Live Report: Megadeth + Gamma Ray @ Estragon (Bo) 03/06/2016
03 giugno 2016, due delle band più amate dai metalhead italiani sono pronte a mettere a ferro e fuoco il palco dell’Estragon a Bologna. Siamo tutti a conoscenza della storia (strettamente legata al Gods of Metal 2016 di cui potete trovare il nostro report qui) che ha dato vita a questo appuntamento, non vale quindi la pena parlare di cose già note, meglio concentrarsi sul presente, sull’attesissima esibizione che Megadeth e Gamma Ray terranno stasera.
Arriviamo all’Estragon poco prima delle 18:00 e troviamo già un discreto numero di fan in attesa dell’apertura dei cancelli prevista per le 19:00. Il tempo di una birra e quattro chiacchiere con i presenti per capire come sia spasmodica l’attesa per poter assistere all’esibizione dei Megadeth che, forti di un nuovo album dal valore indiscusso come Dystopia, hanno riacceso e non poco i cuori dei fan.
GAMMA RAY
Verso le 19:20 riusciamo a entrare all’Estragon, locale che non ha sicuramente bisogno di presentazioni. Nonostante un aspetto esteriore tutt’altro che d’impatto, il suo interno risulta elegante e curato con un ampio spazio per il merchandise e due ottimi angoli bar. Puntuali come un orologio svizzero alle 20:00 fanno l’ingresso in scena i tedeschi Gamma Ray. Al momento il numero di fan presenti sotto il palco non è elevatissimo ma molta, moltissima gente è ancora in coda all’ingresso per i controlli del caso. La band capitanata da Kai Hansen è una delle più amate in territorio italiano e c’è grande curiosità di vederla in azione dopo l’esibizione al Gods, data che ha regalato qualche sorpresa ai fan della compagine teutonica. Dopo le note dell’intro prescelto per la serata con cui, uno alla volta, il quartetto tedesco sale sul palco, si parte a mille con il classico Heaven Can Wait accolto a gran voce dai presenti. Nonostante gli evidenti effetti al microfono si nota subito come Hansen faccia più fatica del solito a cantare e infatti, con un effetto sorpresa, irrompe in scena Frank Beck, cantante che ha già accompagnato on the road la leggendaria power metal band tedesca a partire dalla seconda metà del 2015. Hansen si limiterà quindi ad un ruolo secondario al microfono, dedicandosi prevalentemente ai cori e lasciando a Beck il ruolo di voce principale. Il giovane cantante mette immediatamente in mostra delle ottime doti canore esibendo, allo stesso tempo però, dei limiti per quanto riguarda la presenza scenica. Singer praticamente sconosciuto e scoperto da Dirk Schlächter, Beck si dimostra non completamente maturo per una dimensione come quella dei Gamma Ray. Non stiamo mettendo in dubbio le sue doti canore, che anzi, risultano validissime, quanto la sua capacità di stare sul palco. Anche se solamente in veste di ospite, da un frontman di una band di prim’ordine come il combo tedesco è giusto pretendere molto di più. Ma non è solo il guest singer a mostrare dei limiti di presenza scenica, tutta la band sembra non essere in forma continuando la fase calante che, dal vivo, i Gamma Ray stanno vivendo ormai da qualche anno. Affermazione che pesa e non poco, Hansen e soci ci avevano abituato a delle esibizioni cariche di emozioni, ma stasera, a malincuore, proprio non ci siamo. La scaletta è da paura e i pezzi, salvo qualche sbavatura in un paio di tracce, eseguiti con una perizia maniacale. Si pesca tra i classici della gloriosa discografia da cui la compagine teutonica può attingere ma, purtroppo, manca l’impatto, il trasporto emotivo. I nostri sanno di essere amati in Italia e dispensano sorrisi a destra e a manca ma ci avevano abituato a ben altre prestazioni. Sorprende inoltre la scelta di non proporre nessuna canzone dal capolavoro Somewhere Out In Space. Anche i suoni sollevano qualche perplessità a causa di una non perfetta bilanciatura con, in particolare, la chitarra di Henjo Richter una spanna sopra gli altri strumenti e voce e batteria che a tratti risultano sacrificate. Le prime file, però, sembrano non dare peso a tutto questo e risultano letteralmente indemoniate incitando la band e cantando a gran voce i classici che si susseguono uno dietro l’altro. I Gamma Ray chiudono i quaranticinque minuti a loro disposizione con l’acclamata Send Me a Sign e rientrano nel backstage salutando e ringraziando i presenti. Come detto, prestazione non entusiasmante per l’act tedesco. Un vero peccato, i Gamma Ray ci avevano abituato a molto di più.
