Live Report: Holy Martyr a Roma
Metal Massacre: Holy Martyr + Joking with fire + Whisperz + Steel Age
Roma, 05/11/2011 – Closer Club
Report e foto a cura di Damiano Fiamin
Dopo un lungo periodo di latitanza, tornano a Roma gli Holy Martyr! Durante la loro ultima apparizione, avevano riscosso un notevole successo tra il pubblico capitolino; è stato dunque con estremo piacere che è stata accolta la notizia della loro nuova calata in terra romana. Il concerto era organizzato in occasione di una delle prime serate Metal Massacre dell’anno, veri e propri eventi di riferimento per chi ama scoprire i gruppi underground dell’Urbe ed immergersi nel Metallo più autentico e sentito; una cornice invitante, pertanto, che ha impreziosito ulteriormente un concerto già dotato di notevole magnetismo. Il palcoscenico prescelto per lo spettacolo è quello del Closer Club, imprescindibile vetrina per numerose band emergenti; nonostante le dimensioni ridotte, ha riservato negli anni più di una sorpresa. Gli auspici per la serata non erano ottimali: condizioni meteo allarmanti e problemi tecnici di varia natura hanno dilatato i tempi di attesa, ma nessuno dei presenti è sembrato particolarmente turbato.
Steel Age
Aprono la serata i romani Steel Age, alfieri di un heavy metal dal timbro classico con forti sfumature epiche; le sonorità e l’abbigliamento del quintetto, lasciano poco spazio al dubbio: la band suona una musica decisa e senza compromessi, piuttosto coinvolgente durante i pezzi più ritmati, meno convincente quando il metronomo scende di battiti. Sebbene riescano ad appassionare adeguatamente il pubblico, sono sicuramente i più penalizzati dal ruolo di “cavie” tecniche, con frequenti distorsioni sonore, specialmente per quanto riguarda la voce; anche il fumo che dovrebbe servire per creare atmosfera tende ad occultare i musicisti dietro una cortina impenetrabile. Particolare lode alle chitarre e al basso, veri padroni della scena. A dispetto di tutto, gli Steel Age hanno realizzato una performance onesta; la sala, già abbastanza piena, ha dimostrato di apprezzare la loro musica e li ha salutati con un bell’applauso.
Whisperz
Anche il secondo gruppo della serata viene da Roma e, come il precedente, si profonde nell’esecuzione di heavy metal vecchia scuola, sebbene più tosto ed aggressivo di quello sentito con la prima band. Meno danneggiati dai travagli tecnici, in via di risoluzione, riescono ad esprimersi in maniera più efficace, lanciandosi in pezzi tiratissimi e d’impatto, che fanno sicuramente la gioia del pubblico. Qualche schiocco dagli amplificatori quando tiravano fuori i suoni più alti e l’occasionale ripetersi dell’effetto coprente della nebbia artificiale non sono riusciti a rovinare lo show di un gruppo tra i migliori della serata, sicuramente da tenere d’occhio; punto di forza della band è la compattezza dei musicisti, davvero molto affiatati ed in grado di accompagnarsi a vicenda senza oscurarsi. Sull’altro piatto della bilancia, però, abbiamo una scarsa presenza scenica, dovuta probabilmente alla mancanza di spazio. Qualunque sia la motivazione, il quintetto è risultato un po’ statico; non è certo la fine del mondo, ma un maggiore dinamismo porterebbe sicuramente ulteriore lustro a questi promettenti ragazzi.
Joking with fire
La serata è ormai nel vivo, quando salgono sul palco i Joking with fire, terzo gruppo capitolino in cartellone, primo a portare in scena una tastiera. Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un gruppo che propone un heavy metal epico con frequenti digressioni power. Non a caso, oltre ai propri pezzi, questi ragazzi hanno scelto di suonare una cover dei Manilla Road e una dei Rhapsody of Fire, ottimi esempi delle sonorità offerte dal sestetto. La selezione musicale che la band porta in dote è molto ben assortita, i pezzi sono vari e mai noiosi, molto potenti e massicci nell’esecuzione, con chitarre graffianti e una sezione ritmica lanciatissima. Piacevole l’accompagnamento della tastiera anche se, purtroppo, tendeva ad essere prevaricata dai suoi compagni nei momenti più concitati. Il cantante, nella sua goliardica mascherata da suora, intrattiene il pubblico, alternando momenti di serietà ad altri di istrionico buffoneggiare; gli spettatori, da parte loro, mostrano di apprezzare quanto vedono e quando sentono. Davvero interessanti e piacevoli, competenti dal punto di vista tecnico e a proprio agio sul palcoscenico, i Joking with fire hanno sicuramente contribuito a riscaldare gli animi in attesa dell’arrivo del gruppo principale.
