. Menzione d’onore per l’eroe della serata, il mitico Felix Bohnke, che nonostante una caviglia malridotta e la febbre riuscirà a condurre le velocissime sfuriate ritmiche della band con concentrazione e precisione olimpica. Date una medaglia a quest’uomo.
Come da copione dopo l’attacco introduttivo entra l’ex-Helloween Michael Kiske che esalta il pubblico sulle note altissime della titletrack “Ghostlights”. Davvero incredibile il talento del tedesco, che col passare degli anni riesce ancora a volare fino ad altitudini inimmaginabili anche dal vivo grazie alle sue invidiatissime corde vocali. Altro mattatore della serata è Ronnie Atkins dei Pretty Maids, che ci delizia con “Invoke the Machine” dal disco precedente, anche se forse forzando un po’ troppo. Di nuovo Kiske in scena assieme a Ronnie e Tobi per la velocissima “Unchain the Light”, a chiudere questo primo capitolo del concerto: inutile dirlo, i cori sono tutti per Kiske.
Tobi introduce ora Bob Catley con parole di grande rispetto ed ammirazione; senza di lui (e senza i suoi Magum) molto probabilmente non saremmo tutti qui stasera. Il vecchio lord intona quindi “A Restless Heart and Obsidian Skies” e “The Great Mystery”, sempre con le sue movenze inarrestabili da far invidia a Mick Jagger. Quasi disinteressato alla performance vocale, il sessantottenne britannico fa di tutto per coinvolgere il pubblico apostrofandolo di continuo e riuscendo perfettamente nell’intento.
Dalle note calde ed accoglienti di Catley alla potenza ed alla durezza del vichingo Jørn Lande con “The Scarecrow”, suite meravigliosa dall’omonimo album che ci fa apprezzare l’intesa tra i due singer e la bravura di un altro mostro sacro del power metal, che pure sul palco colpisce per potenza vocale ma anche per ironia e voglia di divertirsi. La successiva “Lucifer” è introdotta da un curioso aneddoto: durante il tour precedente mentre i ragazzi riposavano stremati c’era Jørn che canticchiava una ballata in norvegese. Tutti lo avrebbero zittito volentieri, ma avevano paura di placare il vichingo, almeno all’apparenza. In realtà lo lasciavano proseguire perché il pezzo era davvero toccante – da qui l’idea di Tobias di ritagliargli una ballata. Ma una ballata non è sufficientemente dura e cattiva per un uomo del nord come lui, quindi si è deciso ad un certo punto di farla infiammare. Da qui la struttura atipica del brano.
Si prosegue con “The Watchmakers’ Dream” cantata dal buon Oliver Hartmann, ed è il turno dello statunitense Eric Martin deliziarci con “What’s Left of Me”. Altro talento naturale dotato di una voce camaleontica e ricca di sfumature in forza ai Mr. Big, che si riunirà poi con Hartmann, Lande ed i coristi Amanda Somerville ed Herbie Langhans per l’ennesima suite “The Wicked Symphony” dal disco omonimo. Da sottolineare a questo punto i continui spostamenti coreografici dei due coristi d’eccellenza che aggiungono profondità, sia sonora che visiva, all’intero show. Altro che cori campionati!
Tocca al cantante dei Sinbreed ora passare dalla seconda alla prima linea con “Draconian Love”, annunciato come prossimo singolo della band, indubbiamente tra i pezzi più immediati e piacevoli dell’ultimo disco, tanto che sarà il pubblico ad inondare il palco con quel caratteristico “hey hey hey!” che contraddistingue il pezzo.
Un salto indietro alla prima Metal Opera con la sontuosa “Farewell”, presentata da Tobias come un pezzo non-metal con la sua solita ironia da happy metaller anticonformista. Ancora una suite con “Stargazers” con i mitici Kiske, Lande, Atkins ed Hartmann ad alternarsi nelle strofe, poi di nuovo Kiske e Catley in “Shelter from the Rain” e nella coinvolgente “The Story Ain’t Over”.
Ennesima suite (quando suoni oltre tre ore puoi del resto permettertelo): la nuova e carismatica “Let the Storm Descend Upon You”, presentata da Tobias come un brano destinato a diventare un futuro classico della band. Sarà poi Jørn Lande a definire “Promised Land” come uno dei pezzi power metal più belli mai scritti in terra tedesca.
Nuova doppietta Kiske-iana coi grandi classici “Reach Out for the Light” ed il mid-tempo “Avantasia “, per chiudere con “Twisted Mind” e “Dying for an Angel”, cantata da Eric Martin.
L’encore è dedicato al brano pop-metal della prima rinascita degli Avantasia, avvenuta nel 2007: “Lost in Space”, seguita dalla ormai classica “Sign of the Cross / The Seven Angels” in cui Tobi presenta gli ospiti uno ad uno, chiama i cantanti e tutti sul palco per un’esplosione di fantasmagorica epicità al grido di: “We are the seven, judgement of heaven. Why don’t we know : We are the angels. It’s revelation, soul castigation. Fire will burn us away”. Tripudio.
