Live Report: Metallica a Udine

Di Daniele Peluso - 19 Maggio 2012 - 18:30
Live Report: Metallica a Udine

È stato, con molta probabilità, il concerto più atteso del 2012. L’unica data italiana dei Metallica, nel tour celebrativo del Black Album, ha richiamato allo stadio Friuli di Udine quella che Hetfield ha più volte chiamato la “Metallica Family”. E per rendersi conto dell’estrema eterogeneità del pubblico presente al concerto bastava dare uno sguardo all’internazionalità delle targhe delle migliaia di automobili assiepate un po’ dovunque lungo il perimetro e nelle zone limitrofe dello stadio. Un evento strepitoso che, credo, abbia soddisfatto tutti. Ottima musica, organizzazione capillare e nessun inconveniente degno di nota. Una giornata di musica che verrà ricordata sicuramente e di cui se ne parlerà ancora per anni. Potere della Musica.

Report a cura di Filippo ‘ov fire’ Blasetti e Daniele Peluso

Report a cura di Daniele Peluso

 

Aprire il concerto dei Metallica, davanti ad un parterre già gremito di fan accalcati ed acclamanti non deve essere cosa da tutti i giorni. E non deve essere nemmeno semplice riuscire a contenere un emozione che, anche se palesata dal gruppo transalpino, è sempre stata gestita con grande professionalità. Molti ancora gli spettatori fuori dai cancelli quando il combo di Ondres è stato chiamato on stage per aprire le danze.
I Gojira hanno indubbiamente fatto la loro parte regalando al pubblico presente una prestazione convincente ed estremamente energica. Cinque canzoni che hanno iniziato a far muovere gli astanti vogliosi di musica, desiderosi di decibel.
Cinque canzoni che non sono comunque sufficienti per dare un giudizio a tutto tondo ma si sa, il ruolo dei gregari durante i grossi concerti ti permette di metterti in luce al grande pubblico, non ti permette certo di sfoderare l’esibizione live più completa ed artisticamente rappresentativa. Rischi da poco, se si vuole aprire per un gruppo come i Metallica. Brani attinti prevalentemente da quasi tutta la discografia del gruppo, ottimi in ogni caso per farsi apprezzare un po’ da tutti, anche da chi, come il sottoscritto, era un totale neofita della proposta musicale dei Gojira. Il pubblico applaude, salta e urla: meglio di così non si poteva iniziare.

SETLIST:
01. Oroborus
02. The Heaviest Matter of the Universe
03. Backbone
04. Love
05. Flying Whales

 

Report a cura di Daniele Peluso

Molti tra amici e conoscenti, in tempi non sospetti, mi dissero che ad attirarli allo stadio Friuli non era tanto la grande macchina organizzativa targata Metallica, né il Black album suonato nella sua interezza, bensì la ‘fottuta’ creatura partorita dalla mente – spesso instabile – di Robb Flynn e da chi assieme a lui ha creduto fin da subito nel progetto Machine Head: il bassista Adam Duce. Attesa ripagata completamente vista la grande partecipazione del pubblico fin dalle prime note di “I Am Hell”. Duce e Demmel sfruttano appieno tutte le potenzialità del meraviglioso palco a loro disposizione, concedendosi spesso bagni di folla – eccitatissima – a ridosso del pitt. Flynn dal canto suo preferisce la parte più rialzata, da dove catechizza i presenti con il solito, personalissimo e graffiante timbro vocale. La band di Oakland ci aggredisce con la potenza delle manopole del volume quasi in fondo scala, investendo lo stadio con un muro di suono su cui si abbattono insensibili, le teste dei presenti in perenne, e passatemi il termine, ‘banging-mode’.
Una setlist incentrata, tranne che per “Imperium”, sugli ultimi due lavori (più della metà dell’esibizione è stata dedicata, come è logico che sia, sulla promozione del nuovo “Into The Locust”) tengono alto il contenuto d’adrenalina nel sangue già caldo del pubblico. Pubblico che Flynn non lesina di complimenti e ringraziamenti, stupito positivamente dalla risposta così calorosa di uno stadio che registrava già il – quasi – tutto esaurito. I Machine Head hanno svolto in maniera egregia il proprio compito, dando in pasto ai fan il meglio che si potesse oggettivamente chiedere: sano, preciso e dirompente Heavy Metal. E scusate se è poco!

