Live Report: Bruce Dickinson @ Rock in Roma, Ippodromo delle Capannelle, Roma – 05/07/2024
Quello di quest’oggi è uno dei pochi show dedicati realmente al rock in questa manifestazione romana che, nel suo cartellone, ha una serie di artisti generalmente lontani dalla scena in questione. Come protagonista, stasera, c’è forse il più famoso personaggio del panorama metal: mr. Bruce Dickinson, in veste di solista, impegnato nel tour promozionale del suo ultimo “The Mandrake Project”.
Fortunatamente, il caldo infernale che avrebbe minato la nostra lucidità e la nostra idratazione non c’è. L’imminente spettacolo di oggi ha come location il palco più piccolo dei due, dato che le previsioni di affluenza generale, evidentemente a ragion veduta, non prospettavano un numero poi così alto di persone.
Varcati i cancelli, mi dirigo verso le casse per il consueto cambio soldi/token (non mi dilungherò sulla polemica a proposito, visto che considero il metodo di pagamento a dir poco scorretto e ingiustificato). Erano due anni che non venivo a questa manifestazione e ho dovuto constatare il mostruoso aumento di prezzi: una birra media: €7,00 (3 token e mezzo)…giusto per fare un esempio. Oltretutto, come sempre, il cambio della “moneta interna” causa quel mezzo token in più che non serve a niente, salvo una nuova operazione di cambio. Come non detto: mi sono dilungato.
Ma veniamo alla musica…
L’evento è aperto dal funambolico Michael Monroe, ex cantante degli Hanoi Rocks.
MICHAEL MONROE
Il platinato cantante, nonostante la veneranda età di 62 anni, appare in forma smagliante e in puro stile anni ’80. La old school dona i fasti di quegli anni in maniera assolutamente convincente, senza mai dare l’impressione di essere una “vecchia imbellettata” (termine non a caso, visto il maquillage del nostro finlandese). Michael porta sul palco grinta e puro spettacolo, muovendosi come solo uno showman dalla grande personalità può fare: corre, scavalca transenne, scende tra il pubblico, tortura asta e filo del microfono a più non posso e, come se lo spettacolo non fosse già abbastanza divertente, ogni tanto si sventola con un ventaglio e finge di rifarsi il trucco. La voce graffiante del biondo frontman srotola una playlist ricca di brani del passato e cover. Il pubblico lo segue con trasporto, probabilmente alcuni nemmeno lo conoscono ma, rapiti da questa forza dellla natura, non possono far altro che godere di tutto quello che succede in quel palco. La band che accompagna il nostro mattatore è in linea con le sue rocambolesche figure riuscendo però a lasciare abilmente la scena principale all’artista finnico.
Setlist:
– Dead, Jail or Rock ‘n’ Roll
– I Live Too Fast to Die Young
– Murder the Summer of Love
– Nothing’s Alright
– Horns and Halos
– Young Drunks & Old Alcoholics
– Ballad of the Lower East Side
– ‘78
– Motorvatin’
– Hammersmith Palais
– Up Around the Bend (Creedence Clearwater Revival cover)
BRUCE DICKINSON
Dopo l’apertura esplosiva di Michael Monroe, che ha caricato tutti di una cospicua dose di adrenalina, ecco salire sul palco Bruce Dickinson, accompagnato dalla sua band.
È sempre lo stesso Bruce che conosciamo, stessa energia, stessa iperattività e stesse doti canore mostruose. A dir la verità, non credo di essere stato l’unico a rimanere incredulo nel vedere il cantante, a quasi 66 anni, muoversi e cantare in quel modo. L’ultima volta che vidi Dickinson fu a Firenze, nel 2003, in occasione del “Dance of Death World Tour”. Beh, dopo ben 21 anni, posso dire con certezza che l’unica cosa che ad essere cambiata è la data sul quadrante dell’orologio. Disumano. È l’unico termine che mi viene in mente. Il nostro cantante/pilota/schermidore etc etc non solo non si ferma un istante, ma spara in quel maledetto microfono tutte le note più acute a cui ci ha abituato dal lontano 1982, data d’uscita di “The Number of the Beast”. Il concerto parte con la martellante “Accident of Birth” e subito l’arena s’infiamma e si anima di gente che salta e canta. Io e quelli intorno a me ci guardiamo come per dire “Ma davvero stiamo sentendo questo?” perché, torno a ripeterlo, quello che esce dai diffusori è un tripudio di tecnica, sicurezza e precisione…come se il tempo non esistesse, non scorresse. Lo show continua con “Abduction” e “Laughing in the Hiding Bush”, seguite da uno dei brani dell’ultimo disco “Afterglow of Ragnarok”, anche questa cantata praticamente da tutti, segno che l’ultimo lavoro già è stato assimilato e, quindi, apprezzato da tutti. Proseguiamo con “Chemical Wedding” e assistiamo successivamente a un toccante momento durante l’intenso brano “Tears of a Dragon”. Lo confesso: ho aspettato il ritornello per poter dire “Beh, almeno questa ha dovuto adattarla”. Neanche per idea…il nostro Bruce la canta esattamente come la cantava anni fa e io sono felice di essere stato smentito. Torniamo ai giorni nostri con la doppietta “Resurrection Men” e “Rain on the Graves” (peccato che, proprio in questo brano, le tastiere da brivido di Mystheria non si sentano praticamente per nulla. Manco a farlo apposta).
Dopo la cover di Edgar Winter “Frankenstein”, assistiamo ora all’esibizione dei vari componenti del gruppo. Philip Näslund, Chris Declercq, Tanya O’Callaghan, Mystheria e Dave Moreno si sono presentati sul palco con elmi da centurioni e, da lì, è stato un continuo susseguirsi di gag divertenti. Da notare l’esibizione di Dickinson che si cimenta con il theremin.
“The Alchemist” e “Darkside of Aquarius” terminano temporaneamente lo spettacolo, il quale trova la sua fine definitiva con il bis “Navigate the Seas of the Sun”, “Book of Thel” e “The Tower” (la scelta di lasciare come ultimo questo brano, l’ho trovata estremamente coraggiosa, vista la difficoltà del pezzo).
Che dire? Spettacolo incredibile, condotto da un artista ancora eccellente da tutti i punti di vista, supportato da una band affiatata e coesa con tutto quello che è stato lo show. Mentre sul maxischermo campeggia la scritta “The End” in stile cinema muto, mi rendo conto che nonostante la setlist non constasse di pochi brani, il tutto è durato troppo poco.
Talmente poco che, raggiungendo l’uscita, mi affiora già un sentimento di nostalgia come quando finisce un viaggio ricco di emozioni, perché è effettivamente ciò che è stato.
Lunga vita ad “Air-Raid Siren”.
Setlist:
– Accident of Birth
– Abduction
– Laughing in the Hiding Bush
– Afterglow of ragnarok
– Chemical Wedding
– Tears of the Dragon
– Resurrection Men
– Rain on the Graves
– Frankenstein (intermezzo strumentale)
– The Alchemist
– Darkside of Aquarius
Bis:
– Navigate the Seas of the Sun
– Book of Thel
– The Tower