Live Report – My Dying Bride a Milano
Report e foto a cura di Benedetta Premoli.
La recente pubblicazione di “A Map of all our Failures” è stata la gradita occasione per rivedere i My Dying Bride nel nostro Paese con una tappa a Firenze l’11 dicembre e un’altra il giorno successivo a Milano, ovvero quella che mi appresto a raccontare.
Non nascondo che la mia prima impressione è stata quella di un flop totale quando, arrivata ai Magazzini Generali con largo anticipo, ho trovato il deserto più totale di fronte a me e il pubblico radunatosi all’interno per i supporter TALANAS raggiungeva molto a stento le cinquanta persone.
I trenta minuti concessi a questi giovani conterranei dei ‘Bride sono stati purtroppo penalizzati da un suono davvero agghiacciante, che non ha consentito di apprezzare il loro progressive-death molto Opeth-oriented. Non a caso il frontman Hal Sinden mi ha ricordato in tutto e per tutto il buon Akerfeldt, ormai noto tanto per il suo growl quanto per le sue spiccate doti di intrattenitore in sede live. I Talanas sono quindi riusciti a conquistare il pubblico molto più con la simpatia e con il loro italiano stentato piuttosto che con la tecnica, ma l’ascolto online di brani interessanti come “Diaphora” e “Aorta” cambia totalmente l’effetto “polpettone sonoro” che abbiamo dovuto subire dentro i Magazzini Generali, salvando il gruppo dalla bocciatura definitiva.
Calato il sipario sui Talanas, l’iniziale impressione di flop è stata parzialmente smentita: siamo lontanissimi dal sold-out, ma l’affluenza sembra discreta anche se inferiore alle aspettative. Siamo tutti in attesa dei MY DYING BRIDE, che si palesano dopo circa mezz’ora sotto una luce azzurrognola accompagnata dal rintocco funereo delle campane….ovviamente è Kneel ‘till Doomsday, opener di “A Map of all our Failures”, eseguita magistralmente davanti ad un pubblico che ha ancora bisogno di scaldarsi un po’.
Ma attenzione….chi si aspettava una setlist quasi interamente basata sul nuovo album si sbagliava di grosso.
Infatti l’attacco di Like Gods of the Sun, opener dell’omonimo album, ci riporta indietro al 1996 e viene accolta da una vera e propria ovazione. Grazie all’interpretazione molto teatrale di Aaron e all’ottima prova di Dan Mullins dietro le pelli, l’esecuzione di questo brano rimane tra le migliori in assoluto dell’intero concerto.
La stessa accoglienza trionfale viene riservata a From Darkest Skies. Siamo di fronte ad uno degli album più rappresentativi della storia del gruppo: “The Angel and the Dark River”, nel quale il violino ebbe un ruolo fondamentale per forgiare il sound dei ‘Bride. Infatti vediamo comparire timidamente Shaun Mac Gowan da dietro le quinte per suonare le parti che all’epoca furono di Martin Powell. Il risultato è da pelle d’oca….ovviamente non in senso negativo.
La dolce malinconia di questo brano sfuma bruscamente nell’intro death-oriented di To Remain Tombless, tassello molto più recente della discografia della Sposa.
Subito dopo abbiamo un altro ritorno al passato, un altro album storico, un altro highlight della serata: Turn Loose the Swans non ha davvero bisogno di presentazioni. Anche in questo caso abbiamo una buonissima prova di Shaun al violino nonché dell’accoppiata Craighan/Glencross alle chitarre. Il tutto accompagnato dallo spettrale growl di Aaron, che canta invece solamente in clean nella lenta My Body, a Funeral, tratta dal penultimo e controverso full-length “For Lies I sire”. Torniamo ancora indietro di qualche anno con l’oscurissima accoppiata The Wreckage of My flesh e She’s the Dark, su cui Mullins dà veramente il meglio di sé.
La parte finale del concerto alterna sapientemente il nuovissimo, rappresentato dal gioiellino The Poorest Waltz e da Like a perpetual Funeral, ad altri brani storici. Con The Cry of Mankind raggiungiamo infatti un altro dei momenti topici del concerto: le prolungate parti strumentali intrecciano con un Aaron straziato e sofferente come non mai, che annuncia l’ultimo brano congedandosi dal pubblico.
The Dreadful Hours viene accolta da un’altra ovazione ed eseguita impeccabilmente nonostante si tratti di un brano ricco di cambi di tempo, capace di alternare in pochi istanti la malinconica dolcezza delle chitarre con parti più death-oriented dominate da growl e batteria.
Ovviamente abbiamo sperato tutti quanti nel bis…ma dopo pochi istanti le luci dentro i Magazzini si riaccendono togliendoci ogni speranza: niente “Raven and the Rose”, che i ‘Bride hanno gentilmente concesso solo ai loro compatrioti pochi giorni prima.
Peccato davvero, perché un’ora e mezza di concerto non è poi molto per un gruppo con vent’anni di carriera alle spalle. E’ vero, bisogna considerare che questo tour sta li sta vedendo impegnati a cadenza praticamente quotidiana in una diversa città europea; tuttavia, la sensazione che ho avuto è stata quella di una fretta quasi convulsa di arrivare alla fine. Da qui forse è derivata una certa freddezza nel relazionarsi col pubblico, percepibile soprattutto da parte di Aaron in qualità di frontman ma anche dagli altri membri del gruppo ed in particolare dalla bassista Lena Abè, che più di tutti ha dato un’impressione di esagerata staticità.
A questa seconda nota dolente si è aggiunto un suono a tratti non ottimale, ma complessivamente molto migliore rispetto a quello dei Talanas. Evidentemente, le “magic hands” di Mags hanno fatto il loro effetto….
Messe da parte queste piccole considerazioni negative, si è trattato di un concerto che valeva davvero la pena di vedere. Oltre all’indiscussa bravura tecnica del gruppo, il piatto forte della serata è stato senza ombra di dubbio la scaletta. Pur confermandosi identica a quella degli altri show europei, è stata comunque un’autentica e graditissima sorpresa: la filosofia di comporre “music for music’s sake” spesso ribadita da Aaron è stata coerente con la decisione di non sfruttare un tour come questo per meri scopi promozionali.
Si tratta di una scelta sicuramente da premiare soprattutto di questi tempi e che i fan sembrano avere apprezzato molto: la partecipazione maggiore si è infatti avuta proprio sui cavalli di battaglia del gruppo piuttosto che sugli unici tre brani tratti dal validissimo “A Map of all our Failures”.
Se le altre performance europee sono state all’altezza di quella di Milano, direi che Failure non è esattamente il termine più adatto per definire questo tour. Ma d’altra parte ormai lo sappiamo….l’ottimismo non è mai stato il profumo della vita (o meglio: della musica) per una band come i My Dying Bride.
Line-up
Aaron Stainthorpe: voce
Andrew Craighan: chitarra
Hamish Glencross: chitarra
Lena Abè: basso
Dan Mullins: batteria
Shaun Mac Gowan: violino, tastiera
Setlist
01.Kneel Till Doomsday
02.Like Gods of the Sun
03.From Darkest Skies
04.To Remain Tombless
05.Turn Loose the Swans
06.My Body, a Funeral
07.The Wreckage of My Flesh
08.She Is the Dark
09.The Poorest Waltz
10.The Cry of Mankind
11.Like a Perpetual Funeral
12.The Dreadful Hours