SETLIST:
01. I Am Hell (Sonata in C#)
02. Be Still and Know
03. Imperium
04. Beautiful Mourning
05. Locust
06. Aesthetics of Hate
07. Darkness Within
08. Who We Are
09. Halo

 

Report a cura di Filippo ‘ov fire’ Blasetti

Di solito non mi piace lasciar passare troppo tempo prima di dare la mia opinione su qualcosa in quanto ritengo che il tempo permetta alla testa di viaggiare, ricamare sulle emozioni, facendo si che la stessa non risulti realistica da tutti i punti di vista. Questa volta però ho atteso un giorno e mezzo prima di mettermi a scrivere perché devo ammettere che l’emozione è stata talmente grande che rischiavo di fare un report eccessivamente di parte, cosa che potrebbe risultare poco professionale. Detto questo, con tanto di “giorno sabbatico-riflessivo” mi sento di dire che il concerto dello Stadio Friuli è stato veramente sensazionale.
Nonostante a mio parere il “Friuli” non offra la possibilità di fruire di una buona acustica da tutte le posizioni, lo spettacolo offerto dai Four Horsemen è stato di un tale spessore da far scivolare in secondo, terzo, o millesimo piano, tutti quei dettagli negativi (per carità, evidenziabili solo dai pignoli, ma nel caso di une evento simile credo sia giusto sottolinearli per dovere di cronaca) che si sono presentati nel corso della serata.
Cominciamo con questi ultimi, in modo da toglierci da subito tutti i sassolini dalla scarpa.
Il primo, più eclatante e forse anche fastidioso, è stato, purtroppo, Lars Ulrich. A mio modo di vedere, nel momento in cui una band della caratura dei Metallica parte per un tour mondiale – nel corso del quale propone per la prima volta il suo lavoro di maggior spessore sia musicale (almeno parlando per le ultime generazioni) che di vendite – non dovrebbe potersi permettere gli errori che il buon Lars ha commesso nel corso del concerto. Spesso fuori tempo negli stacchi e in accelerazione continua in praticamente tutte le canzoni, Lars è stato contemporaneamente il migliore ed il peggiore in campo.
Trasudava entusiasmo e carica da ogni poro e non si è fermato un secondo; ha suonato seduto, in piedi, col massimo della carica e dell’energia, ma proprio quell’energia così esplosiva è stata tolta all’attenzione nell’esecuzione dei brani che, considerati da molti come il massimo dello spessore artistico nella storia dei Metallica come scelta di sonorità, proprietà di composizione ed esecuzione, hanno comunque bisogno di un buon livello di cura ed attenzione per essere eseguiti.
Verso fine concerto, durante l’esecuzione della mitica “Sad but true” Lars è riuscito a mandare fuori fase sia i suoi compagni, sia l’intero pubblico, allungando tutti gli stacchi di batteria di uno o due colpi. Ninnoli direte voi, ma a mio parere, un gruppo così, in un momento così, eseguendo una canzone di quel calibro, non può permettersi errori così madornali.
Mi aspettavo, a dire il vero, i classici “errori” di Kirk Hammett: assoli sporcati e un po’ approssimativi. Invece mi sono dovuto ricredere appieno: il buon Kirk mi ha veramente lasciato a bocca aperta, non dandomi l’impressione di “prima donna sonora” che mi diede spesso in passato. Kirk è stato perfetto, “un disco” come si suol dire, nulla da eccepire.
Questo giudizio vale anche per tutti gli altri membri del gruppo; Hetfield e Trujillo, che come i loro compagni non si sono risparmiati né con gli strumenti, tantomeno con l’interazione con il pubblico chiamato a rispondere alle prestazione dei musicisti sul palco con riserve infinite di voce, pronto a reagire ad ogni cenno dei loro idoli con urli degni dell’esercito di Saruman.

