Live Report: Cult Of Fire + The Great Old Ones + Caronte @ Fuori Orario, Taneto di Gattatico (RE) – 06/04/2025

Non entravo al Fuori Orario da più o meno quindici anni. In quel periodo storico il parcheggio davanti al locale era un agglomerato di crateri in grado di far fuori qualsiasi tipo di sospensione in un amen ed è stato bello ritrovarli uguali, magari un pochino più profondi e coi capelli bianchi, come se la lancetta del tempo non fosse mai andata avanti. Il Fuori Orario è un locale storico per le correnti alternative, e ultimamente vi hanno trovato casa le derive più estreme prima coi Marduk e la prossima settimana coi Patriarkh. Entrare nel locale dopo così tanto tempo ha agito un po’ come la madeleine proustiana, risvegliando in me serate intere, scazzi, ubriacature, risate, due di picche e buona parte del ponte tra l’adolescenza e l’età adulta vissuto tra quelle quattro mura. Ho ritrovato tutto com’era una volta, nessun cambiamento, sembrava quasi un venerdì sera qualunque, dove ancora pensavo a tutto tranne che al tempo che scorreva inesorabile.
Il mio ginocchio scricchiolante mi riporta però presto sulla Terra, ai miei 43 anni suonati e alla sempre costante fame di concerti di musica per brutte persone. E stasera di brutte persone ce ne sono davvero poche, occhio e croce non siamo neanche in cento ed è un grandissimo peccato, considerate le band in scaletta.
Le danze le aprono i Caronte attorno alle 19.30 e, nonostante un proposta musicale agli antipodi rispetto al resto del bill, la prestazione offerta è di spessore e i presenti gradiscono e applaudono. L’occasione è piuttosto ghiotta sia per acquistare il nuovo cd Spiritvs in anteprima che per sentirne alcuni nuovi estratti dal vivo. Il concerto dura il giusto e raggiunge il culmine con Black Gold e la conclusiva Ode To Lucifer: due brani ottimi e con una resa micidiale dalle assi del palco. Band da rivedere alla prima occasione e possibilmente da headliner, bravi.
La palla ora passa ai The Great Old Ones e, purtroppo per loro, davanti al palco rimarrà una mezza voragine per tutta la durata della setlist, cosa francamente inspiegabile, ma tant’è. I francesi però, zitti zitti, servono sul piatto la miglior performance della serata radendo al suolo il locale. Le atmosfere lovecraftiane create rendono molto di più dal vivo che su disco, complici anche produzioni non sempre all’altezza. Sono tre gli estratti suonati dal nuovo album, Kadath, e la prestazione e priva di sbavature e con suoni pulitissimi. Si sente ogni singola nota ed è un piacere; un po’ interlocutorio l’uso delle tre chitarre, che diventa un valore aggiunto solo raramente e quando le ostilità si fermano per lasciarle un po’ sole. I francesi sono di poche parole: suonano, polverizzano e se ne vanno. Tra le nuove leve estreme sono sicuramente una delle band più interessanti e che meriterebbero un seguito maggiore.
I Cult Of Fire mi ricordano una cosa: detesto l’incenso. E lo fanno rendendo il palco un fuoco d’artificio fumante che per buona parte del concerto intossica tutto il locale con in mezzo la mia gola da ex fumatore, che ben presto diventa come il Cratere Darvaza in Turkmenistan. Detto questo, però, il palco, prima coperto da un telone nero, fa la sua porchissima figura, soprattutto per chi non ha mai visto la band dal vivo. Sono stati investiti parecchi soldi con le scenografie e sembra di assistere ad un vero e proprio rituale. I Cult Of Fire suonano in quattro, senza il bassista, coi due chitarristi seduti e coccolati da dei cobra e il cantante vestito da sciamano che officia come se non ci fosse un domani. La resa sonora del concerto va e viene, con le basi registrate che spesso si perdono, soprattutto nei momenti più movimentati. Anche i Cult Of Fire hanno un nuovo album da presentare, The One, Who is Made of Smoke, e lo fanno con ben cinque brani su sette. Onestamente ho trovato il disco piuttosto altalenante e i pezzi melodici come Joy, Blessing e Mourning (non presente in setlist) davvero terribili, e purtroppo la resa dal vivo conferma il tutto. La band ceca funziona molto bene sui brani oscuri e le contaminazioni etniche svolgono un buon lavoro; quando però arriva la glicemia e il black metal diventa il vojemose bene metal si fa davvero fatica a trovarci un senso. Il confine tra cose serie e il trash in questi casi è molto labile ed è giusto che ognuno ne tragga le proprie conclusioni. Lo show comunque nella sua particolarità regge e i presenti applaudono soddisfatti.
Il banchetto del merch rimane praticamente libero per tutta la serata e la risposta con ogni probabilità va ricercata nei prezzi: 15-20 euro per un cd e 30-35 euro per una maglietta iniziano ad essere impegnativi. 20 euro per una toppa e ben 15 euro per una salsa piccante (!) dovrebbero far riflettere. Più alla mano invece il merch dei Caronte, che costa qualche euro in meno.
Alla fine della fiera abbiamo assistito ad un buon concerto con band che non si vedono spesso in giro; l’organizzazione certosina e puntualissima unita a un’ottima proposta musicale non sono bastate a richiamare gente la domenica sera. Quello che sarebbe dovuto essere un trionfo, é diventata in realtà una serata per pochi intimi. Succedeva anche 15 anni fa, quando andavamo a vedere la nicchia della nicchia nei locali più improbabili ed eravamo comunque in pochissimi; nel tornare a casa ho quindi controllato la data, perché il dubbio di essere montato su una DeLorean con destinazione 2010 mi è rimasto per 30km di campagna buoni, nutrie incluse.