Live Report: Lord of the Lost + The Raven Age + Blitz Union @ Live Club, Trezzo sull’Adda – 24/03/2024
Trovarsi nel bel mezzo del Live Club di Trezzo sull’Adda, immerso tra metallari e metallare di ogni età abbigliati con t-shirt inneggianti a band classiche e contemporanee, mi fa ancora sentire parte di una grande famiglia. Che sia allargata, disfunzionale o tradizionale poco importa: sempre di famiglia si tratta. Come spesso succede in ogni famiglia, sicuramente buona parte dei presenti ha condiviso con me molte ‘esperienze sul campo’, compreso il famigerato concerto degli Iron Maiden del 7 luglio 2022 a Bologna. L’annullamento di quello show è una ferita ancora aperta ed è uno dei motivi per cui ho deciso di presenziare a questa calata italica dei Lord of the Lost: in qualche modo sento ancora la necessità di sanare la scottatura bolognese. Molti ricorderanno che un po’ di musica dal vivo la si è potuta apprezzare, in quel disgraziato giovedì a Bologna: i due gruppi che accompagnavano gli Iron Maiden infatti prestarono servizio senza problemi. L’apertura delle danze toccò ai Lord of the Lost, che suonarono prima degli hard rockers australiani Airbourne. I Lord of the Lost furono apprezzati nonostante il contesto tendenzialmente ‘conservatore’ in cui ci si trovava: la loro verve e la qualità della proposta musicale fecero breccia nei cuori di molte persone. Ricordo ancora i commenti positivi a loro rivolti che sentivo mentre mi aggiravo tra gli spillatori di birra e il banco del merch: mi colpivano perché andavano di pari passo con le mie considerazioni. Questo concerto milanese del gruppo tedesco, oltre ad aggiungere un’ulteriore tassello nell’elaborazione del trauma causato dal Grande Annullamento di Bologna, è inoltre caratterizzato da un altro collegamento con gli Iron Maiden, rappresentato dalla presenza dei The Raven Age. I Lord of the Lost, in questa data italiana del loro ’15 Years of Lord of the Lost Tour 2024‘, vengono infatti accompagnati dai The Raven Age e dai Blitz Union.
Le fermate europee del loro carrozzone vedono i The Raven Age come unica presenza fissa, mentre il compito di riscaldare a dovere il pubblico viene affidato a turno a gruppi differenti. Oggi tocca ai Blitz Union, mentre nel resto d’Europa il testimone passerà agli Hellboulevard e agli Empire of Giants. Le band di supporto previste oggi sul palco del Live Club sono state accoppiate con oculatezza. I The Raven Age portano avanti la bandiera del Metal più o meno ortodosso, opportunamente e pesantemente rivisitato e corretto in modo da rispondere alle esigenze sonore contemporanee. Esigenze non sempre presenti, a dirla tutta…in teoria non dovrebbe essere necessario svecchiare ciò che non invecchia mai, ma tant’è. Oggi è possibile ascoltare ottima musica composta da ragazzi che sembrano essere stati ibernati nel 1984 insieme ai loro strumenti e scongelati dopo quarant’anni…ma torniamo a bomba. È inutile far finta che una ‘certa parentela’ non esista: la presenza del figlio di Steve Harris tra le fila dei The Raven Age genera automaticamente un legame ideale con le fondamenta cinquantennali del Metal…e con gli Iron Maiden stessi, considerando che il loro concerto milanese di luglio 2023, regolarmente tenutosi nonostante qualche inciampo, ha ospitato proprio i The Raven Age tra i gruppi pre-Maiden. Il compito di portare sul palco una summa delle sonorità metallare più recenti è invece affidato ai succitati Blitz Union, che con il loro stile fortemente ispirato alla Neue Deutsche Harte di Rammstein, Eisbrecher e via dicendo portano a Trezzo una ventata di Dark/EDM/Industrial pronta a soffiar via le ‘roccaforti filosofiche’ di molti appassionati. Le sonorità dei Blitz Union inoltre sembrano scivolare spesso verso territori ai confini col Nu Metal…definizione che ho sempre considerato orrenda ma purtroppo utile per mettere un po’ d’ordine nel marasma musicale degli anni ’90. L’influenza di Korn e Linkin’ Park sui Blitz Union è tangibile, soprattutto grazie al tono di voce del cantante Mark Blitz, capace di evocare a più riprese proprio Jonathan Davis dei Korn. È come se i Lord of the Lost unissero a modo loro gli stimoli provenienti dai due gruppi introduttivi, mescolando molte declinazioni del Metal solo all’apparenza diverse e spesso separate da barriere puramente ideologiche. Per i Lord of The Lost è forse questo il modo di intendere il ‘nuovo’: includere e accettare tutti i lati delle