Live Report: Iron Maiden a Bologna (BO)

Di Francesco Sgrò - 6 Giugno 2014 - 9:00
Live Report: Iron Maiden a Bologna (BO)

IRON MAIDEN + ALTER BRIDGE + OPETH

01/06/2014 @Arena Joe Strummer, Bologna (BO)
 

 

Da ormai molti anni purtroppo, i sovrani indiscussi dell’Heavy Metal mondiale, nientemeno che i mitici Iron Maiden, sembrano non considerare più di tanto la penisola italica durante i mastodontici tour che, nonostante ormai la non più giovanissima età, continuano a sostenere con grande energia. Chi segue le imprese della Vergine di Ferro fin dagli albori della carriera potrà, infatti, facilmente ricordare i tempi in cui la band di Steve Harris era solita dedicare una parte dei tour al solo Belpaese, fissando addirittura fino a dieci concerti nello stivale. Come puntualizzato in apertura, in anni recenti gli Iron Maiden, pur continuando a passare per l’Italia durante i loro continui giri di concerti in tutto il mondo, hanno notevolmente ridotto il numero di spettacoli previsti nel nostro Paese, finendo per proporre alla fine un unico concerto per tornata. Anche nel 2014 la formula non sembra essere cambiata per Harris, Dickinson e compagnia; sicché, partiti da Spagna e Paesi Bassi, i sei britannici sono nuovamente sbarcati in Italia il primo giugno per uno degli show conclusivi del “Maiden England Tour”, programmato all’interno del cartellone del Rock in Idro, festival della durata di quattro giorni, organizzato all’Arena Joe Strummer di Bologna e giunto ormai alla settima edizione. Come da tradizione per le manifestazioni di questo genere, tante sono state le band che si sono alternate sul palco del Rock in Idro, incendiando così l’arena in attesa di cedere la parola agli Iron Maiden; tra di essi vale certamente la pena menzionare due act di supporto decisamente importanti quali Opeth ed Alter Bridge.

 

Fortunatamente, le avverse condizioni atmosferiche che avevano portato all’annullamento della prima giornata del festival, non hanno minato lo svolgimento degli spettacoli previsti nella giornata del primo giugno, permettendo alla manifestazione di proseguire regolarmente, per la gioia della sterminata folla accorsa da ogni parte della Penisola per questo speciale evento. Come da programma, i concerti nella terza giornata del festival hanno avuto inizio intorno alle 13 e 30, con la partecipazione degli italiani Pavic, vincitori del “Rock In Idro Band Contest”, i quali hanno avuto l’onore di inaugurare la carrellata di concerti, precedendo gruppi come Hawk Eyes, Skillet e i più noti (almeno dalle nostre parti) Extrema.

 

Proprio i meneghini si sono resi protagonisti di uno show aggressivo e terremotante, in grado di scuotere nel profondo la folla presente, grazie ad una proposta musicale energica e ad una setlist ben bilanciata fra brani recenti estrapolati dall’ultima fatica in studio, “The Seed Of Foolishness”, e canzoni divenute negli anni dei veri e propri cavalli di battaglia come “Money Talks” e “This Toy”. Il tempo scorre veloce in compaglia degli Extrema i quali, dopo un’ora di spettacolo, si congedano vittoriosi dal proprio pubblico, per lasciare spazio al trittico finale della serata, con Opeth, Alter Bridge ed Iron Maiden.

 

Preceduto dalla performance degli statunitensi Black Stone Cherry, il gruppo svedese, dopo un leggero check di assestamento dei volumi, sale sul palco del Rock in Idro, preparandosi a deliziare la platea, sempre più numerosa e carica d’energia, con una setlist breve ma intensa che troverà il proprio apice nella devastante ed articolata “Deliverance”, title-track dell’album pubblicato dagli svedesi nel 2002. Il gruppo appare in piena forma guidato dalla voce, nonché dalla chitarra, del bravissimo Mikael Åkerfeldt, il quale sfodera una serie di riff corposi e devastanti su cui si adagia una sezione ritmica tagliente ed impeccabile, dominata dall’eccellente drumming del bravo Martin Axenrot, ormai in forza agli Opeth fin dal lontano 2006. Subito dopo, la plumbea ed elegante “Heir Apparent” trasporta il pubblico presente in un vortice di angosciosa disperazione, ben esplicata dai vocalizzi gutturali del bravo frontman, prima che una serie di parti soliste e passaggi oscuri ed arpeggiati arrivino a catturare l’attenzione dei presenti, scatenando il divertimento puro fra un pubblico assolutamente attento ed esaltato. Finora la setlist è totalmente incentrata sulla produzione più recente degli Opeth, ma ecco farsi largo una gemma come “The Devil’s Orchard”, brano di grande caratura eseguito in maniera magistrale: forse una delle canzoni più entusiasmanti e psichedeliche composte dagli svedesi nel periodo più recente della loro storia. Grande, ancora una volta, l’apprezzamento della platea, completamente rapita dagli inserti prog che permeano l’essenza di un brano epico ed introspettivo.

