Live Report: Mayhem + Mortiis + Gravestone @ Orion, Ciampino – 07/05/2022
Questa data la aspettavo da tempo. Era segnata già lo scorso anno sul calendario, ma le vicende pandemiche che ci hanno coinvolto, nostro malgrado, hanno procrastinato nel tempo questo evento, senza alcuna certezza che si sarebbe mai realizzato. Inizialmente, il concerto era previsto per ottobre 2020, poi marzo 2021 ed infine, maggio 2022. La pandemia ha indubbiamente avuto effetti nefasti su chi, come noi, ama e vive per le esibizioni live.
Un applauso va prima fatto agli organizzatori di questa serata di grande musica che sono stati molto seri, riconfermando le date previste in principio (Modugno, Roma e Parma), dando vita ad uno spettacolo di primo ordine.
Una lunga attesa, un concerto e…un mistero che, tutto sommato, ci sta sempre bene.
Già, perché a poche ore dall’inizio dell’evento, i Mayhem fanno sapere, attraverso i loro canali social, che Hellhammer non sarebbe stato disponibile per la data di Roma e che al suo posto avrebbe suonato un altro norvegese, Spektre, batterista, dal 2017, dei Gaahls Wyrd, che prima della tournée, aveva già provato con la band. Sulle motivazioni, i Mayhem fanno sapere, nei commenti al post pubblicato su Instagram, che si tratta di “family matters”, problemi familiari. Massima discrezione sulle motivazioni del forfait di Hellhammer, quindi.
Un brutto colpo, perché per i fans, il batterista è uno degli antesignani che portano alto il vessillo di anticristianità, morte, caos e distruzione di “De Mysteriis Dom. Sathanas”, l’album che ha cambiato la nostra vita e la storia del black metal. “Mica coteca”, come diciamo qui a Roma.
Cala il sole, e salgo in macchina, direzione Orion, un noto locale che si trova a Ciampino, lontano dal caos della città, con spazi più adeguati – ma pur sempre al chiuso – per un concerto degno di questo nome.
Il cielo è plumbeo ed inizia a cadere qualche timida goccia di pioggia: per una sera, Roma diventerà la Norvegia e l’Orion si trasformerà nell’Helvete. La consapevolezza di partecipare a qualcosa di eccezionale, mi eccita, e mi fa dirigere, a grandi passi, verso l’entrata del locale.
Ad aprire la serata ci sono i Gravestone, una band romana di pluriennale esperienza guidata dalla frontwoman Simona Guerrini: la loro proposta musicale è un death metal contaminato da sonorità melodiche e spesso prog; hanno una grande intesa e la loro prestazione, unita ad un ragguardevole bagaglio tecnico, ne beneficia ampiamente. I Gravestone, complici un’ottima presenza scenica e una fan base davvero partecipativa, riescono nel loro compito: farsi conoscere e scaldare il pubblico.
E poi c’è la consueta pausa birra, che all’Orion consiste nell’andare in uno spazio esterno, adiacente al locale, per degustare del buon luppolo insieme ad altri metallari: due chiacchiere, un po’ di fresco, fino a quando le prime note non richiamano tutti all’interno.
E’ il momento di Håvard Ellefsen, meglio conosciuto come Mortiis, altro personaggio straordinario, che faceva parte del famoso Black metal inner circle: uno dei protagonisti, che ha contribuito a creare la leggenda ancor oggi vivida. Dopo aver lasciato gli Emperor a metà di “In The Nightside Eclipse”, si trasferì in Svezia, iniziando una carriera solista.
E’ da dietro un altare in legno, che inizia a suonare la sua tastiera. Il gioco di luci, e i fans, che ascoltano in religioso silenzio. Sebbene la forma sia diametralmente opposta a quella del suo passato, non si può fare a meno di notare che le atmosfere create dall’Oscuro Folletto, siano decisamente affini a Burzum, in modo particolare a quelle di Rundtgåing av Den Transcendentale Egenhetens Støtte. Il suo carisma è grande e non è quello appariscente, ma silente ed introverso di chi è consapevole del suo ruolo nel firmamento della musica più oscura. E alle tastiere, verso metà concerto, si aggiungerà un percussionista, anch’egli rigorosamente mascherato, che darà un tocco più primordiale alla musica di Mortiis avvicinandolo alla tradizione scandinava ma allo stesso tempo a quella dinamicità di scena che ha scaldato il pubblico ipnotizzato dalla sua musica coinvolgente e dalle sonorità ataviche, che raschiano nel più profondo animo di chi l’ascolta. E’ stato suggestivo, il silenzio della folla che ammirava l’arte di Mortiis: un viaggio onirico.
E prima della consueta pausa birra, faccio un salto nell’area dedicata al merchandising ufficiale delle band perché in una serata come questa, comprare un souvenir è un atto dovuto: appartengo a quella sempre più esigua schiera – nell’era dell’e-commerce, mi rendo conto, che è anacronistico – di fan che amano comprare le magliette direttamente ai concerti.
Le prime note, sono quelle di Falsified And Hated, di Deamon, l’ultimo lavoro in studio della band: l’Orion è gremito, e la folla inizia ad agitare le braccia con il segno I.L.Y. in bella vista. Anche la scelta delle luci, alimenta la creazione di un’atmosfera certamente poco affine a quella di Gesù Cristo: i colori predominanti sono il rosso e il viola, tanto cari al black metal. A scanso di equivoci, nel regno che avrebbe dovuto essere di Hellhammer ma che per questa sera è di Spektre, si erigono tre croci, rigorosamente rovesciate. Il concerto si divide in tre parti: la prima è dedicata agli “altri” lavori dei Mayhem, la seconda, introdotta ad ossequiosi omaggi a Dio, è dedicata a De Mysteriis Dom. Sathanas, ed è anche quella che esalta maggiormente la folla, che la coinvolge, e la porta indietro nel tempo e la terza è dedicata a Deathcrush e agli albori della band. Molto si è detto sull’attuale formazione dei Mayhem e di quanto essa sia lontana da quell’idea originale degli anni ’90. Ohlin non c’è, e sicuramente era un personaggio straordinario, ma Attila è un grande cantante, carismatico e dal vivo, è davvero bravo; non c’è Euronymous, ma ci sono Ghul e Teloch che comunque sono due grandissimi chitarristi; non c’è Varg Vikernes (o che dir si voglia Burzum) ma comunque Jørn Stubberud (Necrobutcher) che è stato il cofondatore del gruppo. Hellhammer è rimasto, e questa sera è stato egregiamente sostituito da Spektre.
La prestazione è stata superlativa, un esempio di come la musica possa sopravvivere al tempo e alle difficoltà – ed i Mayhem, nella loro lunga carriera, ne hanno trovate diverse.
I Mayhem sono più vivi che mai, la leggenda continua.
Live Report a cura di Alessandro Rinaldi