medaglie, esattamente come ci suggerisce la tracklist del loro ultimo disco “Weapons of Mass Seduction“, album composto da cover di brani di Judas Priest, Bronski Beat, Iron Maiden, Sia, Billy Idol, Pet Shop Boys, Duran Duran, Lady Gaga e chi più ne ha più ne metta. La copertina del disco è stata inoltre costruita usando la tecnica del collage: ritagli di muscoli virili, tacchi a spillo ed eleganti tailleur compongono i corpi dei cinque membri della band, la cui immagine composita rispecchia l’eterogeneità della proposta musicale. Personaggi come David Bowie o Lou Reed proponevano all’incirca la stessa estetica cinquant’anni fa, siamo tutti d’accordo, però certe stravaganze sembrano ancora funzionare alla grande. Ricordiamoci soltanto come l’odierna ‘fluidità’ non sia un prodotto esclusivo del ventunesimo secolo…
Queste riflessioni accompagnano i miei primi passi nel locale e le successive, obbligatorie soste davanti al banco del merch e agli spillatori di birra. Trattandosi di un concerto domenicale temo che l’affluenza di pubblico venga un po’ ridotta dalla spada di Damocle rappresentata dalla sveglia del lunedì…staremo a vedere! Prima di continuare con la lettura dell’articolo, se avete piacere, potete dare un’occhiata alla nostra raccolta di fotografie della serata: per visualizzare il Photo Report del concerto cliccate qui.
BLITZ UNION
Il volume delle casse del locale, impegnate a trasmettere musica per intrattenere i presenti in attesa, si affievolisce e l’improvviso buio in sala viene accompagnato da un imperioso conto alla rovescia da parte di una voce registrata. Alla fine del conto di rovescia i Blitz Union raggiungono i loro posti sul palco, vestiti con neri abiti di scena esteticamente a metà tra l’immaginario Gothic e la ieraticità postmoderna del film Matrix. La produzione artistica dei Blitz Union si sposa perfettamente con il dress code adottato dai quattro membri: le fondamenta Industrial delle canzoni del quartetto ceco vengono contaminate da suggestioni Dark/Gothic e Nu-Metal, dando vita ad un mix danzereccio e bellicoso che conquista buona parte del pubblico fin dal primo brano. ‘Primo’ in molti sensi: la canzone è “Get Up”, primo brano della scaletta nonché prima traccia di “Absolution”, a sua volta primo e finora unico full-length della band. Sulle varie piattaforme è possibile rintracciare tutta la discografia del gruppo, composta da una pletora di singoli, brani remixati e dal primo disco pubblicato nel 2019: l’EP “Revolution”. Il disco di debutto viene giustamente commemorato dalla band, che riserva alla sua title track la penultima posizione in scaletta. L’esibizione dei Blitz Union, purtroppo piuttosto stringata, risulta parecchio gradevole e coinvolgente anche grazie alle molte hit presentate al pubblico italiano, tra cui mi preme ricordare “Plastic” e soprattutto “Hotel India Victoria”. Quest’ultima canzone è destinata a diventare una presenza fissa nella playlist dedicata ai miei ‘piaceri proibiti’. Qualcuno tra i Lettori senza dubbio sa di cosa parlo: si tratta di quella selezione di brani che, gettandovi in uno stato di esaltazione mista a un po’ di vergogna, vi obbliga a girare al contrario i poster di Ronnie James Dio e dei Manowar quando premete play, così da non guardare in faccia i vostri eroi mentre peccate…
I Blitz Union, effettivamente, spingono tutto l’uditorio a peccare: in occasione dell’ultimo brano il cantante, fino a quel momento perennemente in piedi su dei supporti sistemati tra le spie, invita tutto il pubblico ad abbassarsi sulle ginocchia. L’obiettivo è far spiccare a tutti un salto all’unisono nel momento in cui esplodono i ritornelli della canzone. Ci provo anch’io, che diamine; subito il ginocchio destro mi invia una forte fitta come a dire: ti ho servito bene per 45 anni, permettimi di farlo ancora! Evito pertanto di ripetere l’insano gesto per la seconda volta, preferendo di gran lunga un secondo esercizio di gomito alzato con relativo boccale di birra in mano. I Blitz Union concludono il loro show e le luci si riaccendono: ciò mi permette di notare con piacere alcuni partecipanti abbigliati con felpe e gilet da biker. Come finire in bellezza una bella scampagnata in sella, resa possibile dalla bella giornata? Con un concertino al Live Club, ovviamente! Noto altresì che il locale, pur non essendo pienissimo, ospita comunque svariate centinaia di persone: per essere domenica sera non ci si può proprio lamentare!
