Live Report: Nickelback ad Assago (MI)
NICKELBACK + SKILLET
29/10/2013 @Mediolanum Forum, Assago (MI)
Erano ben dieci anni che i Nickelback non passavano per l’Italia e di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia da allora. La band, pur conservando tre quarti della formazione (con il solo innesto di Daniel Adair alla batteria), è cambiata soprattutto nel sound, divenuto decisamente più hard-edged rispetto ai tempi di album innocui come “Silver Side Up” e “The Long Road”. Il risultato di questo progressivo indurimento si può ascoltare su tre album decisamente notevoli come “All The Right Reasons”, “Dark Horse” e “Here And Now“, tre lavori che ne hanno, da un lato, consolidato la fama e dall’altro espanso il bacino d’influenza verso lidi impensabili solo qualche anno fa. Il pubblico, giunti al Mediolanum Forum di Assago, Milano, è effettivamente composito, con grande presenza di avventori casual ma con anche una discreta partecipazione da parte di glamster e metallari vecchio stile (tra i quali si segnala la presenza di un certo Tommy Massara) che dimostrano, evidentemente, di non disdegnare la proposta dei canadesi. Ad ogni modo, prima di vedere entrare in scena le star della serata, il riscaldamento tocca agli americani Skillet.
Entrati nell’arena alle 20:00, in fretta e furia dopo una giornata di lavoro, pensavamo di trovare una coda interminabile e di finire lontanissimo dal palco; grande, viceversa, la sorpresa nel constatare che vista la cadenza infrasettimanale del concerto, il parterre (pur in regime di sold out) ad una sola ora abbodante dall’inizio dello show era ancora mezzo vuoto. Meglio per noi, che abbiamo quindi avuto la possibilità di prenderci una birra con estrema calma e di piazzarci a meno di venti metri dal palco, con un ottima visuale sia sullo stage sia sui megaschermi appesi ai lati. La performance degli Skillet, christian rock band (sic.!) from Tennessee, U.S.A. è buona e, pur non potendo vantare l’imponente scenografia che accompagna gli headliner, gli statunitensi si fanno in ogni caso rispettare. Il loro è un rock dai connotati solo a tratti hard, piacevole in live (laddove la canzoni acquistano un po’ di energia in più), quanto alla lunga un po’ stucchevole vista la sostanziale innocuità. Curiosa la formazione del combo a stelle e strisce, con un cantante (John Cooper), una batterista (Jen Ledger) e ben due violinisti/violoncellisti la cui presenza suscita, ad onor del vero, qualche perplessità. Ad ogni modo show più che potabile e tutto, sommato, adatto a scaldare un po’ l’atmosfera nell’attesa dei Nickelback.
Setlist:
01. Whispers in the Dark
02. Hero
03. Sick Of It
04. Awake And Alive
05. The Last Night
06. Circus for a Psycho
07. Not Gonna Die
08. Monster
09. Rebirthing
Scoccano le 21 e 15 e la musica di sottofondo cessa di colpo lasciando spazio alla celeberrima Marcia Imperiale scritta dal grandissimo John Williams per la saga di Star Wars; tema introduttivo sulle cui note i Nickelback, al secolo Chad Kroeger alla voce e alla chitarra, Ryan Peake alla seconda chitarra, Mike Kroeger al basso e Daniel Adair alla batteria fanno il loro ingresso sullo stage sommersi dalle urla e dagli applausi. In un batter di ciglia il tendone in sottofondo lascia, inoltre, spazio ad uno spettacolare megaschermo diviso in tre strisce verticali affiancate e sul quale alle proverbiali immagine dei musicisti e del pubblico verranno alternate delle efficacissime coreografie a rendere ancora più spettacolare il tutto.
L’apertura è affidata all’efficace “Animals”, tratta dall’ottimo “All The Right Reasons”, e va detto che se l’impatto visivo/attitudinale è quello giusto, dal punto di vista dei suoni c’è ancora qualche problemino da risolvere: la batteria è troppo alta e il risultato è quello (incredibile) di riuscire inizialmente a mettere in ombra l’incredibile voce di Chad. Questione di qualche minuto, ad ogni modo, e la situazione migliora sensibilimente, permettendo ai canadesi di dare vita ad una performance davvero straripante, al punto da far sì che anche alcune delle più loro più classiche ballate e semi-ballate (come nel caso dell’ottima “Photograph”, sempre da “All The Right Reasons”) assumano tonalità decisamente hard.
