Live Report: Mayhem+Dragged Into Sunlight+Inferno @Live Music Club, Trezzo sull’Adda (MI) 06/04/2017
MAYHEM – DRAGGED INTO SUNLIGHT – INFERNO
06/04/2017 @Live Music Club, Trezzo sull’Adda
INTRO
“Darkness will show us the way”
É l’oscurità il tema principale dell’unica data italiana (quella di Roma attende conferme) del tour celebrativo di “De Mysteriis Dom Sathanas”. Partito lo scorso 24 marzo da Karlstad in Svezia, il Purgatorium Europæ MMXVII vede gli storici Mayhem esibirsi sul palco del Live Music Club di Trezzo sull’Adda per suonare interamente il loro primo album, nonché la pietra miliare del black metal.
Un evento che congela per qualche ora la primavera e tutti i suoi profumi a favore di un’atmosfera fredda e tagliente dalla quale si diffonde una fitta nebbia. In questo clima surreale, dominato dalle tenebre, si susseguiranno fantasmi ed ombre per commemorare un genere musicale mai morto che continua ad evolversi.
Le aspettative si solidificano mettendo gli occhi su un palco ancora illuminato che mostra una strumentazione di alto livello ed una scenografia decisamente curata seppur nascosta da consueti drappi neri.
Ad accompagnare gli headliner Mayhem ci sono i cechi Inferno ed i britannici Dragged Into Sunlight. Un preludio piuttosto interessante che vede l’avvicendamento di un black metal a tinte primordiali lasciar spazio a sonorità più moderne e dannatamente violente.
INFERNO
Una carriera ventennale scandita da una cospicua produzione di split, album live e ben sei full-length di inediti tra cui l’ottimo “Black Devotion” del 2009 e l’ultimo “Gnosis Kardias” partorito proprio pochi giorni fa per la World Terror Committee. Questo è il curriculum del quintetto Inferno che negli anni ha visto diversi cambiamenti della line-up nella quale Adramelech (cantante) è rimasto il solo ed unico membro della formazione originale.
Alle 20 e poco più, sotto il palco, c’è già un buon numero di spettatori vogliosi di spalancare le porte degli inferi per poter così assistere ad un macabro ed eccitante spettacolo. Un rito pagano propiziato dall’ingresso silenzioso dei black metaller che, dopo un breve intro, scaraventano dense fiammate sonore. Capeggiati dal “sacerdote” dell’occulto alla voce, gli Inferno mostrano una buona coesione strumentale sostenuta da un growl profondo e funereo ma sporcata da una precaria ottimizzazione del suono.
Avvolti costantemente dal fumo, i cinque musicisti a viso semi-coperto rimangono piuttosto statici davanti alla dinamicità delle luci scarlatte che scaldano la scena. Gli Inferno alternano momenti di classico black metal puro ed essenziale, quello delle loro origini per intenderci, a brani più moderni e sperimentali influenzati certamente dal black metal transalpino che, a parer mio, non convincono pienamente.
La buona presenza scenica di Adramelech che aizza la folla ed invoca demoni, nascosto dietro la folta e lunga chioma di capelli, contribuisce alla riuscita di uno show senza particolarità sorprendenti ma comunque godibile. In poco meno di un’ora gli Inferno portano a termine il loro incubo liturgico strappando una buona dose di applausi.
DRAGGED INTO SUNLIGHT
Devo ammettere che in me aleggiava una certa curiosità nel vedere all’opera i cinque giovani ragazzi dalle identità misteriose, completamente devoti ad un death-grind intriso di doom ed industrial.
Il mastodontico candelabro, ornato da ossa e teschi animali, viene posto al centro del palco, le timide fiamme delle candele prendono vita ed il Live Music Club ripiomba nel consueto buio. Parte un intro strumentale fatto di suoni elettronici dai volumi altissimi. I due schermi ai lati della scena iniziano a trasmettere immagini di violenza, autopsie, fucilazioni e quant’altro, mentre una voce narrante, dai toni crescenti, introduce i Dragged Into Sunlight. Il copione è sempre lo stesso: fumo, tanto fumo da oscurare letteralmente il palco, luci bianche intermittenti ed i cinque musicisti di spalle avvolti da una nebbia ossessiva. L’impressione è quella di stare al cospetto di un imponente cumulonembo infuriato in cui si rincorrono fulmini frenetici e tuoni possenti. Non piove, ma il temporale costruito dai Dragged Into Sunlight appare colossale, non tanto per le dimensioni quanto per il boato che emette. I Nostri innalzano un muro acustico spaventoso, cupo e violento sorretto da volumi spropositati che fanno vibrare il cuore dei presenti. Le urla del cantante dilagano nell’atmosfera angosciante creata ad hoc dal combo inglese e lacerano qualsiasi emozione. In un clima asfissiante dai toni dannatamente brutali il pubblico resta ipnotizzato, ma l’incantesimo non tarda a svanire. Infatti, la scelta del quintetto di rimanere nascosti per tutta la durata dello spettacolo è un’arma d’effetto ma poco efficace. In un turbine violento, dove le melodie sono ingoiate dalle tenebre, la mancanza di una vera e propria presenza scenica determina un calo di attenzione da parte dei presenti. Superata la metà dell’esibizione ho visto accendersi tra la folla diversi smartphone non per scattare foto (impresa ardua ai limiti del possibile), ma bensì per navigare.