THE RAVEN AGE
Ammetto di non aver seguito più di tanto il gruppo nel corso degli anni: non me ne vogliano quindi i fan dei The Raven Age se non sono stato in grado di riconoscere molte delle canzoni proposte dalla band. In teoria i cinque londinesi dovrebbero essere nelle mie corde: principalmente nell’ultimo album “Blood Omen”, infatti, i ragazzi mostrano di affondare le loro radici artistiche nella galassia Hard’n’Heavy di stampo tradizionale. Accennavo poc’anzi, però, al fatto che i ragazzi ne presentano una versione pesantemente riveduta e corretta. Le componenti Metalcore e un’abbondante dose di melodia ereditata dal mondo Hard Rock/Sleazy aiutano a comporre un affresco stilistico in bilico tra sonorità classiche e contemporanee, rendendo l’insieme sicuramente originale…ma non sempre semplice da digerire per chi, come me, ha costruito i proprio gusti musicali ascoltando Aerosmith, Alice Cooper, Metallica, Scorpions e compagnia bella per poi dedicarsi con non poche soddisfazioni sia all’estremismo del Black e del Death Metal che alle sperimentazioni di Fear Factory, Deftones, Rammstein e via dicendo. Paradossalmente, trovo i The Raven Age più distanti da me rispetto agli altri due gruppi presenti stasera, forse proprio per questa difficoltà che incontro nel classificarli e racchiuderli nella ‘gabbia’ di una definizione certa. Questi probabilmente sono gli effetti degli anni ’90, musicalmente parlando: in ambito Hard’n’Heavy si passava volentieri da un estremo all’altro…ma si faticava, e si fatica tutt’ora, ad apprezzare appieno le entità ‘ibride’ come i The Raven Age. Ciò nulla toglie, ovviamente, all’esibizione del quintetto londinese, che si rivelerà ‘efficace ed efficiente’ come d’altronde fu in occasione del concerto degli Iron Maiden del 2023. Arriviamo al momento fatidico: le casse del locale, dopo il consueto rabbuiarsi del salone, diffondono un’introduzione sontuosa e melodica, che con i suoi arpeggi di chitarra e le soavi atmosfere riesce ad attirare l’attenzione di tutti gli astanti. Le pedane tra le spie tanto apprezzate dai Blitz Union vengono sfruttate a dovere anche dai The Raven Age, con la soddisfazione di tutti i presenti che non sono riusciti a raggiungere una posizione sufficientemente vicina al palcoscenico. Ciò che si nota fin da subito è l’estrema professionalità dei membri della band, tanto nei movimenti sul palco quanto nell’esecuzione tecnica delle partiture. Il cantante Matt James è istrionico, incita il pubblico, insiste molto sulla presenza scenica interpretando egregiamente la sua posizione di frontman.
Gli ingranaggi del gruppo, insomma, sono oliati per bene, sicuramente grazie ai molti chilometri macinati nei vari tour. Sul palco i ragazzi si spostano con cognizione di causa, magari non seguendo movimenti coreografati ma incastrandosi nelle varie postazioni secondo una pianificazione creatasi dopo innumerevoli ore di concerti. Il cantante, impeccabile nell’esecuzione delle linee vocali, gioca volentieri con la voluminosa asta del microfono, incitando il pubblico a seguirlo nei momenti particolarmente adatti per accompagnare i riff di chitarra con potenti cori. I ragazzi si mettono in posa per tutti gli astanti, siano essi fotografi professionisti o ‘normali civili’, che puntano verso di loro le fotocamere. Il pubblico, purtroppo, sembra mostrare meno coinvolgimento rispetto all’esibizione dei Blitz Union, combo più in linea con la proposta degli headliner della serata. Lo stuolo di fan è comunque ben nutrito e immagino che qualche appassionato si sia fatto volentieri catturare dagli artigli dei cinque colorati corvi di Londra; persino io, nel mio piccolo, riconosco alcune canzoni prese dal succitato “Blood Omen”, album del 2023: “Parasite”, “Serpent’s Tongue” ed “Essence of Time” raccolgono molti e meritati applausi. I The Raven Age, quando c’è da andare pesanti, lo fanno senza farsi troppo pregare; la loro proposta musicale, comunque, si attesta generalmente su livelli di gradimento raggiungibili anche dai consumatori occasionali di metallo pesante, rendendo piuttosto ampia la platea di potenziali fan. Perdonate la piccola parentesi tricologica: l’acconciatura del chitarrista Tommy Gentry, subentrato a Tony Maue nel 2022, è assolutamente degna di nota, dal momento che i suoi capelli biondi lunghi da un lato e rasati dall’altro ricordano in modo impressionante i capelli del cantante dei Lord of the Lost. Ignoro se questa somiglianza sia stata cercata o meno; vista la maniacale precisione dei The Raven Age sul palco, però, la cosa non mi stupirebbe!