Ormai quasi al termine dello spettacolo, i Nostri allestiscono un’ottima versione dell’orientaleggiante e mistica “Atonement”, ipnotica ed enigmatica nel suo prosieguo, ricchissima di passaggi elettro acustici di grande effetto e, in questa occasione, resa ancor più spettacolare da una serie di improvvisazioni orchestrate da chitarra e tastiera, volte a far divertire la band e soprattutto il pubblico. Pubblico a cui i nostri regalano, poi, la stupenda “Demon Of The Fall” (personalmente una delle mie preferite, NdR), che riporta indietro le lancette del tempo a “My Arms, Your Hearse”, terzo album in studio, datato 1998.

Dopo questa ennesima ottima prova di Åkerfeldt e soci, gli Opeth si preparano a salutare il pubblico italiano sulle note della lunga “Blackwater Park”: ancora una volta una grande lezione di stile da parte degli svedesi che possono godersi gli applausi dei numerosissimi presenti dopo più di un’ora di elegante e articolato Progressive Death Metal in continua evoluzione, come da tempo gli Opeth hanno abituato i fans di tutto il mondo.

Setlist:
01. Deliverance
02. Heir Apparent
03. The Devil’s Orchard
04. Atonement
05. Demon Of The Fall
06. Blackwater Park

 

Dopo le sfuriate Prog/Death offerte dagli scandinavi appena usciti di scena è ora l’Hard Rock moderno e melodico a farla da padrone. Il gruppo capitanato da Mark Tremonti e Myles Kennedy è ormai pronto a dare il via alle danze e va ad inaugurare l’esibizione con la devastante “Addicted To Pain”, traccia apparsa nell’ultimo album degli americani, pubblicato lo scorso anno ed ancora in fase di promozione. 

Dopo una partenza al fulmicotone, la scaletta prosegue con la decisa “White Knuckles”, accolta con grande fervore dal pubblico, attento ad intonare ogni nota del melodico ritornello. “Find The Real” va a pescare direttamente nel primo disco degli americani, pubblicato nel 2004 e arriva a deliziare le orecchie della platea bolognese che inevitabilmente si lascia andare ad un Headbanging fuori controllo. Se l’appena ascoltata “Find The Real” aveva riportaro gli spettatori agli inizi della carriera degli Alter Bridge, la potente “Farther Than The Sun”, torna direttamente all’ultima fatica del combo statunitense, con un Myles Kennedy che non sembra accusare la stanchezza ed intona un ritornello piacevole ed orecchiabile che, com’è facile prevedere, viene cantato a squarciagola dal pubblico sempre più catturato dalla musica del gruppo. La successiva “Come To Life”, rappresenta un tuffo nel passato del quintetto che non finisce comunque di stupire e soprattutto continua fieramente a promuovere l’ultimo lavoro in studio, incastonando l’una di seguito all’altra due canzoni come l’epica e furiosa “Cry Of Achilles” e la bella “Fortress”, quest’ultima intensa ed interpretata con grande classe da un Myles Kennedy particolarmente ispirato. 

Dopo questa parentesi dedicata al presente della band, si torna indietro nel tempo sulle note di “Ghost Of Day Gone By”, molto ben eseguita dal gruppo, ma a dir la verità non proprio esaltante nel suo prosieguo. “Ties That Bind” resta ancorata saldamente al passato degli Alter Bridge e questa volta il risultato è di gran lunga più convincente, nonché il preludio alla devastante “Metalingus”, la quale avvia lo spettacolo offerto dalla band americana verso il termine. Introdotta dalla celebre “Blackbird” dei Beatles, i Nostri propongono  la bella e malinconica “Blackbird”, accolta con grande entusiasmo da parte del pubblico, il quale può continuare a gioire sulle note di “Rise Today” e “Isolation”, poste a sigillo di una performance stellare da parte una band che sugli urli e applausi del pubblico, si appresta a lasciare il palco dopo più di un’ora di ottima musica e tanto divertimento.

Setlist:

01. Addicted To Pain
02. White Knuckles
03. Find The Real
04. Farther Than The Sun
05. Come To Life
06. Cry Of Achilles
07. Fortress
08. Ghost Of Days Gone By
09. Ties That Bind
10. Metalingus
11. Blackbird
12. Rise Today
13. Hot Cherie
14. Isolation

 

Con l’uscita dal palco dei bravissimi Alter Bridge, si avvicina sempre di più il momento che tutti stavamo aspettando. Un’atmosfera carica di energia si espande fra la folla presente nell’Arena Joe Strummer di Bologna e tutti siamo ormai pronti a gustare lo show più importante di questa lunga e intensa terza giornata di musica.

