Live Report: Heaven and Hell, Axel Rudi Pell e Tim Ripper Owens a Karlsruhe
Karlsruhe (D), 14 giugno 2009. Dopo una gradevole grigliata nel giardino di un caro amico “indigeno”, che per l’occasione ha indetto un international meeting di Dio-fans provenienti da ogni dove, alle 18.00 ci muoviamo alla volta dell’Europahalle di Karlsruhe, in tempo per l’apertura dei cancelli. E’ previsto l’ennesimo sold-out per questa seratona, il cui programma prevede l’avvicendarsi di interessantissime figure della scena mondiale.
Nonostante il mio tranquillo posto a sedere numerato e le mie condizioni di salute non ottimali, decido di avventurarmi nelle prime file sin dall’inizio del primo show, il cui protagonista è TIM RIPPER OWENS (Judas’ Priest, Malmsteen, Iced Earth), accompagnato – in questa occasione – da Dave Ellefson (Megadeth) e da Chris Caffery (Two, Savatage, ecc.) alle chitarre, nonché da Simon Wright (AC-DC, Dio, ecc.) alla batteria.
Si comincia con “Believe”, tratta dal neonato album che vede la collaborazione di illustri personaggi quali Craig Goldy, Rudy Sarzo e il citato Simon Wright (Dio family): benché i suoni risultino imperfetti e un po’ impastati (classico déjà vu che puntualmente ricade sulle spalle degli opener di turno), abbiamo subito un’idea di quella che è la neo produzione del frontman: un heavy metal “old school”, agile e greve nello stesso tempo, irrobustito grazie all’energico drumming di Simon, condito da schitarrate aspre e incalzanti, con quella voce tagliente e acuta che si inerpica su ottave impossibili… Il concerto si svolge con regolarità e ineccepibile precisione, grazie alla perizia dei navigati personaggi di cui sopra, nel nome del puro Metallo.
Setlist:
• BELIEVE
• THE RIPPER
• SCREAM MACHINE
• BURN IN HELL
• STARTING OVER
• ONE ON ONE
• GREEN MANALISHI
L’esibizione si chiude con evidente soddisfazione dei presenti che stanno man mano affollando l’impianto.
Con puntualità teutonica, assistiamo ora al repentino cambio di stage: il drum-kit nero lucido di Simon lascia il posto alla batteria bianca di Terrana (stranamente sprovvista di doppia cassa) e, nel giro di qualche minuto, appare il secondo gruppo previsto dal bill, ovvero AXEL RUDI PELL.
Si parte con una brusca impennata in stile Moto GP, grazie alla tonante “Tear down the walls”, e la platea si scalda subito, levando i calici (di birra) in segno di apprezzamento per questa gloriosa band che, stasera, gioca in casa decisa a incamerare i tre punti. Uno fisso in schedina dunque, e via alle danze!
Setlist:
• TEAR DOWN THE WALLS
• STRONG AS A ROCK
• MASQUERADE BALL
• CASBAH
• TALES OF THE CROWN
• CASBAH (reprise)
• ROCK THE NATION
• MYSTICA
• FOOL FOOL
• ETERNAL PRISONER
I suoni appaiono decisamente migliori rispetto allo show precedente e lo spettacolo, ovviamente, ne guadagna in termini qualitativi. Le tastiere di Ferdy Doernberg, dalle timbriche sempre originali e gustose, si intrecciano con le note del geniale guitar-hero, con le sue consuete movenze misurate in stile blackmoriano (peraltro in linea con il suo stile chitarristico), sorrette dalla continuità della base ritmica dettata dal duo Volker Krawczak / Mike Terrana, che imprime un tiro pesante e sostenuto. Poter ammirare “the beast” mentre agita la cresta, roteando le bacchette e sparando rullate e stacchi supersonici, è godimento puro per gli occhi e per le orecchie. Anche stasera mi sento di confermare che la presenza di Terrana vale, da sola, il prezzo del biglietto, nonostante il fatto che i tempi tecnici imposti dall’organizzazione gli precludano il “drum solo”. Last but not the least, Johnny Gioeli fornisce una grande prova vocale, in linea con il livello eccellente del resto dei componenti. Con la consueta simpatia sa trascinare la folla nei cori di “Strong as a rock” e di “Casbah”, mentre Axel rapisce l’attenzione dei presenti con le sue pregevoli soluzioni stilistiche. Insomma: un aperitivo migliore non poteva essere servito, prima della sontuosa cena che sta per arrivare in tavola!
