Live report: Cannibal Corpse, Dying Fetus, Obscura all’Alpheus di Roma
Report e foto a cura di Luca Trifilio
E’ l’Alpheus di Roma ad ospitare una delle due date della calata italica dell’Evisceration Plague Tour, carrozzone che vede la partecipazione dei Cannibal Corpse in veste di headliner e di Dying Fetus, Obscura ed Evocation nel ruolo di opening bands. Le dimensioni del locale sono ridotte e la sala concerti si riempie man mano che si avvicina l’ora dell’esibizione delle leggende del brutal death. E quanto più aumenta il numero di presenti, tanto più aumenta anche la temperatura all’interno del locale, che si fa quasi insostenibile da un certo punto in poi, tanto che più di un musicista sarà costretto ogni canzone o due ad asciugarsi perchè madido di sudore. Svolte formalità e compiti vari, posati gli zaini e trovata una buona posizione vicino al palco, è il momento di entrare nel vivo del concerto, per capire come si sono comportate le band impegnate.
Evocation
Come ormai sembra essere diventata usanza dei concerti estremi, in attesa delle band da una parte del pubblico si innalza un coro che per eufemismo definiamo colorito. Ad aprire le danze sono gli svedesi Evocation, che prendono possesso del palco intorno alle 20 chiedendo al pubblico se desiderava ascoltare del buon swedish death. Strana storia la loro: formatisi nel 1991, dopo un demo e poco altro si sciolsero, per poi tornare pochi anni fa e pubblicare due album. La proposta musicale è chiaramente death di matrice marcatamente svedese, con mid-tempos qua e là, trademark assolutamente ben noti a chiunque abbia un minimo di dimestichezza col genere. Già, perchè gli Evocation sono estremamente classici per impostazione, e ben poche sono le frecce al loro arco. L’esibizione si apre con Silence Sleep, che mette subito in mostra una band dalle qualità tecniche non eccelse ma che cerca di creare un feeling col pubblico, cosa nella quale tutto sommato riescono. Non soddisfacenti i suoni, esageratamente impastati soprattutto per quel che riguarda le chitarre. Thomas Josefsson è l’unico membro che fa movimento sul palco, provando addirittura a far cantare un pubblico che dimostra di non conoscere assolutamente il loro repertorio, su brani come Tomorrow Has No Sunrise e Feed The Fire, fino al cavallo di battaglia conclusivo Razored To The Bone. Niente originalità, poca sostanza, poco interesse destato in chi non li conosceva: nonostante l’impegno, quindi, gli Evocation sono stati in tutto e per tutto i fanalini di coda della serata, e prova ne è stata anche il loro banchetto del merchandise, l’unico al quale non si è avvicinato praticamente nessuno.
Obscura
I tedeschi Obscura destavano parecchia curiosità, soprattutto in seguito alla pubblicazione di un album splendido qual è Cosmogenesis. A causa della defezione per questo tour del funambolico bassista Jeroen Paul Thesseling, i nostri si esibiscono col sostituto Jacob Schmidt, che come vedremo offrirà una prova di notevole qualità. La prima differenza che salta all’occhio è la differenza di strumento: mentre Thesseling usa un basso fretless a 6 corde, Schmidt si affida ad un più canonico 5 corde con tasti. In seguito ad una breve intro, durante la quale i membri della band danno le spalle al pubblico, il concerto prende il volo con la strepitosa The Anticosmic Overload. A causa di suoni nient’affatto ideali, si fatica quasi a capire che si tratti proprio di quel brano, fatto sta che il pubblico risponde bene, non tanto sotto il profilo del pogo/movimento sotto palco, quanto proprio all’attenzione con la quale segue l’eccezionale sfoggio di abilità strumentale da parte di questa giovane ma ormai più che promettente band. Il loro death metal è tecnico, intricato, originale, suona fresco e trasmette atmosfere futuristiche. L’intera setlist è incentrata sull’ultimo studio album, quel Cosmogenesis che li ha proiettati immediatamente nel firmamento delle nuove leve del genere. Steffen Kummerer, il cantante/chitarrista, non riesce a nascondere la sua soddisfazione vedendo la partecipazione del pubblico, tant’è vero che più di un sorriso gli scappa tra un pezzo e l’altro. Da migliorare il feeling creato col pubblico, per il momento affidato esclusivamente alla qualità della musica e dell’esibizione, e da smussare anche un certo atteggiamento compiaciuto e “perfettino” durante le esecuzioni dei brani. Ma sono dettagli insignificanti, perchè la qualità degli Obscura è veramente altissima. Promossi, e da rivedere assolutamente con suoni più definiti e per un tempo maggiore.
