Live Report: Metal Valley a Rossiglione (GE)
A distanza di due anni dalla scorsa edizione torna il Metal Valley nella cornice di Rossiglione (GE), ridente cittadina ligure incastonata nelle valli in prossimità del Passo del Turchino. Verde, natura e tanto metal hanno caratterizzato una giornata all’insegna di un festival rigorosamente a misura d’uomo con tanto di piccolo market tra merchandise, dischi, vestiario e tatuaggi. Un’idea, quella di organizzare questo MetalCamp in miniatura, venuta direttamente dall’esperienza di uno dei protagonisti della scena estrema italiana, cioè Trevor dei Sadist. Ma andiamo con ordine per un lungo e dettagliato resoconto della manifestazione.
5 Star Grave (Report e foto a cura di Andrea Rodella)
All’ora di pranzo intervengono sul palco i primi loschi individui che decretano l’inizio del festival: si tratta dei 5 Star Grave, band dedita ad un punk rock acido e ruvido e che vede tra le sue fila anche Claudio Ravinale (Disarmonia Mundi) e nata dalle ceneri dei Ground Zero. Pochi i minuti a loro disposizione, ma che vengono abilmente sfruttati per portare a sé l’ancora piccola fetta di pubblico presente sotto il caldo sole rossiglionese. La chiusura del set, affidata alla cover dei Ramones Pet Sematary, arriva a suggellare uno show degno di nota per intensità e per qualità della proposta. Un aiuto significativo è stato poi concesso da dei suoni sin da subito ottimali e per questo va decisamente fatto un plauso agli addetti dietro al bancone del mixer.
Ottima performance per un gruppo perfetto per scaldare a dovere (anche se in questo il caldo torrido aiuterà non poco durante la giornata) il pubblico intervenuto sin dall’inizio della manifestazione.
Setlist:
1 – Death Put A Smile On My Face
2 – If
3 – Dead Girls Don’t Say No
4 – Death Times Eleven
5 – Pet Sematary
Lucky Bastardz (Report e foto a cura di Andrea Rodella)
La curiosità di vedere dal vivo una band che sta mietendo notevoli consensi in giro per lo stivale era tanta ed i Lucky Bastardz da Alessandria non si fanno certo pregare per regalare a tutti del rock ‘n’ roll marcio e metallizzato come Lemmy comanda. Geppo, Paco, Mark e Mr. TNT fanno esplodere direttamente in faccia un lotto di canzoni d’impatto e dalla semplicità talmente disarmante da risultare perfette per coinvolgere l’audience. Naturalmente è proprio questo il punto focale della proposta del quartetto, cioè il proporre un set al fulmicotone che faccia smuovere quante più persone possibili. Concluso il tempo a loro disposizione, diamo atto che l’obiettivo è stato centrato perfettamente ed anche il resto delle persone presenti sotto il palco può testimoniarlo.
Sarà la voce di Geppo, più ruvida del solito, la chitarra di Paco che macina riff o la sezione ritmica di Mark e Mr. TNT, ma i Lucky Bastardz rendono parecchio dal vivo e chi non li ha ancora visti farebbe meglio a colmare tale lacuna al più presto possibile.
Setlist:
1 – Fire, Beers, Rock ‘n’ Roll
2 – Bite Your Heart
3 – Sin City
4 – We Won’t Let You Down
5 – Devil Cum
6 – LBZ
Spanking Hour (Report e foto a cura di Andrea Rodella)
Il turno degli Spanking Hour ha inizio in un momento tra i più caldi della giornata, ma questo non spaventa affatto il quartetto che sfrutta i 25 minuti a propria disposizione per dare in pasto ai presenti del thrash metal veloce e sufficientemente brutale. La non eccessiva varietà della scaletta influenza l’attenzione dei presenti, ma comunque riesce a non pesare in maniera eccessivamente gravosa sulla riuscita di uno show che si propone come unico proposito quello di annichilire i presenti. A questo risultato gli Spanking Hour si avvicinano parecchio, ma dal vivo riescono a riprodurre solo parte della violenza sonora sprigionata in studio, cosa che alla fine fa comprendere che i quattro thrasher necessitano di ulteriore rodaggio per essere quella macchina da guerra che la prova del palco richiede.
Nel complesso i milanesi riescono a portare a termine un concerto discretamente coinvolgente, ma i punti su cui poter lavorare per migliorare ci sono. Da rivedere in un contesto differente.
