Live Report: Di’Aul + Battilastra @ Associazione Positive Music – Vigone (TO) – 07/05/2022
Talvolta si susseguono eventi talmente legati gli uni agli altri da rendere davvero difficile credere che si tratti di sole coincidenze. Penso ad esempio alla serie di avvenimenti che mi hanno permesso di imbattermi, più o meno intorno alla metà di Aprile, in un bel disco: “Abracamacabra” degli italianissimi Di’Aul. Ho saputo dell’esistenza di questa band e del loro recentissimo album, uscito a metà Marzo, grazie all’intervista ai Gunjack da me curata poco tempo fa: il batterista Andrea ‘Rex’ Ornigotti, che ho avuto modo di conoscere in occasione di un live proprio con i Gunjack, presta infatti servizio dietro alle pelli dei Di’Aul. Più o meno nello stesso periodo, in uno dei molti gruppi social a cui mi sono iscritto in qualità di interessato ma silente osservatore, qualcuno si accorgeva della bontà di “Abracamacabra”, terzo full-length di questi doomsters lombardi…tessendone lodi sperticate. Spoiler: le lodi sono meritatissime, ovviamente, ma torniamo al misticismo con cui ho tutta l’intenzione di colorare questo articolo. La concatenazione di eventi non si ferma qui: dopo poco tempo dalla pubblicazione dell’intervista ai Gunjack, e dopo i primissimi ascolti di alcuni brani di “Abracamacabra”, l’Associazione Positive Music di Vigone (TO) diffonde l’annuncio di uno dei moltissimi concerti con cui affronterà la bella stagione: i Di’Aul caleranno in terra piemontese nel primo weekend di Maggio accompagnati dai Battilastra, fino ad allora misteriosa band di cui avevo scoperto soltanto l’origine, Torino, e un paio di brevi registrazioni video molto promettenti. Inutile dirlo: assecondo senza riserve questo inarrestabile flusso di eventi e inizio a sbrigare le pratiche utili per convincere moglie e figlio a farmi partecipare al concerto. Ottenuto il permesso, scritto e timbrato in triplice copia, arriva il 7 Maggio e sono libero di andare…non senza la voce di mia moglie che mi prende in giro perché, col caldo che inizia a fare, mi ostino ad estrarre dall’armadio il mio storico chiodo. Bello, vintage, tutto quello che volete…ma è un modello invernale, trapuntato, e pertanto inadatto all’umida e afosa campagna torinese in cui riposa l’Associazione Positive Music. Mi difendo alla bell’e meglio facendo notare alla mia consorte che ho temerariamente abbandonato nel cassetto la maglietta della salute, optando per una sola t-shirt coi teschi e nulla più, e aggiungo che il cielo su Torino volge al brutto. Mia moglie sembra abboccare alle giustificazioni, credo più per suo sfinimento che per mia reale abilità, e dopo un saluto al bimbo mi fiondo in macchina. A tutti gli effetti il cielo torinese volge al brutto e in più di un’occasione ringrazierò la presenza del trapuntino nel chiodo, ma fortunatamente il concerto si svolgerà al coperto: l’eventuale pioggia non potrà arrecare danno in alcun modo alle esibizioni né alle strumentazioni degli artisti.
Dopo aver parcheggiato in pole position vicino all’ingresso spalancato dell’Associazione Positive Music faccio il mio ingresso nel locale. Subito mi assale una forte sensazione di dèja vu: in occasione del concerto dei Gunjack avevo trovato una bella torta al cioccolato pronta per essere addentata subito dopo aver pagato l’ingresso, mentre stavolta mi si offre un ben più prosaico e sostanzioso piatto di pasta, accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso…all’Associazione Positive Music, sappiatelo, vi si prende anche per la gola! Faccio subito conoscenza con tutti i membri delle band, in quel momento gli unici presenti oltre allo staff, e mi rendo conto di essere l’unico avventore e/o potenziale cliente ad aver varcato fino a quel momento il portone del capannone. Il destino che mi ha portato a Vigone per questa serata sembra aver scelto finora solo me…mi godrò un concerto in primissima fila, questo è sicuro, ma ciò non basta per allontanare il dispiacere di non vedere una nutrita fila di persone davanti allo spillatore di birra, per ora avvicinato solo dal sottoscritto. In attesa dell’autorizzazione a procedere col concerto dei Battilastra chiacchiero con alcuni membri dei Di’Aul, cosa che mi procura un sacco di indiscrezioni da approfondire in occasione di una futura intervista. Bè, a dire il vero, le chiacchiere con i Di’Aul mi procurano anche un buon bicchiere di Amaro del Capo gentilmente offerto dal chitarrista, il cui gesto imperioso per impedirmi di pagare mi obbliga ad accettare la generosa proposta. A buon rendere, ovviamente…una volta scolato lo shottino mi do ulteriormente da fare per onorare il fusto di birra aperto per la serata, e dopo qualche minuto finalmente arrivano alla spicciolata alcuni compari di live: le danze possono iniziare.
