Power

Live Report: Edguy e Unisonic a Trezzo d’Adda

Di Carlo Passa - 9 Ottobre 2014 - 18:00
Live Report: Edguy e Unisonic a Trezzo d’Adda

Chissà se i brufoli dell’adolescenza ancora campeggiavano sul bel visino di Tobias Sammet, quando guardava le copertine colorate dei due Keeper of The Seven Keys. Il folletto di Fulda che sarebbe diventato una rockstar non immaginava che un giorno i suoi idoli avrebbero aperto i concerti della sua band; magari, si sarebbe accontentato del contrario.

Ma capita che i sogni si avverino: e forse, ogni sera di questo nuovo tour degli Edguy, al buon Tobi passa per la testa  che è un ragazzo proprio fortunato quello che può permettersi di lasciare a un cantante di nome Michale Kiske e a un chitarrista di nome Kai Hansen il compito di scaldare il suo pubblico.

Serata piovosa, traffico incandescente: quando entro al Live di Trezzo, quasi colmo per questa serata all’insegna del power metal tedesco di qualità, gli Starchild stanno suonando l’ultimo pezzo della loro scaletta. Band che include nomi noti della scena come Jens Becker (Zillion, Grave Digger) e Michael Ehré (Gamma Ray) oltre al cantante e chitarrista Sandro Giampietro, gli Starchild mi sembrano più che validi (Sandro ha un’ottima voce) e il pubblico gradisce.

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Quando mancano cinque minuti alle nove, gli Unisonic salgono sulle assi del palco mentre risuonano le note finali dell’intro Venite 2.0. Ultimo, ecco apparire l’invocatissimo Michael Kiske, che la rottura dei legamenti del ginocchio sinistro (causata da una caduta durante un recente concerto in Germania) costringerà a restare seduto su uno sgabello per l’intera durata della performance.

La band attacca con For The Kingdom, tratta dal recente Light Of Dawn: ed è subito chiaro a tutti che Kiske sarà semplicemente Kiske. L’uomo che rappresenta l’ugola del power (e, certo, una delle dieci voci del metal) non tradisce le aspettative, cogliendo note altissime con una intonazione e pulizia esecutiva impressionante: non denoterà cali lungo tutto l’arco del concerto.

Exceptional, ancora da Light Of Dawn, ha un bel tiro dal vivo e il Live non ci mette molto a scaldarsi. Se Star Rider abbassa un po’ i toni, ecco che arriva Your Time Has Come a mettere i brividi ai presenti. Il pezzo è bellissimo, tra le migliori canzoni power degli ultimi anni, e Kiske lo impreziosisce con una prestazione sublime, che da sola vale la serata. When the Deed is Done e King For A Day, invece, denotano certe debolezze di scrittura che caratterizzano alcuni episodi dei dischi degli Unisonic. I due pezzi rendono poco dal vivo, con il risultato che il pubblico sembra un po’ distrarsi. Non è un caso che la reazione degli astanti sia grandiosa quando Hansen, dopo un brevissimo assolo, accenna al tema di Hall of the Mountain King di Edvard Grieg, nota al metallaro anche come l’intro di Future World nell’EP Live in the UK del 1989: molti sperano che gli Unisonic la suonino davvero, mentre ad arrivare è la bella, ma imparagonabilmente inferiore, Throne of Dawn, che lascia un po’ di amaro in bocca.

A questo punto, tutti si aspettano qualcosa di storico e la band non può non regalare la leggendaria I Want Out, cantata a squarciagola dal fortunato pubblico presente. Infine, ecco Unisonic (la cui parte centrale ha mostrato qualche incertezza), che si conferma una ottima chiusura e negli anni potrebbe diventare un classico del gruppo.

La band, come prevedibile, gira come un orologio: d’altra parte, dall’alto del proprio ruolo, Hansen può permettersi quasi tutto quel che vuole. Ma è Kiske il vero vincitore della serata: tutti coloro che hanno speso pomeriggi a scoprire i dettagli delle copertine dei due Keeper e hanno provato a cantare Eagle Fly Free davanti a uno specchio non possono non adorare questa icona vivente del lato più luminoso del metal. L’altra sera, al Live, tutti costoro sono stati ricompensati per la propria fede di lungo corso.