Setlist:
1 – Device
2 – Reason For My Enemy
3 – Leash
4 – Anymore
5 – The Pain Becomes My Friend
Nerve (Report e foto a cura di Andrea Rodella)
Il caso dei Nerve è differente rispetto agli altri, trattandosi di una band giovane, ma terribilmente determinata a farsi strada nel panorama del death tecnico e brutale, pur non disdegnando dosi di melodia. Hate Parade viene debitamente saccheggiato, mentre il precedente Getting Nervous viene toccato per un solo pezzo, 3 Second Madness, il tutto allo scopo di dare ai presenti 25 minuti di pura adrenalina incandescente. Precisi, dinamici e puliti, i quattro genovesi non si sono affatto risparmiati in una performance definibile con un solo aggettivo: perfetta. Fabio, Ermal, Jacopo e Massi riescono a dar vita ad uno show incentrato sul groove e sulla potenza dei loro brani senza rivelare alcun calo di tensione, cosa che l’audience apprezza e ricambia con lodi ed applausi invero meritatissimi.
Il sigillo finale è posto da Generation Lost, canzone che chiude il ridotto set a disposizione dei Nerve con l’ennesima scarica di violenza sonora. Ottima live band che si conferma tra le più promettenti della scena estrema nostrana.
Setlist:
1 – The Threat
2 – Black Fades
3 – My Inferno
4 – Shelter
5 – Mescaline
6 – 3 Second Madness
7 – Generation Lost
Cerebrum (Report a cura di Andrea Rodella, foto a cura di Andrea Rodella e Massimiliano Garlaschelli)
La prima band straniera chiamata in causa risponde al nome di Cerebrum. La carta d’identità fornisce come indizio di provenienza la Grecia, ma il gruppo reca in realtà la bandiera del death metal più tecnico. La curiosità verso questo quintetto era quella di vedere come sarebbe stata la resa dei brani senza il batterista che li ha incisi in studio, tale George Kollias (Nile), e va detto sin da subito che il risultato è stato più che all’altezza della situazione. Anche nel caso dei Cerebrum vale ciò che è stato detto in occasione dei Nerve, cioè tecnica e compattezza messi a servizio di un wall of sound a tratti veramente impenetrabile, ma che comunque ha il gran pregio di far muovere a dovere i ragazzi delle prime file. Ritmi ora cadenzati, ora frenetici portano a conclusione il set di 25 minuti dedicato alla band ellenica e lasciano i presenti visibilmente compiaciuti per aver assistito ad un ottimo show di un gruppo che, seppur semi/esordiente, ha saputo dare qualcosa al genere senza seguirne i passi in modo eccessivamente fedele.
Setlist:
1 – Fragments Of Illusion
2 – Pattern Of Fear
3 – Epiphysis Thrive
4 – Intolerable Ado
5 – Scatter Brain
6 – Edge Of Parallel Circles
7 – Thorns Of Weakness
Antropofagus (Report a cura di Andrea Rodella, foto a cura di Andrea Rodella e Massimiliano Garlaschelli)
Altra compagine italica, più precisamente ligure, ed ennesime bordate a suon di death metal brutale e tecnico. I riuniti Antropofagus ci tengono parecchio a far sentire la propria voce e non lesinano le energie necessarie a promuovere il loro primo parto discografico dopo 10 anni di silenzio. Gli urli di Tya tengono compagnia lungo tutta la durata del set e vengono accompagnati dalla chitarra di Francesco e dalla sezione ritmica di Max alla batteria (già percussionista dei Nerve) e Mike al basso. Dal punto di vista del riscontro di pubblico, gli Antropofagus radunano sotto il palco il più folto numero di presenti fino ad ora e questo contribuisce a caricarli ancora di più ed a lanciarsi in un’esecuzione ancora più coinvolgente e massacrante. La conclusione dello show è affidata a Loving You In Decay ed il gruppo saluta orgoglioso di quanto fatto quest’oggi sul palco del Metal Valley in una cornice che ha donato agli Antropofagus la visibilità che si meritano.