Dopo il break di “Photograph” è il turno della carichissima “Something In Your Mouth”, tratta dal metallico “Dark Horse“: uno dei brani simbolo del nuovo corso, grazie al rifferama assassino e alla melodia molto anni ’80, trova ulteriore riuscita grazie alla coinvolgente coreografia proiettata sui megaschermi, tra silhouettes languide ed insinuanti ed il testo che scorre incalzante al ritmo dei versi scanditi da un Chad Kroeger in grandissima forma. Altri high-lights assoluti le sempre meritevoli “Savin’ Me”, eseguita in maniera pressoché perfetta e “Someday”, forse due dei migliori esempi dell’estetica dei Nickelback, saldamente a cavallo tra pop rock e hard melodico moderno in una maniera che non risulta, a conti fatti, troppo lontana in termini di attitudine da quanto proposto da miriadi di gruppi 25/30 anni or sono.
“Far Away” è un altra ballata, incantevole e assolutamente ben eseguita, che fa da preludio alla doppietta composta da “Never Again” e dall’energica “Too Bad”, sicuramente i due migliori estratti possibili da “Silver Side Up”, il tutto in attesa di un altra hit decisamente coinvolgente: la sbarazzina “Rockstar”. Elettroacustica e autoreferenziale, si rivela molto godibile e mette in luce tutto l’istrionismo di Chad, decisamente in palla per tutto il concerto tra divertenti (anche se non sempre del tutto comprensibili) siparietti con Ryan e numerosi brindisi a base di vino rosso scanditi da dei selvaggi “CHEEEEEERS!!!!!!!!!!!!!!” che spaccherebbero le corde vocali di chiunque (ma evidentemente non le sue!).
La tranche successiva è quella (almeno a detta di chi vi scrive, ndJ) meno riuscita del concerto, con ben tre ballate (“When We Stand Together”, con tanto di drum solo da parte di Daniel, “Gotta Be Somebody” e “Lullaby”) poste l’una di seguito all’altra e un calo di ritmo non indifferente, in particolare in coincidenza di “Gotta Be Somebody”, personalmente ritenuta poco convincente anche su disco ma evidentemente apprezzata dal pubblico più generalista. Si riparte ad ogni modo con grande energia su “Figured It Out”, secondo estratto da “The Long Road”, e con l’immancabile “How You Remind Me”, certamente ben eseguita per quanto alla lunga un po’ stucchevole.
Calano le luci e giunge il momento dell’uscita dal palco e dell’irrinunciabile bis, affidato alla rockeggiante “Saturday Night’s Alright For Fighting”, insolita ma riuscita cover del famoso brano di Elton John interamente affidata alle non disprezzabili corde vocali di Ryan Peake, e alla spettacolare “Burn It To Ground”, altro brano simbolo tratto da “Dark Horse” eseguito con grandissimo tiro e senza mollare un millimetro in termini di resa.
Che dire? Lo spettacolo è stato di livello veramente elevato e, tutto sommato, trattandosi di un tour dal titolo “The Hits” non c’è nemmeno troppo da lamentarsi per la presenza di un paio di ballate di troppo e per il fatto che i Nickelback abbiano solo accennato, in un medley strumentale, due delle canzoni probabilmente più energiche e riuscite di tutta la loro carriera (vale a dire “Follow You Home” e “All The Right Reasons”) o che abbiano escluso qualche altro pezzo da novanta preso di peso da “Here & Now”. Il rammarico, semmai, è quello di non averli potuti vedere nel tour dell’anno passato.
Bazzecole, ad ogni modo, ci sono voluti dieci anni ma ne è valsa la pena: i Nickelback live si confermano una macchina da guerra, una band oggi in grandissima forma e sorretta da un frotman assolutamente devastante in sede live. Alla prossima!
Setlist:
01. Intro: Imperial March (John Williams song)
02. Animals
03. Woke Up This Morning
04. Photograph
05. Something in Your Mouth
06. Savin’ Me
07. Far Away
08. Never Again
09. Someday
10. Too Bad
11. Rockstar
12. When We Stand Together
13. Drum Solo
14. Follow You Home/S.E.X./All The Right Reasons (Instrumental Medley)
15. Gotta Be Somebody
16. Lullaby
17. Figured You Out
18. How You Remind Me
Encore:
19. Saturday Night’s Alright for Fighting (Elton John cover)
20. Burn It To The Ground
Live Report a cura di Stefano Burini