Gamma Ray setlist:
01. Welcome
02. Heaven Can Wait
03. Fight
04. I Want Out
05. Induction
06. Dethrone Tyranny
07. Master of Confusion
08. Rebellion in Dreamland
09. Man on a Mission
10. Send Me a Sign
MEGADETH
Terminata la prestazione della band di Amburgo si riaccendono le luci dell’Estragon ed è un piacere notare come il locale si stia riempiendo con un’affluenza che continua ad aumentare. Il cambio palco è abbastanza rapido e, tolti i teloni neri che nascondevano la scenografia dei Megadeth, possiamo ammirare la batteria di Dirk Verbeuren ai cui lati spuntano delle strane sagome che richiamano alla mente alcune costruzioni pseudo militari, nei cui lati frontali, a destra e a sinistra della batteria, compaiono due schermi. Proprio il batterista belga, già attivo tra gli altri con Soilwork e Anatomy of I, è lo special guest di questa tournèe, qualcosa in più di un semplice sostituto dell’assenteista Adler attualmente impegnato con i Lamb of God. Sono circa le 21:15 quando, in un Estragon ormai stracolmo, si spengono le luci e dalle casse parte l’intro di Prince of Darkness che fa esplodere in un vero e proprio boato il locale bolognese. L’attesa è spasmodica e sulle note di Hangar 18 i Megadeth irrompono in scena. Si capisce subito che sarà una serata speciale: Mustaine, Ellefson e Loureiro aggrediscono il palco con carica e grinta proprie delle grandi occasioni, Verbeuren sembra perfettamente integrato nei meccanismi della band e picchia che è un piacere. I suoni sono ottimi e a destare immediatamente sorpresa è lo stato di affiatamento che sembra regnare nel quartetto, in particolare tra i tre lì davanti. Il nuovo acquisto Loureiro sembra faccia parte dei Megadeth da sempre e non sta fermo un attimo, suona divertendosi, la sua prestazione è piena d’entusiasmo, è energia pura. I due veterani, con qualche lustro in più sulle spalle, si muovono con esperienza da vendere, propria di chi ha scritto pagine importanti nella storia del metal. Impossibile non essere coinvolti da tale impatto e così, sul finale di Hangar 18, su quella famosa accelerazione, il pubblico non può che urlare a gran voce il nome dei propri beniamini e il coro “Megadeth”, scandito seguendo la progressione di chitarra, diventa di volta in volta sempre più forte. La scaletta scelta dalla band americana per questa serata da headliner è di quelle che non lasciano scampo. Trovano spazio i classici degli anni d’oro pescando a piene mani da Rust in Peace. Saranno ben quattro i pezzi estratti da quel disco con la sorpresa Poison Was the Cure sparata a mille dopo la seminale Dawn Patrol. Quattro saranno anche le tracce tratte dall’ultimo Dystopia, disco che ha segnato la vera e propria rinascita della formazione americana. Più il concerto prosegue più quell’immagine citata in precedenza, di affiatamento, di vera e propria band, diventa evidente. Nei twin solo Mustaine e Loureiro si cercano, si mettono uno fronte all’altro, suonano faccia a faccia. Gli assoli poi sono equamente divisi e quando tocca al rosso Dave, sono Loureiro e Ellefson a cercarsi, a salutarsi pugno contro pugno per poi riprendere la posizione ai lati della batteria. Se sull’ultima fatica in studio questo amalgama perfetto era facilmente intuibile, dal vivo ne abbiamo assoluta prova e certezza. Lo spettacolo prosegue senza cali di tensione e, attraverso i classici della band, veniamo guidati verso le battute finali della serata. Incontriamo la splendida A Tout le Monde, in cui viene dato ampio spazio al pubblico che intona il ritornello più e più volte, Trust, la nuova Dystopia, Symphony of Destruction per poi proseguire con la conclusiva Peace Sells che viene accompagnata dalla presenza del malefico Vic Rattlehead sul palco. I Megadeth salutano e rientrano nel backstage per uscirne subito dopo acclamati a gran voce da tutti i presenti. L’ultimo a rientrare è Mustaine che, una volta preso il microfono, ricorda Nick Menza recentemente scomparso. Il pubblico risponde scandendo più volte il nome del compianto batterista. Il chitarrista chiede un momento di silenzio in sua memoria e, a testa china, si gira fronte alla batteria. Qualcosa però non va come dovrebbe, una parte dei fan continua a rumoreggiare. Dave non ci sta, riprende il microfono e esorta i presenti “please, a moment of silence, it is for Nick, please” anche questa volta il silenzio non arriva, il tempo però stringe e Mustaine da il via alla seminale Holy Wars… The Punishment Due che chiude definitivamente una prestazione da urlo.
Megadeth setlist:
01. Prince of Darkness (intro)
02. Hangar 18
03. The Threat Is Real
04. Wake Up Dead
05. In My Darkest Hour
06. Post American World
07. Dawn Patrol
08. Poison Was the Cure
09. Poisonous Shadows
10. She-Wolf
11. Sweating Bullets
12. A Tout Le Monde
13. Trust
14. Dystopia
15. Symphony of Destruction
16. Peace Sells
Encore:
17. Holy Wars… The Punishment Due
TIRANDO LE SOMME…
Serata sicuramente riuscita quella in terra bolognese, in un locale che potrebbe e dovrebbe ospitare più eventi di questo calibro. Una serata che pone però qualche riflessione d’obbligo. Partiamo dai Gamma Ray, una band che è apparsa stanca, a cui, almeno stasera, sembra esser venuto meno quell’entusiasmo, quella voglia di suonare che fino a non molto tempo fa era viva come non mai nel cuore della band tedesca. Sapere inoltre che Kai Hansen ha intenzione di intraprendere una carriera solista non fa che avvalorare tale tesi, come se il chitarrista avesse bisogno di staccare la spina, di ricevere nuovi stimoli che, probabilmente, in passato aveva ottenuto da altre collaborazioni, vedi il progetto Avantasia. I Megadeth, invece, sembrano affrontare una seconda giovinezza. Molto è dovuto agli ultimi avvicendamenti di formazione che hanno portato in maniera prepotente nuovi stimoli in seno alla band. Così, dopo aver sfornato ad inizio anno il proprio miglior disco del nuovo millennio, partono in tour carichi come non accadeva da anni, consapevoli del proprio valore e delle proprie capacità, sorretti e motivati da un’intesa interna che da tempo non assaporavano. Da capire solamente quali siano le reali intenzioni di Adler e quanto possano resistere con questo tira e molla Mustaine e compagni. Certo che il Verbeuren visto stasera non sfigurerebbe in questi Megadeth…
Marco Donè