Setlist:
1 – Eternity to devour
2 – Recollection of human habits
3 – Consumed by a lacerating desire
4 – Architecture of Lust
5 – The Principle
6 – Thick putrefaction stink
7 – Blessing Upon My Redemption
8 – Loving you in decay
Methedras (Report e foto a cura di Andrea Rodella)
Thrash metal senza compromessi quello che portano con sé i milanesi Methedras. Espressamente interessati al solo lato d’impatto della musica, i cinque affondano il coltello nell’intransigenza ragionata di un genere musicale che ha ancora tanto da dire anche a 30 anni dalla sua nascita. Tra brani originali ed una cover (Davidian dei Machine Head, ottimamente eseguita), il percorso musicale di questi giovanissimi ragazzi viene sviscerato in potenza ed elettricità, nonché con grande professionalità, per una band che ha stupito più di una persona per grinta e calore. Certo, la scelta di proporre una cover in un set così ridotto fa effettivamente storcere un po’ il naso, ma alla fine il pezzo in questione ben si amalgama con il resto del set, quindi ogni dubbio viene presto fugato. Il punto forte dei Methedras sta nella coesione e nella compattezza dei musicisti, sempre affiatati e precisi per una proposta che rende piuttosto bene sia su disco che dal vivo, cosa che qui a Rossiglione è stata ampiamente confermata.
Setlist:
1 – Civil War
2 – Flag Of Lie
3 – Slave Your Mind
4 – On My Knees
5 – Davidian (Machine Head Cover)
6 – Vermination
7 – Subversion
The Amenta (Report a cura di Andrea Rodella, foto a cura di Andrea Rodella e Massimiliano Garlaschelli)
Secondo gruppo straniero e grande attesa da parte di una buona fetta di pubblico per rivedere in azione i The Amenta, quintetto australiano portatore (nemmeno troppo) sano di un death/black metal atmosferico e sufficientemente malato. L’intensità, il pathos e la grande teatralità della band attira una notevole quantità di persone, letteralmente rapita da uno show gradevole ed ipnotico. Freschi di reunion e della pubblicazione dell’intenso Ep V0ID, i The Amenta danno vita ad uno spettacolo oscuro il cui protagonista indiscusso è il cantante Cain Cressall, mattatore teatrale e capace di catalizzare su di sé gran parte dell’attenzione con poche, sagge, mosse. Tanti i ringraziamenti da parte del gruppo verso un pubblico veramente ben disposto nei confronti del quintetto ed una volta finita la mezz’ora a propria disposizione, i Nostri non si sono risparmiati ai tanti ragazzi che chiedevano loro una foto o di scambiare quattro chiacchiere. La vera sorpresa della giornata.
Setlist:
1 – Void
2 – Erebus
3 – Sekme
4 – Junky
5 – Nihil
6 – Vermin
Elvenking (Report e foto a cura di Andrea Rodella)
Si passa a lidi meno estremi, ma pur sempre caratteristici, con i friulani Elvenking e fa piacere constatare il grande stato di forma della band. Damna è carico, Aydan fornisce una prestazione perfetta ed anche il violino di Lethien dà sfoggio di sé in una prova di grande coesione tra i membri del gruppo. Anche il sestetto ha a disposizione 30 minuti e li sfrutta per promuovere a dovere il nuovo nato Red Silent Tides, estraendo ben 4 brani su 7 (Intro esclusa) proprio da quell’album. Anche la presenza di qualche problema di udibilità al violino non ha comunque scoraggiato i Nostri, i quali si sono resi protagonisti di una grande performance. Nel complesso, quindi, uno spettacolo degno di nota e da ricordare per la partecipazione del pubblico ai cori, cosa non indifferente se si pensa alla posizione in scaletta, cioè tra due maestri dell’estremismo come i The Amenta ed i successivi Hour Of Penance. Da questo punto di vista, gli Elvenking non hanno affatto sfigurato.
Setlist:
1 – Intro
2 – Dawnmelting
3 – The scythe
4 – The cabal
5 – Your heroes are dead
6 – Poison tears
7 – The winter wake
Hour Of Penance (Report a cura di Andrea Rodella, foto a cura di Andrea Rodella e Massimiliano Garlaschelli)
Si ritorna a lidi sonori decisamente più aggressivi con i romani Hour Of Penance. Per chi non li conoscesse, si tratta di una compagine dedita al brutal death metal meno incline a compromessi che al momento è in tour proprio con i Deicide. Il quartetto entra quindi in scena con il solo scopo di buttare in faccia tanta brutalità ai presenti e, va detto, l’obiettivo è raggiunto in pieno. I ragazzi presenti sembrano gradire e ringraziano con incitamenti ed applausi meritatissimi la formazione, la quale ripaga con uno show davvero violento. La sorpresa che gli Hour Of Penance ci propongono al Metal Valley è che c’è anche spazio per un nuovo brano che troverà posto sul prossimo disco e dal titolo Sedition Through Scorn. Naturalmente lo stile della band non cambia di una virgola, per cui si tratta di una canzone catalogabile come ennesima bordata sui denti. Un concerto così diretto ed in-your-face che si pone come pari, se non addirittura meglio, dei già ottimi Nerve ed Antropofagus. Una garanzia in ogni sede.
