Live Report: Nile, Grave, Belphegor – Bologna – 10/9/2008
L’Estragon è uno dei migliori locali italiani per quanto riguarda i concerti: spazioso, facilmente raggiungibile e con un impianto
audio di ragguardevole potenza (anche se potrebbe essere migliorato come qualità in modo da raggiungere la perfezione). Peccato che
Bologna non sia una buona città per i concerti. Come mai mentre nella provincia lombarda e veneta assistiamo al pullulare di locali e
localini che fanno suonare gruppi più o meno conosciuti, in una città da 400mila abitanti di cui 100mila studenti universitari (e quindi
giovani non vincolati a svegliarsi presto la mattina) non c’è nulla se non qualche sparuta realtà nemmeno troppo di successo? Pure lo
Screambloodygore, locale no profit di provincia ormai entrato nella leggenda, ha dovuto chiudere i battenti dopo aver tentato di
espandersi organizzando addirittura un proprio festival, in città invece oramai sono rimasti solamente il Transilvania (più una birreria
che una sala per eventi dal vivo) ed il Lazzaretto, centro sociale posto in periferia e spesso disertato dal pubblico. Essendo che tutto il mercato romagnolo e non solo oramai si è spostato sulla riviera, con locali
come Rock Planet e Vidia che stanno vivendo una stagione di successi, è con grande felicità che arrivo al parco nord, attraverso la
festa dell’unità e mi butto dentro alla calca di magliette nere per assistere al concerto di una delle migliori band brutal del nuovo
millennio e non solo, i Nile: un’ora di macchina non è niente in confronto alle tre che servono ad andare a Milano o a Cervia e non sono
il solo a trarre vantaggi logistici dai concerti fatti a Bologna.
Ma la pacchia finisce presto: entro e mi accorgo che i Belphegor sono già scesi dal palco, guardo l’orologio e sono le 21:15. Ok, sono
arrivato in ritardo e la puntualità svizzera dell’organizzazione mi ha punito. Dispiaciuto per la situazione aspetto che i Grave salgano sul
palco e che la serata inizi anche per me.
GRAVE:
Fautori, assieme a Dismember, Entombed ed altri del death metal svedese degli esordi, I grave hanno visto la loro scena venire
fagocitata dalla scuola di Goteborg alla fine degli anni ’90, ma non per questo si sono arresi ed eccoli qui nel 2008 a promuovere
l’uscita del loro ultimo album, Dominion VIII. I nostri tirano fuori una prestazione di tutto rispetto, purtroppo penalizzata dal fatto
di non essere headliner, e quindi di avere volumi bassissimi, nonchè di dover aprire per un gruppo come i Nile, che in quanto a
pesantezza e velocità di metronomo è destinato a spazzarli via. La loro formula, datata ma pur sempre efficace, miete comunque buoni
consensi, lasciando i presenti con un’ottima sensazione in vista di quanto deve venire.
NILE:
Nonostante siano uno dei gruppi più epici ed evocativi del brutal death metal (eguagliati forse solo dai Behemoth) i Nile si presentano
sul palco totalmente privi di qualsiasi tipo di scenografia che non sia un telo raffigurante la copertina di Annihilation of the Wicked
ed un’Ankh appesa al collo di Karl Sanders. Soprattutto il cantante chitarrista Dallas Toler-Wade, con la sua maglietta The Man (e una
freccia che punta in alto), The Legend (e una freccia che punta in basso) sembra un tantino inadeguato, ma alla fine non è che importi
molto: basta una sfuriata di cassa di George Kollias durante il line-check ed il pubblico è già in visibilio, non aspetta altro che
parta la carneficina egizia.
Intro atmosferica e via dunque, con un poker iniziale da applausi: What May Be Safely Written, Sacrifice Unto Sebek, The Black Flame e
Papyrus Containing the Spell to Preserve Its Possessor Against Attacks from He Who Is in the Water. Per tutto il tempo di queste quattro
canzoni sotto al palco si scatena un vero e proprio inferno, con gente che letteralmente vola addosso ad altre persone, pogo selvaggio e
botte da orbi a tutti, anche coloro che stanno cercando di godersi lo show nelle prime file. Bene così in ogni caso, anche perché i
quattro faraoni del metallo estremo stanno sfoderando una prestazione da primato nonostante la situazione palco/locale non sia priva di
inconvenienti: per più di metà show Karl Sanders rimane a volumi assolutamente insufficienti, inoltre sembra proprio che la murata di
casse di sinistra sia ad un livello di volume inferiore rispetto a quella di destra. La situazione viene parzialmente risolta strada
facendo, ma il suono delle due chitarre rimane comunque impastato, ma qui non si sa se per problemi di mixaggio oppure a causa di una
non perfetta sincronia esecutiva.
Dopo una prima mezz’ora senza pietà i nostri si calmano un po’ e cominciano a sfoderare la serie dei mid tempos che, pur essendo
allietata da capolavori come Sarcophagus, presenta anche alcune canzoni trascurabili che comunque probabilmente servono allo scopo di
far rifiatare sia il pubblico che Mr. Kollias in vista di uno sprint finale che, in effetti, non tarda ad arrivare: in un’orgia sonora
tanto pagana quanto violenta i Nile scaraventano addosso ai loro fans tra le altre Annihilation of the Wicked, Lashed to the Slave
Stick, Black Seeds of Vengeance, Cast Down the Heretic e, per concludere, Unas Slayer of the Gods.
Che dire dunque? Forse un dato basta per spiegare tutto: i Nile all’Estragon hanno suonato per un’ora emmezzo, insomma, molto di più
della durata media di uno show di qualsiasi band estrema oggi in circolazione, anche delle più rinomate, il tutto a ritmi forsennati,
senza perdere in qualità e senza sbagliare niente o quasi. Rimane il piccolo rimpianto di aver assistito ad una scaletta non perfetta,
alla quale sono mancate soprattutto due canzoni: As He Creates So He Destroys e The Blessed Dead. I quattro americani hanno
privilegiato, oltre naturalmente alla loro ultima uscita Ithyphallic, Annihilation of the Wicked, il quale sembra che stia un po’
diventando il loro The Number of the Beast, ossia il loro disco disco non necessariamente più bello, ma di sicuro più conosciuto e più
facilmente apprezzabile anche dai neofiti del genere.
CONCLUSIONI:
Mentre i buttafuori dell’Estragon mi cacciano via in malo modo, impedendomi anche di comprare una maglietta (poco male, tanto 4
modelli su 6 erano andati esauriti) rifletto su di un concerto che è stato fantastico dal punto di vista artistico, grazie a un gruppo
di apertura di valore ed a Nile superlativi, che da quello tecnico, con suoni che, sebbene falcidiati da alcuni problemi, sono risultati
comunque sopra la media. Quello che è mancato è stato il livello organizzativo, con i set vincolati a tempi talmente
stretti da costringere il direttore del locale a mandare i suoi bravi in giro per far sgomberare nel più breve tempo possibile. Non mi
permetto di lanciare accuse a destra e a manca senza avere le prove, fatto sta che ancora una volta Bologna si dimostra una città non
certo amichevole con i metallari, soprattutto estremi, e prima o poi si dovrà capire il perché.