Lo show dei Dragged Into Sunlight è comunque molto apprezzabile per chi li vede per la prima volta, uno shock sonoro davvero sorprendente che mette all’angolo l’indifferenza. La bravura compositiva dei ragazzi è indiscutibile, a dimostrarlo sono i due album “Hatred for Mankind” (2009), “WidowMaker” (2012) e l’ultima collaborazione con Gnaw Their Tongues intitolata “NV”.
La band, in futuro, dovrà essere capace di proiettare l’ottima produzione sonora e le sperimentazioni originali su uno spettacolo più articolato e coinvolgente per poter creare così un connubio vicino alla perfezione.
MAYHEM
Sono circa novecento le persone accorse per questo avvenimento così importante. Il vero e primordiale black metal di “De Mysteriis Dom Sathanas” (qui la nostra recensione) sta per rivivere tra le mura del Live Music Club, ma soprattutto nei cuori dei presenti.
Il palco si spoglia delle precedenti strumentazioni per vestirsi di nero e di porpora, drappi con teschi e croci rovesciate agghindano i lati del palco mentre lo sfondo è dominato dalla celebre cattedrale cristiana di Nidaros. Un rumorio di stupore si leva dal pubblico quando viene scoperta l’imponente batteria: un capitello artistico sul quale Hellhammer scolpirà i ritmi degli attesissimi otto brani.
Puntuali come la morte i Mayhem salgono sul palco accolti da un boato di puro godimento. Sulle note della splendida ‘Funeral Fog’ gli incappucciati norvegesi emergono da una nebbia violacea lasciando incustodito il centro del palco. Non tarda a materializzarsi l’attesissimo Attila: all’interno di un saio nero, lo spettro inquietante dal volto mascherato, rigurgita i testi occulti dall’oltretomba sostenendo il peso di una grossa croce rovesciata appesa al collo.
“Every time this year
This dark fog will appear
Up from the tombs it comes
To take one more life that can be near”
L’acustica non è impeccabile, manca un po’ di profondità ed equilibrio ma è una prerogativa sulla quale si può sorvolare visto lo spettacolo al quale si è di fronte. Le atmosfere sono quelle del disco, i ritmi cadenzati si scontrano con blast beat feroci conditi da appassionanti virtuosismi. In un clima tanto angosciante quanto eccitante si accende la flebile fiamma di ‘Freezig Moon’ che si trasforma in un incendio incontrollabile in cui serpeggiano le urla di Attila che fomenta un pubblico in delirio al cospetto dell’assolo di chitarra ed ai successivi ritmi indiavolati di ‘Cursed In Eternity’ e ‘Pagan Fears’. Tutto scorre veloce, troppo veloce per poter godere a pieno di così tanta adrenalina che straborda non appena inizia l’arpeggio irresistibile di ‘Life Eternal’ nel quale danzano le sinistre invocazioni. Dopo aver eseguito la micidiale ‘From the Dark Past’, i Mayhem si riuniscono attorno ad un altare per invocare la brutale ‘Buried By Time and Dust’ che il quintetto rovescia sulla folla in visibilio. Totalmente padroni del palco, i musicisti, ben coordinati ed affiatati, riescono nell’intento di mettere in piedi uno spettacolo davvero avvincente che termina con l’omonimo capolavoro di questo album sensazionale: ‘De Mysteriis Dom Sathanas’. Nell’ultimo brano c’è tutto quello che lo spirito Mayhem ha da offrire, c’è tutto quello che ogni spettatore desidera. Il violento cerimoniale, che profuma di incenso, toglie il respiro e rasenta la pazzia. I tempi indiavolati fanno da cornice alle spaventose formule urlate in latino che rivelano una sorta di messa nera da brividi soprasseduta da scheletri inquietanti.
Attila, smascherato e vestito con la consueta tunica rossa finale, saluta e ringrazia una folla del tutto appagata che dispensa lunghi applausi.
Corna al cielo per i Mayhem.
Setlist:
01 Funeral Fog
02 Freezing Moon
03 Cursed In Eternity
04 Pagan Fears
05 Life Eternal
06 From The Dark Past
07 Buried By Time And Dust
08 De Mysteriis Dom Sathanas
CONCLUSIONI
“De Mysteriis Dom Sathanas”, al giorno d’oggi, non rappresenta più quel movimento di protesta, di ribellione. Quel pensiero anti-cristiano, fedele al paganesimo, si è adattato ai tempi moderni, si è venduto al commercio, alla globalizzazione, ai social senza però perdere quell’aura di magia che lo circonda.
Ma la cosa più rilevante è che “De Mysteriis Dom Sathanas”, volente o nolente, è entrato nella storia della musica trasformandosi in cultura, diventando arte. Tutto ciò grazie ai due assenti più illustri della serata: Dead ed Euronymous.
Amen.