Setlist:
1 – Paradogma
2 – Incestuous dynasty of worms
3 – Abscence of truth
4 – Incontrovertible doctrines
5 – Slavery in a deaf decay
6 – Sedition through scorn
7 – Adversary of bigotry
8 – Misconception
Skanners (Report e foto a cura di Andrea Rodella)
Prima di passare ai due headliner della serata, Deicide e Belphegor, c’è spazio per due glorie del metallo di casa nostra che rispondono al nome di Strana Officina e Skanners. Questi ultimi, primi tra i due a calcare le assi del palco di Rossiglione, danno in pasto al pubblico uno show veramente memorabile. Il merito di ciò va dato soprattutto ad una band affiatata e forte di un’enorme esperienza live, raccolta in quasi 30 anni di carriera e che vede sugli scudi il minuto singer Claudio Pisoni, grande interprete ed intrattenitore. Non mancano quindi i momenti goliardici, come quando proprio il cantante ci ricorda la sua professione principale, cioè il becchino e molti dei presenti nascondono abilmente le mani per un rapido gesto scaramantico. La serata del Metal Valley a firma Skanners si caratterizza, in ogni caso, per la doverosa promozione del nuovo album da poco uscito e che reca il titolo di Factory Of Steel, dal quale vengono estratti diversi brani. Ma i bolzanini si fanno anche ricordare per un piccolo “record”, cioè del musicista più giovane salito sul palco del festival: si tratta del 17enne Davide Odorizzi, da poco entrato in forza alla band e dotato di grande carattere, nonché di un buon tocco, che ne fa un batterista perfetto per la macchina degli Skanners. Fino ad ora, per coinvolgimento ed intensità, il miglior show della giornata insieme a quello dei The Amenta.
Setlist:
1 – Welcome To Hell
2 – We Rock The Nations
3 – Blood In My Eyes
4 – Iron Man
5 – Factory Of Steel
6 – Metal Party
7 – Never Give Up
8 – Hard And Pure
9 – Starlight
10 – Soul Finder
Strana Officina (Report a cura di Andrea Rodella, foto a cura di Andrea Rodella e Massimiliano Garlaschelli)
A quasi 18 anni dalla scomparsa dei fratelli Cappanera, la Strana Officina non molla di certo il colpo e si fa vedere più viva che mai grazie soprattutto all’apporto fondamentale dei due “nuovi” Cappanera, Dario e Rolando, musicisti dotati di grande fisicità e presenza scenica. Bud si conferma anch’egli un grande performer che, nonostante le primavere sulle sue spalle non siano poche, riesce a dar vita ad uno spettacolo veramente coinvolgente. Un po’ più defilato, ma anch’egli fondamentale per l’economia sonora della Strana, Enzo Mascolo, unico membro superstite della primissima formazione e che col suo basso pulsante trascina tutti i pezzi, da Autostrada Dei Sogni e Officina fino alle nuove Boogeyman e Beat The Hammer. In effetti va considerato come i nuovi brani, tratti dall’ultimo Rising To The Call, non sfigurino affatto di fronte alle vecchie glorie, le quali brillano comunque ancora di luce propria (Non Sei Normale rappresenta l’apice a tutti gli effetti dello show della Strana). Dopo Viaggio In Inghilterra e la già citata Officina si chiude lo spettacolo dei quattro, i quali lasciano il palco in mezzo a notevoli dosi d’applausi, invero più che meritati.
