Live Report: MetalItalia Festival a Trezzo Sull’Adda (MI)
Metalitalia.com Festival – Live Club@Trezzo sull’Adda
Giovedì 17 maggio 2014
Live report a cura di Andrea Rodella
Questi ragazzi hanno un’ottima presenza scenica e il pubblico gradisce parecchio. L’irruenza dettata dalla giovane età aiuta non poco il quartetto ferrarese, il quale si muove molto bene e mostra un atteggiamento sicuro sul palco, figlio sicuramente delle loro influenze principali. Il thrash degli anni ’80 partorito in zona Bay Area, infatti, sembra essere il motivo di vita dei ragazzi e i molti presenti si fanno coinvolgere dalla proposta musicale della band. Già alle 15:30, infatti, gli intervenuti sono parecchi e a fine serata sarà pienone, cosa che scalda non poco il cuore e fa capire che la curiosità e la brama di ottima musica è ancora presente nel pubblico metal italiano.
Con la seconda band del festival si passa al death metal brutale e ritmicamente intricato che non disdegna momenti core. Il cantante si muove bene sul palco, mentre gli altri restano concentrati sui loro strumenti, cosa comprensibile visto l’alto tasso tecnico della proposta musicale. Il loro show è piacevole e compatto, oltretutto con suoni perfettamente bilanciati, cosa che è valsa anche per gli opener. Parlando della scaletta, viene dato largo spazio al nuovo Perpetual Motion Of Deceit, dal quale vengono estratti la maggior parte dei brani. Una performance adrenalinica e convincente, degna introduzione ai Necrodeath.
I 4 genovesi salgono sul palco del live club con dei suoni che privilegiano (fin troppo) la batteria di Peso a discapito soprattutto della chitarra di Pier Gonella, autore, peraltro, di una prova maiuscola, ma data la caratura del musicista non c’era da aspettarsi di meno. Il pubblico incita, reagisce con cori e apprezza moltissimo il pezzo di storia del metal tricolore che i Necrodeath rappresentano e i nostri sciorinano una serie di brani tiratissimi, fino ad arrivare a Lust, brano presentato in anteprima per l’occasione e facente parte del loro nuovo disco, The 7 Deadly Sins. Tra i pezzi proposti vale la pena citare Forever Slaves, Master Of Morphine e Necrosadist, punte di diamante dello spettacolo, immortalato dal primo vero pogo della giornata. Il concerto procede con coesione e botta da parte del quartetto, inoltre i suoni migliorano sensibilmente fino a portare il tutto ai giusti livelli. Ciò permette alla necromorte di dar degna conclusione ad uno show viscerale e tiratissimo.
Freschissimi di pubblicazione, gli Hour Of Penance arrivano carichi come molle sul palco. Ciò che si nota è che sicuramente peccano un po’ in mobilità, probabilmente a causa della concentrazione richiesta dalla complessità esecutiva dei loro brani, ma comunque il quartetto sciorina un’ottima performance. L’unica pecca dello show sono, probabilmente, dei suoni piuttosto ovattati che, a tratti, rendono confuso l’insieme. Il pubblico non sembra farci particolarmente caso e supporta incondizionatamente con headbanging convinto. Alla fine rimane un po’ di amaro in bocca perché il combo, visto in una situazione più “propria” avrebbe sicuramente reso di più.
Definire una bordata la prestazione dei Desaster è riduttivo. Anche loro, come chi li ha preceduti, sono in 4 e infiammano gli animi degli intervenuti. La miscela di thrash e black metal non fa prigionieri e la carica live del quartetto è innegabilmente impressa in ciascuno dei suoi componenti, in particolare nel cantante Sataniac è una vera bestia da palco. I suoi degni compari non sono certo da meno e, se pensiamo che l’esperienza della band ha le sue radici nel finire degli anni ’80, viene sicuramente da fare un plauso ai tedeschi per la longevità. Phantom Funeral viene accolta con una discreta ovazione, ma è solo uno dei tanti applausi tributati alla formazione. Sul finire dello show, fa piacere notare come non ci sia stato un secondo di pausa e un coinvolgimento tra i più calorosi visti finora. Molti, infatti, sono venuti richiamati proprio dal nome dei Desaster.