Finalmente dopo ore di attesa e accompagnati dalle note della celeberrima “Doctor Doctor” degli U.F.O. (coverizzata anche dagli stessi Maiden nel 1996) e, successivamente, da una consueta intro sinfonica che, come ormai da tradizione inaugura ogni concerto della band britannica, gli Iron Maiden approdano fieri sul suolo italico tra l’entusiasmo incontrollabile dei presenti. Grande la risposta del pubblico, totalmente impazzito fin dall’incipit della splendida “Moonchild”, la quale oltre ad essere la traccia che apriva l’album “Seventh Son Of A Seventh Son” era anche la canzone che inaugurava tutti i concerti del conseguente tour del disco.

Fin dai primi istanti si capisce come la band di Steve Harris sia pronta ad offrire uno spettacolo indimenticabile, costellato di quei classici intramontabili che decretarono il successo mondiale della Vergine di Ferro negli anni ’80. Il tutto, ovviamente, contornato da strepitosi effetti di luci e giochi pirotecnici, volti a rendere il tutto maggiormente spettacolare. Impossibile, a questo punto, non lasciarsi trasportare dalla carica dell’eccezionale ritornello che permea la già citata “Moonchild”, intrerpretata da un Bruce Dickinson in gran forma e pronto a far divertire il pubblico italiano con la classe che da sempre lo contraddistingue.

“Can I Play With Madness”, sempre da  “Seventh Son Of A Seventh Son”, rapisce letteralmente gli astanti; mentre “The Prisoner”, riporta indietro il tempo fino al 1982, andando a configurarsi come uno degli apici emozionali della serata, grazie ad un ritornello assolutamente irresistibile, cantato instancabilmente da un pubblico sempre più energico e reattivo. La band prosegue la propria carrellata di classici con la grande “2 Minutes To Midnight”, interpretata da un Dickinson in stato di grazia e supportato magnificamente dal resto della band, tra le cui fila sempre spicca l’operato delle tre formbidabili chitarre di Dave Murray, Adrian Smith e Janick Gers. Segue “Revelations”, pur bellissima, cui però tocca l’ingrato compito di sostituire (con mio grande rammarico, NdR) la stupenda “Afraid To Shoot Strangers”. Le successive “The Trooper” e “The Number Of The Beast”, fotografano certamente una band in ottima forma come di consueto, tuttavia pur risultando sempre piacevoli, mantengono la scaletta su tonalità fin troppo classiche.

Al contrario, l’epica “Phantom Of The Opera”, recuperata direttamente dal primo album della band inglese, rappresenta una ventata di aria fresca essendo un brano che (purtroppo) non si ha l’occasione di ascoltare spesso dal vivo. Come in ogni tour della Vergine di Ferro, “Run To The Hills”, torna a far gioire la sterminata platea del Rock in Idro, mentre “Wasted Years” porta i presenti a consumare le corde vocali, impegnate ad intonare ogni parola di un ritornello irresistibile, che non finisce mai di sorprendere fino al sensazionale guitar solo. Subito dopo i nostri danno sfogo a tutta l’epicità tipica del loro sound, presentando un’eccellente versione della lunghissima “Seventh Son Of A Seventh Son” (brano che purtroppo fu eseguito dal vivo solamente durante il tour di supporto all’album omonimo durante il periodo 1988/1989).

La stupenda “Wrathchild” torna con fierezza ai primi anni di storia della band inglese, mentre la meravigliosa ma più classica “Fear Of The Dark”, costituisce l’unica parentesi negli anni ’90 della serata. E’ invece affidato all’ intramontabile “Iron Maiden” il compito di chiudere alla grandissima la prima parte della setlist. Dopo qualche istante, le immagini della seconda guerra mondiale accompagnate dalle parole di Winston Churchill nel “Churchill’s Speech”, fanno da preludio alla devastante e velocissima “Aces High” che non tarda a far risalire l’attenzione dei presenti ai massimi livelli. Secondo bis della serata ed è il turno di una stupenda gemma come “The Evil That Men Do”, seguita dalla storica “Sanctuary”, con la quale i britannici si congedano tra mille urla e applausi.

Che dire? Gli anni passano ma gli Iron Maiden continuano a dominare il mondo intero, riuscendo nuovamente a stupire anche il pubblico italiano…..Bentornati!!!
 

Setlist:
01. Moonchild
02. Can I Play With Madness
03. The Prisoner
04. 2 Minutes To Midnight
05. Revelations
06. The Trooper
07. The Number Of The Beast
08. Phantom Of The Opera
09. Run To The Hills
10. Wasted Years
11. Seventh Son Of A Seventh Son
12. Wrathchild
13. Fear Of The Dark
14. Iron Maiden

Encore:
13. Aces High
14. The Evil That Men Do
15. Sanctuary

Live Report a cura di Francesco Sgrò