Live Report: Dragonforce all’Alcatraz (MI)

Di Stefano Burini - 29 Novembre 2012 - 12:30
Live Report: Dragonforce all’Alcatraz (MI)

DRAGONFORCE + HUNTRESS + KISSIN’ DYNAMITE +  ODD DIMENSION

11/11/2012 @ ALCATRAZ, MILANO

 

Questa sera, al contrario di altre volte, non c’è un reale filo conduttore che unisca le ben quattro band in cartellone. Dagli italiani Odd Dimension, agli internazionali Dragonforce (di ritorno dopo l’esibizione del 2009 in quel dell’ormai compianto Rolling Stone), passando per i tedeschi Kissin’ Dynamite e i californiani Huntress, l’unico comune denominatore di questo mini-festival che non mancherà di allietare tutti i palati, può essere rintracciato nella voglia di rockeggiare e spaccare tutto che di certo non mancherà a quattro realtà ancora piuttosto giovani ma già molto apprezzate.

Report a cura di Luca Montini e Giacomo Cerutti
Foto a cura di Michele Aldeghi

 

 

Vincitori del concorso ‘Suona con i Dragonforce’ per la data milanese all’Alcatraz, la band di Alessandria, nonostante la comprensibile tensione, inaugura la serata con una buona performance, breve ma intensa, complice il carisma e l’eccezionale voce del frontman Manuel Candiotto, molto presente nell’incitare di continuo un pubblico ancora in fase di riscaldamento ma già incredibilmente reattivo. Gli Odd Dimension propongono un prog metal molto tecnico, forti di diversi anni di esperienza sul palco (due di loro, Antonio Agate e Federico Pennazzato sono anche membri dei Secret Sphere) e impreziosito da liriche di contenuto introspettivo-filosofico. I brani suonati sono quelli del debut album “Symmetrical” (2011), e nell’ascoltarli viene da chiedersi come mai realtà italiane di questa caratura non vengano mai valorizzate a sufficienza. 

 

 

La Germania esporta da sempre grandi talenti nella sua tradizione musicale: è il caso dei Kissin’ Dynamite, band tedesca nata nel 2006 e con all’attivo già tre album “Steel Of Swabia”, “Addicited To Metal” e il nuovissimo “Money, Sex And Power”, sicuramente la più bella sorpresa della serata.  I  Kissing Dynamite, dall’aspetto decisamente glam e dal sound hard rock degli intramontabili anni ’80, propongono numerosi brani dall’ultimo album, dal quadrittico  composto dalla titletrack (con la quale hanno chiuso la performance), “I Will Be King”, “Operation Supernova” e “Sex is War”, fino a “Sleaze Deluxe”, senza dimenticare il recente passato di “Addicted to Metal” e “Welcome to the Jungle” (solo omonima della celebre canzone dei Guns) . Grande energia sul palco, con il cotonatissimo Johannes davvero inarrestabile tra salti, cambi d’abito e giochi funambolici, il tutto nella più pura tradizione hair/glam di gruppi come Motley Crue, W.A.S.P. e Steel Panther, mentre risultano forse un po’ più statici gli altri musicisti, seppur conciati tutti a dovere e perfettamente immersi nei rispettivi personaggi. Nonostante i nostri non propongano nulla di davvero innovativo, i brani trascinanti ed i cantatissimi chorus a presa rapida, letali anche per chi non conosca bene la band, finiscono per catturare il pubblico e guadagnarne l’approvazione incondizionata.

