Live Report: Inchiuvatu + Agghiastru @ Blah Blah, Torino – 04/10/2024
L’Estate è finita da un bel pezzo e l’abbassamento progressivo delle temperature ha riportato a galla alcune necessità. Una di queste è sicuramente quella di partecipare ad un bel concerto, scaldarmi sotto ai faretti di un palcoscenico e possibilmente venire pressato dalle spalle di decine di persone che condividono la mia stessa esperienza. Fortunatamente gli eventi in questa prima metà di ottobre sono molti e la scelta si rivela particolarmente ardua. Prendo di mira uno spettacolo che si terrà al Blah Blah di Torino, porto sicuro a meno di un’oretta da casa che mi ha visto molte volte tra le fila del pubblico…e in fila al bancone del bar. La fisiologica necessità di gustarmi uno show dal vivo è anche un piacere che, come ogni volta in cui scelgo di trascorrere una serata in questo locale, viene introdotto da una bella passeggiata nella regale Via Po di Torino. Le sontuose architetture che la disegnano non solo delimitano una delle arterie più importanti della città ma sembrano essere il giusto contorno al concerto a cui sto per assistere. Dopo 11 anni, infatti, la città sabauda ospita nuovamente Agghiastru e la sua ‘creatura’ Inchiuvatu. L’artista siciliano e la sua band si apprestano a stupire il pubblico con uno spettacolo a metà strada tra il teatro…e un concerto Black Metal. Intendiamoci: è da più di 40 anni che i musicisti Black Metal sfruttano l’eloquenza degli artifici teatrali per rafforzare la loro produzione artistica. Con gli Inchiuvatu, però, abbiamo assistito ad un’interessantissima contaminazione tra il Black Metal e la tradizione socioculturale italiana. Italiana? Siciliana, per la precisione. Tutti coloro che, vuoi per interesse, vuoi per banali ragioni anagrafiche, negli anni ’90 non ebbero modo di seguire le vicissitudini relative alla cosiddetta ‘seconda ondata’ del Black Metal difficilmente potranno capire l’impatto che un disco come “Addisìu” ebbe sugli appassionati, abituati fino a quel momento a nobili operazioni nordeuropee di recupero di antiche tradizioni e leggende.
Inchiuvatu o, per dirla in italiano, ‘inchiodato’, è una parola in dialetto siciliano a cui è molto semplice abbinare un forte profumo di zolfo: con gli Inchiuvatu, infatti, si scoprì che il Black Metal avrebbe serenamente potuto esprimere i suoi caustici contenuti in un idioma estraneo al folto gruppo delle lingue germaniche. Incredibile dictu, imparammo che i dialetti italiani avrebbero potuto non solo raccogliere il testimone dai blackster nordici, ma perfino aggiungere profondità e infondere una sana dose di tradizione italico-pagana in una corrente musicale che sembrava aver trovato i suoi unici profeti nelle gelide lande vichinghe. Il titolo “Addisìu”, a sua volta, è una parola siciliana che significa ‘desiderio’: scegliere il siciliano per stendere la maggior parte dei testi spiana inoltre la strada all’uso di strumenti musicali arcaici come il friscaletto, uno zufolo siculo il cui suono accompagna e valorizza i solchi del disco. Questi elementi contribuiscono a fare di “Addisìu” e di opere come “Viogna” del 2000 o “Piccatu” del 2004 un tripudio di sperimentazione e malignità che non smette di affascinare le giovani leve italiane del Black Metal. Penso, tanto per fare tre fra i tanti possibili esempi, a nomi recenti come la one man band campana Scuorn, i sardi Kre’u o i pavesi Ticinum, che nel XXI secolo hanno raccolto e ampliato il rivoluzionario approccio di Agghiastru e soci, diventando così meritevoli e insospettabili custodi delle rispettive tradizioni locali.
