Live Report: IV Warm Up Agglutination @Demodè Club, Modugno (Bari) 30 Aprile 2018
IV WARM UP AGGLUTINATION
30 APRILE 2018 – Demodè Club (Modugno, Bari)
Il Live Report Ufficiale Di TrueMetal.it
(a cura di Giuseppe “House” Casafina)
Ricominciano le danze, puntuali come da ormai quattro anni…o forse ventiquattro?
No, perché ormai quest’anno saranno ben ventiquattro edizioni dell’Agglutination, e ben quattro dell’ormai tradizionale Warm Up, festival apripista del mega festival vero e proprio che ogni anno, in quel di agosto, fa vibrare gli animi dei metallari più sfegatati presenti qui nel Meridione.
Quest’anno il Warm Up, organizzato in collaborazione con i ragazzi del team pugliese Metal Symposium, ha visto sul suo palco esibirsi i glam/street metallers partenopei Red Riot (che hanno sostituito quais all’ultimo minuto i Wolfear), gli hard/heavy rockers tarantini BlindCat, i power metallers marchigiani Scala Mercalli, le leggende baresi dell’old school underground death metal Cruentus e, in veste di headliner, gli storici power thrash metallers Flotsam and Jetsam.
Una line-up di tutto rispetto in un locale senz’alcun dubbio adeguato quale è il Demodè Club di Modugno in provincia di Bari, per una serata che si è rivelata, diciamolo subito, di portata eccezionale, almeno per i pochi presenti all’evento (ma di questo ne parleremo in seguito).
Arrivano i Red Riot, prima band in scaletta, a proporre il loro energico heavy/street glam: arrivano direttamente dalla Campania e paiono seriamente intenzionati a dimostrare quanto valgono, anche se i presenti, in questa primissima fase del festival è, veramente…basso! I ragazzi infatti, si ritrovano a suonare davanti a circa 10 o 15 persone al massimo, di cui alcune di queste addette ai lavori (tra cui il sottoscritto in veste di addetto stampa) e quindi pochissimi paganti effettivi. Lo scenario da me descritto non vuole giungere per forza da dispregiativo, semmai da elogio per i cinque ragazzi che, presi a mille dalla possibilità del presenzaire a questo evento, ci danno dentro come fabbri: hanno il look giusto, le movenze giuste (old school quanto basta), l’attitudine giusta e pure il sound, ovviamente, è quello giusto.
Are you ready for rockin’?
Quello dei Red Riot è uno street metal dal piglio autentico, sanguigno, figlio degli Skid Row e dei Mötley Crüe più spinti, con un taglio ‘sleazy’ davvero notevole ed una grinta sul palco che ben poco ha da invidiare a certi act stranieri: sul palco del Warm Up, i nostri presentano ben sette pezzi, di cui tre tratti dal loro EP d’esordio autoprodotto “Fight”. I Red Riot si dimostran poi, oltre che efficaci in sede live, anche quanto mai aggiornati dal punto di vista tematico: altrimenti come lo spieghereste un brano dal titolo quale ‘H.I.P.S.T.E.R.’? Come già detto, la carica mostrata dal cinquetto è stata davvero impressionante, soprattutto se si considera che è stata esibita davanti ad un numero di partecipanti davvero esiguo, almeno in questa primissima fase iniziale. Con ‘Who We Are‘ il breve ma intenso set si conclude con un inno a loro stessi e viene dedicato a tutto il pubblico presente.
Unica nota negativa: la maglia degli Slipknot del cantante…no ovviamente sto scherzando, però secondo era un po’ un pugno nell’occhio rispetto a tutto quel gran vedere che profumava tanto di Los Angeles: il glam è anche immagine e bisogna curare ogni minimo dettaglio. Però sì, alla fine sto scherzando! Insomma, verdetto finale estremamente positivo: peccato che nel finale, nel backstage, non fossero per loro previste le groupies…
Setlist Red Riot:
– Attitude;
– H.I.P.S.T.E.R.;
– Rise or Fall;
– Rippin’ Money;
– Bang Your Head;
– Blow Till U Drop;
– Who We Are.
