Live Report: Gods Of Metal 2010, il report in tempo reale (giorno 2, parte II)

Di Silvia Graziola - 26 Giugno 2010 - 19:30
Live Report: Gods Of Metal 2010, il report in tempo reale (giorno 2, parte II)

Gods Of Metal 2010

(26/06/2010 parte II)

 

Nashuah

E’ il momento per i Nashwuah di concludere il terzetto di gruppi che sono apparsi sul second stage. La band milanese, dopo le origini death metal ha deciso di virare su un sound metalcore. Aggressivo e potente il suono che esce dagli amplificatori. Il gruppo macina un riff dietro l’altro e la potente voce del singer Roberto Gandolfi impressiona positivamente il poco pubblico accorso in questa occasione davanti al palco. Un audio tutto sommato migliore rispetto a quello sentito nella giornata di ieri. I Nashwuah dopo meno di mezz’ora lasciano il palco mentre le poche persone che non l’hanno già fatto, corrono per accaparrarsi i posti migliori sotto al palco degli Exodus.

Testo e foto: Stefano Vianello

 

 

Exodus

L’attesa era tanta e loro non hanno deluso. Sono le ore 16.45, il sole è di quelli che fanno male e sul palco salgono gli Exodus: i timori di un’insolazione lasciano il posto a quelli legati ai colpi provenienti dal moshpit. Nessun problema, il thrash metal ci piace anche per questo. Ad aprire le danze sono i primi due pezzi della nuova fatica dei thrasher americani, Exhibit B:The Human Condition, e le dimensioni dei primo circle-pit attirano l’attenzione degli scettici che se ne stavano all’ombra. Holt e soci sono in perfetta forma, i suoni sono nel complesso buoni, in particolare quelli della batteria di Hunting. Il vecchio Tom picchia esattamente come 25/30 anni fa, prestazione eccezionale la sua.
La scaletta prosegue percorrendo la discografia a ritroso, con una devastante Iconoclasm ed una spaccacollo Blacklist. C’è ancora qualche scettico da convincere ma la soluzione è subito pronta: parte A lesson In Violence e, con il suo riffing killer, crea un circle pit da sottoporre agli studiosi dei cerchi nel grano..pauroso! Siamo di fronte a una scelta: buttarsi o buttarsi. Scegliamo la seconda. Nel frattempo, Holt e Altus macinano riff su riff con una precisione chirurgica, con il primo molto a suo agio sul palco, sopprattutto per la scioltezza con cui cambia espressione facciale.
Dopo la lezione di violenza, l’atmosfera rimane carica come una molla e subito viene rincarata la dose con una mazzata del calibro di War is my shepherd, tratta da uno dei migliori album thrash degli 10 anni. Controlliamo il numero di lividi. Situazione sotto controllo. La setlist prosegue alternando pezzi vecchi ad altri più recenti, e l’impressione è quella che gli Exodus siano venuti al Gods per distruggere ogni cosa. A conferma di questo, gli applausi di Rob Dukes dopo il terrificante wall of death su Strike of the beast. Grazie Rob! 
Siamo quasi al termine dell’ora concessa agli americani, e Toxic Waltz, uno dei brani simbolo del thrash bay area, scatena un numero esagerato di stage diving tale, da mettere a dura prova i responsabili della sicurezza. Viene così deciso di abbracciarne uno, per ringraziarlo del lavoro svolto.
Per la chiusura dello show, gli Exodus scelgono uno dei migliori brani dell’ultima fatica targata 2010, Good Riddance, un pezzo che, tanto per cambiare, scatena un pogo disumano, per giunta condito da tutto quello il galateo del thrash metal prevede. Questi Exodus sono un treno a folle velocità! Purtroppo il tempo a disposizione è finito e loro se ne vanno tra gli applausi e le ovazioni. Andiamo a rinfrescarci un po’ e mentre l’acqua fresca ci bagna i capelli il pensiero è uno solo: Thrash Metal. 
Sono le 18 e gli Exodus fin’ora sono stati i miglior gruppo della giornata.
 
Testo: Giovanni Peluso

Foto: Nicola Furlan, Stefano Vianello, Hornsintheair

 

 

Raven

Marching – to the front we are
Fighting – for the right to be
Living – in a place that we call our own  


…cantavano nel 1981 For the Future, manifesto della storica NWOBHM band Raven. Perché la storia a volte è impietosa. Sebbene i Gallagher meritassero qualcosina di più dai presenti, l’esibizione non ha nemmeno lontanamente risentito di ciò. Lo show ha esibito un tridente di tutto rispetto, sempre all’attacco, sempre pronto a far centro grazie anche all’esperienza trentennale acquisita. Nessuna asta microfono per il cantante bassista John Gallagher, bensì un auricolare che ha permesso corse su e giù dal palco, siparietti con i compagni d’avventura e tantissima comunicazione con i fan. Della serie: come insegnare ai ragazzi d’oggi l’arte di stare on-stage! La scaletta ha pescato un po’ da tutto il repertorio con un occhio di riguardo ai brani dell’ultimo disco uscito di rencente “Walk Through Fire”e da quell'”One for All” che sembra chiudere il percorso iniziato con “All for One” ben ventisette anni fa. Duole metter in evidenza che per la prima volta dall’inizio del festival, l’acustica non ha retto bene i toni alti, che hanno troppo spesso soffocato le sezioniritmiche del basso. A pensarci bene, non tutto il male viene per nuocere… d’altronde era così che si facevano ascoltare nel grande periodo della NWOBHM. Storia, onore e rispetto… e tanti complimenti per la rediviva attitudine metal!

