Live Report: Breaking Sound Metal Fest IV – 4 agosto 2018, Mesagne (Brindisi)
BREAKING SOUND METAL FEST IV
4 AGOSTO 2018 – MESAGNE (BRINDISI)
Il Live Report Ufficiale Di TrueMetal.it
(a cura di Giuseppe “House” Casafina)
Puntuale come un orologio svizzero trapiantato tra le bollenti lande dell’entroterra brindiso nel bel mezzo dell’estate, ecco che ritorna anche quest’anno il Breaking Sound Metal Fest: giunto alla quarta edizione e nato quasi come un qualcosa a metà tra il gioco e la scommessa, oggi il festival mesagnese è una realtà consolidata della rovente estate metallica meridionale, assieme ad un festival del calibro dell’Agglutination, quest’ultimo giunto alla ventiquattresima edizione ed ormai tappa saliente dei metallari non solo meridionali ma ormai di tutta Italia, come se ci fosse bisogno di ripeterlo…ed anche questa pare essere la strada percorsa dal festival brindisino, data la presenza non solo delle tipiche facce note della scena (o per così meglio dire il pubblico) locale, ma anche di visi sconosciuti che poi, analizzato il tutto, si è scoperto provenire un po’ da tutta Italia, merito sicuramente di una organizzazione impeccabile la cui voce è rimbalzata un po’ per tutto lo Stivale: i festival del Meridione, si sa, ormai godono di un eccellente status organizzativo che nulla ha da invidiare ai grandi festival europei.
Purtroppo per motivi lavorativi la nostra auto ha dovuto ritardare la partenza, con la conseguenza di essere arrivati alla tappa già quando la terza band in scaletta era bella che carica sul palco: mi scuso con Vilemass e Hopesend per l’assenza, purtroppo dovuta a motivi non evitabili e del tutto indipendenti sia dalla mia volontà che da tutti coloro della nostra combriccola recatasi sul posto in quel sabato rovente (…termine utilizzato non a caso, dato che vi erano 33 gradi alle sette di sera), il Report comunque parte in ogni caso, dove saranno i Reality Grey ad aprire le danze.
Comunicazione di servizio: mi scuso anticipatamente per la brevità del Report in oggetto, ma essendo in un periodo afflitto da alcuni problemi sia di natura personale che di connessione internet saltellante, cercherò di essere efficace e dritto al punto.
Insomma, si arriva con i Reality Grey già belli pimpanti sul palco grazie al loro Death Metal/Metalcore pesantemente venato di tinte Swedish Death Metal: nonostante una quantità di pubblico ancora esigua la loro carica sul palco è comunque sono di un certo livello, segno di una band già con una certa maturità alle spalle dopo anni di esperienze importanti su palchi di ogni caratura, tra cui la loro passata partecipazione all’ormai non più attivo Total Metal Festival (un festival di caratura eccezionale purtroppo mai più rinnovato da ormai 4 anni) un bel po’ di anni fa.
Questa sera la band appare discretamente in palla, con il vocalist che urla come un forsennato e che corre come un pazzo da una parte all’altra del palco: le movenze dei musicisti strumentisti sono giuste e la batteria pesta che è un piacere le orecchie. Per quanto mi riguarda, è stata la prima volta che ho assistito ad un loro concerto e, sebbene non gradisca affatto il Metalcore tanto quanto un certo Melodeath estremamente moderno, la carica della band in sede live vale la candela, anche se non si è per forza fan del genere.
Reality Grey: poco da dire se non Metalcore di alto livello!
Unica nota della performance che personalmente mi ha fatto non poco storcere il naso: a quanto pare, salvo sbagliarmi, le backing vocals erano su base preregistrata e francamente, se proprio il mio intuito non ha fatto cilecca (ero ancora stonato dal frettoloso viaggio in auto e il caldo stonante non aiutava, ma non mi pare di aver visto alcun musicista sul palco intento nelle backing vocals salvo che in alcuni momenti), la cosa a lungo andare faceva perdere parte di quella carica live più grezza e minimale rispetto ai lavori in studio, caratteristica per certi versi tipica della musica dura. In caso mi sia sbagliato, allora fate pure finta di non aver letto queste ultime righe.