BATTILASTRA
Il microfono al centro della formazione, quello che solitamente viene destinato alla voce del cantante, rimane solo e abbandonato al centro del palco: i Battilastra sono un trio di musica strumentale. Rocco, patron dell’Associazione Positive Music, mi aveva già preparato a questa particolarità, aggiungendo fin da subito che il terzetto torinese mi avrebbe stupito. Stupito no: direi più che altro lasciato a bocca aperta! Tutto ciò che ho fatto di ‘professionale’ in campo musicale l’ho fatto 20 anni fa, cantando in un gruppetto tributo ai Metallica, per cui non pretendo né di capire quanto un musicista sia tecnico né di accorgermi di quante stecche prenda durante un’esibizione. Una cosa però è certa: i Battilastra suonano da Dio e, per quanto mi è dato sapere, non hanno sbagliato un colpo durante tutta la scaletta. Tanto per dirne una, mi sono accorto che il batterista ha rotto una bacchetta quando, arrivato alla fine del brano, l’ho visto gettarne via spazientito il moncherino e prenderne un’altra nuova. Con la loro grande umiltà e simpatia sono sicuro che, se mi vedessero in questo momento, mi direbbero che hanno suonato malamente, ma credetemi: l’impressione davanti al palco è stata estremamente positiva e il concerto ha rasentato la perfezione, esattamente come ci si dovrebbe aspettare da tre ottimi musicisti che suonano insieme da trent’anni. Quando il chitarrista chiede di farsi alzare il volume in spia ci rivela che praticamente fino a quel momento ha suonato a intuito…figurarsi quando i settaggi sono ottimali! Ma insomma, cosa suonano i Battilastra? Arduo a dirsi anche perché, su loro stessa ammissione, sono un gruppo testardamente antisocial ed è molto difficile sentire qualche loro registrazione da poter confrontare con altri prodotti musicali, senza contare che non hanno alcun tipo di merch da diffondere…speriamo cambino idea, e presto! Le coordinate seguite sono generalmente Prog, ma i tre non disdegnano rapide fughe in campo Funky, Heavy e chi più ne ha più ne metta. Il basso, finalmente, SUONA ed è parte integrante dei brani. Anzi, per certi versi è il basso che si occupa di ‘riempire’ il vuoto lasciato dalla mancanza della voce. Vuoto che, in realtà, sarebbe ben difficile da arricchire con delle linee vocali: le geometrie musicali dei Battilastra raggiungono un livello di espressività tale da non aver bisogno di alcun supporto. Ho mandato a mia moglie un breve video dei Battilastra tra un brano e l’altro e la prima cosa che mi ha scritto è stata: ‘bravi questi, compragli il CD’…forza ragazzi, ‘sto portafoglio vi aspetta!
TRACKLIST:
1 – “Surprise!”
2 – “Crazy Song”
3 – “Near Residence”
4 – “Hypnotic Fame”
5 – “Shocked Face”
6 – “Brandy We Go”
7 – “New Fresh Soda”
8 – “Prima”
9 – “Quinto Brano”
10 – “Era MEZU”
11 – “Domus”
12 – “Battilastra”
13 – “Ritual Love”
14 – “Block & Go!”
15 – “Slowly”
Dunque: questa è roba che ci dovrebbero invidiare in tutto il mondo e invece lo spettacolo è a vantaggio dei soli, pochi, presenti. Lo stesso varrà poi per il concerto dei Di’Aul, beninteso: non so se lamentarmi o essere orgoglioso di aver fatto parte di uno sparuto gruppo di fortunati, baciati come me dal destino che ci ha guidato verso questa serata. In casi come questo si sviluppa quello strano senso di colpa che mi assale quando mi trovo davanti a un tale sfoggio di Arte, e mi chiedo: ‘cosa posso fare per far conoscere cose simili al mondo?’. E pensare che io, per lo meno, una risposta ce l’ho. Scrivo un live report, intervisto le bands. Un paio di gocce nel mare, meglio di niente, ma l’amarezza rimane. Cerco pertanto di annegare il mio senso di colpa nella birra, fornendo così il mio supporto anche al locale: mi scolo un altro boccale durante il cambio di palco e attendo fiducioso i doomsters pavesi.