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 Che strano e multiforme il mondo della musica: uno acquista un biglietto per un concerto power metal di una band inglese di residenza, e si ritrova in apertura un gruppo prog italiano, seguito da uno glam rock tedesco e successivamente una band heavy metal californiana, gli Huntress. Capitanati dall’ammaliante Jill Janus, abbigliata per l’occasione con tacchi, completo in pelle e mantella stile cappuccetto rosso, ovviamente all black, gli Huntress propongono un metal dai toni cupi e tenebrosi, con riff che vanno dall’heavy più radizionale al black metal. Gran parte dei brani sono ovviamente attinti dal recentissimo “Spell Eater” (2012) e la performance della band non delude, sebbene alla buona qualità tecnica dei musicisti non corrisponda un impatto adeguato con il pubblico, eccezion fatta per un headbanging continuo ed incalzante di chitarristi e bassista, perfettamente in sintonia con il riffing pesante e le ritmiche che spesso tendono al metal estremo.  L’impressione generale, peraltro, è quella che si tratti di una one-girl band, e che senza il carisma, la frenesia, l’ottimo growl ed il discreto pulito, lo sguardo assatanato ed il seno prosperoso dell’appariscente frontwoman non resti poi tanto da offrire. Ad ogni modo, al termine dell’esibizione il pubblico è comunque soddisfatto, complici gli ammiccamenti e le pose provocanti della Janus, soprattutto durante il brano “Night Rape”, dedicato a noi pervertiti (cit.) del pubblico. Curioso anche il siparietto in cui la solita Jill si complimenta con uno del pubblico in prima fila che sembra conoscere a memoria tutti i brani, quasi sorpresa. 

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C’è grande curiosità tra il pubblico, molto giovane, per lo show dei Dragonforce: come più tardi verrà verificato direttamente dal nuovo cantante Marc Hudson, per alzata di mano, gran parte dei presenti non ha mai presenziato ad uno show della band londinese, assente dall’Italia da ben tre anni. Il palco degli inglesi prevede tre pedane rialzate in prima linea per valorizzare la spettacolarità e l’agilità della band, sia per focalizzare l’attenzione del pubblico sugli assoli, sia per garantire visibilità ai salti e balzi più spettacolari dei ninja Herman Li. Venendo alla musica, i nostri aprono con l’opener dell’ultimo album “Holding On”, dove il già citato Marc conquista il pubblico con il primo acuto da brivido, giusto per far dimenticare il vecchio ZP Theart e ricordare che ora è lui la voce dei Dragonforce. Si continua con “Heroes of our Time” tratta dal precedente album, l’ultimo singolo “Seasons” e di nuovo indietro tutta con “Fury of The Storm”. Il pubblico non ha un attimo di tregua tra le continue incursioni con assoli al fulmicotone di Sam ed Herman, gli andirivieni di Vidim  che si staglia in secondo piano rispetto alla prima linea con la tastiera a tracolla, e le buffe espressioni facciali del simpaticissimo Frédéric. Dietro le pelli, Dave è la solita mitragliatrice. Seguono “Fury of The Storm”, dove il bassista francese si esibisce in growl in alcune strofe, “Operation Ground and Pound”, “Fields of Despair”, “Storming the Burning Fields” e la classica “Through the Fire and the Flames”. Divertenti anche i simpatici siparietti, in cui Marc sfodera un bigliettino per testare il suo italiano: nella nostra lingua si dice felice di suonare a Milano, reclama a sé tutti i drink e conclude in bellezza sfottendo Herman per le sue doti virili. Altrettanto divertente il breve attacco di basso sulle note di “Sarà Perché ti Amo”, da parte di Frédéric Leclercq, accolta da una risposta reattiva e partecipata da parte del pubblico, capace di intonare in coro all’unisono persino i Ricchi e Poveri, mentre il povero Hudson ammette di non avere idea di cosa sta accadendo. Chiudono il concerto “Cry Thunder”, primo singolo dell’ultimo album “The Power Within” (2012) e il bis riservato a “Valley of the Damned”, prima dei saluti finali. Un’ottima prova, che probabilmente servirà a fugare le numerose voci che vorrebbero i Dragonforce poco performanti in sede live, incapaci di portare sul palco la stessa velocità, potenza e frenesia prodotta in studio. Forse si potevano suonare un pezzo o due in più, sicuramente un solo brano come bis (seppure di sette minuti) è davvero il minimo sindacabile e forse, in alcuni frangenti, il volume della batteria era troppo alto, quasi a coprire sia le chitarre che la voce di un Hudson in gran forma, tuttavia nulla toglie ai Dragonforce un doveroso apprezzamento per la performance milanese. Keep holdin on!

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