Lo spirito di Los Angeles direttamente dalla Campania: incredibile? No, è realtà!
Il pubblico presente all’evento si accresce di poco, la quantità rimane sempre piuttosto esigua ma ciò non impedisce ai BlindCat, hard rockers provenienti da Taranto e provincia, di sfoggiare una esibizione di tutto rispetto.
Fronteggiati dal cantante Gianbattista Recchia, un’ugola a metà tra l’acuto vibrante tipico dell’Heavy più tagliente e il più caldo mood vocale zeppeliniano, il quartetto attacca con ‘Shockwave’, title-track dell’ultimo disco della formazione pubblicato tramite Andromeda Relix e che sta ricevendo recensione entusiastiche da un po’ tutta la stampa specializzata nazionale (TrueMetal.it incluso). Il sound della band ha comunque una certa classe dalla sua, per certi versi tipica dell’AOR, pur conservando una matrice hard & heavy di tutto rispetto: un sound di classe quindi, che spesso si colora di fortissimi richiami ricoundibili al più tradizionale hard rock degli anni settanta pescando più o meno dai nomi noti del periodo a seconda dei casi ma mantenendo, allo stesso, tempo uno stile ben riconoscibile e, soprattutto, un songwriting di notevole fattura che testimonia l’espreienza musicale progressa dai quattro componenti della formazione.
Gianbattista Recchia, frontman dei BlindCat, sospeso tra le note del suono.
Anche in sede live, la formazione non perde una briciola del suo sound magnetico (quindi nonostante la logica mancanza delle sovraincisioni, caratteristica tipica delle formazioni a singola chitarra) ed ‘old fashioned’ ma dai tratti moderni, ed il frontman si atteggia nel più classico stile del rocker di classe: preso, ma non troppo, così come il resto della formazione che appare sì coinvolta ma, dato il genere, a livello di movenze sul palco è sempre contenuta. E tutto ciò, ribadisco, non è affatto un difetto, semmai è segno di un atteggiamento naturale, una coerenza specifica tra la proposta musicale e l’attitudine più consona da portare rapportandosi al suono stesso, un suono che è appunto colorato, vibrante, ricco di reminescenze ora più heavy, ora più blues (ma di quello più malato e tagliente, sempre reinterpretato con un sano spirito BlindCat).
L’unica pecca da segnalare è, appunto, il pubblico, che nonostante l’indiscutibile qualità live della band appare sempre piuttosto statico: ma il buon Gianbattista si sbatte ed allo stesso tempo se ne sbatte se così possiamo dire, segno tipico di chi la musica la suona perlopiù per se stesso perché questa è, appunto, parte stessa della propria vita e del proprio essere. Preceduta da una reinterpretazione al 100% BlindCat del brano dei Queen ‘Son and Daughter’, la buona prestazione della band si conlude con ‘An Ordinary Day’, brano di apertura del disco di debutto “Black Liquid”, con quel suo mix intrigante a metà tra primi Judas Priest e quel suo coro intonato di chiara reminescenza Deep Purple. Gli applausi ci sono, si sentono, ma il pubblico più che troppo poco è, in questa seconda fase, ancora piuttosto freddo.
Setlist BlindCat:
Shockwave
Until (The Light of the Day comes)
One Life
The Black Knight
Son and Daughter (Queen Cover)
An Ordinary Day
Grande perfomance, pubblico da bocciare: quindi, doppio elogio alla band.
E’ giunto il momento di alzare la velocità con l’arrivo sul palco degli storici power metallers tricolore Scala Mercalli, da 25 anni ormai portatori del verbo ‘New Wave Of Italian Heavy Metal’: giunti dalla natie Marche e partendo con le note dell’introduzione del loro ultimo album “New Rebirth”, il set della band parte a manetta direttamente la opener di quel disco, vale a dire ‘September 18, 1980’. La band, sul palco nell’ormai consueto abbigliamento da soldati del secolo scorso, si mostra carica di energia ma viene stavolta decisamente penalizzata da un pubblico davvero poco reattivo e partecipe. Questo fattore è stato davvero, come ormai si può capire, la più grossa pecca della serata e, a renderla ancora più grave, è che ciò non dipendeva ne’ dalla band e tantomeno dagli organizzatori: insomma, una montagna ben difficile da sormontare.
