Death

Live Report: Nile 2019 – 21 settembre, Revolver Club, San Donà del Piave (VE)

Di Andrea Bacigalupo - 30 Settembre 2019 - 14:44
Live Report: Nile 2019 – 21 settembre, Revolver Club, San Donà del Piave (VE)

– VILE DESOLATE SANDS TOUR 2019-

Nile- Hate Eternal-Vitriol-Omophagia

Revolver Club-San Donà di Piave 21/09/2019

Nile flyer

Il Death Metal non è solamente un genere musicale ma uno stile di vita, attitudine e passione!

Giunti alle soglie del 2020, il panorama musicale s’è infittito, fattosi più variegato alle diverse esigenze, una spropositata moltitudine di sfumature che si diramano però, imprescindibilmente, dalle marcescenti quanto fondamentali origini, dai padri, nonché nomi tutelari, che dall’oscuro passato crearono poi l’odierna corrente culturale.

Fatta questa doverosa premessa, stasera il Revolver Club di San Donà di Piave, diventato un punto di riferimento per gli appuntamenti live del Nord-Est, ospiterà un evento d’eccezione, ossia il ritorno in suolo nostrano dei fenomenali Nile assieme ai titani Hate Eternal del carismatico Erik Rutan (per troppo tempo assenti dal vecchio continente) accompagnati dalle new sensations Vitriol ed Omophagia.

Un vero plauso và al Revolver Club ed alla sua impeccabile organizzazione e professionalità, dalla direzione artistica diretta dal mitico Alex Torchia al Bar-Ristoro di alto livello e qualità, ma ora veniamo alla serata.

I cancelli s’aprono, già all’esterno erano presenti un cospicuo numero di avventori,che attendeva freneticamente di poter entrare e ad attenderli trovarono gli Svizzeri Omophagia, band Technical Death Metal da Zurigo, fautori di un melting pot tra modernismo, melodia e groove.

omophagia

Presentatisi sul palco in tenuta elegante, facendomi pensare di trovarmi di fronte all’ennesima  band pseudo Melodic Swedish Death, ma le prime note d’apertura rapidamente mi fecero cambiare idea: Un sound debitore alla scena americana (Origin in Primis) che, con indomabile furia, aprirono le danze al carnaio! Gli elvetici dimostrano una levatura tecnico/compositiva degna di nota; brani trita sassi, che, alla velocità della luce lentamente erodevano ed annichilivano gli astanti, uniti da momenti dove i mid tempos granitici facevano letteralmente tremare i muri della venue, un eccellente inizio!!!!

Dopo i devastanti trenta minuti degli Svizzeri, giunge ora il turno della band rivelazione della serata: i Vitriol da Portland, band che recentemente ha rilasciato il loro primo album ufficiale (preceduto da un EP del 2017 “Pain Will Define thier Death”) per Century Media intitolato simpaticamente “To Bathe From The Throat Of Cowardice”.

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Il sound del four piece dell’Oregon è una formula, perfettamente miscelata, tra old e new, una proiezione di quel distintivo e melmoso sound anni ’90 filtrato attraverso il prisma dei giorni nostri, consegnandoci una bomba atomica, eseguita con un’energia e passione davvero unica e rara per una band così giovane, rivelandosi una furente sorpresa.

Capitanati dall’indiavolato Kyle Rasmussen, indomito cantante-chitarrista che vomitava acrimoniose litanie di morte, assieme al buon Adam Roethlisberger al Basso-Voce e Mike Ashton alla chitarra ritmica, formavano una prima linea spietata, mai fermi, inebriati dall’impetuoso incedere del drumming poderoso di Scott Walker, hanno offerto una mezz’ora di pura estasi, presentando estratti dal loro nuovo lavoro e come ciliegina sulla torta la famelica “The Parting of a Neck”, lasciando il pubblico attonito e soddisfatto, una band da tenere sott’occhio.

Dopo anni, un lasso di tempo forse troppo lungo, ritornano i veterani Hate Eternal del leggendario ex axeman dei Morbid Angel Erik Rutan, assenti dal vecchio continente da qualche anno.

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L’attesa però è stata totalmente premiata da una performance al fulmicotone; una carica e potenza che hanno ammutolito il pubblico del Revolver Club ci riportano una band in forma smagliante con un John Longstreght (Origin) dietro le pelli a scandire la spietata apocalisse del trio di Saint Petersburg.

Di supporto alla loro ultima e fenomenale release “Upon Desolate Sands”, gli Hate Eternal ripercorrono la loro intera discografia, deliziando i palati esperti, aprendo con la meravigliosa ed ossianica “I’m The Bringer of Storms”, passando per la classica e chirurgica “Catacombs” per poi strangolare i fans con pezzi da novanta quali “Powers That Be” e “ I Monarch”, ci mostrano un Erik Rutan appassionato e coinvolto come non mai, un carisma sbalorditivo ed un esperienza immensa che son la firma che corona il successo della perfomance dei Floridiani, un plauso particolare và al batterista John Longstreght, assoluta attrazione durante l’intero corso del live: un artista dalla tecnica sopraffina, preciso come un orologio svizzero e spietato come un rinoceronte in piena corsa ha portato gli Hate Eternal a regalare un’ora di estasiante brutalità.

Proseguono con gli estratti dalla loro ultima fatica “All Hope Destroyed” ,”The Violent Fury”, la spettacolare “Upon Desolate Sands” e la catacombale “Nothingness Of Being”, i titani chiudono il massacro con la sempiterna “King Of All Kings”, lasciando poi solo un silenzio spettrale post detonazione.