L’altro lato negativo sono stati certi errori imputabili al bilanciamento dei volumi sia per quanto riguardava la voce, sia per le chitarre.
Per la voce era quasi scontato: l’elevato numero di microfoni disseminati per il palco in modo da permettere a tutti di spostarsi e cantare un pezzo in ogni punto raggiungibile, dev’essere stato una bella gatta da pelare per il tecnico del suono, ritrovatosi a dover gestire un intero mixer solo per i microfoni di Hetfield. Quindi diciamo che si possano considerare errori più che perdonabili: volenti o nolenti fanno parte del gioco.
Il classico setting strumentale con accordature più basse di mezzo tono ha permesso come sempre ad Hetfield una performance canora più che perfetta, dando un pizzico di cattiveria in più a canzoni già aggressive di per se e gettando benzina sul fuoco che ardeva sotto il palco. Ed eccolo, a parer mio, il secondo vero protagonista della serata: il Palco.
Squisitamente concepito nella sua distribuzione, il palco di questo Tour, era praticamente un maxischermo gigantesco che ha permesso a tutti i partecipanti di sentirsi coinvolti come fossero ad un metro dai propri idoli. Veramente una grande idea, valorizzata splendidamente da un’ottima regia (a parte il feticismo del cameraman per la dentatura di Hetfield in molte occasioni. Sospettiamo un complotto di uno studio dentistico, indagheremo).
La scenografia è stata altresì in grado di lasciare tutti senza fiato nel momento in cui, dopo una rapida esecuzione di Battery, si sono accesi laser verdi e rossi, ed in sincrono con la celebre apertura a suon di mitragliatrici e granate della pietra miliare “One” hanno cominciato ad esplodere bombe, fiamme e fuochi d’artificio da quel palco protagonista, studiato nei dettagli, ed in ogni sua parte, perfetto.

La scelta di seguire l’esibizione dalla tribuna numerata, anziché dal prato come ho sempre fatto in passato, credo sia stata indubbiamente la cosa migliore che potessi fare. Ritrovarmi infatti immerso in un’eterogeneità di personaggi, spaziante dai bambini con mamme e papà, ventenni in chiodo ed anfibi, gente normale, classici metallari di nuova e vecchia generazione, ma anche persone in maglioncino e camicia, e sentirmi loro fratello nel momento in cui tutti insieme cantavamo ogni singola strofa delle canzoni, mi fa salire un brivido lungo la schiena ogni volta che ci ripenso. Ho avuto la fortuna di seguire questo evento assieme alla grande famiglia dell’heavy metal, e assieme alle persone a me più care; sono usciti tutti con gli occhi lucidi e sfiniti, consci di aver assistito ad un evento che non capita tutti i giorni, e di aver visto tutto quello che ci si poteva aspettare da una Band come i Metallica che, nonostante gli alti e bassi compositivi, dal vivo non ha mai lasciato nessuno interdetto, ma che anzi, ha fatto del Live il suo vivaio di Fan ed adepti. E dopo una performance come quella del “Friuli” chiunque avrebbe potuto evincerlo.
In ultima analisi, e non poteva essere diversamente, il protagonista assoluto della serata è stato il pubblico, formato dalle persone più disparate, appartenenti a tre, forse quattro generazioni differenti che, accomunate dal fattore “M”, si sono ritrovate l’una vicina all’altra, abbracciate a cantare a squarciagola per oltre due ore.
E questo per me è ‘il Metal’.
Metallica: di nome e di fatto.

SETLIST:

01. Hit the Lights
02. Master of Puppets
03. Fuel
04. For Whom the Bell Tolls
05. Hell and Back
06. The Struggle Within
07. My Friend of Misery
07. The God That Failed
08. Of Wolf and Man
09. Nothing Else Matters
10. Through the Never
11. Don’t Tread on Me
12. Wherever I May Roam
13. The Unforgiven
14. Holier Than Thou
15. Sad But True
16. Enter Sandman

Encore:
17. Battery
18. One
19. Seek & Destroy