Live Report: Play it Loud II (Orzinuovi – Bs) 23/2/08
PLAY IT LOUD II FESTIVAL
BUDDHA
ORZINUOVI (BS)
SABATO 23 FEBBRAIO 2008
Cronaca di una giornata dedicata al Metallo più tradizionale e ortodosso. Let’s go:
Nella foto: Sabotage (Morby)
BERSERKER
Non a caso il Play it Loud organizzato da Giuliano Mazzardi viene chiamato il Keep it True italiano: con precisione teutonica i siciliani Berserker calcano il palco del Buddha di Orzinuovi alle 14.30 in punto. I Nostri ci danno dentro nella mezz’oretta scarsa a disposizione proponendo brani dal loro debut album Blood of the Warriors senza pietà alcuna. Da sottolineare, come sempre in queste rassegne, la partecipazione del pubblico fin dall’inizio dello show, che è stata, nell’occasione, sufficientemente intensa nonostante i suoni così così. I Berserker non hanno tradito emozione, come si confà a una band in giro dal lontano 1989 e a loro va riconosciuto di aver aperto in maniera degna la rassegna, senza far gridare al miracolo.
Steven Rich
ALLTHENIKO
Mi aspettavo molto da questa band, nella quale rivedo la risposta italiana a gruppi senza infamia e senza paura come Exciter, parallelismo inevitabile dopo l’ascolto del loro We Will Fight. I Nostri non hanno deluso sputando Speed’n’Thrash senza redenzione condito da pose plastiche da parte del bassista/cantante Dave Nightfight che simpaticamente ha intrattenuto il pubblico già abbastanza numeroso nonostante l’ora. Finale con fanciulla al di sotto di un telo a mo’ di fantasma e siparietti con le prime file. Piacevoli e divertenti: ovvero quanto si chiede in concerti come questi, senza fronzoli ma con tanta sostanza senza inventare nulla, proprio come gli Alltheniko.
Steven Rich
FROZEN TEARS
Nel contesto del Play It Loud rispetto al Legends Never Die, dove il mio giudizio a loro riguardo ha causato qualche eccessivo mal di pancia fra i loro sostenitori, ho ritrovato molto meglio i FROZEN TEARS, sia per un discorso prettamente scenico che esecutivo. I cinque ragazzi di Firenze hanno fornito una prova sopra le righe, supportati anche da una migliore condizione tecnica, grazie a un suono potente e pulito che ha risaltato le Loro doti di preparazione. Senza ombra di dubbio un’ottima prova.
Francesco Campatelli
TARCHON FIST
Il combo capitanato dal veterano Lucio Tattini – nel 1980 fondava i Rain… – fin dalle prime note ha fatto capire alla gente convenuta in quel di Orzinuovi che da lì in poi si faceva sul serio davvero, senza assolutamente togliere nulla alle tre band precedenti. Tanti anni di militanza nelle file dell’HM tricolore da parte del lungocrinito chitarrista fanno davvero la differenza e anche i suoni decisamente migliori permettono ai bolognesi di spaccare di brutto vomitando del sopraffino heavy metal purissimo tratto dal loro ottimo album Tarchon Fist. Chiusura come previsto con It’s My World, un brano che se fosse stato scritto dagli Iron Maiden sarebbe diventato un “All Time Classic”.
Steven Rich
ADRAMELCH
Ipnotici: questo è l’aggettivo che meglio calza per definire la performance dello storico combo milanese. Gli autori di Irae Melanox e Broken History, attivi sin dal 1987, sono riusciti, senza schiacciare a tavoletta sull’acceleratore, a stregare il pubblico del Play it Loud II. Il Loro sound, a tratti granitico e a tratti surreale, ha catturato l’attenzione di parecchia gente che per la prima volta assisteva a un loro show. Brani come Zephirus e Broken History non lasciano indifferenti e infatti, verso la fine del concerto, dal pit si è levato in maniera spontanea il coro “Adramelch, Adramelch, Adramelch”: patrimonio per pochi…
Steven Rich
ELIXIR
I britannici Elixir (da Londra) rinforzano la schiera di band che, grazie agli sforzi di Giuliano Mazzardi (boss della My Graveyard, nonché organizzatore del Play it Loud), possono finalmente esibirsi dalle nostre parti. Il quintetto è protagonista di una performance convincente, che tocca l’apice con Pandora’s Box (classico di “The Son of Odin”) ma offre anche la freschezza di Don’t Trust The Preacher e Knocking On The Gates of Hell, dal più recente “Mindcreeper”. Sugli scudi il vocalist Paul Taylor, molto “british” per timbrica e padronanza del palco, ma senz’altro più disponibile di molti colleghi nel rispondere con gli interessi al calore dimostratogli dai fan. Buona la prima, nella speranza che non resti un caso isolato!
Federico Mahmoud
SABOTAGE
Attesissimi. Questo era il loro terzo show dopo la reunion del 2006: Siddartha Prato + Hit the Lights Festival a Novara le date precedenti. Lo storico chitarrista Leo Milani ha lasciato il posto al nuovo Danilo Bacherini che ha ben figurato. La gente si aspettava un muro di HM italiano anni Ottanta e Morby & soci lo hanno sbattuto in faccia a tutti senza lasciare prigionieri. Nightkiller, Mothers, Anguish e Promised Land sono solo quattro delle gemme tratte dal loro show. I due Caroli non hanno perso un grammo di attitudine e il chitarrista Andy Fois ha fatto passi da gigante rispetto agli esordi. Sabotage: la band giusta nel posto giusto! Finale a suon di mazzate e cori stra-meritati da parte degli astanti.