Un paio di anni fa accennai in un live report alla storia del Blah Blah, nato dalle ceneri del cinema King Kong Microplex, un…’microcinema’, come suggeriva il nome. Il famoso scimmione cinematografico scelto per battezzare il locale, sopravvissuto come mascotte del Blah Blah, contrastava meravigliosamente con le ridotte dimensioni della sala, rimaste tuttora invariate. La vocazione cinematografico/teatrale del locale torinese riemerge con forza in una serata come questa: l’allestimento del palco infatti ricorda un vero e proprio teatrino delle marionette…organizzato a ridosso di Halloween. Fanno bella mostra di loro campane, pentacoli dipinti che paiono essere stati staccati da un inusuale carretto siciliano, croci cristiane diritte, illuminate e talvolta rovesciate. Non mancano, tra gli oggetti di scena, molte ‘crozze’…pardon, teschi: la Morte verrà evocata più volte durante lo spettacolo, come è lecito aspettarsi conoscendo le tematiche trattate da Agghiastru e soci.
Il palco è così pieno di attrezzature di scena da rendersi necessaria l’installazione di alcuni dispositivi elettronici e della batteria nel lato destro del pit. I batteristi suoneranno quindi a stretto contatto con il pubblico, favorendo quel fecondo scambio di emozioni tra gli artisti e gli astanti che costituisce uno dei punti di forza di ogni spettacolo, concerto o recita che sia. Parlo di batteristi a ragion veduta: lo spettacolo sarà diviso in due metà, distinguibili a prima vista da alcuni cambi nella scenografia e dall’avvicendamento dei percussionisti. Nella prima parte dell’esibizione lo sgabello dietro alle pelli sarà occupato da Tati Natavska, polistrumentista che nella seconda parte passerà alla tastiera lasciando il posto al collega Vulgata. Musicalmente parlando la setlist del concerto sarà occupata maggiormente dai brani di “Addisìu”: i blast beat e le schitarrate più graffianti deflagheranno però in un secondo momento. La prima parte dello spettacolo assumerà un tono più riflessivo ed esplorerà la produzione artistica di Agghiastru successiva ad “Addisìu”, comprendendo pure un paio di brani estratti dai suoi dischi solisti. L’intento dei musicisti, con ogni probabilità, è quello di catturarci in prima battuta con sonorità ammalianti per poi gettarci in pasto alle inclementi canzoni originali di “Addisìu”, coinvolgendoci sempre di più man mano che la scaletta avanza e rendendoci in qualche modo parte integrante dello spettacolo.
Comunicazione importante: alcune fotografie (quelle belle) che vedrete da qui in avanti mi sono state inviate da Agghiastru e sono state realizzate da Fotoreporter X e Stefano Ferreri. Non servirebbe evidenziarlo, confrontando i loro scatti professionali con i miei, però è sempre giusto dare a Cesare quel che è di Cesare!
L’impressione di trovarsi tutti sulla stessa barca, tanto i musicisti quanto il pubblico pagante, si percepisce con l’entrata in scena di Agghiastru, anticipata da sussurri, scampanellii e da una voce preregistrata. La voce legge parole che ho già sentito in passato durante i corsi universitari di Storia del Cinema. Si tratta di un monologo estratto dal film di Ingmar Bergman Il Settimo Sigillo (quello in cui il protagonista gioca a scacchi con la morte, tanto per intenderci). In questo monologo un predicatore ipnotizza la folla ricordando che ‘questa potrebbe essere la vostra ultima ora’ e che la Morte avanza giungendo alle nostre spalle. Ed ecco che si sentono alcune urla provenienti dall’area del Blah Blah posta alle spalle del pubblico, normalmente occupata dai tavoli per i clienti e dal banco del merch. Agghiastru viene portato sulle spalle da alcuni energumeni che si fanno largo tra le compatte fila dei fan, diventati in men che non si dica elementi della scenografia. I ‘portantini’, tra i quali figurano i membri della band, scaricano il loro umano fardello sulle assi del palco dando ufficialmente il ’la’ allo show. Agghiastru si presenta spaesato e momentaneamente incapace di capire dove si trovi: non potrebbe essere diversamente, considerando che il cantante ha il capo coperto da un cappuccio di stoffa bianca che riproduce, abbozzate a pennarello, le sue fattezze. Nel primo atto dello show vedremo molto di rado il vero volto di Agghiastru, perennemente coperto da orpelli teatrali che sembrano rappresentare i sentimenti e le espressioni, spesso più costruiti che veri, con cui tendiamo a nascondere il nostro essere.