Benché la stanchezza cominci a serpeggiare fra le membra, non intendo certo mollare il posto, e decido di restare nel caos delle prime file ben sapendo che, fra poco, il calore salirà in misura pari all’emozione. Seguo con interesse i preparativi del concerto che sta per cominciare: quando viene rimosso, il telone rivela tutta l’imponenza del drum-kit di Vinnie Appice, mentre ai lati del palco vigilano due inquietanti creature demoniache. I tecnici si affaccendano scrupolosi per le messe a punto finali (luci, effetti, suoni) e i minuti scorrono veloci… Ecco: le luci si spengono e i decibel della familiare intro di “E5150” travolgono come un’onda scuotendo gli animi, accolti dal boato dell’Europahalle ormai esaurita in ogni ordine di posto. Prima Vinnie, poi Geezer e Tony fanno la loro apparizione nel tripudio generale e, quando Iommi attacca con il riff lancinante di “Mob rules”, si scatena l’inferno. Il magico folletto irrompe sulla scena e, brandendo lo scettro del potere (il microfono, ndr), inizia a cantare con immutata potenza e limpidezza, come se gli anni non fossero mai trascorsi. Pelle d’oca, emozioni infinite, headbanging scatenati e cori a squarciagola: siamo dentro lo show! Un amico, al termine della canzone, mi chiede con sguardo stralunato: “Ma quando questi smetteranno di suonare, che cosa resterà?”. L’arpeggio di “Children of the sea” mi toglie dall’imbarazzo di una risposta, e ci tuffiamo così nell’atmosfera di questo indimenticabile episodio, godendoci ogni istante, cogliendo ogni sfumatura senza perdere nemmeno una nota, osservando ogni gesto e ogni espressione di questi indistruttibili protagonisti della Storia.
Setlist:
• E 5150
• MOB RULES
• CHILDREN OF THE SEA
• I
• BIBLE BLACK
• TIME MACHINE
• DRUM SOLO
• FEAR
• FALLING OFF THE EDGE OF THE WORLD
• FOLLOW THE TEARS
• DIE YOUNG
• HEAVEN AND HELL
• NEON KNIGHTS
Erano due anni che aspettavo questo momento: la soddisfazione, alla fine del concerto, è incontenibile. Gli amici che hanno già all’attivo, alla data odierna, alcune date del Tour 2009, mi riferiscono che questo, secondo loro, è stato il miglior concerto visto finora, e perciò la mia felicità è ancora maggiore!
Scorro le immagini dei momenti appena vissuti, accarezzandole per qualche attimo ancora, prima di riporle nel cassetto dei ricordi più preziosi: la grinta “dinamica” di Ronnie in “I”, la ricchezza e la maestosità dei suoni in “Bible black”, la straordinaria performance vocale in “Time machine” e “Neon knights” (il bis, peraltro inframmezzato da “Country girl”), la potenza e la sontuosità del rombante “drum solo”, e poi l’inconfondibile teatralità del frontman nella fiammeggiante “Heaven and Hell”, con l’immancabile luce rossa che illumina quel ghigno satanico, ma soprattutto la suggestione di quelle inconfondibili demoniache sonorità, che hanno conservato intatto lo smalto delle mirabili perle del passato. Il tipico suono che esce dagli ampli di Tony Iommi, bello spesso e tagliente, tremendamente cupo e roccioso, mette i brividi come nessun altro. I nuovi brani del neonato album, ovvero “Fear”, “Follow the tears”, “Bible black” sono caratterizzate dalla stessa intensità e dalla stessa forza di penetrazione e, pertanto, sono in grado di colpire la sfera emotiva delle vecchie e delle nuove generazioni, a riprova del fatto che la magia non ha età. All’amico che mi chiede quali siano state le canzoni che mi sono piaciute di più, rispondo senza esitazione: “Falling off the edge of the world” e “Die young”, per la straordinaria verve interpretativa di RJD, con quella voce unica e inimitabile in tutti i suoi risvolti, ma soprattutto per quella perfetta fusione di arte che concorre a formare l’esclusivo marchio di fabbrica Dio/Iommi, capace di toccare, più di ogni altro, le corde dell’anima. Anche “Follow the tears” mi ha colpito, per la ricchezza della sua costruzione: riffone iniziale accompagnato da un sapiente intreccio di stacchi (con un Vinnie molto scenico, che riesce a sfruttare appieno i tamburi che tappezzano il suo drum-kit; nel backstage riceverà i complimenti del suo collega Simon Wright), trama di basso incalzante, e una voce di stampo regale. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti che rendono un prodotto speciale.
Un caro amico venuto dalla Grecia mi abbraccia e mi chiede: “Ma come fa Ronnie a cantare sempre in questo modo? E’ un mistero della scienza!” Gli sorrido e penso che forse il vecchio George ha ragione, o forse, più semplicemente, che la professionalità e la dedizione di RJD hanno concorso, unitamente a innate doti artistiche, al perpetuarsi di tale magia. Ma, in fondo, perché porsi tutte queste domande? Accettiamo con gioia questo “ben di Dio” felici di avere, ancora una volta, assistito al rinnovarsi del mito, per la fortuna di esserci trovati a pochi metri da queste leggende viventi che stanno dimostrando, oggi, a tutto il mondo, di essere i numeri uno in assoluto, in studio e soprattutto sul palco.
And it’s on and on and on… it’s Heaven and Hell.
Marcello Catozzi