L’aura di “mistero” che circonda Paul Speckman e i suoi Master è cosa ormai risaputa: rari i comunicati stampa e non così frequenti nemmeno le interviste rilasciate. L’occasione di vederli dal vivo è quindi decisamente ghiotta e, va detto sin da subito, il trio non delude affatto. Un muro sonoro viene idealmente costruito da Speckman e soci, con un impatto che non avrà eguali in tutta la serata. Con un pezzo di storia del metal estremo, come si dovrebbe definire il bassista/cantante del trio, il motore dei Master genera un impatto Devastante, annichilente e di una potenza pazzesca. Dal punto di vista del pubblico, a parte un piccolo gruppo di pogatori, non c’è una grande risposta, almeno nelle fasi iniziali, ma poco per volta la partecipazione sale fino a ottimi livelli. In ogni caso la band inanella uno dei live più brutali della giornata e porta a casa un enorme risultato: la vecchia guardia ha ancora parecchio da dire. E noi siamo molto felici di ascoltare questo qualcosa.
Fare un live all’altezza dei Master è molto difficile, ma gli In.si.dia sparano il loro thrash con convinzione e potenza. Nati nell’era in cui il thrash ebbe il suo boom, i bresciani sono un po’ delle mosche bianche a causa del cantato in italiano. Sinceramente l’alta posizione nel bill della giornata risulta forse un po’ eccessiva, ma si tratta, a conti fatti, di una questione di lana caprina. I Nostri, infatti, fanno di tutto per infiammare i presenti, riuscendo perfettamente nell’impresa. Forse un po’ fuori contesto, soprattutto se paragonati a chi li ha preceduti e a chi verrà dopo, incontrano il favore del pubblico, il quale gradisce moltissimo.
I pre-headliner Impaled Nazarene si fanno portatori di ulteriore violenza sonora. Dopo aver ingerito un’imbarazzante quantità di alcool durante l’arco della giornata, arrivano sul palco con molto poco sangue in corpo, debitamente sostituito da litri di birra. Parte del loro “fascino” risiede sicuramente nella loro irriverenza ed è fuor di dubbio che i finlandesi la fomentino con l’ebbrezza. In effetti, la loro furia si palesa dalle primissime note, ma nonostante questo il loro black/death gode di ottimi suoni. Inutile dire che i presenti gradiscono e tributano la giusta dose di pogo e headbanging, facendo intuire che molti sono intervenuti proprio per vedere loro. Ovazioni accolgono ogni pezzo della scaletta e i pezzi proposti non fanno prigionieri. Apprezzabili o meno, criticabili quanto si vuole, ma live danno il meglio di sé. Divertenti e godibili.
Appena si accendono le luci dopo l’intro di rito, subito si nota qualcosa di strano: manca una chitarra! Anders Bjorler è infatti malato e lo stesso “Tompa” Lindberg lo fa presente dicendo che questo è il primo show della storia della band senza lo storico chitarrista solista. In realtà l’impatto non perde nulla, anche se ovviamente ne risentono le armonizzazioni e gli assoli, del tutto tagliati dal repertorio della band. Il tempo a disposizione dei quattro è tarato sui brani più d’impatto, come Terminal Spirit Disease e Under The Serpent Sun. Il barbuto cantante non manca di scusarsi per il ridimensionamento della scaletta, ma effettivamente non tutte le canzoni possono essere eseguite con una sola chitarra.
Qualche problema allo strumento di Martin Larsson non scoraggia affatto i Nostri, i quali proseguono spietati con Slaughter Of The Soul. In questo frangente, dire che il live club viene giù è riduttivo. Il disco, considerato tra i capostipiti del death metal melodico, viene saccheggiato a mani basse. Stipato in ogni ordine di posto, il locale trema sulle note dei classici della band, sciorinati uno per uno, senza esclusione di colpi.
Molti potranno dirsi delusi, ma la verità è che un pezzo di Storia è passato stasera dalle assi del palco di Trezzo Sull’Adda. La professionalità degli svedesi ha consentito lo svolgimento dello show nonostante i problemi e su questo non v’è alcun dubbio. Ora non resta che aspettare il mantenimento della promessa fatta da Tompa: tornare a calcare i palchi italiani nel tour di promozione del nuovo album.