DI’AUL
Sapendo di dovermi presentare a questo appuntamento con la musica dal vivo dei Di’Aul, sarò sincero, ho cercato di trattenermi dagli ascolti compulsivi del loro ultimo disco, il sopracitato “Abracamacabra”. Approfittando del fatto che è già presente da qualche tempo nelle varie piattaforme online, l’ho ascoltato nella sua interezza soltanto un paio di volte prima di presentarmi a Vigone. Non ho però resistito di fronte alla title-track: ho letteralmente consumato le orecchie a forza di far ripartire la terza traccia del disco, la meravigliosa “Abracamacabra”. Che pezzo, signori. Chi non l’avesse ancora ascoltato lo faccia subito, ora, poi riprenderemo l’articolo.
Fatto? Bene, possiamo andare avanti. Il primo commento al concerto, altamente professionale, è: che mazzata. L’impatto dei Di’Aul è clamoroso e non lascia prigionieri; qualcuno pensava forse che un gruppo stoner/doom facesse fatica a comunicare potenza e aggressività? Di sicuro questo non vale per i Di’Aul: il quartetto scarica macigni sulle teste degli astanti ad ogni brano, un po’ come le rocce che puntualmente cadono in testa a Willy il Coyote, e i presenti, me compreso, non potrebbero sentirsi più gratificati. La diavoletto del chitarrista macina riff grassi e massicci come vuole la miglior tradizione Stoner, mentre il bassista, straordinariamente sornione col suo irrinunciabile cappello dall’impenetrabile tesa, regge le fila del gioco ‘black sabbathiano’ con una distorsione a dir poco cavernosa. Altrettanto cavernosi appaiono i ruggiti del cantante, saggiamente compensati da strofe cantate in voce quasi pulita e sofferente: segno, questo, di una cura non comune verso il legame tra i vari ingredienti delle canzoni. L’ultimo album dei Di’Aul viene riprodotto quasi nella sua interezza con un ordine dei brani leggermente diverso; tra gli estratti da “Abracamacabra” trovano spazio anche canzoni più ‘datate’ come “End Times”, pescata dal primo EP d’esordio “And Then Came The Monsters”, e “Three Ladies”, presente nello split con i Mos Generator, noti alfieri americani dello Stoner/Heavy Rock. I Di’Aul se la sono tirata parecchio quando mi hanno parlato di questo split, e ne hanno ben donde: non capita tutti i giorni di pubblicare un disco accanto a un grande nome come quello dei Mos Generator. Traguardi di questo tipo basterebbero per fugare ogni dubbio sulla validità dei nostri Di’Aul, insomma, ma per quanto riguarda il pubblico presente al concerto non possono sussistere incertezze: lunga vita ai Di’Aul! Personalmente il momento ‘pelle d’oca’ arriva con l’esecuzione di “Abracamacabra”, ma rimango piacevolmente colpito dalle versioni live di tutti gli altri brani, molto vicini alla loro versione su disco: “La Notte Di Valpurga” in particolare non manca di far tremare come si deve le pareti dell’Associazione Positive Music. L’evidente impatto dei brani d’altronde non è frutto del caso: i Di’Aul mi hanno raccontato che l’ultimo album è stato registrato in presa diretta, garantendo così una certa continuità nella resa sonora sia su disco che sul palco. In buona sostanza il concerto dei Di’Aul si rivela un’esperienza da ripetere il prima possibile…sperando solo che in futuro saranno molte di più le persone che potranno godere di un’esibizione così ben riuscita.
TRACKLIST:
1 – “Thou Crawl”
2 – “This Quiet”
3 – “Three Ladies”
4 – “Abracamacabra”
5 – “The Losers’ River”
6 – “End Times”
7 – “De Profundis”
8 – “La notte di Valpurga”
9 – “La Casa”
Una volta spenti tutti gli ampli e scollegate le casse mi avvicino, come di consueto, al banco del merch: sono presenti esclusivamente prodotti marchiati Di’Aul, e ‘a malincuore’ mi tocca spendere qualche soldino non soltanto per recuperare una copia fisica di “Abracamacabra”, ma anche per accalappiarmi una copia del secondo full-length della band, “Nobody’s Heaven”. Già che ci sono aggiungo anche una t-shirt che piacerà per una volta anche a mia moglie: il colore è bianco opaco e non raffigura nessun teschio. L’immagine stampata sul lato frontale è la copertina di “Abracamacabra”, frutto del lavoro artistico del batterista ‘Rex’ Ornigotti, con cui faccio ancora due chiacchiere prima di uscire dal locale e tornare a casa. Pur essendo consapevole di aver passato una bellissima serata, purtroppo, l’amarezza di non aver visto una grande partecipazione di pubblico fatica ad allontanarsi. Forza Lettori, abbiamo nel nostro Bel Paese una scena Underground di tutto rispetto, approfittiamo dell’allentamento delle restrizioni e andiamo a vedere la maggior parte di concerti possibile! A presto!
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