Setlist:
1 – Nightflyer
2 – Profumo di Puttana
3 – Boogeyman
4 – Non Sei Normale
5 – Beat the Hammer
6 – Autostrada dei Sogni
7 – Viaggio In Inghilterra
8 – Officina
Belphegor (Report a cura di Andrea Rodella, foto a cura di Massimiliano Garlaschelli e Michelle Marrone)
Primo dei piatti forti della serata, il concerto dei Belphegor è stato caratterizzato da uno spiacevole inconveniente che ha destabilizzato non poco la calma di un Helmut comunque abbastanza professionale da proseguire lo show senza cali di tensione. L’incidente in questione è stato causato da qualche persona del pubblico che ha avuto l’idea di tirare una discreta quantità d’acqua direttamente sul cantante/chitarrista, il quale, come ringraziamento, ha gentilmente sputato in mezzo al pubblico. Tale contrattempo è stato ridimensionato da uno show invece ben riuscito che, complice il poco tempo a disposizione (40 minuti) non ha corso il rischio di annoiare e che ha visto, oltre al già citato Helmut, il bassista Serpenth come protagonista ed ulteriore showman. Bondage Goat Zombie, Lucifer Incestus ed Impaled Upon The Tongue Of Satan rappresentano gli highlights di uno show dal grande impatto visivo e sonoro, caratterizzato da un’ottima prestazione da parte di tutti i musicisti ed anche da una buona dose di professionalità. Ottimi davvero.
Setlist:
1 – In Blood/Devour This Sanctity
2 – Belphegor/Hell’s Ambassador
3 – Angeli Mortis De Profundis
4 – Impaled Upon The Tongue Of Sathan
5 – Lucifer Incestus
6 – Rise To Fall And Fall To Rise
7 – Bondage Goat Zombie
Deicide (Report a cura di Andrea Rodella, foto a cura di Michelle Marrone e Francesco Canu)
Dubbi sul concerto degli headliner Deicide erano nell’aria, visto il carattere lunatico del frontman Glen Benton. Eppure quando si tratta di dare lezioni di death metal, forse il gruppo di Tampa riesce ancora a stupire, al pari dei conterranei Cannibal Corpse, mentre altri nomi della scena floridiana (Obituary su tutti) arrancano in un humus maleodorante e poco significativo. Alcuni problemi tecnici alla chitarra di Ralph Santolla fanno stentare il decollo di uno show che solo da Once Upon The Cross in poi sarà veramente godibile. Dal canto suo, Jack Owen appare estremamente concentrato ed introverso, mentre Steve Asheim martella a più non posso sul suo drum kit. Benton, scarsamente comunicativo come al solito, ruggisce a dovere nel microfono ed anche i brani tratti dalle ultime prove in studio reggono il confronto con i classici della band americana. Chi dava il nome dei Deicide in declino ha dovuto ricredersi, sia in occasione dell’uscita di To Hell With God, album ispirato come non succedeva da Stench Of Redemption (vero capolavoro dell’era post-Hoffman), sia per quanto riguarda lo show del Metal Valley. Seppur di durata limitata, infatti, il concerto è stato più che godibile ed i 50 minuti del quartetto scivolano via veloci e brutali, come il death metal insegna.
Setlist:
1 – Homage To Satan
2 – Dead By Dawn
3 – Once Upon The Cross
4 – Scars Of The Crucifix
5 – When Satan Rules This World
6 – Serpents Of The Light
7 – Hang In Agony Until Your Dead
8 – Convinction
9 – Children Of The Underworld
10 – Death to Jesus
11 – Dead But Dreaming
12 – Into The Darkness You Go
13 – How Can Call Yourself
14 – Kill The Christians
15 – Lunatic Of Gods Creation
16 – Sacrificial Suicide
Considerazioni finali (a cura di Andrea Rodella)
Nel concludere la stesura del live report relativo al Metal Valley, vanno considerati anche gli aspetti “di contorno” della manifestazione: prezzi più che popolari (20 Euro l’ingresso e 4 una birra media tutt’altro che acquosa), area con ampi spazi d’ombra e banchetti modello mini-Metal Market hanno contribuito a creare un’atmosfera piacevole e rilassata, nonostante il solleone ed il caldo soffocante che hanno caratterizzato il 10 luglio rossiglionese. Considerando anche il bill votato alle multiple sfaccettature proprie di un genere musicale come il metal, da quello più classico (Skanners, Strana Officina) a quello più brutale (Deicide, Hour Of Penance, Nerve) fino a quello “sperimentale” (The Amenta, Elvenking), il tutto si completa in una giornata vissuta in maniera estremamente rilassata e tranquilla senza alcun inconveniente (escludiamo quello descritto nel paragrafo relativo ai Belphegor).
Doveroso ringraziamento all’organizzazione per aver fatto in modo che una piccola località divenisse meta per un giorno di diversi metallari con il comune denominatore della passione per la musica. Arrivederci al prossimo anno, Metal Valley!