Urla a scuarciagola, velocità e melodia a non finire: gli Scala Mercalli.
Gli Scala Mercalli comunque non si fanno intimorire, anche se così ad occhio mi era parso che in qualche modo avessero accusato più delle due band precedenti il copo del pubblico poco reattivo, e sciorinano un set forse un po’ breve ma comunque intenso. Un esempio di tutto ciò: prima di intonare ‘Time for Revolution‘, il cantante Christian Bartolacci accenna alla difficile situazione del panorama politico e sociale italiano, al che dovrebbe corrispondere non dico un boato del pubblico, ma almeno un plauso…invece nulla, ma poco importa perché quelle poche timide reazioni son bastate alla band per caricarsi quanto basta per offrire una performance più che buona. Verso il finale, prima delle note conclusive di ‘Still United’, il frontman accenna all’unione del popolo, allo scopo di fronteggiare i soprusi sociali: ebbene, solo in queste ultime fasi il pubblico, nel frattempo resosi leggermente più folto di prima, si lascia coinvolgere maggiormente. La band è comunque, sin dall’inzio alla fine, comparsa in palla, soprattutto il già citato frontman Christian e il batterista, fondatore della band, Sergio Ciccoli, che più di una volta ha spoderato ampi sorrisi di soddisfazione nonostante la doppia sudata che costui ha dovuto affrontare, tra l’energia richiesta nel picchiare le pelli della sua creatura e quella aggiuntiva necessaria per coinvolgere un pubblico quasi dormiente.
La prova della band è stata intenso come già detto, con i due chitarristi e la bassista che si muovono quanto basta da una parte all’altra del palco. Il pubblico alla fine ha applaudito: sembrava una missione fallita ma, stando alle tematiche care ai marchigiani, una piccola rivoluzione almeno è stata fatta! Bravi!
Setlist Scala Mercalli:
– Intro (The Long March) + September 18, 1860;
– Nightmare Falls;
– Time for Revolution;
– Hero of the two Worlds;
– Eternity;
– Still United + The Flag (Outro)
Usando un paragone calcistico, gli Scala Mercalli vincono ai supplementari il match con il freddo pubblico!
Co-headliner della serata (nel recente passato tale occasione si è presentata presso la prima edizione del Breaking Sound Metal Fest), gli storici death metallers pugliesi Cruentus portano un po’ di sano ‘Metallo della Morte’ sul palco del Warm Up prima del clamoroso salto nel passato assieme alla ciurma dei Flotsam and Jetsam che il pubblico, qui già più numeroso ma non certo in quantità eccezionale, attende spasmodicamente. E’ la terza volta che vedrò dal vivo i Cruentus, band piuttosto facile da scovare nei festival qui in zona, ma ogni volta questi baresi sono una overdose di pogo, bestemmie e divertimento. Il comportamento on stage del frontman Nicola Bavaro, per molti una vera e propria mascotte pugliese al pari della Birra Peroni (…è la verità!), è esemplare in tal senso: vedasi ad esempio i suoi continui incitamenti al pubblico di…ehm, bestemmiare assieme ( “…sento un Por** D** da lì in fondo, venita a dire Por** D** più vicino a noi!” ), bere più birra oltre che i suoi continui lanci contro il pubblico stesso (ok grasso il buon Nicola non lo è di certo, ma considerata la sua panza da birra e la violenza dei suoi slanci non dovrebbe certo essere un peso piuma per i poveri malcapitati).
Nicola Bavaro, storico frontman dei Cruentus oltre che da sempre fenomenale intrattenitore.