Holy Martyr
Finalmente, entrano in scena gli Holy Martyr! Spiga e compagni prendono prepotentemente possesso del palco ed esplodono immediatamente con Zatoichi, tratta dall’ultimo album del gruppo, Invincible. L’impatto visivo è suggestivo: essendo questo il tour promozionale del nuovo disco, i sardi hanno deciso di rafforzare i richiami all’Estremo Oriente con un trucco e un abbigliamento che li colloca a metà strada tra i samurai e le demoniache maschere del folklore giapponese; suggestivo, anche se leggermente straniante durante l’esecuzione dei brani provenienti dalle passate fatiche del quintetto. A causa dei ritardi accumulati nel corso della serata, la performance degli Holy Martyr è un po’ affrettata, con i nostri che cercano di suonare quanto più possibile senza perdere troppo tempo. Obiettivo raggiunto solo in parte, la scaletta viene lievemente ridimensionata; in compenso, il gruppo si profonde in saluti e chiacchiere, mantenendo quel legame con i fan che li ha sempre contraddistinti. I brani si susseguono martellanti ed energici; com’era lecito aspettarsi, viene riservato molto spazio ai pezzi provenienti dall’ultimo disco, senza che per questo vengano abbandonati i classici, in un sapiente rimescolamento che affianca l’epos della tradizione classica occidentale a quello esotico del Sol Levante. Non c’è un attimo di respiro, le canzoni che detonano la carica del pubblico sono tutte vere e proprie deflagrazioni di energia, guerresche manifestazioni di potenza primordiale che scuotono gli ascoltatori e li sbattono con veemenza contro un muro di compatta furia sonora. Gli astanti, entusiasti, accompagnano la band intonando tutti i brani; prime file scatenate, retrovie più composte ma innegabilmente partecipi. E’ un peccato che non sia stato possibile ascoltare qualche pezzo in più, ma le limitazioni oggettive e i vincoli di orario fungono da giustificazione e da anestetizzante tampone nei confronti del rimpianto.
Tutti i musicisti hanno dato l’anima, spremendo le proprie energie fino allo stremo, sudando e strizzando i propri strumenti nel tentativo di estrarre fino all’ultimo decibel di potenza. Mereu, nella sua divisa da demone, ammaestra e dirige le folle, protendendosi per stringere e tirare a sé quanti si affastellavano sotto al palco nel tentativo di accostarsi quanto più possibile ai propri beniamini. Elogio particolare per Ferru; nonostante la sua batteria fosse praticamente invisibile, ha pestato per tutta la serata in maniera implacabile, scandendo ritmi marziali e cavalcate trascinanti, mentre i suoi compagni si lanciavano in riff fulminei e taglienti. Chitarre e basso, dal canto loro, erano un vortice di dita e plettri, frenetiche e rampanti dispensatrici di assalti musicali che, senza dubbio, costituiscono il nucleo della musica degli Holy Martyr. Tra samurai e katane, c’è sempre tempo per citare quei popoli che, da sempre, rientrano tra i beniamini del quintetto: gli spartani e i romani; dopo un dittico di brani dedicati alle passate glorie dell’Urbe, il concerto trova la sua conclusione nell’intramontabile inno Spartan phalanx. Lo spettacolo è finito, è tempo di saluti, i musicisti scendono dal palco e si mischiano ai presenti, tra strette di mano e foto di rito.
Luci ed ombre per una serata che ha un bilancio finale più che positivo. E’ innegabile che gli inconvenienti di natura tecnico-meccanica abbiano rischiato di rovinare la serata ai presenti; encomiabile la pazienza di tutti, sia sopra che davanti al palco, e la presenza di spirito di organizzatori e gestori che hanno sicuramente contribuito a far sì che l’esito finale fosse favorevole. Tutti i gruppi sono stati convincenti, coinvolgenti e piacevoli da ascoltare, sebbene ognuno abbia avuto delle “manchevolezze” di natura più o meno importante. Gli Holy Martyr hanno realizzato una performance positivamente devastante, stargli dietro è stato tanto sfiancante quanto appagante; sicuramente, una loro nuova esibizione in città sarebbe accolta con favore, specialmente se li vedesse accompagnati a qualche grande nome del panorama metal, nostrano e non. L’affluenza di pubblico, inferiore alla volta precedente, è probabilmente legata alle condizioni meteorologiche e alla concomitanza con il vicino Steel Fest di Bologna che, certamente, ha comportato un’emorragia di appassionati di epic metal. Chi è venuto, comunque, ha avuto modo di apprezzare un grande spettacolo!
Damiano “kewlar” Fiamin
Scaletta:
Zatoichi
Lakedaimon
Takeda Shingen
Invincible
Shichinin no samurai
Vis et honor
Ave atque vale
Bis:
Spartan phalanx