Live report: Deep Purple ad Andria (BA)

Di Redazione - 3 Aprile 2007 - 0:00
Live report: Deep Purple ad Andria (BA)

Dopo le date tenutesi a Parma, Palermo, Acireale e Reggio Calabria, i Deep Purple suonano in data 13 marzo 2007 ad Andria (BA), in una Puglia affamata di grande musica, per l’ultima data italiana del Rapture of Deep European Tour 2007.
In questa terra dilaniata da anni da continui concerti di tarantella e di musica locale che avevano stancato anche l’appassionato più impenitente (figurarsi l’amante del metallo), un’associazione nord barese che cura l’alcolismo (ACAT) ci delizia regalandoci quest’evento, che può essere a tutti gli effetti eletto come il più importante mai realizzato in Puglia. Fortunatamente il popolo pugliese si presenta alla grande e in massa al Palasport di Andria superando agevolmente le 6000 presenze (quasi sicuramente si è superata la capienza massima consentita).
Voglio fare un accenno al pubblico presente: dal ragazzo appassionato di metallo e affini (erano svariati i ragazzi con maglie degli Iron Maiden, Metallica, Megadeth, Motley Crue) al padre di famiglia con e senza figli al seguito, senza dimenticare ragazzi in tenuta hip-hop (che un po’ stonavano) e, cosa che non dispiace affatto, i non pochi signori che superavano la sessantina.

Ore 20:30, aprono il concerto i catanesi Volver, forti di un culo sfacciato per riuscire a suonare dinanzi a cotanta affluenza, rimanendo sul palco per mezz’ora ed esaltando la folla solo nel momento in cui annunciano che stanno per suonare l’ultimo pezzo. Da segnalarsi la bellezza della batterista (che comunque era l’unico elemento che si sbatteva per rendere meno spiacevole la loro permanenza on stage) e la cantante anche lei esteticamente gradevole ma non d’impatto scenografico, infatti nel cantato assomigliava molto a Mietta (non me ne voglia quest’ultima, si parla solo di inadeguatezza al contesto). Completamente inadatti ad aprire un concerto hard rock, avrebbero ricevuto maggiori consensi ad un concerto dei Negroamaro.

Dopo mezz’ora di preparativi per la prova strumenti e per togliere l’Union Jack che copriva la batteria di Paice, finalmente arriva il momento che queste divinità della musica si presentino sul palco; sono le 21:30.
Glover e Gillan si presentano in total black (Gillan abbandonerà subito la maglia nera per una più fresca camicia bianca; da segnalare che è scalzo), Morse in jeans e smanicato verde, Paice in smanicato rosso e Airey con camicetta nera a disegni grigi.
Si apre la serata non con la consueta Highway Star, bensì con “Pictures of Home” seguita a ruota da “Things I Never Said“; segue “The Battle Rages On” e la bellissima “Strange Kind of Woman” dove Gillan dimostra a 60 anni suonati di saper ancora gridare (non come un tempo, ma con mestiere riesce a esaltare la platea).
Un po’ di riposo per la voce di Gillan, c’è “Rapture of the Deep” potenziata rispetto alla versione studio; dura poco la calma perchè si odono le noti di “Fireball” che mandano in visibilio la folla.
Segue “Wrong Man“, estratta dall’ultimo album e poi un lungo e stupendo assolo sognante di Morse seguito da un omaggio ai Led Zeppelin e a Hendrix con un accenno di “Stairway to Heaven” e di “Purple Haze“; si prosegue con “The Well Dressed Guitar“, “When a Blind Man Cries“, “Lazy” e “Kiss Tomorrow Goodbye“. L’assolo di Airey porta con sè diverse sonorità: pianoforte, saloon, odissea nello spazio e il divertente episodio di “Ciuri Ciuri”, che il pubblico si diverte a cantare; in alcuni punti sembra che Airey stia maneggiando una chitarra piuttosto che le tastiere. Si va avanti con “Perfect Strangers” e “Space Truckin’” che precedono la tanto attesa “Highway Star” bellissima e travolgente…
…e poi si ode il riff più bello di sempre e la folla non può non infuocarsi: è il momento di “Smoke on the water” e così anche i sopracitati sessantenni, che hanno assistito fino ad adesso al concerto con pacatezza, si alzano e cominciano a cantare; è un tripudio assoluto e la standing ovation a fine canzone ne è la prova.
Il concerto si chiude con il bis composto da una tiratissima e lunghissima “Hush” e dalla maestosa “Black Night“, introdotta egregiamente dall’assolo di Glover e conclusa da Morse che si diverte a duettare con il pubblico.
Ore 23:30 circa, purtoppo dopo 2 ore il concerto termina e le bancarelle che vendono le magliette vengono prese d’assalto.

Le uniche note negative che mi sento di evidenziare sono l’acustica del palazzetto non adeguata ad un concerto del genere, il gruppo spalla e, soprattutto, la scelta di non includere “Child in Time” nella scaletta (forse per motivi vocali).