In particolare noto che gli elementi del volto ad essere maggiormente coperti da maschere, cappucci, corone e cappellacci sono proprio gli occhi. I miei studi classici ogni tanto mi vengono in aiuto e mi ricordano come nel mondo greco antico il senso della vista venisse spesso associato alla conoscenza. Pare soprattutto che l’assenza della vista coincidesse con la vera conoscenza: basti pensare ai leggendari personaggi Tiresia ed Edipo, entrambi protagonisti non solo della tradizione mitologica classica ma anche, tanto per fare un esempio, della tragedia di Sofocle Edipo Re. Tiresia è un veggente noto non soltanto per aver vissuto sia come donna che come uomo, ma anche e soprattutto per la sua cecità e per la grande saggezza. Edipo, protagonista di Edipo Re, alla fine della tragedia si acceca con le sue mani, tentando di travalicare in questo modo i limiti imposti dalla sua condizione umana (per approfondire potete cliccare qui e leggere un’interessante tesi universitaria sull’argomento). Se pensate che io la stia tirando un po’ troppo per le lunghe avete assolutamente ragione…pensate che siamo soltanto arrivati ai primi minuti dello spettacolo! Non potrò fare un resoconto puntuale di tutte le ingegnose trovate messe in scena: tra un appunto e un altro ho anche cercato di godermi lo spettacolo…spero però che sia chiaro a tutti i Lettori come io e i miei temporanei nonché paganti compagni di sventure ci siamo trovati nel bel mezzo di un evento decisamente insolito. Le anticipazioni rintracciabili in rete e nei social, d’altronde, lasciavano intendere che avremmo partecipato ad un evento sui generis.
Poco fa parlavo di ‘ipnotizzazione della folla’: è esattamente ciò che è successo al Blah Blah in compagnia degli Inchiuvatu, specialmente durante l’esecuzione della prima metà della scaletta. Brani strumentali cupi e minacciosi, stridenti passaggi di pianoforte, melodie festose, suadenti giri di basso, intermezzi teatrali condotti tanto da Agghiastru quanto da un gruppetto di impertinenti marionette: questa è soltanto una piccola rappresentanza degli accorgimenti architettati dagli Inchiuvatu per condurre i presenti in una dimensione molto diversa da quella del classico concerto Metal tutto pogo e sudore. Non c’è nulla di sbagliato nelle ‘seratone’ all’insegna del pogo e del sudore, ci mancherebbe altro, però gli obiettivi di uno show come questo sono altri. Partecipare ad un concerto di Agghiastru e dei suoi Inchiuvatu significa trovarsi di fronte ad un grottesco specchio, capace di restituire un’immagine di noi stessi lontana dalla realtà oggettiva ma molto più coerente con gli impulsi che teniamo ben nascosti nel nostro inconscio. Prendiamo ad esempio la sezione ritmica: la batterista produce ritmi che potremmo ascoltare in una festa paesana dedicata al ritorno del tanto sospirato Maggio dopo i rigori invernali. In certe occasioni si esce di casa ben vestiti, sorridenti e pieni di belle speranze, pronti per ridere di gusto di fronte alle altrui miserie e intenzionati a bere e ridacchiare smodatamente…il tutto facendo finta che il conto alla rovescia che ci separa dalla Morte si possa interrompere. Il monologo iniziale in cui il predicatore ci ricorda che dobbiamo morire, in questo senso, assume un’ulteriore ‘colorazione’: beviamo pure tutte le birre che ci pare e danziamo con gli Inchiuvatu fino a notte fonda, tanto il punto d’arrivo di tutto il nostro vivere sarà sempre lo stesso…
I primi brani della scaletta sono “Ecce Homo”, prima traccia dell’album omonimo degli Inchiuvatu pubblicato nel 2009, “Amen” da “INRI” del 2013 e “’Ula Arsa”, selezionato dal disco di Agghiastru “Disincantu” del 2008. Chi pensava di venire investito fin da subito dalle ferali sonorità del Black Metal anni ’90 si ricrede immediatamente: l’aggressività dei tempi passati in questa fase viene smorzata dalla presenza di ritmi lenti, ipnotici e ossessivi che, se possibile, rendono le atmosfere degli Inchiuvatu ancora più maligne, suggestive…e perché no, ballabili. La fisarmonica di “Amorte”, brano di Agghiastru dal suo album solista “Incantu” del 2007, e il flauto di “Nikea”, traccia strumentale del succitato “Viogna”, mesmerizzano ulteriormente l’uditorio, ormai consapevole di trovarsi in un territorio inesplorato. La musica, ben lontana dall’essere la protagonista assoluta dello show, è soltanto una parte del tutto. Non è semplice raccontare ciò che succede nei momenti transizione tra una canzone e l’altra. Gli intermezzi tra i brani ospitano letture di testi tratti dalle opere di pensatori e artisti come Nietzsche, Cioran, Sartre, Pasolini, Schopenhauer, Shakespeare e compagnia bella. Tali letture vengono effettuate da un Agghiastru perennemente mascherato e spesso ‘interpretate’ dalle marionette, improbabili ma efficacissime divulgatrici del pensiero dei grandi autori elencati poc’anzi. Le marionette, o forse sarebbe meglio usare il termine ‘pupi’, si muovono al ritmo dei testi letti dalla voce del cantante e spesso e volentieri gli rubano la scena.