Setlist:
The Anticosmic Overload
Choir Of Spirits
Universe Momentum
Incarnated
Desolate Spheres
Centric Flow
Dying Fetus
Con la novità della formazione a 3 elementi, ecco salire sul palco dell’Alpheus quella che può essere considerata a pieno titolo una cult band: i rispettatissimi Dying Fetus. La batteria di Trey Williams è in posizione più avanzata rispetto alle altre band, ed ai lati ci sono i microfoni di Sean Beasley e di John Gallagher, fondatore e lider maximo della band americana. Quasi nessuna parola è concessa, la loro è una prova di forza sconvolgente in termini di impatto sonoro, di violenza e di tecnica. Si parte con Homicidal Retribution ed il pubblico è già completamente conquistato, incapace di stare fermo o di evitare un headbanging scavezzacollo. Il brutal death dei Dying Fetus è spruzzato di groove e di tinte -core, elementi che lo rendono quanto mai adatto ad una riproposizione dal vivo devastante. E’ quasi impressionante l’impatto sonoro che i nostri riescono ad avere a dispetto della presenza di una sola chitarra. Già, una chitarra soltanto, ma nelle mani di John Gallagher diventa uno strumento di distruzione: pulitissimo nelle ritmiche, migliorato parecchio in fase solistica, con qualche piccola ma comprensibile sbavatura qua e là, Gallagher fornisce una mostruosa prova di bravura, al pari del collega Sean Beasley, che non lesina tapping e cantato in contemporanea, lasciando di stucco buona parte dei presenti. Il growl gutturale di Gallagher si amalgama con quello più urlato di Beasley, mentre vengono sciorinati praticamente tutti i classici della band del Maryland: non mancano Intentional Manslaughter, Grotesque Impalement, Kill Your Mother/Rape Your Dog, One Shot, One Kill, oltre alle prime 2 tracce dell’ultimo studio album Descend Into Depravity, vale a dire Your Treachery Will Die With You e Shepherd’s Commandment. Prova di forza.
Cannibal Corpse
Manca poco alle 23 quando arriva il momento dei Cannibal Corpse, accolti da una sala ormai gremita e da un pubblico sempre più eccitato ed impaziente. Da sinistra a destra si sistemano sul palco Rob Barrett, Alex Webster, George Fisher e Pat O’Brien, e dietro di loro ovviamente c’è l’altro elemento della band rimasto fin dagli esordi come Webster, vale a dire il batterista Paul Mazurkiewicz. L’esibizione si apre con la titletrack dell’ultimo studio album, Evisceration Plague, ed a dimostrazione del fatto che si tratta del tour di supporto al disco in questione la scaletta sarà farcita con ben 5 estratti da esso. La band appare sin dalle prime battute in palla, benedetta inoltre da suoni ben definiti anche se non potentissimi, tanto che non sarebbe dispiaciuto qualche decibel in più. La coppia d’asce Barrett/O’Brien è ben rodata, macina riff su riff senza sbavature e si divide l’onere degli assoli, sfida dalla quale esce vincitore O’Brien, apparso più pulito e preciso del collega. Webster è esattamente come visto nel Live Cannibalism ed in qualsiasi video dal vivo: testa bassa, capelli davanti al viso, headbanging pressoché continuo e mano sinistra che si arrampica lungo il manico del suo basso mentre la destra pizzica le corde con velocità e mestiere. Mazurkiewicz è l’elemento debole della line-up, poco ma sicuro: semplifica alcune parti, ne rallenta altre, tecnicamente ha poco da offrire, eppure è da encomiare per una resistenza non da poco, visto che suona per un’ora e mezza dei brani quasi sempre molto tirati e quindi faticosi, soprattutto quando non si è esattamente più dei ragazzini. Ed infine George Fisher, rivelatosi un discreto entertainer, un’impressionante macchina da headbanging e da rotazione dei capelli, ma soprattutto uno spaventoso vocalist, terrificante in particolar modo negli scream che usa in alternanza al growl ormai marchio di fabbrica. Una prova pazzesca la sua, inneggiata anche dal colorito coro “Gior-gio-ne! Gior-gio-ne!”. Ormai il caldo era arrivato ai livelli di guardia, tanto che dal braccio sinistro di Webster colavano letteralmente gocce di sudore e Fisher tra un brano e l’altro era costretto ad asciugarsi il volto madido. La setlist ha ripercorso praticamente tutta la carriera della band, da A Skull Full Of Maggots, unico estratto dal debut album Eaten Back To Life, passando per Vomit The Soul, durante la quale Fisher chiede ed ottiene un wall of death, e proseguendo con I Cum Blood, Fucked With A Knife, Pit Of Zombies, per poi arrivare ai tempi più recenti pescando quindi Make Them Suffer, Death Walking Terror, Priests Of Sodom, Evidence In The Furnace, Scalding Hail e Shatter Their Bones. Il finale di concerto, manco a dirlo, è affidato alla leggendaria Hammer Smashed Face ed a Stripped, Raped And Strangled. La prima in particolar modo è accolta con un entusiasmo impressionante da parte di un pubblico che già era provato da diverse ore di concerto e dal caldo, e che nonostante tutto ha dimostrato una partecipazione ed un’esaltazione di massa contagiosa.
Setlist:
Evisceration Plague
The Time To Kill Is Now
Disfigured
Death Walking Terror
I Cum Blood
Fucked With A Knife
Sentenced To Burn
Evidence In The Furnace
The Wretched Spawn
Scalding Hail
Make Them Suffer
Pit Of Zombies
Shatter Their Bones
Vomit The Soul
Priests Of Sodom
Unleashing The Bloodthirsty
A Skull Full Of Maggots
Hammer Smashed Face
Stripped, Raped And Strangled
Come nota a margine, da sottolineare la cortesia e disponibilità di tutti i ragazzi delle opening bands, basti pensare agli Obscura che erano al loro banchetto del merchandise a vendere magliette e cd ringraziando ripetutamente chi andava ad acquistare qualcosa, o ancora Sean Beasley e John Gallagher quasi sempre in giro tra il pubblico. Dei Cannibal Corpse l’unico visto off stage è stato invece un disponibilissimo George Fisher, che non si è risparmiato di firmare autografi e di fare foto anche quando era quasi assalito dai fan. Un bell’esempio, ed una nota positiva da aggiungere ad un bell’evento musicale nel segno del death metal.