Certo, anche per un neofita della band quale sono la differenza tra i pezzi più vecchi, decisamente più tirati e dal piglio puramente svedese, e quelli moderni caratterizzati da aperture melodiche estremamente catchy quanto moderne si sente, ma in ogni caso la band non perde d’impatto e sciorina un set deciso che si conclude con l’ultimo singolo ‘The Void’ (link), segno che il nome Reality Grey è un nome destinato a far parlare di se’ ancora a lungo.
Essendo arrivato a metà set non posso purtroppo dire molto altro di loro, se non che evidenziare la genuina bontà della loro performance e del loro sound, ormai decisamente alla pari con i grandi nomi della scena internazionale.
Per chiunque fosse interessato a (ri)vederli in azione, vi informo che il prossimo appuntamento con i Reality Grey è venerdì 17 agosto al Rock Metal Fest in provincia di Taranto.
Le suddette foto non rendono affatto giustizia alla carica live della formazione pugliese.
“Papà guarda, sembra il frullatore della mamma!”
Questo è stato il commento di un giovane bambino con maglia Maideniana, rivolgendosi al suo capellonissimo padre proprio mentre i Black Metallers Handful of Hate erano sul palco. Certo che sul momento la cosa mi ha fatto spanzanare dal ridere, facendo cadere la mia modesta compatta sul rovinoso terreno incolto dell’area pre-palco, ma tutto sommato quel bambino aveva ragione: gli Handful of Hate sul palco potranno anche suonare come il frullatore della mamma ad un orecchio assai giovane, ma ciò è simbolo innanzitutto di una potenza di suono annichilente, trainata dal tiro ritmico devastante di Diego ‘Aeternus’ Tasciotti e dalle chitarre da spezzacolo del frontman Nicola Bianchi e del secondo chitarrista Andrea Toto. La potenza di suono è talmente elevata che riesce a compensare la più grande lacuna di questa performance: il frontman è palesemente giù di voce! Addio scream laceranti quindi, a favore, nelle prime fasi del concerto, di un tono vocale strozzato che a tratti mi ha fatto leggermente storcere il naso ma che noto non aver creato alcun problema tra i presenti sotto al palco, già più numerosi rispetto alla performance della band precedente.
Nicola Bianchi, voce e leader storico dell’act tricolore.
Non che la cosa fosse un difetto evidentissimo, intendiamoci: da fonico quale sono ho molto apprezzato appunto la decisione di abbassare la voce dal sound di palco favorendo così l’ìimpatto strumentale delle chitarre e, anche se il sound di queste ultime rimaneva forse un po’ troppo secco (con simili muri di suono è sempre difficile creare qualcosa di perfetto ed io stesso essendo comunque del mestiere ne so qualcosa), la decisione ha giovato molto alla performance della band. Verso la seconda metà del concerto la voce riprende consistenza, viaggiando verso un finale dalla portata sonora decisamente più omogenea: la voce risale nel mix di palco, le chitarre e la batteria scendono leggermente di volume, e il massacro è pronto a far danno come nelle sue intenzioni originarie!
Molto equilibrato il set, che non predilige solamente brani dall’ultimo studio album, ma bensì propone estratti provenienti da tutta la carriera del combo fiorentino.
In conclusione una buona performance, segno di una band perfettamente calibrata e dalla somma esperienza (già visti anche lo scorso anno proprio qui in Puglia) che riesce, in goni occasione, a farsi adorare dal suo pubblico. La bandiera oscura dell’odio tricolore portata in effige da tali signori sventola ancora alta!
(…e sì, magari ad avercelo un frullatore così, in casa!)
I ‘frullatori’ Handful of Hate frullano i timpani che è un vero piacere!
Uno dei motivi per cui molti erano qui presenti erano loro, una esclusiva tutta nuova per il suolo pugliese: i Novembre.
La band attacca con ‘Australis’, pezzo di apertura dell’ultimo (capo)lavoro in studio “Ursa”, e viaggia lungo tutto il set facendo tappa lungo svariati tasselli della propria carriera discografica.