Il teatrino è animato da molti pupi, tra i quali ricordo in modo particolare il Demonio, la Morte e una versione di Agghiastru in legno e stoffa: quest’ultima riprende in un certo modo alcune maschere indossate dal cantante, che come accennavo poc’anzi sono state realizzate in modo da ricordarne il volto. Quale sarà il vero Agghiastru, in tutta questa pluralità di versioni? Sarà quello che si mette dietro alla tastiera e, adombrato da un separé creato con il ‘velo da sposa’ usato per proteggere le piante durante l’inverno, canta e suona con piglio cantautoriale brani senza l’ausilio dei suoi sodali? Oppure quello che, memore di essere un (anti)eroe del Black Metal, dà una sferzata alla scaletta proponendo brani più movimentati come “33” e “Dramma”, rispettivamente presi dagli album degli Inchiuvatu “33” del 2008 e “Viogna”? Tra non molto lo sapremo: manca poco alla seconda parte della serata, introdotta dalla delicatezza di “Iri”, estratta da “Ecce Homo”, e da “Esta”, circense traccia introduttiva di “Viogna”. Il passaggio dall’overture alla sezione dedicata ad “Addisìu” viene sottolineato da alcune modifiche. Si accendono le lampadine incastonate in una grossa croce posizionata a sinistra del pit e appare in tutta la sua maestosità la parola INCHIUVATU, montata sul teatro delle marionette con grandi lettere maiuscole illuminate a festa.
La batterista prende il posto alla tastiera dietro al velo da sposa ed entra in scena il percussionista Vulgata: a lui viene affidato il drumming più estremo. Agghiastru si presenta col volto scoperto e la setlist s’appresta a virare sul Black Metal di “Addisìu”…se non fosse per un momentaneo problema tecnico responsabile della ‘sparizione’ delle basi che, in teoria, dovrebbero ‘uscire’ dalle spie sul palco e completare, con i suoni dei flauti e degli strumenti musicali tradizionali, l’esecuzione dei brani da parte dei musicisti. Dopo una piccola serie di impermaliti e divertenti ammonimenti da parte di Agghiastru l’ostacolo viene presto superato: la band intona gli intramontabili classici di “Addisìu” stravolgendone leggermente l’ordine di apparizione nel disco. E’ un piacere sentire dal vivo canzoni evergreen come “Inchiuvatu”, “Cu’ Sangu a l’Occhi”, “Ave Matri”, “Castiu di Diu”, “Nenia” o “Lu Jocu di li Spiddi” con il contorno degli armamentari scenici messi in piedi dalla band. In realtà in questo momento di attrezzature se ne vedono poche: le macchine del fumo spargono una copiosa nebbia profumata che non manca di suscitare un commento ironico da parte di Agghiastru: ‘più che a Torino siamo a Milano, con tutta ‘sta nebbia!’.
