Live Report: Hellyeah a Romagnano Sesia (NO)
Pubblico delle grandi occasioni domenica 23 giugno al Rock and rolla arena di Romagnano Sesia (No) per la discesa italiana degli Hellyeah nell’unica data sul territorio nazionale.
La band dell’ex Pantera Vinnie Paul ha offerto un show intenso e carico di adrenalina con un Chad Grey in grandissima forma che non ha risparmiato grinta e sudore nell’arco di uno spettacolo energico seppure decisamente stringato nel minutaggio.
Live report a cura di Fabio Vellata e Carmine Rubicco.
Foto a cura di Carmine Rubicco.
Ad aprire le chiuse del fiume di note riversato sugli spettatori, i nostrani Rhyme. Ottima tenuta di palco e splendida prova di Gabriele Gozzi, ben supportato dal resto del gruppo. La scelta della chitarra singola non ha minimamente influenzato il muro di suono che i nostri sono riusciti a creare: la scaletta ha pescato dai due dischi fino a questo momento pubblicati. Il pubblico ha degnamente risposto all’energia profusa della band.
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A seguire gli albionici Sacred mother tongue. Anche loro con chitarra singola e provenienti da un crescente successo che li ha portati ad esibirsi al Download festival ed al Sonisphere. Inappuntabile la sezione strumentale.
Diverso il discorso per quanto riguarda la voce, stanca a poco coinvolgente. Nonostante gli sforzi di Darrin South, il cantato è risultato poco adatto alla performance della band che non è stata delle migliori. Circa un’ora di spettacolo che il pubblico ha comunque gradito.
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La band di Vinnie Paul sale sul palco con un auditorium gremito e spettatori in attesa. Sono da poco trascorse le 22.00. quando il quintetto apre lo show mettendo subito in chiaro le cose: gli Hellyeah suonano per divertire a suon di ritmiche monolitiche thrashcore e non vanno tanto per il sottile.
Pochi orepelli, zero effetti, nessun eccesso scenografico o caricaturale: solo impatto e veemenza sono gl’ingredienti di una performance diretta e risoluta, asciutta nei tempi quanto a tratti efficace nel coinvolgimento.
Brano d’apertura è la cadenzata “War in me”, pezzo proveniente dall’ultimo lavoro in studio “Band of brothers”, seguita a ruota da “Drink, drank drunk” sempre del medesimo disco. Grey tiene banco saltando da parte a parte del palco senza sosta, sporgendosi sul pubblico e chiamando in continuazione il pogo sotto lo stage. I presenti non si fanno pregare, in un’atmosfera tipicamente ‘core che tanto ricorda le scorribande – dure e selvagge – tipiche degli eventi live hardcore della scena newyorkese.
La gran parte degli spettatori, per onesta ammissione, è convenuta al Rock n’Roll Arena trainata dal nome del leggendario drummer, legato a doppio filo con la storia di una delle più grandi band degli anni novanta. L’effetto nostalgia, per quanto inevitabile, non è in ogni modo troppo ingombrante: il quintetto macina riff, risultando comunque credibile anche in una dimensione che va oltre alla pesante eredità con la quale – gioco forza – gli Hellyeah devono fare i conti.
“Cowboy war”, dal secondo lavoro, “Stampede”, seguita da “Matter of time” (del secondo cd), sono chiari esempi della filosofia musicale del gruppo statunitense, concentrato nello sfornare ritmiche spesse come il cemento cui riservare un trattamento melodico dall’anima prettamente “sudista”. Greg Tribbett, Tom Maxwell, Jerry Montano e Vinnie Paul si dimostrano inarrestabili a supporto di un vocalist assolutamente scatenato. Grey urla per tutta la durata dello spettacolo che – forse unica pecca della serata – risulterà al termine troppo breve.
Nessun accenno o omaggio ai Pantera: impossibile negarlo, molti l’avrebbero atteso (e gradito), contrariamente a quanto da sempre affermato dallo stesso leader e fondatore, sin dalla nascita degli Hellyeah, intenzionato a definire questa nuova esperienza come del tutto slegata e lontana dalla celeberrima band Texana, dominatrice incontrastata delle scene heavy anni novanta.
Anche Vinnie Paul, infatti, nel suo breve intervento non tradisce alcun riferimento, dimostrando come un capitolo del passato – grande e doloroso – sia ormai da considerarsi chiuso in via definitiva, al di la di periodiche illazioni che vorrebbero i Pantera riformati con un chitarrista diverso dal compianto Dime.
La band tira dritta senza arrestarsi sino alla meta: “Band of brothers”, “Rage/Burn”, “God damn”, “You Wouldn’t Know” e la chiusura, affidata all’immancabile “Hellyeah”, suggellano uno show compatto e quadrato in pieno stile hard core che, tuttavia, ci è parso davvero troppo asciutto e stringato nei tempi e parco di benevolenza nei confronti del pubblico: un paio di encore e qualche nota in più, non avrebbero di certo stonato.
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Dopo solo cinquantacinque minuti di concerto, le luci della sala si riaccendono, lasciando un pizzico di amaro in bocca tra i convenuti.
Qualcuno dice che gli Hellyeah senza il traino d’immagine garantito dalla presenza di Vinnie Paul, sarebbero null’altro che un banale gruppo hard core come tanti.
Non del tutto vero: la grinta mostrata e l’intensità della performance denotano livelli ragguardevoli un po’ in ogni fondamentale.
Inevitabile tuttavia, lasciare il giudizio in sospeso: finché la band, contrariamente al ruolo da headliner, seguiterà ad offrire spettacoli della lunghezza di solito riservata agli act di supporto, le illazioni ed i dubbi non potranno mai essere dissipati del tutto…