Purtroppo, e lo dico con enorme dispiacere in quanto essendo io stesso seguace della formazione tricolore, l’intero set dei Novembre è stato intaccato da tutta una serie di problemi tecnici (non certo imputabili alla band) che a parer mio (e non solo) ne hanno pesantemente intaccato la performance: contando anche lo storico cantante Carmelo Orlando era palesamente in una serata storta dal punto di vista vocale, il service di palco (fino ad ora vero punto di forza delle edizioni organizzate finora) ha letteralmente distrutto alcuni brani suonati questa sera a causa di volumi in cambio continuo, cosa che si è notata soprattutto nel crescendo acustico di ‘Umana’ (ricordo ancora le facce disgustate di alcuni presenti che urlavano – invano, logicamente chi poteva sentirli – al fonico di “…alzare quella ca**o di chitarra!”), data l’assenza pressochè totale dal mix di palco della chitarra atta ad eseguire la melodia portante di quel determinato frangente, il più emozionante di tutto il brano…non è poco.
I Novembre non li ferma nessuno, nemmeno un sound di palco a dir poco traballante…
…non è poco e purtroppo i danni non sono finiti qui: una voce sempre eccessivamente alta rispetto alla parte strumentale della band ha reso l’intero concerto un saliscendi continuo di volumi strumentali sballati, con una batteria dal rullante praticamente inesistente che ha diminuito pesantemente l’impatto dei brani…e se la cosa la si notava sin già dall’area press sottostante il palco, figuriamoci da lontano! Ovviamente tutte le suddette colpe non sono assolutamente imputabili alla band, che pare non aver accusato (o logicamente non se ne si è resa conto) in alcun modo il colpo del pessimo suono fuoriuscente dall’impianto avendo come unico riferimento le spie di palco, che sicuramente, giudicando la presa della band sul palco, avranno funzionato egregiamente. Insomma, questa sera i Novembre a mio personalissimo parere non sono certo stati autori di un concerto memorabile al cento per cento ma, ripeto, la colpa non è stata affatto imputabile a loro: la carica sul palco ci sta e il frontman vanta comunque, nonostante alcune pecche vocali, un carisma unico ed invidiabile che ben si addice al sound ormai iconico della formazione Gothic/Progressive italiana. Le luci di palco facevano il loro dovere ovviamente, riuscendo a salvare in calcio d’angolo il pessimo lavoro svolto dai fonici e recuperando parte di quell’atmosfera rubata a causa del pessimo suono scolpito questa sera.
Ma mai dire mai: come per miracolo infatti, sia i suoni che la voce si aggiustano verso la parte finale del set, l’unica parte del concerto che, da seguace, ho apprezzato veramente senza notare pecche.
Inutile dire che tutto il concerto sarebbe dovuto essere della stessa portata che ha caratterizzato la fase finale, e lo stesso non è nemmeno stato breve. Il pubblico, nel suo giudizio, è stato diviso a metà: come chi ha apprezzato comunque la band nonostante le pecche di palco, vi è anche stata moltissima gente che ha storto fortemente il naso di fronte al disastro sonoro compiuto questa sera. Dunque, una occasione sprecata? Non credo, dato che con i giusti suoni la band ha dimostrato di portar fede al nome che porta. Bisogna essere imparziali, da buoni Media Partner: la colpa quindi, non è dei Novembre, bensì dei fonici!
Il concerto si conclude con una ovazione alla fine comunque meritata, ma non nego che ho temuto moltissimo per il sound di palco degli headliner, a questo punto…
I Novembre, nonostante un sound On Stage non eccezionale, sanno come dal canto loro porre il loro marchio di fabbrica.
