Live Report: Jethro Tull a Ostia Antica (Roma)

Di Redazione - 25 Luglio 2011 - 9:29
Live Report: Jethro Tull a Ostia Antica (Roma)

Report a cura di Damiano Fiamin
Non è stato possibile scattare foto, in quanto come ci è stato riferito da BlueSky Promotion, che ringraziamo, ormai da un paio d’anni i Jethro Tull non concedono pass photo.

A distanza di un solo anno dalla loro ultima esibizione, i Jethro Tull sono tornati a Roma, nella spettacolare cornice del Teatro romano di Ostia Antica. La serata è fresca e ventilata, condizione ideale per assistere ad un concerto all’aperto. Discreta presenza di vigili urbani ed addetti vari, incaricati di mantenere l’ordine e di instradare il pubblico. Dopo aver percorso la strada che, passando per le rovine dell’antico porto romano, collega l’ingresso al luogo dell’esibizione, si arriva all’anfiteatro; è impossibile non notare come, nonostante il prezzo del biglietto non proprio abbordabile, il pubblico abbia già affollato la cavea e le scalinate ben prima dell’orario previsto per l’inizio del concerto; è un piacere, inoltre, registrare la presenza dei numerosi giovani che si affiancano ai fan di lunga data, chiaro segnale che la musica del gruppo inglese continua a far breccia nel cuore degli ascoltatori. L’atmosfera è eccitata ma composta, il pubblico attende con impazienza l’inizio del concerto senza innervosirsi quando i minuti di ritardo cominciano ad accumularsi.

Finalmente, dopo una mezz’oretta di attesa, il concerto inizia; in apertura, Living in the Past, dall’omonimo album del 1972. I Jethro Tull hanno un carisma straordinario ed imperversano sul palco nonostante gli inevitabili acciacchi causati dall’età; sono passati più di quarant’anni da quanto il gruppo di Blackpool ha cominciato a calcare le scene ed è scontato che non possano più dimenarsi come ai tempi d’oro; non penso che qualcuno tra gli spettatori si aspettasse di vedere Anderson saltellare ancora come un folletto! La qualità del suono è magnifica, sebbene l’amplificazione non sia eccessiva, tutti gli strumenti si sentono nitidamente: l’architettura degli antichi romani continua a svolgere egregiamente lo scopo per cui è stata progettata dopo secoli! A tratti, il basso di Goodier viene prevaricato dagli altri musicisti, ma è l’unico neo dal punto di vista dell’ingegneria sonora. La scaletta coincide quasi perfettamente con quella annunciata per le altre date del tour italiano, eccezion fatta per qualche decurtazione, originata probabilmente dal ritardo iniziale: i brani ripercorrono le varie tappe della carriera dei Jethro Tull, dai momenti più progressive a quelli più rock, passando per le atmosfere folk. Ovviamente, a fare la parte del leone nella scelta dei brani è Aqualung, vera e propria pietra miliare della musica, album osannato da pubblico e critica e commercializzato per la prima volta proprio quarant’anni fa, nel 1971.

Anderson ha una gran presenza scenica, maturata in anni ed anni di spettacoli; nonostante non riesca più a cantare come una volta, riesce a riempire il palco ed a compensare la carenza di voce con la musica: delizia e diverte con il suo flauto, vera e propria appendice polmonare con cui si esibisce in fantastici assoli e spiritosi motteggi, in pieno stile Jethro Tull. Il cantante, inoltre, si prodiga durante l’introduzione di ogni brano, fornendo una didascalia dello stesso e condendola con qualche aneddoto, caratterizzato da impagabile umorismo anglosassone. I restanti membri del gruppo rischiano di finire messi in secondo piano dall’esplosiva dirompenza del frontman, ma basta attendere un qualunque momento corale per accorgersi di come sia infondata questa preoccupazione: mentre Perry e Goodier si divertono a scandire il tempo in maniera precisa, ammiccando al pubblico quando si prodigano in brevi assoli e variazioni sul tema, Barre è completamente scatenato, la sua chitarra quasi fuma per quanto viene strapazzata, le dita scorrono veloci lungo il manico, in un’alternanza di morbidi arpeggi di accompagnamento e graffianti esibizioni personali. Ma è la tastiera di O’Hara che lascia completamente ammutoliti: mai un passo falso, preciso, metodico, regala al pubblico delle bellissime improvvisazioni che fungono da introduzione o da collegamento tra i vari pezzi; magistrale.

Il concerto prosegue per quasi due ore, il pubblico si diverte e partecipa con calore all’esecuzione dei brani più cari, applaudendo con fervore al termine di ogni pezzo ed incitando il gruppo a proseguire. Vero e proprio delirio durante i grandi classici come Bourée ed Aqualung. Dopo il bis, affidato alla sempiterna Locomotive Breath, ovazione generale da parte di tutto il teatro: tutti in piedi per rendere omaggio ai Jethro Tull che ringraziano con numerosi inchini prima di allontanarsi dal palco. Un gran concerto per un gruppo straordinario; sicuramente gli inglesi hanno ancora molto da dire, speriamo continuino ad esibirsi a lungo!

Formazione

  • Ian Anderson – voce, flauto, chitarra folk
  • Martin Barre – chitarra elettrica
  • David Goodier – basso
  • Doane Perry – batteria, percussioni
  • John O’Hara – tastiera