Tutta la formazione questa sera è davvero carica a mille, il pubblico comincia finalmente a dare ampio sfoggio di caos poco controllato quale pogo e mosh violentissimo, con tanto del ‘buon Bavaro’ che partecipa, come già accennato, attivamente nel pogo nei momenti in cui non è chiamato ad urlare nel microfono come il suo ruolo impone. Il set si apre con il groove thrashy di ‘Blindness Means Watching‘ che, sebbene ogni volta scatena il putiferio tra il pubblico, ‘Spoil the Flesh’ ci consegna le prime carcasse stanche tra i poganti e siamo solo al secondo pezzo! L’intero set, della durata consitente di ben 9 pezzi, è un tripudio fantastico di riffs (impeccabili le due macchine da guerra Antonello Maggi e Domenico Mele alle loro sei corde), energia (fenomenale l’accoppiata tra il basso di Francesco Patruno e la sempre annichilente batteria del massafrese Valerio Di Masi, unico componente della formazione non originario dell’entroterra barese) e ironia dello stesso frontman che, ogni volta, tra un riff e l’altro ti strappa sempre una risata, dose sempre più rara in un mondo del metal estremo secondo me sempre più serioso.
Con ‘Shadows’ la band ci consegna l’ultimo pezzo per lasciar spazio, tra il sudore dei presenti, agli headliner.
Ma non finisce qui, perché durante l’estrazione di due biglietti omaggio per alcune delle prossime esibizioni dal vivo degli enti coinvolti tra cui proprio la ventiquattresima edizione dell’Agglutination Metal Festival, il buon Nicola da’ ancora mostra di se mostrando al pubblico le sue chiappe: Nicò ti vogliamo bene, non cambiare mai. Sapete che per molti dei presenti quei pochi secondi di chiappe al vento sono stati il vero e proprio punto clou della serata? Ecco, dovete saperlo. ‘Never Forget’, proprio come recita il titolo di uno dei pezzi eseguiti in scaletta stasera.
Setlist Cruentus:
Blindness Means Watching;
Spoil the Flesh;
Passin’ Over;
Everspace;
The Strain;
Circles;
Never Forget;
Step by Step;
Shadows.
Inferno live, con un pizzico di ironia senza ma pestando terribilmente sul serio: i Cruentus.
Un boato sì, ma contenuto.
Il centinaio scarso di persone presenti accoglie i Flotsam and Jetsam in modo forse troppo tiepido, ma gli storici power-thrashers statunitensi non sono certo lì per svolgere un misero compitino e non si smorzano d’animo: attaccano il palco con un’aggressività tale che il pubblico passa immediatamente dalla loro parte! Insomma, effetto Scala Mercalli ma potenziato e per di più proprio sul primo pezzo (senza nulla togliere ai marchigiani), con lo storico debutto “Doomsday for the Deceiver” saccheggiato a più riprese dalla title-track ma non solo, fino a passare a diversi tasselli più o meno storici della loro discografia.
Il buon Eric A.K. ci mostra la sua chioma fluente, per l’invidia del ‘baldo’ (ehm…) sottoscritto…
Un particolare davvero interessante della serata è stata la setlist davvero improvvisata sul momento (motivazione per cui ho preferito non segnare alcuna setlist in chiusura, non riuscivo a segnar tutto in tempo rale sul taccuino diciamo…), basandosi sulle richieste, rigorosamente urlate, dei fans tra le prime file (c’ero anch’io ovviamente) tra cui uno scatenatissimo Francesco Patruno, bassista dei Cruentus. Il frontman Eric A.K. ha un temperamento davvero singolare: appare coinvolto, tra gesti dell’air guitar e scatenamenti della sua chioma fluente, ma resta sempre piuttosto sulle sue, forse proprio perché preferisce riservare la maggior parte delle sue energie per sciorinare una parte vocale da panico, anche se penalizzata da un volume troppo basso rispetto al lato strumentale per quel che concerne il mix di palco. Non fa nulla, perché i Flotsam stasera sono in palla al punto da scatenare il pubblico al punto che Enzo De Bartolomeo, bassista e vocalist dei thrashers tarantini Assaulter presente all’evento, riesce a rovinarmi la maggior parte delle foto con la sua adorabile presenza scalpitante (Enzo tranquillo, ti voglio bene lo stesso)…ma fa nulla, perché ciò singifica che il pubblico, ora in quantità quasi decente, è eccitatissimo fino alla fine, dove attende la formazione statunitense per il solito bis di rito che viene puntualmente eseguito.