LORD OF THE LOST
Il variopinto pubblico dei Lord of the Lost si mostra in tutto il suo splendore: metallari old school, ragazzi e ragazze abbigliati in modi piacevolmente sgargianti, lenti a contatto spettrali in pieno stile vampiresco, maschere cyberpunk pescate dal merch dei Blitz Union,…mi accorgo anche di due ragazze in prima fila che hanno fissato sulla sommità del capo due code di capelli finti biondi e ossigenati, in modo da assomigliare il più possibile a Chris Harms, il cantante della band. Ho concluso la sezione dedicata ai The Raven Age parlando di capelli, mi sembra giusto iniziare la sezione dedicata agli headliner nello stesso modo. E’ tutta invidia, ovviamente: con i capelli che la vita mi ha lasciato potrei al massimo creare una trecciolina di pochi centimetri…mi trovo anche ad invidiare un altro elemento: le magliette dei membri della crew sul palco, intenti a tirar cavi e collegare la strumentazione. La loro posizione lavorativa è inconfondibile: indossano tutti una t-shirt con scritto sulla schiena ‘Crew of the Lost’. Ecco la classica maglietta con cui tirarsela in mezzo al pubblico di un qualunque concerto! Tra il pubblico noto alcune persone arricchite da creste e abbigliamento tipicamente Punk, il che mi conferma come i Lord of the Lost riescano a trovare consensi negli ambienti più disparati. Avrò modo di vedere anche sul palco capigliature ardite: sarà impossibile infatti ignorare l’altissima e gloriosa cresta sulla testa del tastierista/percussionista Gared Dirge (al secolo Gerrit Heinemann)! Cala per la terza volta il buio in sala e già il pubblico urla rumorosamente. La base registrata introduttiva pare strappata alla colonna sonora di un film di fantascienza, con un forte battito regolare che richiama quello di un cuore seguito dal dolce suono di un carillon. I ragazzi salgono sul palco e iniziano subito a suonare, rimandando le presentazioni, se non ricordo male, all’intervallo tra i brani “Last Words” e “Seven Days of Anavrin”. Il cantante comunica a tutti che il batterista Niklas Kahl si è ammalato poco prima di partire per il tour: la sua postazione sarà temporaneamente occupata dall’ottimo Jörn Schwarzburger, che nonostante il poco preavviso si dimostra completamente a suo agio nei panni di batterista sostitutivo. Chris Harms non mancherà di sottolineare il valore del turnista durante tutto il concerto, a riprova del fatto che una miglior selezione non si poteva fare.
Lo show prosegue con “Live Today”, classico della band preso dall’album del 2012 “Die Tomorrow”, proposto come introduzione ai due brani seguenti: “Heart for Sale” e la title track. L’inconfondibile ritornello ‘we wanna see your hands, we wanna see you dance, like there is no tomorrow’ di “Die Tomorrow” impone agli spettatori l’irrefrenabile bisogno di muoversi, ballare e saltare. L’atmosfera si fa piuttosto calda: il cantante si toglie la giacchetta con le paillettes e riconosce con gratitudine che siamo davvero in molti, considerando che è domenica, e approfitta del momento di pausa per ricordare i recenti concerti in Italia. L’ultimo fu al Legend Club di Milano, in uno dei giorni più piovosi e freddi della storia…e come non ricordare l’onnipresente data di Bologna con i suoi rovinosi 15 minuti di tempesta? Dopo questo triste ricordo la canzone “Go to Hell” sembra particolarmente adatta! Finora la scaletta sembra simile a quella della data precedente, tenutasi a Monaco di Baviera il 23 marzo…o meglio: simile a quella che si trova in rete. Ho modo di dubitare, infatti, dell’esattezza di queste informazioni rintracciabili sul web. La scaletta di questa data al Live Club che apparirà online non cita “Sex on Legs”, che a me sembra sia stata accennata dopo “Last Words”…se qualche Lostie sta leggendo questo articolo si faccia sentire per confermare questo mio ricordo, per piacere! I Lord of the Lost procedono con la loro scaletta seguendo un ordine cronologico, passando dai brani più ‘vecchi’ a quelli più recenti: quando giunge il momento di “Raining Stars”, presa dall’album Empyrean del 2016, il cantante scende dal palco e scorrazza nel corridoio di sicurezza che si snoda tra il palco e il pubblico, quello sfruttato dai fotografi professionisti per immortalare gli artisti. Uno dei motivi per cui i Lord of the Lost incontrano i favori del pubblico è proprio la ricerca continua del contatto con la gente: Chris Harms chiacchiera volentieri, scende a battere cinque ai fan nelle prime file, sorride a tutti e la stessa cosa fanno gli altri membri del gruppo.