Testo: Nicola Furlan

Foto: Stefano Vianello

 

 

Amon Amarth


Il sole inizia a tramontare lentamente quando gli svedesi Amon Amarth invadono il palco. Sono necessari pochi secondi di musica per creare un feeling con il pubblico fuori dalla norma. I loro ritmi marziali fanno muovere a tempo di musica le braccia di centinaia di persone che incintano il cantante Johan Hegg e interagiscono con lui. Le ragazze issate sulle spalle dei ragazzi cantano a squarciagola ogni parola delle canzoni e proprio a loro viene dedicato cavallerescamente il secondo brano, Valkyries Ride. Il gruppo suona ogni pezzo con la forza e l’energia che lo ha reso famoso, senza risparmiarsi e il suo frontman si muove senza sosta da un lato all’altro del palco, indicando, gesticolando e stringendo i pugni. Alcune mani rispondono al richiamo emergendo dalla folla impugnando un corno pieno di birra in un ipotetico brindisi; Hegg risponde bevendo da un bicchiere di vino rosso, “vino italiano” specifica.

I brani proposti spaziano su quasi tutta la discografia del quintetto, soffermandosi in modo particolare su Versus The World, in un’antologia delle sue tracce più conosciute e di maggior impatto come Guardian Of Asgard, Thousand Years of Oppression, Death In Fire e Pursuit of Vikings che portano il complesso nella lista delle migliori performances live del festival.

Testo: Silvia Graziola

Foto: Stefano Vianello

 

Lordi


È il momento tanto atteso dalla folla, ovvero quello degli headliner. I Lordi si presentano sul palco con i loro mostruosi costumi di scena e tra le fiamme e i fuochi d’artificio inizia la loro esibizione. Un vero e proprio spettacolo! Teatrali e grintosi, con il loro heavy metal rapiscono immediatamente il pubblico. Tra una canzone e l’altra la loro fama di gran burloni non viene smentita: prima viene trascinata sul palco una strana creatura gobba con un unico grande occhio per venire liberata dalle catene che la imprigionano… non prima di avergli strappato via un braccio; poi un finto tecnico sistema qualche cosa di fronte alle spie e il bassista prontamente lo stende con un colpo del proprio (finto) basso sulla testa. Blood Red Sandman, Man Skin Boots, ma la chicca è un brano inedito che verrà inserito nel prossimo album in fase di realizzazione e non è mai suonato prima d’ora dal titolo (non ne siamo sicuri, il rumore ha sovrastato la voce del singer) This is Heavy Metal: brano inneggiante al metal in pieno stile Lordi. L’esibizione prosegue senza una minima sbavatura e il pubblico è in adorazione dei mostri finlandesi.
Dopo la decapitazione dell’ennesimo fantoccio, questa volta da parte del batterista, torna sul palco un Mr. Lordi in tenuta da macellaio, con tanto di braccio mozzato al seguito, per proporre Monster Monster dall’album Get Heavy.
Le canzoni scorrono una dopo l’altra velocemente, Would You Love a Monsterman?, Devil Is A Loser,la carica della band non si esaurisce mai e, nonostante il caldo sotto le maschere, ci regala una conclusione sfavillante con Hard Rock Hallelujah. Uno show davvero coinvolgente e spettacolare quello dei Lordi che concludono ottimanente questo sabato di heavy metal.

Testo e foto: Stefano Vianello

 

 

 

Si è chiusa anche la seconda giornata del Gods of Metal 2010. I Lordi hanno scatenato la folla e anche tutti ragazzi che lavoravano negli stand. L’energia della band è incredibile. Non ci poteva esser miglior headlinear a far spegnere le luci del palco a Collegno. La diversità di generi che ha contraddistinto i concerti ha fatto sì che il tempo volasse come non mai. Di certo questa formula è risultata più vincente della prima giornata, troppo improntata su una certa corrente musicale. Il piacere di vedere on-stage gli storici Raven, di restar annichiliti dinnanzi alla potenza di Nergal e soci, di coinvolgersi sulle cavalcate dei maestri della bay area Exodus, di goder della ricchezza e dell’originalità degli Orphaned Land piuttosto che dell’epicità degli Amon Amarth, ha valso pienamente il prezzo del biglietto. Faccio davvero fatica a pensare che qualcuno possa esser rimasto deluso. Ancora una giornata e tireremo le somme del tutto, ma fino a questo momento c’è ben poco di cui lamentarsi.
 

Nicola Furlan