“WE – WANT – MORE! WE – WANT – MORE!”
I due chitarristi dei Flotsam and Jetsam, tra cui lo storico Michael Gilbert, oggi senza la sua folta chioma ma con le stesse fenomenali doti chitarristiche di sempre.
Mi si perdoni l’assenza di scaletta ma, credetemi, ero anch’io intento a godermi il concerto: anche gli addetti stampa sono ‘metal kids’, non dimentichiamocelo…un set comunque perfetto, nonostante sia apparso evidente il distacco tra le sonorità più thrash/speed dei pezzi degli esordi e quelli più power-oriented degli episodi più recenti, rovinato solo in minima parte da dei suoni che qui si fanno leggermente impastati e troppo distorti una volta usciti dall’impianto del locale. Per quanto mi riguarda, concerto dell’anno…e il buon Eric mi ha anche concesso ben più di una foto assieme, cosa potrei chiedere di più?
Ah sì, il promoter che mi fa uno sconto sul merchandise, data la sua simpatia per i miei occhiali da vista, a suo dire. Chi ha detto che i metallari occhialuti non possono essere fortunati, a volte?
Flotsam and Jetsam a tutta birra!
Il quarto Warm Up Agglutination si è confermato un evento dall’organizzazione impeccabile ma rovinato da un pubblico scarso sia per quantità che coinvolgimento…si trattava della sala piccola del Demodè, e questa volta era vuota a metà: voi cosa guardate, il bicchiere mezzo vuoto o quello mezzo pieno?
Si sa, i Flotsam and Jetsam non sono certo gli Iron Maiden ma di certo nemmeno la band di thrasher scarpari del quartiere e di sicuro avrebbero meritato un pubblico più ampio a livello numerico, anche solo per aiutare gli organizzatori a poter coprire maggiormente i costi: ora non voglio fare i conti in tasca a nessuno sia chiaro…ma cavoli, dov’erano tutti? 13€ di biglietto erano un prezzo così improponibile? Dov’erano tutti i difensori del metallo da social, considerando che erano i primi a lamentarsi della mancanza di supporti ad eventi simili ed allo stesso tempo a mancare alla serata?
Mancavano anche molte delle tipiche facce che tipicamente si vedono ai concerti qui in zona Puglia & dintorni ed insomma, diciamocelo: mancavano troppe, troppe persone.
Tenete presente che gli organizzatori non sono dei mafiosi con le mani in pasta ovunque che posson così permettersi rimborsi da chissà dove, bensì si tratta di ragazzi come tutti noi che investono energie e soprattutto denaro per offrire una scena anche solo organizzativa, un qualcosa di decente a voi tutti, pubblico metal. Per stavolta soprassediamo, dato lo status di nicchia (anche se non troppo) della band, ma io una serata del genere al posto vostro, a meno che di non essere impossibilitato per problemi di lavoro/famiglia/denaro, non me la sarei persa per nessun motivo in ogni caso.
Data l’esibizione dei Flotsam, i presenti sanno bene cosa voi vi siete persi.
Ora, rimorsi a parte, mando ampi saluti a Gerardo Cafaro e Michael Grieco dell’organizzazione Agglutination, oltre che a tutto lo staff del Metal Symposium e a Tony Urso della Blasphemous Art Records, spalla onnipresente di molti concerti qui in zona.
Ci si rivede al prossimo evento e non dimenticate: siete dei grandi.
Tutti.
Giuseppe “House” Casafina