Dopo un cambio palco veloce, le luci s’abbassano ed un’oscura introduzione si leva ,suscitando il clamore del pubblico che ci fa ben comprendere che è giunta l’ora dei mitici Nile.

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Per questa occasione, il quartetto del South Carolina presenta i suoi due nuovi entrati: il chitarrista/cantante Brian Kingsland ed il bassista/ cantante Brad Parris che ci afferrano saldamente alla gola, scaraventandoci nel loro oscuro Universo, trascinandoci attraverso le colonne del Tempio di Karnak, incalzando con le prime, terremotanti note della monumentale “Sacrifice Unto Sebek” accolta da un vero e proprio boato del pubblico, che in pochi istanti ha trasformato il pit in un turbine caotico, dove gli spietati blast beats del funambolico Kollias si scagliavano come proiettili d’un Gatling impazzito, intrecciandosi al frenetico rifferage dell’accoppiata Sanders/Kingsland, che si dimostra ampiamente affiatata sul palco.

Nemmeno il tempo d’un respiro e la magniloquente “The Blessed Dead” fa breccia, con il suo furioso e ritualistico crescendo, catapultandoci negli incubi inghiottiti nelle fosse d’antichi templi, ove gli spiriti infausti sussurrano le loro maledizioni, oggi come ieri un brano da pelle d’oca, come sempre eseguito con una perizia e precisione incredibili.

Il carnaio procede sulle note della  monumentale “Kafir” seguita dalla sanguinosa “Call To Destruction”, contraddistinta da un pubblico in estasi ed altamente in sintonia con la band.

E dal caos s’erige, con gloriosa furia belligerante, il nuovo brano, primo singolo estratto dal loro nuovo album in uscita il primo di novembre, sinistramente intitolato “Long Shadows of Dread”, brano dal  turbine devastante, caratterizzato da momenti di violenza inaudita ad altri di pura estasi cerimoniale, tra mid- tempos granitici ed evocativi miscelati a deliri frenetici al cardiopalma. Si prosegue invocando “In the Name Of Amun” dal loro precedente album “What Should Not Be Unearthead” e  la delirante “The Fiends Who Come to Steal the Magick of the Deceased” dove vedeva un pubblico protagonista,cantando (o evocando?!?) nel chorus “I will Erase You!”.

Si nota con estremo piacere il clima di fratellanza e reciproco supporto sul palco, sembra proprio che i Nile, con questa nuova line-up, stiano vivendo una seconda giovinezza. Brian ( Chitarra/voce) e Brad (Basso/voce) si dimostrano affabili ed in gran sintonia con il pubblico del Revolver, musicalmente parlando ambo i profili si dimostrano musicisti di gran capacità tecnica anche perché entrare a far parte di una delle band più tecniche al mondo non è di certo compito facile.

Stasera, l’ensamble di Greenville ha deciso di deliziarci con una doppietta d’eccezione tratta dal nuovo album in uscita; la title track, “Vile Nilotic Rites”, caratterizzata da un bel mid-tempo schiaccia sassi, trascinante ma al contempo onirica e la malvagia “ Snakepit Mating Frenzy” brano a dir poco massacrante, dove si possono sentire degli eco da “Annihilation of The Wicked” e “In their Darkned Shrines”, veloce e tagliente come una lama avvelenata, dall’incedere profondo e viscerale, lascia gli astanti a bocca aperta e frastornati da cotanto odio arcaico!!!

Per la immensa gioia dei vecchi fans (me incluso!), George Kollias ci da il quattro e i nostri partono con “The Howling Of The Jiin”, direttamente dal loro debutto “Amongst The Catacombs Of Nephren –Ka”, oggi come ieri, occulta sinfonia ammanta di quell’oscurità celata nelle antiche catacombe, abrasivo mantra che ci porta al cospetto dei tumuli, celati dal buio dei millenni quando il medley “Sarcophagus / 4th Arra Dagon” fa scendere i presenti in abissi profondissimi, lontani dal tempo, e al fatidico chorus “Arra-Arra-Dagon-Dagon”, il Revolver ha sentito le sue fondamenta tremare, tutto il pubblico cantava, un unisono emozionante quanto evocativo permeava nel club e fuori, pura magia musicale.

Con un pubblico straziato ma soddisfatto, i Nile annunciano il brano di chiusura “Black Seeds of Vengeance”, loro cavallo di battaglia da quasi oramai due decadi irrompe con una violenza inaudita, il pit comincia nuovamente ad agitarsi forsennato, il terzetto Sanders-Parris-Kingsland  vomitano le antiche formule, chiudendo una serata di dimensioni maiuscole e fatta di grandi momenti d’emozione.

A conti fatti, una serata di proporzioni epiche, riportando il vero Death Metal sul vetusto ma aureo trono che gli spetta, il feedback positivo e la grande affluenza coronano il successo della serata in terra veneta!!!

Note: Il Revolver Club s’è dimostrato una venue dall’acustica eccezionale, dallo staff ed organizzazione professionali e cordiali, altro plauso va all’agenzia Massive Music per la serietà manageriale e per la possibilità datami  ad intervistare Mr.Sanders (presto potrete vedere la video intervista.

 

Live Report : Jonathan “A.D.D.” Garofoli , Foto : Daniel Longo.