Il cantante sta per avere anche il suo momento di gloria personale: chiede infatti a tutti di accendere le torce dei cellulari prima di eseguire con una chitarra acustica “Lighthouse“. In attesa che la chitarra arrivi tra le sue mani intrattiene gli astanti parlando con una ragazza, dopo aver visto che sul suo viso ci sono alcune gocce di sangue glitterate. “Blood and Glitter” è il titolo dell’ultimo album della band…e infatti il cantante dichiara che prima o poi le copierà il trucco! Saranno le birre, sarà che l’età avanza rendendo nebbiosi i miei ricordi, però anche in questo caso mi trovo in disaccordo con le testimonianze rintracciabili in rete: pare che “Lighthouse” sia stata eseguita dopo “Euphoria”, ma il mio ricordo colloca “Lighthouse” tra due tracce dell’album “Thornstar”: l’ottima “Loreley” e la festosa “Forevermore”. Tanto vale a questo punto tirar fuori un altro scheletro dall’armadio: “Forevermore” è una delle canzoni presenti da più tempo in quella playlist proibita a cui facevo riferimento! Il cantante successivamente racconta come i Lord of the Lost abbiano iniziato l’attività musicale per puro hobby, 15 anni fa, senza pretese alcune. Per l’ennesima volta ringrazia tutti perché gli hanno sempre detto che in Italia, se si vuol campare di musica originale, è molto dura, considerando la grande quantità di cover bands e il relativo successo di pubblico che incontrano. Eppure, nonostante il lunedì che incombe, siamo presenti in gran numero proprio per seguire tre gruppi che propongono musica originale. Chris Harms approfitta dell’occasione per ringraziare e dedicare un applauso agli artisti che hanno preceduto i Lord of the Lost: l’applausometro, sinceramente, decreta i Blitz Union come la band che ha raggiunto il maggior numero di cuori presenti nell’uditorio, confermando come il pubblico presente sia forse più incline ad apprezzare sonorità Gothic/Industrial. Dopo “The Future of a Past Life” e “Blood & Glitter” il gruppo raggiunge il disco più recente, il succitato “Weapons of Mass Seduction“. Se è vero che in Italia abbiamo molte cover band…perché non proporre qualche cover estratta da questo disco? Tocca quindi alla mitica “Shock to the System” di Billy Idol, ad “Unstoppable” di Sia e “Bad Romance” di Lady Gaga, peraltro già apparsa nell’EP del 2012 “Beside & Beyond”. “Bad Romance” permette la seconda e ultima discesa dall’olimpo per il cantante, che saluta da vicino i fan più accaniti prima di tornare sul palco ed eseguire l’ultimo brano: “One Last Song“. I Lord of the Lost non inscenano sparizioni che anticipano gli encore: la conclusione delle danze è affidata a “One Last Song” senza rispettare la tradizionale manfrina dei bis, che il cantante definisce senza mezzi termini ‘una stronzata’.
Termina così una bella serata, trascorsa ascoltando ottima musica dal vivo. I commenti che sento mentre mi dirigo verso l’uscita del locale sono i medesimi che sentivo a Bologna: i Lord of the Lost, con la loro simpatia e soprattutto grazie alla qualità della produzione artistica, hanno conquistato anche stavolta il pubblico italiano. Uscendo dal Live Club mi accorgo di quattro energumeni abbigliati in maniera particolare: si tratta dei Blitz Union, che si stanno avvicinando al banco del merch per fare un piccolo bagno di folla conclusivo. Come resistere alla tentazione di obbligare il quartetto a scattare una foto in mia compagnia? Mai dire di no alla possibilità di portarsi a casa un bel ricordo! E’ anche questo il bello dei concerti: non sai mai chi ti puoi trovare di fronte…si aggiunge così un ulteriore buon motivo per uscire di casa e andare a gustarsi un po’ di musica live: fatelo tutti, fatelo spesso, fatelo adesso!