Non sono mancati anche simpatici sketch, dal ragazzo fortunato in prima fila al quale la band ha intonato (e fatto intonare al pubblico) un “Happy birthday to you”, al momento in cui la band ha cercato invano di far cantare il ritornello di “Felicità” di Al Bano e Romina Power. Incredibilmente nessuno – me compreso – conosce le parole dopo il bicchiere di vino e il panino. Molto meglio con “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno. Simpaticissima anche Amanda, chiamata in causa da Eric Martin dopo un intervento sul fatto che Tobias scrive troppi testi di amore platonico e zero di sesso, che risponde all’americano con un sonoro “che ca**o vuoi?” in italiano tra gli applausi scroscianti del pubblico.
Impossibile descrivere qui tutte le emozioni provate in tre ore e mezza di concerto, dinanzi a musicisti di talento indiscutibile, capaci di una performance davvero strepitosa, anche oltre ogni più rosea aspettativa: dei del power metal scesi dall’Olimpo della musica. Sammet impeccabile, Kiske ruggente, Jorn inarrestabile, e così via, fino alla bellissima sorpresa di Herbie Langhans e la presenza coinvolgente e scenica di Amanda Somerville. Peccato che quest’ultima non sia stata sfruttata per un brano vero e proprio come una “Sleepwalking” o “Symphony of Life”. Risposta del pubblico notevole nonostante gli oltre duecento minuti di musica ininterrotta (del resto con una scaletta simile è difficile scontentare qualcuno), anche con i numerosi brani degli ultimi due dischi, a riprova sia della fiducia della band nel nuovo materiale, che del fatto che la saga di Aaron Blackwell è già entrata nel cuore dei fan, già preparati alla perfezione su tutti i testi.
Piccolo dispiacere il non essere riusciti nell’operazione sold-out; rappresentato sul palco da un paradossale disappunto sul volto del frontman tedesco nell’annunciare i risultati del botteghino, da una parte esaltato per la risposta calorosa ed accogliente che solo il pubblico italiano sa offrire e per la quale tornerà volentieri nel nostro paese (sempre a patto che il progetto Avantasia riparta dopo l’annunciato lungo periodo di pausa), d’altra parte invece forse un po’ deluso, considerato che quella di Milano è l’unica data in Italia del tour. Per fare qualche esempio, tre date in Spagna tutte e tre sold-out, così come in Svizzera (due date) e in Repubblica Ceca (una sola data a Praga con 4000 presenze, registrata per il prossimo live-DVD). Altro piccolo rimpianto, stavolta mio, nel constatare come gran parte del pubblico delle prime file abbia dedicato molto più tempo alla realizzazione di video col telefonino piuttosto che godersi lo spettacolo con una reazione più “fisica” almeno nei pezzi più tirati (dal pogo all’headbanging al molto più semplice saltellare sul posto); una passività tecnologica che è forse figlia del nostro tempo.
Piccole note a margine, comunque, che non intaccano minimamente il ricordo adamantino di uno spettacolo che eleva per l’ennesima volta tutti gli standard di qualità per un concerto di siffatte dimensioni e produzione: monumentale, scenico ed impeccabile dalla non facile progettazione al reclutamento degli artisti all’esecuzione dei brani – e meraviglia è il pensare che tutto ciò nella sua imperante complessità possa nascere da un piccolo folletto di Fulda di nome Tobias, che in un momento pausa tra registrazioni, tour e qualche capatina allo stadio per vedere il Bayern Monaco si ritrova solo in una stanza, a casa sua, con un buon bicchiere di vino, assorto nel lirico momento in cui la sua irrefrenabile fantasia prende magicamente forma sullo spartito. Questa piccola, grande poesia si fa chiamare Avantasia.
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Setlist
01. Mystery of a Blood Red Rose
02. Ghostlights (with Michael Kiske)
03. Invoke the Machine (with Ronnie Atkins)
04. Unchain the Light (with Ronnie Atkins and Michael Kiske)
05. A Restless Heart and Obsidian Skies (with Bob Catley)
06. The Great Mystery (with Bob Catley)
07. The Scarecrow (with Jørn Lande)
08. Lucifer (with Jørn Lande)
09. The Watchmakers’ Dream (with Oliver Hartmann)
10. What’s Left of Me (with Eric Martin)
11. The Wicked Symphony (with Oliver Hartmann, Jørn Lande, Amanda Somerville, Herbie Langhans and Eric Martin; without Tobias)
12. Draconian Love (with Herbie Langhans)
13. Farewell (with Amanda Somerville and Michael Kiske)
14. Stargazers (with Michael Kiske, Jørn Lande, Ronnie Atkins and Oliver Hartmann; without Tobias Sammet)
15. Shelter from the Rain (with Michael Kiske and Bob Catley)
The Story Ain’t Over (with Bob Catley)
16. Let the Storm Descend Upon You (with Jørn Lande and Ronnie Atkins)
17. Promised Land (with Jørn Lande)
18. Prelude/Reach Out for the Light (with Michael Kiske)
19. Avantasia (with Michael Kiske)
20. Twisted Mind (with Eric Martin and Ronnie Atkins; without Tobias Sammet)
21. Dying for an Angel (with Eric Martin)
Encore
22. Lost in Space (with Amanda Somerville)
23. Sign of the Cross / The Seven Angels (with everyone on stage)
Live report a cura di Luca “Montsteen” Montini
Photo report a cura di Michele Aldeghi