SETLIST UNISONIC
Venite 2.0
For the Kingdom
Exceptional
Star Rider
Your Time Has Come
When the Deed Is Done
King for a Day
Throne of the Dawn
I Want Out
Unisonic

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Ed ecco gli headliner, che devono essere ben sicuri dei propri mezzi se si possono permettere una spalla tanto pesante come gli Unisonic. Love Tyger, tratta dall’ultimo (buon) disco della band Space Police – Defenders of the Crown, apre le danze. Sammet pare in serata, anche se il confronto con l’aureo predecessore di stasera è davvero impari. Come sempre, il valore aggiunto della band e, in particolare, del suo frontman è la straordinaria capacità di intrattenere con una gigioneria realmente rara nel serio(so) mondo dell’heavy metal. Se Out Of Vogue scorre via senza troppo colpire, ecco che Ministry of Saints e Superheroes (dedicata da Tobi a …se stesso) non possono non vedere tutto il Live saltellare e rispondere a gran voce ai cori intonati da Sammet. Questo si accentua ulteriormente in Defenders of the Crown, dove il pubblico diventa protagonista in un dialogo con la band che Tobi gestisce con consumata maestria. Ecco, se volessimo fare un appunto agli Edguy, diremmo che tende a crogiolarsi in questa voglia d’interazione con il pubblico, che forse preferirebbe due cori in meno ma due canzoni in più.

Vain Glory Opera riporta a tanti anni fa, con il suo andamento cavalleresco e il suo giro di tastiere che fa tanto The Final Countdown: un classico accolto come un classico.

L’assolo di batteria di Felix Bohnke, poi, è coerente con l’atteggiamento della band: spettacolare, coinvolgente, tecnicamente pulito senza eccessi (che sarebbero fuori luogo), Felix dà ritmo alla Imperial March di Guerre Stellari. La scelta vivacizza l’assolo, che forse si prolunga un po’ al di là della soglia di attenzione del pubblico.

Al rientro, la band attacca una Space Police che lascia il tempo che trova, più per la qualità stessa che per l’esecuzione: prevedo che non la ascolteremo spesso nei prossimi tour. All’estremo opposto sta Babylon, tappa ormai obbligata di ogni concerto degli Edguy più power: va da sè che sia accolta come manna dal cielo e scateni tutti i presenti. Invece, la quasi operistica versione metal della hit di Falco Rock Me Amadeus, che poteva suonare simpatica su disco, non regge la prova dal vivo, dimostrandosi niente più che un diversivo poco incisivo.

In questa alternanza tra nuovo e vecchio, ecco giungere la ballad Land of the Miracle, tratta da Theater of Salvation, che, pur non godendo di una qualità eccelsa, negli anni è tuttavia entrata nel cuore del fan degli Edguy ed è sempre piacevole da riascoltare. Egualmente, Tears of a Mandrake, che pur è di tutt’altro spessore, fa la nostra felicità grazie a quel coro davvero splendido che è ormai un caposaldo della band e, forse, del genere.

La band esce prima del consueto ritorno per il gran finale. Nel mentre, ecco che a lato del palco viene gonfiato un pupazzone di plastica che riproduce il poliziotto spaziale che campeggia sulla copertina di Space Police – Defenders of the Crown. Pur trattanodosi di una evidente magnificazione del cattivo gusto germanico, tuttavia non può non portare a tutti tanta allegria, che Lavatory Love Machine alimenta con il suo incedere scanzonato da fine della commedia. A chiudere definitivamente la serata è King Of Fools, in un tripudio di cori, salti, braccia alzate e applausi.

Insomma, gli Edguy hanno fatto il proprio dovere, donando al pubblico una serata di stacco dalla seriosità che la vita quotidiana e molto del nostro amato metal porta con sè. La band è un meccanismo oliato alla perfezione da quel furbacchione sveglissimo del suo frontman, il quale ha dalla sua una faccia talmente di tolla da non poter non risultare simpatico.

Torneranno presto da queste parti. Non ce li perderemo: quasi due ore di puro divertimento sono sempre un’ottima medicina.

SETLIST EDGUY
Love Tyger
Out of Vogue
Ministry of Saints
Superheroes
Defenders of the Crown
Vain Glory Opera
Drum Solo
Space Police
Babylon
Rock Me Amadeus
Land of the Miracle
Tears of a Mandrake

Encore:
Lavatory Love Machine
King of Fools

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