Non ho mai assistito ad un concerto degli Inchiuvatu prima d’ora: quest’esibizione ‘musical-teatrale’ basata su “Addisìu” nutre tanto la mia nostalgia quanto il desiderio di ricevere stimoli artistici sempre nuovi. I brani dell’album reggono senza problemi la prova dei decenni trascorsi dalla loro prima distribuzione, come d’altronde succede per la maggior parte della produzione artistica metallara pubblicata negli ultimi 50 anni; l’integrazione degli elementi teatrali, tuttavia, rende il tutto ancora più immortale e senza tempo. È da anni che Agghiastru cavalca con risultati positivi questa intuizione, come ci mostra l’inclusione di un altro brano dal sapore circense e felliniano: l’impianto del Blah Blah diffonde “Stonata Musica”, intermezzo originariamente presente in “Viogna”. La traccia introduce un breve momento di riflessione che spezza l’aggressività di “Addisìu” e che ci permetterà di ascoltare un altro paio di brani pescati rispettivamente da “Incantu” e “INRI”. Le inquietanti nenie “La Morti” e “Cristo Pasto” permettono agli astanti di rifiatare prima del gran finale.
Dopo queste temporanee distrazioni lo sciorinamento delle restanti canzoni di “Addisìu” può riprendere. Quest’ultima fase dello show viene arricchita da alcuni momenti memorabili. Nessuno, prima dell’inizio delle danze, ha notato che la croce illuminata dalle lampadine è dotata di sei ganci ai quali Agghiastru affigge, con l’aiuto di alcuni membri del pubblico, altrettanti gagliardetti che paiono riassumere l’essenza della religione cattolica. Su ogni gagliardetto è incisa una parola diversa: Compassione, Speranza, Salvezza, Morale, Colpa, Peccato. Gli Inchiuvatu sembrano volerci dire che il nostro comportamento non può prescindere da queste sei colonne portanti del Cristianesimo. Questi sei concetti sono forse all’origine di tutti i nostri drammi? Per gli Inchiuvatu la risposta è senza dubbio ‘SÌ’…ed ecco apparire nelle mani di Agghiastru un bastone alla cui estremità è attaccata una vera e propria borsa per la raccolta delle offerte in chiesa. Badate bene, però: il cantante non brandisce l’oggetto per raccogliere, bensì per offrire. La borsa è piena di caramelle agli agrumi e il pubblico è libero di pescarne a volontà. Quando infiliamo la mano nella borsa ci accorgiamo anche di un piccolo particolare: è stato fissato sulla borsa un piccolo cartello su cui leggiamo le parole ‘per il tuo dramma’. Siamo in tantissimi ad approfittare dell’occasione e accettare, forse per la prima volta nella nostra vita, caramelle da uno sconosciuto. Come si possono rifiutare caramelle offerte con l’obiettivo di celebrare i nostri drammi?
Il successo di queste iniziative mostra quanto sia vero affermare che ognuno ha la sua croce da portare. Il pubblico che canta in coro la cantilena ‘cristu, crastu, cristu, crastu’, nota per essere la litania alla base della canzone “Cristu Crastu”, sembra davvero cercare un modo per esorcizzare questa consapevolezza. I presenti intonano la salmodia nell’ultima parte della scaletta, comprendente un poker d’assi che ci farà andare a casa felici e contenti…e anche un po’ pensierosi. “Luciferu Re”, “Unìa”, “Lu Jaddinu di lu Piaciri” e la grandiosa “Addisìu” pongono fine al concerto più sorprendente a cui io abbia partecipato nel 2024. Apprezzo molto gli artisti che immettono nella loro esibizione un po’ di teatralità in aggiunta alla pura e semplice musica. Stasera mi sono goduto lo spettacolo ben più del solito: gli Inchiuvatu e Agghiastru hanno mescolato umanità e nichilismo in egual misura, ‘bucando’ la quarta parete del palcoscenico in modo profondo e per qualcuno sicuramente indelebile. L’impressione è che tutto lo show sia stato fatto non per noi ma con noi, come Agghiastru ironicamente sembra sostenere quando, non sapendo più cosa dire per farci allontanare dal pit, decide di mostrarci due drappi sui quali campeggiano altrettante frasi decisamente de-motivazionali.
Il circo degli Inchiuvatu ha la fortuna di poter chiudere i suoi battenti. Il circo in cui viviamo tutti i giorni, invece, è aperto 24 ore su 24…ben vengano i concerti e un po’ di sano intrattenimento! Presto o tardi apparirà qualche altra cronaca delle mie serate in musica: nel frattempo, per ingannare l’attesa, potreste aver piacere di approfondire la conoscenza del ‘mondo piccolo’ narrato da Agghiastru e dai suoi Inchiuvatu. Approfittate dei collegamenti seguenti, buon ascolto e alla prossima!
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