Live Report: Kee Marcello a Bergamo

Di Fabio Vellata - 6 Dicembre 2011 - 12:00
Live Report: Kee Marcello a Bergamo

Live Report a cura di Stefano Burini.

Serata di grande rock lo scorso 23 novembre al Druso Circus di Bergamo, localino piuttosto piccolo ma accogliente nei pressi dello stadio Atleti Azzurri d’Italia, da parecchi anni attivo nella promozione di musica dal vivo, non necessariamente hard ‘n’ heavy, ma anzi molto spesso blues o jazz. Tra i nomi eccellenti del panorama internazionale che vi hanno lasciato la propria traccia troviamo artisti del calibro di Tommy Emmanuel, Sananda Maitreya, meglio noto come Terence Trent D’Arby e (prossimamente) l’australiano Harper, ma questa sera è il turno di Kee Marcello, noto ex chitarrista degli Europe subentrato a John Norum dopo la sua fuoriuscita dalla band nel 1986.

La serata si apre (un po’ tardino a dirla tutta, per essere un giorno infrasettimanale) con la performance degli Attribution, gruppo spalla tecnicamente molto preparato ma dalla (a mio avviso) scarsa presenza scenica, e peraltro un po’ fuori contesto con il suo loro blues rock prevalentemente strumentale con innesto di varie cover. Personalmente, non me ne vogliano, eccettuate le ultime due canzoni, molto ben riuscite, (forse stavano iniziando a scaldarsi, ma purtroppo il tempo è tiranno…) non mi hanno dato particolari motivi per tramandare ai posteri un’esibizione più che sufficiente ma non certo entusiasmante.

 


 

All’entrata in scena, dopo una breve pausa, di Kee Marcello e della sua stage band per la serata (Luca Poma dei Violet Eclipse alla chitarra, Michele Locatelli degli Anticlockwise al basso, Manuel Togni degli Aleph alla batteria e un tastierista di cui non ho avuto modo di conoscere il nome), si capisce fin dall’inizio che sarà tutta un altra musica.

La scaletta è stata perlopiù incentrata sui classici degli Europe tratti da “Out Of This World” e “Prisoners In Paradise”, con qualche riuscita puntatina tra i suoi cavalli di battaglia da solista. Inizio col botto con un’inattesa “Halfway To Heaven”, va detto che pur non avendo l’ugola di Joey Tempest ed essendo quindi in ovvia difficoltà nell’emulare gli acuti del connazionale, Kee se la cava in maniera più che onorevole, abbassando le linee vocali e incattivendo il tutto, rispetto alle versioni che eravamo abituati a sentire su disco. Stesso discorso per “Just The Beginning”, questa volta da “Out Of This World”, di nuovo ottimamente suonata da tutta la band e in particolare da un Marcello molto carico ed ispirato in fase solista; segue “The Harder They Come”, dal riff in odore di “Enter Sandman” ma ad ogni modo godibile e condita da un altro grande assolo.

Molto ben riuscita, e peraltro unica ballata del lotto, “Coming Home”, dall’incipit lento e suadente ma dallo sviluppo energico come si conviene ad una power ballad alla maniera dei tempi che furono (K2, 2004), con un Kee molto a suo agio sulle parti vocali. Si ritorna al repertorio Europe con l’immancabile “Superstitious”, probabilmente l’assolo più famoso a firma del guitar player svedese, qui riproposta in un gustoso medley con “So Lonely” dei Police e “No Woman No Cry” di Bob Marley, seguita da “Got Your Mind In The Gutter”, misconosciuta perla proveniente da “Prisoners in Paradise”, e da “Rock The Night”, unico estratto da “The Final Countdown”.

Dopo uno strumentale, occasione di sfoggio per le doti strumentali di Marcello, Poma, Locatelli e Togni la serata va a chiudersi, non senza rammarico per l’esclusione dalla scaletta di quella che a detta di chi vi scrive è la migliore canzone di Tempest & Co., ovverosia “Girl From Lebanon”, sulle note di “Raptor” durissimo hard ‘n’ heavy kashmiriano dal refrain deflagrante come non mai. Il post concerto, come d’uso nella maggior parte degli eventi in luoghi così “intimi”, è riservato a foto, autografi e alle quattro chiacchiere di rito con un Kee molto simpatico e disponibile.

In conclusione un ottimo concerto, animato da canzoni ormai storiche e da un musicista on the road da una vita, di quelli che, se supportati da un’acustica decente e dal calore del pubblico, difficilmente deludono.

 

Stefano Burini