La tensione era tanta, soprattutto per il sound di palco scandaloso colpevole di aver rovinato in piccola parte l’esibizione della band precedente (e che band, per giunta), ma ecco che giunge direttamente l’ingegnere del suono dei Rotting Christ (NOTA/ERRATA CORRIGE – Lo Staff del Festival mi ha successivamente informato che non vi era alcun ingenere del suono della band ma che si trattava unicamente di un componente della band – adattatosi a backliner, purtroppo la scarsa luce del soundcheck non mi aveva permesso di capire che si trattasse di un componente della band stessa – atto a dare suggerimenti al fonico stesso. Riguardo la questione del fonico, sempre secondo informazioni rilasciate successivamente, apprendo che costui è stato sempre uno solo per tutta la durata del festival. Permettendomi a tal punto una precisazione personale, essendo io stesso del mestiere, non posso che comprendere a tal punto l’enorme lavoro e pressione subita dal fonico, quindi un errore non solo a tal punto non solo ci poteva stare, ma è anche comprensibile – parlando del caso dei Novembre – . Pertanto mi scuso per avere appuntato tale critica, ma ogni buon Live Report che si rispetti deve sempre appuntare ogni minimo dettaglio per quanto sia possibile.) a tranquillizzare l’ indole intimorita di molti dei presenti a questa parte del giro. Tempo di mezz’ora di soundcheck, come programmato secondo i piani, ed ecco che Sakis Tolis & soci salgono sul palco, introducendo il loro set con l’incedere ipnotico di ‘זה נגמר (Ze Nigmar)’ e l’ormai caratteristico headbanging che, seguendo il mood del brano, accompagna l’apertura dei concerti della formazione ellenica sin dal momento del rilascio dell’ultimo lavoro in studio “Rituals”.
L’attacco di ‘זה נגמר (Ze Nigmar)’ non lascia scampo: i Rotting Christ sono sempre dei numeri uno.
Il sound di palco rasenta la perfezione assoluta e gli inserti di stampo ambient/sinfonico pre-registrati non invadono assolutamente un sound di palco di livello esattamente identico a quello dei dischi in studio dei guerrieri greci: ovviamente nella prima parte del concerto è proprio l’ultimo disco in studio a prevalere, contagiando il pubblico sin dalle prime battute per poi proseguire con l’epicità tipicamente ellenica di ‘Ἐλθὲ κύριε (Elthe Kyrie)’ e conquistarlo definitivamente con la cantilena, recitata in posizione da preghiera ed urlata a sguarciagola da un pubblico che ormai invade praticamente del tutto l’intera area concerti, di ‘Ἄπαγε Σατανά (Apage Satana)‘
‘Sakis, prega per noi e non liberarci dal Male propagato dalla tua arte…’
Le movenze ritualistiche fanno ampia parte del gioco in questa prima parte del concerto, mentre nella seconda dello stesso è tempo, citando letteralmente Sakis, di ‘fare un salto nel passato’: ed ecco che si salta letteralmente indietro nel tempo, con brani che citano a più riprese più o meno tutte le fasi della carriera ellenica (da ‘Non Serviam’ a ‘Grandis Spiritus Diavolos’) e chiudendo come da tradizione con ‘Noctis Era‘ ed infarcendo il tutto con un doppio bis!
Sakis urlante, nel bel mezzo di ‘Ἐλθὲ κύριε (Elthe Kyrie)’!
La performance, a dir poco perfetta, con un frontman ipnotico come pochi ed un resto della band di livello altissimo sia strumentale che attitudinale, si conclude con un’ovazione verso Sakis, che incita il foltissimo pubblico a supportare eventi di questo calibro e permettere così alla scena di restare viva ed unita. Tempo di tornare a casa, ci aspetta un discreto viaggio e le prime note del sonno inziano a colpisce quando le ultime note del Metal sfumano nell’aria…
Rotting Christ: pubblico in estasi e band semplicemente perfetta.
Insomma, anche quest’anno missione è compiuta.
In conclusione, tolto il leggero disappunto di parte del pubblico durante l’esibizione dei Novembre dove, ricordo nuovamente, la colpa non è assolutamente dovuta alla band e tantomeno allo staff del festival (sempre impeccabile ed inattaccabile), il successo di pubblico è stato totale: basti solo pensare che le birre a disposizione dei banchetti erano completamente terminate ben prima della chiusura ufficiale del festival (e sappiamo ben QUANTE birre sono necessarie per sostenere la sete dei presenti ad un festival), quindi traetene voi le conclusioni.
Un successo di pubblico totale che ha premiato una nuova, riuscita edizione di uno dei festival che può giò considerare, non a torto, uno dei più grandi festival a tema dell’estate metallica tricolore. Un cordiale ringraziamento a tutto lo Staff del Breaking Sound e a tutti i presenti per la grandissima serata.
Al prossimo anno, con l’edizione numero cinque allora!
Report interamente a cura di Giuseppe “House” Casafina