Steven Rich
STEEL ASSASSIN
E’ il momento deglio statunitensi Steel Assassin, conosciuti ai più verso fine anni 90 quando uscì il debutto “From the Vaults”. I brani proposti pescano sia dal succitato che dalla nuova release targata 2007 “War of The Eight Saints”. Veloci, potenti ed aggressivi come cartello vuole riescono a trasmettere tutta l’energia che ci si deve aspettare dallo speed metal arricchito della giusta dose di epicità. Due sole pecche da evidenziare: primo i bassi erano troppo marcati ed hanno fatto patire non poco l’orecchio quando c’era da godersi le parti soliste incrociate di Curran e Mooney, secondo un cantato troppo graffiante ed aggressivo ha smorzato l’epicità di brani come Heavy Metal Soldiers e Attilla the Hun. E non sono stati i soli brani estratti dal primo album a risentirne. Niente di memorabile quindi, ma nel complesso un’indiscutibile esibizione di sano, veloce ed energico heavy metal statunitense.
Nicola Furlan
HELSTAR
La mia più grande curiosità si celava dietro al moniker Helstar. Chi ricorda James Rivera? Vicious Rumors, Seven Witches, Flotsam and Jetsam ed ancora al lavoro coi Killing Machine; vi dicono qualcosa queste band? Come non poter avere grandi aspettative dall’imminente salita on-stage di un artista così quotato? Beh, tali aspettative non sono state disattese perchè, oltre la prestazione eccellente del singer, pure i compagni hanno concentrato potenza inimmaginabile su ogni brano proposto. Il mix tra US metal e thrash ha sommerso totalmente il pubblico investendolo a raffiche di vento sonico i cui effetti difficilmente verranno dimenticati. Il combo texano passa in rassegna grandi pezzi tra i quali vale la pena ricordare The King is Dead, Harker’s Tale, Fire In the Skies e Run With the Pack. Da annotare inoltre livelli di volume al limite della sopportazione, ma che ben si sono sposati all’onda d’urto di questa indimenticabile esibizione.
Nicola Furlan
CLOVEN HOOF
Altro giro, altra leggenda della NWOBHM che debutta (meglio tardi, che mai!) su un palco italiano. Guidati da un Russ North in stato di grazia, i Cloven Hoof si rendono protagonisti di uno show avvincente, che riserva vecchie e nuove sorprese ai fan accorsi: da Inquisitor a Gates of Gehenna, senza dimenticare la pirotecnica Astral Rider (uno degli highlight dal classico A Sultan’s Ransom); efficace la chiusura con Laying Down The Law, che scatena le prime file. La band ha appena rilasciato l’antologia The Definitive Part One e, per l’occasione, butta nella mischia anche l’inedito Mutilator, che esalta senza riserve l’ugola di North. Nonostante reiterati problemi alla chitarra di Ben Read, l’avventura italiana dei Cloven Hoof parte senza dubbio con il piede giusto. Una prova di forza.
Federico Mahmoud
MANILLA ROAD
Il sigillo finale è a firma Manilla Road, leggendaria band del Kansas che in Italia può vantare una schiera di fan affezionati. Lo show di Shelton e soci è di quelli da non perdere, per almeno due motivi: in primis, i Nostri non frequentano assiduamente i palchi italiani (la prima fu addirittura nel 2002, in quel di Porto d’Ascoli); inoltre, la seconda edizione del Play it Loud è l’occasione per presentare in anteprima Voyager, nuovo studio-album in uscita su My Graveyard. Spazio dunque agli inediti Blood Eagle e Voyager, che riscuotono sinceri applausi, anche se il piatto forte dell’esibizione è rappresentato dai classici del repertorio, quali Divine Victim, Witches Brew o The Riddle Master. Il climax è raggiunto con Necropolis, il cui chorus ipnotico catalizza la partecipazione collettiva del pubblico, sconfiggendo i primi sbadigli (è stata una lunga giornata!). Positiva la prestazione del gruppo, che può beneficiare di suoni più fedeli dopo i volumi assordanti patiti durante il set degli Helstar: bene Bryan “Hellroadie” Patrick (nonostante un look improponibile) e, naturalmente, il vecchio squalo Mark Shelton, personaggio dal carisma schiacciante. La degna conclusione di un festival che, ci auguriamo, possa continuare a crescere ed entusiasmare.
Federico Mahmoud
Note di chiusura.
Nessuno convenuto al Buddha di Orzinuovi era lì per caso: nemmeno l’infida nebbia ha fermato le legioni – oddio, parlare di legioni forse è un po’ troppo, visti i numeri, ma va beh… – di defender da buona parte d’Italia e anche dalla Spagna. Il clima era quello aspettato, come l’anno scorso: scazzo generale, atmosfera in linea con l’evento e qualcuno che ha esagerato un po’ troppo con l’alcool, come da copione in un Festival “true” come questo. Speriamo che anche l’anno prossimo ci sia la possibilità di vedere in esclusiva italiana qualche cult band come in questa edizione e che il numero dei presenti cresca un poco di più: sarebbe un peccato gravissimo mortificare un’iniziativa come questa, che buona parte dei paesi restanti ci invidia, Germania e Spagna escluse. Al 2009 quindi e “ Keep the torch of true fucking metal still alive and kickin’ ”
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Un ringraziamento speciale all’amico Francesco Campatelli per la collaborazione.